
- 210 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Addio, Miss Marple
Informazioni su questo libro
Un tranquillo villino vittoriano con vista sul mare e un bellissimo giardino: la casa ideale per due giovani sposi. Eppure, proprio in quella che considerava l'abitazione dei suoi sogni, Gwenda Reed comincia a provare un senso di angoscia. Alcune strane scoperte, infatti, la portano a collegare la nuova abitazione con vaghi ricordi della sua infanzia: un sentiero interrato nel giardino, una porta murata, una strana tappezzeria ritrovata in un armadio chiuso a chiave. Gwenda è sicura di non essere mai stata prima nel paese dove è andata ad abitare, ma allora come può conoscere quei particolari? Il peggio però è che la residenza è legata a un'immagine drammatica sempre presente nei suoi incubi: lo strangolamento di una giovane donna. Si tratta di un'allucinazione o di una premonizione? Gwenda e il marito iniziano a indagare sui precedenti proprietari, mettendo pian piano alla luce un'oscura vicenda che risale a molti anni prima e che li coinvolge personalmente. Per fortuna, tuttavia, su di loro veglia l'eccentrica e sorprendente Miss Marple, che ancora una volta riuscirà a far luce sullo strano groviglio... Scritto da Agata Christie durante il secondo conflitto mondiale, "Addio, Miss Marple" fu pubblicato postumo nel 1976.
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Informazioni
eBook ISBN
97888520150521
Una casa
Gwenda Reed rimase ferma sulla banchina, tremante. Qualsiasi cosa guardasse, la vedeva alzarsi e abbassarsi ritmicamente.
Fu in quel momento che prese una decisione, decisione destinata a essere causa di gravissimi avvenimenti in futuro.
Contrariamente al programma stabilito, non avrebbe preso il treno per Londra.
Del resto, perché avrebbe dovuto? Non c’era nessuno ad aspettarla. Era appena scesa da quella nave cigolante che procedeva a singhiozzi, a bordo della quale aveva subito per tre giorni le conseguenze di una traversata eccezionalmente agitata, attraverso il Golfo e su fino a Plymouth. L’idea di viaggiare su un treno, in balia degli inevitabili scossoni, non l’attirava affatto. Si sarebbe cercata un albergo, e finalmente avrebbe potuto coricarsi in un letto che non cigolava e non traballava. Si sarebbe addormentata e il mattino dopo – ma che magnifica idea! – avrebbe noleggiato un’auto e attraversato senza fretta il sud dell’Inghilterra, alla ricerca di una casa che potesse piacere anche a Giles. Già, era proprio una splendida idea.
Così, avrebbe potuto vedere un po’ l’Inghilterra, di cui Giles le aveva tanto parlato, ma che lei non aveva mai visitato benché, come tutti in Nuova Zelanda, la considerasse la sua patria. In quel momento, l’Inghilterra non appariva affatto attraente. Era una giornata grigia, minacciava di piovere e soffiava un vento pungente. Plymouth, pensò Gwenda mentre si metteva in coda per passare la dogana, non doveva essere una delle località più belle dell’Inghilterra.
Il mattino successivo, però, il suo stato d’animo era completamente diverso. Splendeva il sole, e dalla sua finestra il panorama appariva ridente. Ormai non provava più la sensazione che la terra, anzi l’universo intero, ondeggiasse. Quella era finalmente l’Inghilterra e lei, Gwenda Reed, giovane donna di ventun anni da poco sposata, vi era felicemente approdata. Giles l’avrebbe raggiunta in un secondo tempo, forse tra poche settimane, forse tra qualche mese. Aveva proposto a Gwenda di precederlo per cercare una casa adatta a loro due. Si rallegravano entrambi all’idea di avere finalmente una dimora fissa, dato che Giles era costretto a viaggiare parecchio per lavoro. Quando era possibile, Gwenda lo accompagnava.
Sarebbe stato bello avere una casa. Poco tempo prima, Giles aveva ereditato dei mobili da una zia, e questo era un motivo in più per realizzare il loro progetto. Siccome non avevano problemi finanziari, il programma non presentava difficoltà.
Da principio, Gwenda aveva sollevato qualche obiezione: non le pareva giusto che fosse lei a scegliere la casa. «Dovremmo farlo insieme» aveva detto.
Ma Giles le aveva risposto, ridendo: «Di case non me ne intendo molto. Se piace a te, piacerà anche a me. Che abbia un giardino, naturalmente, che non sia uno di quegli orrori moderni, e nemmeno troppo grande. Pensavo a qualche posto sulla costa meridionale. In ogni caso, non troppo all’interno del paese».
«Hai in mente una località ben precisa?» gli aveva domandato Gwenda.
Giles non ne aveva. Essendo rimasto orfano giovanissimo, come lei del resto, durante le vacanze era stato sballottato a destra e a sinistra fra i vari parenti, e non aveva conservato nessun ricordo particolarmente piacevole. Quella che volevano adesso sarebbe stata la casa di Gwenda, e dal momento che lui avrebbe potuto essere trattenuto anche sei mesi in Nuova Zelanda, tanto valeva che lei cominciasse a cercarla subito. Altrimenti, si sarebbe dovuta sistemare in qualche albergo. No, era meglio che trovasse una casa e vi si stabilisse.
«Il che significa» aveva commentato Gwenda «che devo essere io a rimboccarmi le maniche.»
Ma, in fondo, le piaceva l’idea di scegliere la casa e di farla trovare in ordine a Giles, quando fosse arrivato.
Erano sposati da tre mesi soltanto, e lei lo amava molto.
Dopo aver fatto colazione a letto, Gwenda si alzò e cominciò a organizzare la giornata. La trascorse visitando Plymouth, che non le dispiacque affatto. Il mattino successivo, noleggiò una Daimler con autista e diede inizio al suo viaggio attraverso l’Inghilterra.
Il tempo era bello, e quindi viaggiare era piacevole. Nel Devonshire, vide parecchie case che sarebbero potute andar bene, ma niente che la entusiasmasse. Comunque, non c’era fretta; avrebbe continuato a cercare. Imparò a leggere tra le righe, quando le capitavano sotto gli occhi le descrizioni piene d’entusiasmo delle agenzie immobiliari; in questo modo risparmiava tempo e fatica.
Un martedì sera della settimana successiva, l’auto percorreva la strada che, snodandosi fra le colline, portava a Dillmouth. Alla periferia di quella cittadina di mare, Gwenda intravide fra gli alberi una villa vittoriana, piccola e bianca, con il cartello IN VENDITA.
Si lasciò subito prendere dall’entusiasmo. Ecco la sua casa! Ne era certa. Riusciva a immaginare il giardino, le lunghe finestre. Sì, era proprio quella la casa che lei desiderava.
Siccome era già tardi, prese alloggio al Royal Clarence Hotel, e il mattino seguente si recò all’agenzia immobiliare di cui aveva trascritto il nome e l’indirizzo.
Ne uscì con l’autorizzazione a visitare la casa, e poco dopo si trovava in un salotto lungo e antiquato, le cui due portefinestre davano su un terrazzino lastricato. Davanti, una specie di giardino roccioso punteggiato di cespugli fioriti scendeva ripido fino al prato sottostante. Attraverso gli alberi, in fondo al giardino, si vedeva il mare.
“Questa è la mia casa” pensava Gwenda. “Sono arrivata a casa. Mi sembra già di conoscerla.”
La porta si aprì ed entrò una donna alta e triste, che doveva essere raffreddata perché tirava su col naso.
«La signora Hengrave? Ho l’autorizzazione dell’agenzia Galbraith e Penderley. Spero di non essere venuta troppo presto…»
La signora Hengrave, dopo essersi soffiata il naso, le assicurò che non la disturbava affatto. Cominciarono il giro della casa.
Faceva proprio al caso suo. Non era troppe grande. Forse un po’ antiquata, ma lei e Giles avrebbero potuto ricavare un paio di stanze da bagno in più, e la cucina poteva essere rimodernata. Con un altro acquaio e un arredamento nuovo.
Mentre Gwenda faceva queste considerazioni, la signora Hengrave le raccontava con voce monotona i particolari della malattia del defunto maggiore Hengrave, suo marito. La giovane donna pronunciò le solite parole di circostanza. I parenti della signora Hengrave abitavano tutti nel Kent e desideravano che lei li raggiungesse al più presto, per stabilirsi vicino a loro. Il maggiore Hengrave era innamorato di Dillmouth, e per parecchi anni era stato segretario del Golf Club, ma lei…
«Già, capisco. Dev’essere stato penoso per voi… È naturale…»
Con l’altra metà del suo cervello, Gwenda pensava: “Qui ci starebbe bene una credenza… Magnifica, da questa finestra, la vista del mare… Giles ne sarà entusiasta… Questa stanzetta la potremmo trasformare in studio… Ed ecco il bagno… Sicuramente avrà un basamento di mogano… Già, proprio come pensavo… La vasca si trova in mezzo alla stanza… Questa non la tocco…. È un pezzo autentico dell’epoca…”.
Era una stanza molto grande, e da un locale in più si potevano ricavare altri due bagni. Questi li avrebbe fatti fare modernissimi. Non dovevano esserci difficoltà, dal momento che le tubature passavano sicuramente sopra la cucina.
«Pleurite» stava dicendo la signora Hengrave. «Con complicazioni polmonari, il terzo giorno.»
«Terribile!» esclamò Gwenda. «C’è un’altra camera da letto, in fondo a questo corridoio?»
La camera c’era, ed era proprio come lei l’aveva immaginata: quasi rotonda, con una grande finestra ad arco. Bisognava sistemarla meglio, naturalmente. Non che fosse in disordine, ma chissà perché i tipi come la signora Hengrave avevano la mania delle pareti color senape?
Mentre ripercorrevano il corridoio, Gwenda mormorò: «Sei, no, sette stanze, contando quella piccola e l’attico.»
Le assi cigolavano leggermente sotto i suoi piedi. Gwenda aveva già l’impressione di essere lei, e non la signora Hengrave, la padrona di casa. La signora Hengrave era un’intrusa, una che faceva dipingere tralci di glicine sulle pareti color senape del salotto. Gwenda abbassò gli occhi sul foglio dattiloscritto che aveva in mano, sul quale erano annotate le descrizioni della casa e il prezzo.
In quegli ultimi giorni, aveva imparato a valutare gli immobili. La somma richiesta non era eccessiva, anche se poi si sarebbe dovuto provvedere ai lavori di rimodernatura. Il prezzo era trattabile. Evidentemente la signora Hengrave aveva fretta di trasferirsi nel Kent, vicino ai suoi parenti.
Stavano per scendere le scale, quando a un tratto Gwenda si sentì investire da un’ondata di inspiegabile terrore. Fu una sensazione spiacevolissima, ma passò subito.
«Non ci sono fantasmi in questa casa, vero?» domandò alla signora Hengrave.
L’interpellata, un gradino più sotto, stava descrivendo le ultime sofferenze del maggiore Hengrave. Alzò la testa e guardò Gwenda con aria offesa.
«No, che io sappia, signora Reed. Perché, qualcuno vi ha detto una cosa del genere?»
«Voi non avete mai visto né sentito niente? Non è morto nessuno qui?»
Troppo tardi si accorse di aver fatto una gaffe: con ogni probabilità, il maggiore Hengrave aveva trascorso lì le sue ultime ore di vita.
«Mio marito è morto alla clinica Santa Monica» dichiarò la signora Hengrave, asciutta.
«Già, è vero, me l’avete detto.»
Con lo stesso tono gelido, la signora Hengrave continuò: «In una casa di almeno cento anni, è molto probabile che sia morto qualcuno. La signorina Elworthy, dalla quale il mio povero marito l’acquistò sette anni fa, godeva di ottima salute. Voleva andare all’estero per lavorare in una missione, e non parlò di lutti recenti nella sua famiglia.»
Gwenda si affrettò a placare la malinconica signora Hengrave. Si trovavano di nuovo nel salotto, un locale delizioso, proprio come piaceva a lei. La paura di qualche momento prima le appariva incomprensibile. Che cosa le era successo? Non c’era niente che non andasse, in quella casa.
Dopo aver chiesto alla signora Hengrave il permesso di dare un’occhiata al giardino, Gwenda oltrepassò la portafinestra e uscì sulla terrazza.
“Dovrebbero esserci dei gradini qui” pensava. “Una gradinata che arrivi fino al prato.”
Invece, c’era un declivio ricoperto di forsizia. Gli arbusti avevano invaso tutta quella parte del giardino e nascondevano la vista del mare.
Gwenda decise che avrebbe fatto dei cambiamenti.
Seguì la signora Hengrave dall’altra parte della terrazza e notò che il giardino roccioso era stato trascurato e aveva bisogno di essere messo in ordine. Occorreva un’energica potatura alla maggior parte degli arbusti.
Con aria di scusa, la signora Hengrave disse che il giardino era stato alquanto trascurato. Lei aveva potuto permettersi un giardiniere solo due volte la settimana, e spesso non l’aveva visto arrivare.
Dopo aver dato un’occhiata all’orto, non grande ma sufficiente per una piccola famiglia, tornarono in casa. Gwenda disse che aveva altre case da vedere e, benché Hillside le piacesse molto, non poteva decidere subito.
La signora Hengrave la salutò con un’occhiata piena d’ansia e uno starnuto.
Gwenda tornò all’agenzia, fece la sua offerta da sottoporre al direttore e trascorse il resto della mattinata passeggiando per Dillmouth. Era una ridente cittadina. Nel quartiere nuovo c’erano un paio di alberghi e alcuni bungalow, ma la conformazione geografica della costa, con le colline alle spalle, aveva salvato Dillmouth dalla speculazione edilizia.
Dopo pranzo, Gwenda ricevette una telefonata dall’agenzia. La signora Hengrave aveva accettato la sua offerta. Con il sorriso sulle labbra, lei andò all’ufficio postale e inviò un cablogramma a Giles:
HO COMPRATO LA CASA.BACI.GWENDA.
“Chissà come sarà contento” si disse. “Gli ho dimostrato che non perdo tempo, io.”
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Addio, Miss Marple
- 1. Una casa
- 2. La tappezzeria
- 3. «Copritele il volto…»
- 4. Helen?
- 5. Delitto retrospettivo
- 6. Primi passi nelle indagini
- 7. Il dottor Kennedy
- 8. La nevrosi di Kelvin Halliday
- 9. L’incognita
- 10. Una cartella clinica
- 11. Gli uomini della sua vita
- 12. Lily Kimble
- 13. Walter Fane
- 14. Edith Pagett
- 15. Un indirizzo
- 16. Il cocco di mamma
- 17. Richard Erskine
- 18. Erbacce
- 19. Parla il signor Kimble
- 20. La giovane Helen
- 21. J.J. Afflick
- 22. Lily va all’appuntamento
- 23. Quale dei tre?
- 24. Le zampe della scimmia
- 25. Post scriptum a Torquay
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