C’era una volta, nella città di Kahani nella terra di Alif-bay, un bambino di nome Luka che aveva due animali prediletti, un orso chiamato Cane e un cane chiamato Orso, cosicché ogni volta che gridava “Cane!” l’orso caracollava amabilmente sulle zampe posteriori, e quando gridava “Orso!” il cane si precipitava da lui scodinzolando. L’orso bruno Cane a volte poteva essere un po’ brusco e scontroso, ma era un ballerino straordinario, capace di rizzarsi sulle zampe posteriori ed eseguire con grazia ed eleganza il valzer, la polka, la rumba, il wah-watusi e il twist, per non parlare delle danze di terre più vicine come il bhangra martellante, il ghoomar con le sue giravolte (per il quale indossava un’ampia gonna ornata di specchietti), le danze dei guerrieri note come spaw e thang-ta, e la danza del pavone delle regioni meridionali. Il cane Orso era un labrador color cioccolato, dolce e amichevole, anche se a volte un tantino eccitabile e nervoso; era assolutamente negato per il ballo, avendo, come si suol dire, quattro piedi sinistri, ma per compensare la sua goffaggine possedeva il dono di un orecchio musicale perfetto, tanto che poteva segnalare uno stormo cantando, ululando le melodie delle canzoni più in voga, senza mai prendere una stecca. Il cane Orso e l’orso Cane divennero presto molto più che gli animali prediletti di Luka. Si trasformarono nei suoi più fedeli alleati e devoti protettori, così feroci nel difenderlo che nessuno si sarebbe sognato di maltrattarlo quando loro erano nei paraggi, nemmeno il suo terribile compagno di classe Ratshit, il cui comportamento era spesso privo di ogni controllo.
Ed ecco come avvenne che Luka si trovò dei compagni così straordinari. Un bel giorno, quando Luka aveva dodici anni, il circo venne in città; e non un circo qualunque, ma nientemeno che il GRIF, ovvero le Grandi Ruote In-Fuocate, il circo più celebre di tutta Alifbay che presentava “la Famosa Incredibile Focosa Illusione”. Così Luka rimase amaramente deluso sulle prime, quando il padre, il cantastorie Rashid Khalifa, gli disse che non sarebbero andati a vedere lo spettacolo. «Quel circo tratta male i suoi animali» spiegò Rashid. «Forse ha avuto i suoi giorni di gloria, ma ormai è caduto in disgrazia.» La leonessa aveva i denti cariati, disse Rashid a Luka, la tigre era cieca, gli elefanti erano affamati, e il resto del serraglio era in condizioni pietose. Il Domatore delle Grandi Ruote In-Fuocate era l’enorme e terrificante Capitan Aag, altrimenti noto come Gran Maestro Fiamma. Gli animali erano così spaventati dallo schiocco della sua frusta che la leonessa con il mal di denti e la tigre cieca continuavano a saltare attraverso i cerchi e a fingersi morte e gli elefanti scheletrici eseguivano ancora la Piramide dei Pachidermi per paura di farlo arrabbiare, perché Aag era un uomo facile all’ira e impervio alla risata. E anche quando infilava la testa con tanto di sigaro fumante nelle fauci spalancate della leonessa, questa si guardava bene dallo staccargliela con un morso, per paura che potesse ucciderla una volta arrivata nella pancia.
Rashid stava riaccompagnando a casa Luka da scuola, con indosso, come sempre, una delle sue vivaci camicie sahariane (questa in particolare era scarlatta) e il suo adorato panama un po’ malandato, e ascoltava il resoconto della giornata del figlio. Luka aveva dimenticato il nome della punta del Sudamerica e l’aveva chiamata “Hawaii” in un compito di geografia. Però aveva ricordato il nome del primo presidente del suo Paese e lo aveva scritto correttamente in un compito di storia. Durante la partita di hockey era stato colpito alla testa dalla mazza di Ratshit. In compenso aveva segnato due gol e sconfitto la squadra del nemico. Finalmente aveva anche imparato a schioccare le dita come si deve, con un bel rumore secco. Quindi c’erano dei più e dei meno. Non una brutta giornata nel complesso; ma stava per diventare una giornata davvero importantissima, perché di lì a poco avrebbe visto la parata del circo sfilare verso l’argine del possente Silsila per montare la Grande Tenda. Il Silsila era l’ampio, pigro, brutto fiume dalle acque limacciose che scorreva attraverso la città a poca distanza da casa loro. La vista dei cacatua infelici nelle loro gabbie e dei dromedari abbacchiati che scammellavano lungo la strada toccò il giovane cuore generoso di Luka. Ma la cosa più triste, pensò il bambino, era la gabbia in cui un cane malinconico e un orso addolorato si guardavano intorno disperati. Chiudeva la sfilata Capitan Aag con i suoi crudeli occhi neri da pirata e la sua barba incolta da vandalo. Tutt’a un tratto Luka era furibondo (eppure era un ragazzino poco incline all’ira e facile al riso). Quando si trovò faccia a faccia con Gran Maestro Fiamma, Luka gridò con tutto il fiato che aveva in corpo: «Possano i tuoi animali smettere di obbedire ai tuoi ordini, e i tuoi cerchi di fuoco divorare la tua stupida tenda».
Il caso volle che il momento in cui Luka gridò in preda all’ira fosse uno dei rari istanti in cui i rumori dell’universo, per qualche strano e inspiegabile accidente, tacciono tutti allo stesso tempo: le macchine smisero di strombazzare, gli scooter smisero di scoppiettare, gli uccelli smisero di gracchiare sugli alberi e tutti smisero di parlare simultaneamente, e in quel silenzio magico la voce di Luka risuonò poderosa come una schioppettata, e le sue parole si espansero fino a riempire il cielo, e forse giunsero fino alla casa delle Fate che, secondo alcuni, governano il mondo. Capitan Aag fece una smorfia come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso, poi guardò Luka dritto negli occhi, lanciandogli uno sguardo così carico d’odio fiammeggiante che per poco non scaraventò a terra il ragazzino. Poi il mondo ricominciò a fare il solito baccano, la sfilata del circo proseguì, e Luka e Rashid tornarono a casa per la cena. Ma le parole di Luka rimasero sospese nell’aria, a svolgere il loro compito segreto.
Quella sera, il telegiornale riportò la notizia che, in un susseguirsi di eventi sconcertanti, gli animali del circo GRIF si erano rifiutati all’unanimità di esibirsi. In una tenda affollata, e di fronte a clown in costume e spettatori in borghese egualmente sbalorditi, si erano ribellati al loro padrone in un gesto di sfida che non aveva precedenti. Gran Maestro Fiamma era nel cerchio centrale delle Tre Grandi Ruote In-Fuocate a tuonare ordini e schioccare la frusta, ma quando vide tutte le bestie del circo avanzare lentamente verso di lui, a passo di marcia, come se fossero un esercito, circondandolo da ogni direzione fino a formare un cerchio di furia animale, gli venne meno il coraggio e cadde in ginocchio, piagnucolando e implorandoli di risparmiargli la vita. Il pubblico si mise a fischiare e a tirargli frutti e cuscini, e poi oggetti più duri, come pietre per esempio, e noci ed elenchi telefonici. Aag si girò e fuggì a gambe levate. Gli animali aprirono le fila per lasciarlo passare, e lui scappò piangendo come un bambino.
E questo fu il primo evento sconcertante. Il secondo si verificò più tardi, la stessa sera. Verso mezzanotte si levò uno strano rumore, un suono simile al fruscio e al crepitio di un miliardo di foglie d’autunno, forse anche un miliardo di miliardi, un rumore che si diffuse dalla Grande Tenda sulla sponda del Silsila fino alla camera di Luka, e lo svegliò. Quando guardò fuori dalla finestra della sua camera, Luka vide che la Grande Tenda stava bruciando, ardeva di un fuoco scintillante nel campo in riva al fiume. Le Grandi Ruote In-Fuocate erano in fiamme; e non era un’illusione.
La maledizione di Luka aveva funzionato.
Il terzo evento sconcertante ebbe luogo il mattino dopo. Un cane con la targhetta sul collare che diceva ORSO e un orso con la targhetta sul collare che diceva CANE si presentarono alla porta di Luka – in seguito Luka si sarebbe chiesto come avessero fatto ad arrivare all’indirizzo esatto – e l’orso Cane si mise a volteggiare con entusiasmo mentre il cane Orso ululava producendosi in una melodia dal ritmo travolgente. Luka, con il padre Rashid, la madre Soraya e il fratello maggiore Harun, si fermò sulla porta a guardare, mentre, dalla sua veranda, la loro vicina, Miss Oneeta, gridava: «State attenti! Quando gli animali si mettono a cantare e ballare, è chiaramente in atto una stregoneria!». Ma Soraya Khalifa rise. «Gli animali stanno solo festeggiando la loro libertà» disse. Allora Rashid assunse un’espressione grave, e raccontò alla moglie della maledizione di Luka. «Secondo me» opinò, «se mai c’è di mezzo una qualche stregoneria, è stato il nostro giovane Luka a operarla, e queste brave creature sono venute a ringraziarlo.»
Gli altri animali del circo erano fuggiti nel loro ambiente naturale e non furono mai più rivisti, ma il cane e l’orso erano venuti per restare, senza alcun dubbio. Si erano persino portati i loro spuntini. L’orso aveva un secchio di pesce e il cane indossava un cappottino con una tasca piena di ossi. «Perché no, in fondo?» gridò allegramente Rashid. «Per i miei spettacoli di cantastorie un po’ d’aiuto non guasterebbe. Non c’è niente come un numero di canti e balli con un cane e un orso per catturare l’attenzione del pubblico.» Così la faccenda fu sistemata, e più tardi quel giorno fu il fratello di Luka, Harun, ad avere l’ultima parola. «Sapevo che sarebbe accaduto presto» disse. «Ormai hai raggiunto l’età in cui la gente di questa famiglia attraversa il confine per entrare nel mondo magico. È venuto il tuo turno per l’avventura – sì, finalmente è arrivato! – e sembra proprio che tu abbia dato inizio a qualcosa. Ma sta’ attento. La maledizione è un potere pericoloso. Io non sono mai stato capace di fare una cosa così… insomma… così oscura.»
“Un’avventura tutta mia” pensò Luka pieno di meraviglia, e il fratello maggiore sorrise, perché conosceva benissimo la Gelosia Segreta di Luka, che in realtà non era Affatto Così Segreta. Quando aveva l’età di Luka, Harun aveva compiuto un viaggio sulla seconda luna della Terra, aveva fatto amicizia con pesci parlanti e un giardiniere galleggiante fatto di radici di loto, e li aveva aiutati a sconfiggere il perfido Sommo Sacerdote Khattam-Shud che stava cercando di distruggere l’intero Mar delle Storie. Le più grandi avventure di Luka, invece, fino a quel momento si erano svolte durante le Grandi Guerre del Campo da Gioco a scuola, in cui aveva guidato la sua banda, la Squadra dei Pinguini Intergalattici, in una famosa vittoria sull’Armata di Sua Altezza Imperiale, capitanata dall’odiato rivale Adi Ratshit, alias Fondelli Rossi, vincendo la giornata campale con un audace attacco aereo sferrato da aeroplanini di carta carichi di polvere pruriginosa. Era stato molto soddisfacente guardare Ratshit gettarsi nella vasca del campo da gioco per lenire il prurito che gli si era diffuso in tutto il corpo, ma Luka sapeva che, in confronto alle imprese di Harun, questa non era un granché. Dal canto suo, Harun sapeva del desiderio di Luka per la vera avventura, preferibilmente popolata da creature improbabili, e a base di viaggi su altri pianeti (o almeno satelliti) e di PTCDS, ovvero Processi Troppo Complicati Da Spiegare. Ma fino allora aveva sempre cercato di smorzare i bollenti spiriti del fratello minore. «Stai attento a ciò che desideri» disse a Luka, che ribatté: «Se proprio vuoi saperlo, questa è la cosa più irritante che tu abbia mai detto».
In generale, comunque, i due fratelli, Harun e Luka, litigavano di rado, anzi, andavano straordinariamente d’accordo. La differenza d’età, un abisso di diciotto anni, si era rivelata il luogo ideale per inghiottire la maggior parte dei problemi che a volte possono sorgere tra fratelli, tutte quelle piccole cose irritanti che fanno sì che il fratello maggiore sbatta accidentalmente la testa del minore contro un muro di mattoni, o gli metta per sbaglio un cuscino sulla faccia mentre dorme, o inducono il fratello più piccolo a convincersi che sia una buona idea riempire le scarpe del più grande di un’appiccicosa salamoia di mango, o chiamare la nuova ragazza di quel pezzo grosso con il nome di un’altra amichetta e poi fingere che sia stato solo uno spiacevole lapsus. Quindi tra loro non accadde niente di tutto questo. Invece Harun insegnò al fratellino molte cose utili, il kickboxing, per esempio, e le regole del cricket, e quale musica era cool e quale non lo era; e Luka adorava il fratello maggiore senza riserve, e pensava che assomigliasse a un grosso orso – un po’ come l’orso Cane, in realtà – o, forse, a una piacevole montagna irsuta con un gran sorriso sotto la vetta.
Luka aveva stupito la gente solo venendo al mondo, perché suo fratello Harun aveva già diciotto anni quando sua madre Soraya, all’età di quarantun anni, partorì il secondo bel maschietto. Suo marito, Rashid, non aveva parole, e così, come al solito, ne trovò troppe. Nel reparto d’ospedale di Soraya, prese in braccio il neonato e lo tempestò di domande irragionevoli. «Chi lo avrebbe mai detto? Da dove vieni tu, fenomeno? Come sei arrivato qui? Cos’hai da dire in tua difesa? Come ti chiami? Cosa diventerai da grande? Cos’è che vuoi?» Aveva una domanda anche per Soraya. «Alla nostra età» si meravigliò, scuotendo la testa con la sua calvizie incipiente, «qual è il significato di un simile miracolo?» Rashid aveva cinquant’anni quando arrivò Luka, ma in quel momento parlava come un giovane padre di primo pelo, sconvolto dall’arrivo delle responsabilità, e anche un po’ spaventato.
Soraya si riprese il piccolo e calmò il padre. «Si chiama Luka» disse «e il significato del miracolo è che a quanto pare abbiamo messo al mondo una creatura capace di far tornare indietro il tempo, di invertirne il corso e renderci di nuovo giovani.»
Soraya sapeva di cosa stava parlando. Mentre Luka cresceva, i suoi genitori sembravano ringiovanire. Quando il piccolo Luka si rizzò a sedere per la prima volta, per esempio, i suoi genitori non riuscivano più a star seduti immobili. Quando cominciò a gattonare, si misero a saltellare su e giù come conigli eccitati. Quando camminò, fecero balzi di gioia. E quando parlò per la prima volta, caspita!, si sarebbe detto che l’intero leggendario Torrente delle Parole stesse straripando dalla bocca di Rashid, il quale non avrebbe più smesso di delirare sulla grande conquista del figlio.
Il Torrente delle Parole, per inciso, scende fragoroso dal Mar delle Storie per tuffarsi nel Lago della Saggezza, le cui acque sono illuminate dall’Alba dei Giorni, e dal quale sgorga il Fiume del Tempo. Il Lago della Saggezza, come è ben noto, si stende all’ombra della Montagna della Conoscenza sulla cui vetta arde il Fuoco della Vita. Questa importante informazione sul tracciato – anzi, sull’esistenza stessa – del Mondo Magico fu tenuta nascosta per anni, custodita da misteriosi guastafeste ammantati che si facevano chiamare Aalim, o I Sapienti. Sia come sia, ormai il segreto era stato reso accessibile al volgo da Rashid Khalifa in molte storie famose. Cosicché a Kahani tutti erano perfettamente consapevoli dell’esistenza di un Mondo Magico parallelo al nostro non Magico, e che da quella Realtà provenivano la Magia Bianca e la Magia Nera, sogni e incubi; storie, bugie, draghi, fate, geni dalla barba azzurra, uccelli meccanici che leggono nel pensiero e tesori sepolti; e poi la musica, la narrativa e la speranza; la paura, il dono della vita eterna, l’angelo della morte, l’angelo dell’amore; interruzioni, scherzi, buone idee, pessime idee, storie a lieto fine, insomma quasi tutto ciò che c’è d’interessante. Gli Aalim, la cui idea di Conoscenza era che appartenesse solo a loro e fosse troppo preziosa per essere condivisa con chiunque altro, probabilmente odiavano Rashid Khalifa per aver svelato il segreto, o aver fatto scappare il gatto dal sacco, come dicono loro.
Ma non è ancora il momento di parlare – come alla fine dovremo fare – di Gatti. Innanzitutto, è necessario parlare della cosa terribile che accadde nella bella notte stellata.
Crescendo, Luka si rivelò mancino, e spesso gli sembrava che fosse il resto del mondo a funzionare alla rovescia, non lui. Le maniglie delle porte giravano nel senso sbagliato, le viti insistevano a farsi avvitare in senso orario, le chitarre a farsi suonare al contrario e i testi in cui erano scritte le lingue principali andavano sgraziatamente da sinistra a destra, eccetto uno, che, stranamente, lui non riusciva a padroneggiare. Le ruote da ceramista giravano in modo perverso, i dervisci avrebbero volteggiato meglio se lo avessero fatto nel senso opposto, e come sarebbe stato più bello e più sensato il mondo se il sole fosse sorto a occidente e tramontato a oriente, pensava Luka. Quando sognava la vita in quella Dimensione Antioraria, l’alternativa del mancino Pianeta Senso Contrario sul quale lui sarebbe stato normale invece che fuori del comune, Luka a volte si sentiva triste. Suo fratello Harun era destrimano, come quasi tutti del resto, di conseguenza ogni cosa sembrava più facile per lui, e questa era un’ingiustizia bella e buona. Soraya disse a Luka di non farsene un cruccio. «Tu sei un bambino di molti talenti» gli disse «e forse hai ragione a credere che la strada a sinistra sia la strada giusta, e che il resto di noi non abbia ragione, ma torto. Lascia che le tue mani ti portino dove vogliono. Ma bada a tenerle occupate, tutto qui. Va’ pure a sinistra quanto vuoi, ma non perdere tempo; non restare indietro.»
Dopo che la maledizione di Luka contro le Grandi Ruote In-Fuocate aveva funzionato in modo così spettacolare, Harun lo ammoniva spesso, con una voce da far paura, che il suo essere mancino poteva rappresentare un segno dei poteri oscuri che ribollivano dentro di lui. «Basta che tu stia attento a non seguire il Sentiero della Mano Sinistra, mi raccomando» non si stancava di ripetergli. Sembrava che il Sentiero della Mano Sinistra fosse la strada per la Magia Nera, ma dal momento che Luka non aveva la più pallida idea di come imboccare quel Sentiero anche se lo avesse voluto, accantonò gli avvertimenti del fratello come il tipo di cose che Harun talvolta diceva per burlarsi di lui, senza capire che a Luka non piaceva essere preso in giro.
Forse perché sognava di emigrare nella Dimensione della Mano Sinistra, o forse perché suo padre era un cantastorie di professione, o forse a causa della grande avventura del fratello Harun – o forse senza un vero motivo se non che lui era fatto così – Luka crebbe con grande interesse e attitudine per altre realtà. A scuola divenne un attore così convincente che quando interpretava la parte di un gobbo, di un imperatore, di una donna o di un dio, tutti coloro che assistevano alla sua recita se ne andavano convinti che, chissà come, il bambino avesse temporaneamente sviluppato una gobba, fosse salito al trono, avesse cambiato sesso o fosse diventato una divinità. E quando disegnava e dipingeva, le storie di suo padre, per esempio gli Uccelli della Memoria dalla testa di elefante che ricordavano tutto ciò che era mai avvenuto, o i Pesci Morbo che nuotano nel Fiume del Tempo, o la Terra dell’Infanzia Perduta, o il Luogo Dove Non Viveva Nessuno, prendevano vita, una vita meravigliosa, fantasmagorica, piena di colori brillanti. In matematica e chimica, sfortunatamente, non era altrettanto bravo, e la cosa dispiaceva a sua madre che, sebbene cantasse come un angelo, era sempre stata un tipo pratico e sensato; ma rendeva segretamente felice suo padre, perché per Rashid Khalifa la matematica era misteriosa quanto il cinese e due volte meno interessante; inoltre, da ragazzo, Rashid si era fatto bocciare all’esame di chimica per aver rovesciato dell’acido solforico concentrato sul foglio del compito e averlo consegnato pieno di buchi.
Per sua fortuna, Luka viveva in un’epoca in cui un numero pressoché infinito di realtà parallele aveva invaso il mercato, realtà alternative che venivano vendute come giocattoli. Come tutti quelli che conosceva, Luka era cresciuto distruggendo flotte di navi spaziali; era stato un piccolo idraulico in un viaggio pieno di scossoni attraverso molti livelli tortuosi, ardenti e gorgoglianti per salvare una pudica principessa dal castello di un mostro, ed era stato trasformato in un porcospino rombante, in uno streetfighter picchiaduro e in una rockstar e, avvolto in un mantello col cappuccio, aveva resistito impavido agli assalti di una figura demoniaca con due corna mozze e una faccia rossa e nera che gli saltellava intorno cercando di affettargli la testa con una spada laser a doppia lama. Come tutti quelli che conosceva, si era aggregato a comunità immaginarie nel cyberspazio, a elettroclub in cui aveva adottato l’identità, per dirne una, di un Pinguino Intergalattico chiamato come uno dei Beatles, o, in seguito, di un essere volante di pura invenzione la cui statura, colore dei capelli e persino il sesso erano opzioni di sua scelta, che poteva cambiare quando voleva. Come tutti quelli che conosceva, Luka possedeva un vasto assortimento di scatolette tascabili di realtà parallele e trascorreva gran parte del suo tempo libero lasciando il proprio mondo per entrare nei ricchi universi pieni di sfide, di musica e di colori racchiusi in quelle scatole, universi in cui la morte era temporanea (finché non facevi troppi errori e diventava permanente) e la vita era una cosa che potevi vincere, o tenere in serbo, una cosa che ti veniva miracolosamente garantita perché per puro caso sbattevi la testa contro il mattone giusto, o mangiavi il fungo giusto, o passavi attraverso la cascata magica giusta, e potevi accumulare tante vite quante riuscivi a ottenerne grazie alla...