Ti consideri stressata?
No. Non sono stressata.
Sono… molto impegnata. Ma il mondo è pieno di gente impegnata. È la vita. Ho un lavoro di grande responsabilità, e per me la carriera è importante.
E va bene. A volte mi sento un po’ tesa. Sotto pressione. Ma… cavolo, faccio l’avvocato nella City. Cosa vi aspettate?
Mentre scrivo, premo così forte sulla pagina da bucare il foglio. Accidenti. Non importa. Passiamo alla prossima domanda.
Mediamente quante ore al giorno passi in ufficio?
14
12
8
Dipende.
Fai attività fisica regolare?
Nuoto abitualmente
Nuoto di tanto in tanto
Ho intenzione di iniziare un programma regolare di nuoto. Quando avrò tempo. Ultimamente ho avuto parecchio da fare in ufficio, è un momentaccio.
Bevi 8 bicchieri d’acqua al giorno?
Sì
Talvolta
No.
Poso la penna e mi schiarisco la gola. All’altro lato della stanza, Maya alza lo sguardo dai barattoli di ceretta e dalle boccette di smalto che sta riordinando. Oggi lei sarà la mia consulente di bellezza. Ha una lunga treccia di capelli neri percorsa per tutta la lunghezza da una ciocca bianca, e una minuscola pallina d’argento in una narice.
«Problemi col questionario?» domanda, con la sua voce carezzevole.
«Ti ho accennato che ho un po’ di fretta» rispondo, con gentilezza. «Tutte queste domande sono proprio necessarie?»
«Ci serve avere il maggior numero di informazioni possibile per valutare le tue esigenze in fatto di salute e bellezza» ribatte lei col suo tono suadente ma implacabile.
Lancio un’occhiata all’orologio. Le nove e quarantacinque.
Non ho tempo per queste cose. Non ho proprio tempo. Ma è il mio regalo di compleanno e l’ho promesso a zia Patsy.
Per essere precisi, è il regalo dello scorso compleanno. Poco più di un anno fa, zia Patsy mi ha regalato un buono per l’innovativo programma “Esperienza defatigante”. Zia Patsy è la sorella della mamma ed è terribilmente preoccupata per le donne in carriera. Ogni volta che ci incontriamo mi afferra per le spalle e mi scruta negli occhi con espressione corrucciata. Nel bigliettino che accompagnava il buono c’era scritto: “Trova un po’ di tempo per te, Samantha!!!”.
Cosa che intendevo assolutamente fare. Ma abbiamo avuto un paio di emergenze al lavoro e, non so come, è passato un anno senza che riuscissi a trovare un momento libero. Faccio l’avvocato e lavoro alla Carter Spink, e questo è un periodo un po’ frenetico. Ma passerà. Le cose andranno meglio. Devo solo riuscire a sopravvivere alle prossime due settimane.
Comunque, è successo che zia Patsy mi ha mandato un biglietto d’auguri per il compleanno di quest’anno, e di colpo mi sono ricordata del buono, che stava per scadere. E così, eccomi qui, il giorno del mio ventinovesimo compleanno, seduta su un lettino, con indosso un accappatoio di spugna bianca e delle assurde mutandine di carta. Con la mattinata libera. Al massimo.
Fumi?
No.
Bevi alcolici?
Sì.
Consumi regolarmente pasti cucinati in casa?
Alzo lo sguardo, sulla difensiva. E questo cosa c’entra? Perché un pasto cucinato in casa dovrebbe essere migliore di un altro?
Seguo una dieta varia e nutriente, scrivo alla fine.
Il che è assolutamente vero.
E comunque, lo sanno tutti che i cinesi vivono più a lungo di noi, quindi cosa può esserci di più sano del loro cibo? E la pizza rientra nella dieta mediterranea. Per questo probabilmente è più salutare di un pasto cucinato in casa.
Ritieni che la tua vita sia equilibrata?
Sì.
N
Sì.
«Ho finito» annuncio, porgendo i fogli a Maya, che comincia a leggere le mie risposte. Le sue dita scorrono sulla pagina con la velocità di una lumaca. Come se avessi tutto il tempo del mondo.
Lei forse ce l’ha, ma io devo assolutamente tornare in ufficio entro l’una.
«Ho letto le tue risposte con attenzione» dice Maya, osservandomi con espressione pensierosa. «Ed è ovvio che tu sei una donna molto stressata.»
Come? E cosa glielo fa pensare? Ho chiaramente indicato sul modulo che non sono stressata.
«No, non sono stressata.» Le rivolgo un sorriso rilassato, della serie: “Guarda come sono serena”. Maya non sembra convinta.
«Il tuo lavoro evidentemente è molto logorante.»
«Io do il meglio quando sono sotto pressione» spiego. Ed è vero. Lo so da quando…
Be’, da quando me l’ha detto mia madre, avevo circa otto anni. “Tu dai il meglio quando sei sotto pressione, Samantha.” Tutta la nostra famiglia dà il meglio quando è sotto pressione. È il nostro motto, si può dire.
A parte mio fratello Peter, ovviamente. Lui ha avuto un esaurimento nervoso, ma il resto della famiglia…
Io amo il mio lavoro. Amo la soddisfazione che mi procura l’individuare una scappatoia in un contratto. Amo la scossa di adrenalina che si prova nel chiudere un accordo. Amo l’eccitazione che viene da una trattativa, dal confronto, dal fare l’osservazione migliore fra tutti i presenti a una riunione.
Ogni tanto, forse, mi sento come se qualcuno mi stesse caricando dei pesi sulle spalle. Tipo grossi blocchi di cemento, impilati uno sopra l’altro, e io li devo reggere, anche se sono esausta…
Ma probabilmente capita a tutti di sentirsi così. È normale.
«Hai la pelle molto disidratata» osserva Maya, scuotendo la testa. Mi passa una mano esperta sulla guancia e si ferma sul collo, con espressione preoccupata. «Hai i battiti del cuore molto accelerati. Non è un buon segno. Sei particolarmente tesa in questo momento?»
«Ho parecchio da fare» rispondo, stringendomi nelle spalle. «Ma passerà. Io sto bene.» Allora, possiamo procedere?
«D’accordo.» Maya si alza. Preme un pulsante sulla parete e una musica dolce, di flauto, riempie la stanza. «Posso solo dire che sei venuta nel posto giusto, Samantha. Il nostro obiettivo è quello di rilassare, rivitalizzare, disintossicare.»
«Perfetto» dico, ascoltandola con un orecchio solo. Mi sono appena ricordata che non ho più richiamato David Elldridge riguardo a quel contratto per il petrolio ucraino. Dovevo chiamarlo ieri. Merda.
«Lo scopo del Green Tree Centre è quello di fornire un’oasi di tranquillità, lontano dalle preoccupazioni quotidiane.» Maya preme un altro pulsante e la luce si smorza fino a trasformarsi in un chiarore soffuso. «Hai qualche domanda, prima di cominciare?» chiede a voce bassa.
«A dire il vero, sì.» Mi sporgo in avanti.
«Bene!» fa lei, raggiante. «Sei curiosa di sapere qualcosa di più sui trattamenti di oggi o è una domanda in generale?»
«Potrei mandare un’e-mail veloce?» chiedo, garbata.
Il sorriso le si gela sulle labbra.
«Velocissima» aggiungo. «Ci metterò solo un secondo.»
«Samantha, Samantha…» Maya scuote la testa. «Tu sei qui per rilassarti. Per prenderti un momento tutto per te. Non per mandare e-mail. È un’ossessione! Una dipendenza! Dannosa come l’alcol o la caffeina.»
Per amor del cielo! Io non sono ossessionata. Insomma, è assurdo. Controllo la mia posta elettronica ogni… ogni trenta secondi sì e no.
Il fatto è che in trenta secondi possono succedere tante cose.
«E poi, Samantha» prosegue Maya «vedi un computer in questa stanza?»
«No» rispondo, docile, guardandomi intorno nel piccolo locale immerso nella penombra.
«È per questo che vi chiediamo di lasciare tutte le apparecchiature elettroniche nella cassaforte. Non sono ammessi cellulari. Né computer portatili.» Maya fa un ampio gesto con le braccia. «Questo è un rifugio. Un luogo di evasione dal mondo.»
«Giusto» annuisco, conciliante.
Probabilmente non è il momento per rivelare che ho un palmare nascosto nelle mutandine di ca...