L'allenatore
eBook - ePub

L'allenatore

  1. 154 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Dopo quindici anni Neely Crenshaw torna nella sua cittadina. Come tanti anche lui è stato richiamato dalla notizia che Eddie Rake, il mitico allenatore della squadra di football del liceo, sta per morire. Ma chi era veramente, Eddie Rake?
Per decenni quell'uomo aveva guidato la squadra degli Spartans attraverso una serie di trionfi, riempiendo a ogni partita uno stadio di duemila posti più grande del numero degli abitanti della cittadina.
E aveva conquistato tutto ciò sottoponendo i suoi ragazzi a metodi degni del più accanito sergente dei marines. Neely era uno di quei ragazzi. È soltanto al funerale di Rake che Neely scoprirà la verità che prima non aveva saputo vedere, e la lunga, coercitiva forza che quell'allenatore aveva esercitato su tutti.
Con L'allenatore John Grisham porta il lettore nel cuore dell'America ma anche nel cuore delle questioni semplici ed eterne che riguardano tutti: l'amicizia, l'amore, il compito di diventare adulti accettando i propri limiti e imparando a perdonare e ad amare.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804546382
eBook ISBN
9788852015793

Mercoledì

Nella piazza di Messina non c’era vetrina di negozio in cui non fosse esposto un grande manifesto verde con il programma del campionato di football, come se a clienti e cittadini fosse indispensabile ricordare che gli Spartans giocavano tutti i venerdì sera; e a tutti i lampioni davanti ai negozi erano appesi striscioni verdi e bianchi che comparivano alla fine di agosto e venivano riposti al termine del campionato. Neely ricordava quegli striscioni ancora ai tempi in cui correva sui marciapiedi in bicicletta. Non era cambiato nulla. I grandi manifesti verdi erano gli stessi ogni anno: le partite segnate a caratteri cubitali e incorniciate dai sorrisi dei ragazzi dell’ultimo anno; sotto, in piccolo, le pubblicità di tutti gli sponsor locali, vale a dire ogni singolo esercizio e ufficio di Messina. Nessuno rimaneva escluso dal manifesto del programma.
Entrando nel Renfrow’s Cafè, un passo dietro Paul, Neely respirò a fondo e raccomandò a se stesso di sorridere, di essere cortese: quella lì era gente che una volta lo aveva adorato. Sulla soglia lo colse l’odore intenso di frittura, poi l’acciottolio, in sottofondo. Odori e rumori che non erano cambiati dai tempi in cui suo padre lo portava il sabato mattina per una cioccolata calda in quel locale dove la gente riviveva e rigiocava l’ultima vittoria degli Spartans.
A stagione in corso, tutti i giocatori avevano diritto a pranzare gratuitamente lì una volta alla settimana, un gesto semplice e generoso, messo a dura prova in occasione dell’integrazione razziale a scuola. Sarebbe stato accordato lo stesso privilegio anche ai giocatori neri? Immancabile era giunto l’ammonimento di Eddie Rake e il Renfrow’s era stato uno dei primi in tutto lo Stato ad applicare spontaneamente l’integrazione.
Paul rivolse la parola a quasi tutti gli uomini curvi sui loro caffè, ma continuò a procedere verso un séparé vicino alla vetrata. Neely distribuì cenni con la testa e cercò di evitare contatti con gli occhi. Prima ancora che si fossero seduti, il segreto era di dominio pubblico. Neely Crenshaw era veramente tornato in città.
Le pareti erano tappezzate di vecchi programmi di campionato, articoli di giornale incorniciati, gagliardetti, magliette autografate e centinaia di foto: foto della squadra disposte in ordine cronologico sopra il bancone, foto di azioni di gioco raccolte dalla redazione del giornale locale e gigantografie in bianco e nero dei campioni locali di tutti i tempi. Quella di Neely era sopra il registratore di cassa, una fotografia scattata quando era all’ultimo anno di liceo, in posa con la palla stretta nella mano portata all’indietro nell’atto di lanciare, niente casco, niente sorriso, concentrazione e muso duro, capelli lunghi e selvaggi, tre giorni di barba e peluria giovanile, sguardo rivolto a un punto lontano, senza dubbio dove lo attendeva la futura gloria.
«Eri così carino, allora» osservò Paul.
«Sembra ieri, ma sembra anche un sogno.»
Al centro del muro più lungo c’era il “tabernacolo” di Eddie Rake, una grande foto a colori che lo ritraeva vicino alla porta sul campo da football e, sotto le immagini, i suoi record: 418 vittorie, 62 sconfitte, 13 titoli statali.
La notizia che già circolava prima dell’alba era che Rake fosse ancora aggrappato alla vita. E la città era ancora aggrappata a lui. Le conversazioni erano sommesse, nessuno rideva, nessuno scherzava, nessuno raccontava clamorose storie di trionfi di pesca, niente dei soliti battibecchi politici.
Una cameriera minuscola in tenuta verde e bianca portò loro il caffè e prese le ordinazioni. Conosceva Paul ma non riconobbe il suo amico.
«Che mi dici di Maggie?» domandò Neely.
«In una casa per anziani» rispose Paul.
Per decenni Maggie Renfrow aveva servito caffè bollente e uova bisunte. Era anche stata l’incontenibile regina di tutte le dicerie e i pettegolezzi che riguardavano la squadra di football locale. Poiché offriva pasti gratis ai giocatori, le era riuscito quello che tutti a Messina agognavano: avvicinarsi un po’ di più ai ragazzi e al loro allenatore.
Un uomo si accostò e rivolse un cenno imbarazzato a Neely. «Volevo solo salutarla» disse tendendo la mano. «È bello rivederla qui dopo tanto tempo. Lei è stato grande.»
Neely gli strinse la mano. «Grazie» rispose. La stretta fu breve. Neely distolse lo sguardo. Il suo ammiratore capì e batté in ritirata. Nessuno lo imitò.
Ci furono sguardi veloci e occhiate più insistenti e perplesse, ma gli altri parvero poterlo tranquillamente ignorare e continuare a bere i loro caffè. Del resto, lui aveva ignorato loro per quindici anni. Messina si sentiva in debito con i propri eroi e si aspettava che loro partecipassero alla nostalgia.
«Quand’è stata l’ultima volta che hai visto Screamer?»
Neely sbuffò e guardò fuori dalle vetrate. «Non l’ho più vista dai tempi del college.»
«Nemmeno una parola?»
«Una lettera, anni fa. Carta elegante da non so dove a Hollywood. Mi diceva che sfondava. Che sarebbe stata mille volte più famosa di me. Molto antipatica. Non le ho risposto.»
«Venne alla nostra rimpatriata del decennale» disse Paul. «Un’attrice, tutta capelli biondi e gambe, vestita come da queste parti non si era mai visto. Un’esibizione molto elaborata. Nomi buttati a destra e a sinistra. Questo produttore, quel regista, una spruzzata di attori mai sentiti nominare. Ho avuto l’impressione che passasse più tempo a letto che davanti alla cinepresa.»
«Screamer, appunto.»
«Tu dovresti saperlo.»
«Come ti è sembrata?»
«Stanca.»
«Nessun titolo?»
«Parecchi, e cambiavano in continuazione. Abbiamo confrontato fra noi quello che ci aveva raccontato e nessuno aveva mai visto un solo film in cui diceva di aver recitato. Tutta scena. Nello stile di Screamer. Solo che adesso è Tessa. Tessa Canyon.»
«Tessa Canyon?»
«Già.»
«Sembra il nome di una pornostar.»
«Credo che quella sia la strada che ha imboccato.»
«Povera ragazza.»
«Povera ragazza?» ripeté Paul. «È una povera deficiente piena di sé, la cui popolarità era dovuta solo al fatto di essere la ragazza di Neely Crenshaw.»
«Sì, ma che gambe.»
Sorrisero insieme a lungo. La cameriera venne a portare frittelle e salsicce e riempì le loro tazze con altro caffè. Mentre inondava il proprio piatto di sciroppo d’acero, Paul riprese a parlare. «Due anni fa c’è stata una convention di banchieri a Vegas. C’era anche Mona con me. Si è annoiata ed è andata in camera sua. Io mi sono annoiato e sono andato a fare una passeggiata sullo Strip, quando era già notte. E sono entrato in uno di quei vecchi casinò. Be’, sai chi ho visto?»
«Tessa Canyon.»
«Tessa che serviva alcolici. Una cameriera con uno di quei costumini attillati, scollati davanti e alti di dietro. Capelli ossigenati, due dita di trucco, una decina di chili in più. Lei non mi ha visto, così sono rimasto a guardarla per qualche minuto. Dimostrava più di trent’anni, ma mi ha impressionato la recitazione. Quando si avvicinava ai clienti ai tavoli tirava fuori un sorriso zuccheroso e una vocina suadente che aveva per sottinteso: “Portami in camera tua”. Le battutine da adescatrice, le strusciate. Quel modo di flirtare spudorato con un branco di ubriachi. Quella donna ha solo voglia di essere amata.»
«Io ce l’avevo messa tutta.»
«È un caso senza speranza.»
«È per questo che l’ho mollata. Non tornerà per il funerale, vero?»
«Può darsi. Se c’è una possibilità di incontrare te, allora sì che ci sarà. D’altra parte, non è proprio in gran forma, e per Screamer l’aspetto fisico è tutto.»
«I suoi genitori sono ancora qui?»
«Sì.»
Un uomo grasso con un berretto della John Deere deviò verso il loro tavolo mentre passava. «Volevo solo farti un saluto, Neely» disse, quasi in procinto di inchinarsi. «Tim Nunley, quello della Ford» si presentò, porgendo la mano con la titubanza di chi teme che venga ignorata. Neely gliela strinse e sorrise. «Lavoravamo alle macchine di tuo padre.»
«Mi ricordo di te» mentì Neely, ma la sua bugia fu ricompensata. Il sorriso di Nunley si ingigantì e la sua stretta di mano si fece più vigorosa.
«Lo pensavo» si compiacque Nunley, lanciando uno sguardo di vendicativo trionfo al suo tavolo. «È bello rivederti qui. Sei stato il più grande.»
«Grazie» rispose Neely lasciandogli la mano e impugnando una forchetta. Nunley indietreggiò, sempre sul punto di inchinarsi, poi prese la giacca e uscì.
Le conversazioni ai tavoli erano ancora ovattate, come se fosse già cominciata la veglia. Paul finì un boccone e si sporse in avanti. «Quattro anni fa avevamo una bella squadra. Vincemmo le prime nove partite. Imbattuti. Un venerdì mattina, giorno di partita, ero seduto qui, a mangiare queste stesse cose e, ti giuro che è vero, quel giorno l’argomento di conversazione era la striscia. Non quella famosa, una nuova. Erano tutti pronti alla nuova striscia. Al diavolo una vittoria di campionato, o un titolo di conference, o anche addirittura il campionato statale, tutte sciocchezze. Questa città vuole ottanta, novanta, magari cento vittorie di fila.»
Neely diede una rapida occhiata all’intorno, poi tornò alla sua colazione. «Io non ho mai capito» confessò. «Queste sono brave persone: meccanici, camionisti, assicuratori, muratori, magari un banchiere, un avvocato. Solidi cittadini di provincia, ma non proprio gente che fa faville. Dico, nessuno qui guadagna un milione di dollari. Però pretendono il titolo statale tutti gli anni, giusto?»
«Giusto.»
«Non capisco.»
«Per il diritto di farsi belli. Di che cos’altro potrebbero vantarsi?»
«Per forza venerano Rake. È grazie a lui se ora tutti sanno dov’è Messina.»
«Mangia un boccone» lo invitò Paul. Si stava avvicinando un uomo in grembiule sporco con una busta. Si presentò come il fratello di Maggie Renfrow, ora chef, e aprì la busta. Dentro c’era una foto a colori venti per venticinque di Neely al Tech. «Maggie aveva sempre voluto che tu la firmassi» disse.
Era una splendida immagine di Neely in azione, accovacciato dietro il centrale, a chiamare la giocata, pronto al passaggio, intento a studiare la disposizione della difesa. Nell’angolo in basso a destra si vedeva un casco viola, dal quale Neely riconobbe una partita contro l’A&M. La foto, una di quelle che non aveva mai visto, era stata scattata pochi minuti prima dell’infortunio. «Certamente» rispose prendendo dalla mano del cuoco un pennarello nero. Firmò in alto, di traverso, e per un lungo momento guardò negli occhi di un giovane e impavido quarterback, un campione che stava scontando il suo periodo di università in attesa dell’NFL. Sentì la folla del Tech di quel giorno, settantacinquemila tifosi famelici di vittoria, fieri della loro squadra imbattuta, estasiati perché, per la prima volta dopo molti anni, avevano un autentico all-American nel ruolo di quarterback.
A un tratto, ebbe nostalgia di quei giorni.
«Bella foto» riuscì a dire restituendola allo chef, che immediatamente l’appese a un chiodo sotto un’altra sua foto più grande.
«Andiamo via» sbottò Neely. Si pulì la bocca. Lasciò dei soldi sul tavolo e uscì alla svelta seguito da Paul. Annu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’allenatore
  4. Martedì
  5. Mercoledì
  6. Giovedì
  7. Venerdì
  8. Copyright