Sembra ieri
eBook - ePub

Sembra ieri

Edizione riveduta e ampliata

  1. 128 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Sembra ieri

Edizione riveduta e ampliata

Informazioni su questo libro

Sembra ieri raccoglie le memorie d'infanzia del celebre ingegnere-filosofo: una serie di fotografie d'epoca, un po' sbiadite, con i ricordi umoristici e nostalgici dei personaggi che hanno segnato i suoi primi anni di vita, e insieme la storia e i costumi di una famiglia napoletana dei primi anni del secolo. Un libro già di grande successo arricchito in una nuova edizione ricca di testi inediti.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804536345
eBook ISBN
9788852015083

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Poi è arrivato anche il mio turno. Niente di strano sia chiaro: ho sempre avuto problemi di cuore e già all’inizio degli anni Ottanta sapevo come sarebbe andata a finire. Tutti pensano che l’infarto sia una morte istantanea, una specie di fulmine che ti coglie quando meno te l’aspetti. Niente di più sbagliato: è solo un avviso della natura che ti annunzia il programma che andrà in onda da lì a poco. La fine istantanea, invece, si chiama «sincope» ed è tutta un’altra cosa: fortunati coloro che se la beccano. È un po’ come spegnere la luce: si sente un piccolo tac e subito dopo non si sente niente. Se poi capita di notte, mentre si dorme, è il massimo della pacchia.
Con l’età, e il conseguente avvicinarsi della data ultima, diminuisce giorno dopo giorno l’importanza dei singoli problemi. Ricordo che al compimento del mio settantesimo anno, mi sparì ogni interesse per la politica. Comprai un giornale e saltai a piè pari le prime diciotto pagine, quelle, appunto, dedicate alla politica. Che le elezioni le vincesse il Polo o l’Ulivo non me ne poteva fregare di meno. D’altra parte il ragionamento che feci quel giorno fu pressappoco questo: con la statistica che mi assegna altri dieci anni di vita, cosa vuoi me ne possa importare che a diventare ministro delle Poste sia uno di destra o di sinistra? Insomma stavo diventando qualunquista. Probabilmente lo ero anche prima, solo che non me ne ero mai accorto.
Il mio ultimo giorno fu pieno di sorprese: tutto cominciò con un forte dolore allo sterno. All’inizio pensai a una cattiva digestione, poi il dolore aumentò come se qualcuno mi si fosse seduto sul petto. Subito dopo cominciai a sudare e a respirare con difficoltà: era la cosiddetta dispnea. Ci siamo, pensai, e d’istinto mi feci il segno della croce.
Vennero chiamati i parenti più cari, ovviamente il medico di famiglia e qualche amico. Mi si sedettero intorno in silenzio. Qualcuno provò anche a scherzare: avrebbe voluto tirarmi su con qualche battuta, ma si vedeva lontano un miglio che nemmeno lui ci credeva. Mi guardavano tutti con una faccia angosciata, una faccia che faceva tanta tenerezza. Avrei voluto rincuorarli uno a uno, ma con quel macigno sul petto mi riusciva perfino difficile parlare. Che Dio mi perdoni il paragone, ma non potei fare a meno di pensare all’ultimo giorno di Socrate, quello in cui il filosofo conforta i suoi discepoli dimostrando loro che morire, tutto sommato, non è poi chissà che cosa: è solo un breve transito tra due vite contigue, quella del corpo e quella dell’anima.
E se invece, pensai, tutto finisse qui? A ragionarci sopra mi sembrò impossibile. Qualcuno mette in piedi un’enorme baracca fatta di miliardi e miliardi di galassie, con opere d’arte come le Piramidi, il Colosseo e la Gioconda, con personaggi come Beethoven, Marilyn Monroe e Maradona, e poi si dimentica di allestire un finale all’altezza della situazione. Non ci posso credere. Mi rifiuto di pensare che dopo ci sia solo il niente. E poi mi chiedo: ma che diavolo sarebbe il Niente?
La risposta, purtroppo, è fin troppo facile: il Niente è il Niente, e in quanto niente non possiede niente, non ha un terreno su cui poggiare i piedi, non ha un cielo dove poter volare, non ha un altro essere umano con cui fermarsi a fare due chiacchiere, e nemmeno uno specchio in cui potersi guardare. Non ha nemmeno la televisione che nel peggiore dei casi renderebbe meno noiosa l’eternità. Piuttosto del Niente, anche la reincarnazione mi andrebbe bene, persino quella in un corpo animale. Un recente sondaggio ha appurato che gli animali più ambiti, come corpi in cui trasferirsi, sarebbero gli uccelli e non i cani, come invece avrei supposto io. Tra gli uccelli, poi, il più gettonato sarebbe l’aquila, e non il canarino che pure ogni giorno ha il vitto assicurato. Evidentemente la Libertà riscuote più consensi della Sicurezza. Meglio allora, secondo me, reincarnarsi in un albero, e cioè in una di quelle querce secolari che si vedono in riva ai laghi, piene di rondini e di passerotti.
Stavo ancora rimuginando sulle possibili vite future, quando arrivò il prete. Tutti uscirono dalla stanza per consentirmi una confessionie e lui mi si sedette accanto. Era un vecchietto, piccolo di statura, e con gli occhiali spessi come fondi di bottiglia. Tirò fuori un libricino nero e si mise a leggere.
L’estrema unzione è una pratica di una noia ovviamente mortale. Oggi la si recita in italiano e con poche parole. Lui, invece, il mio prete, forse a causa della sua età, me la volle recitare tutta in latino, così com’era abituato a fare da sempre. E non basta: mi toccava in varie parti del corpo e per ogni parte aveva una frase appropriata. Cominciò con gli occhi.
«Per istam sanctam untionem et suam piissimam misericordiam indulgeat tibi dominus quidquid per visum deliquisti. Amen
Poi mi toccò un orecchio.
«Per istam sanctam untionem et suam piissimam misericordiam indulgeat tibi dominus quidquid per auditum deliquisti. Amen
Poi passò al naso.
«Per istam sanctam untionem et suam piissimam misericordiam indulgeat tibi dominus quidquid per odoratum deliquisti. Amen
Recitava la formuletta come un compito da portare a termine nel più breve tempo possibile e senza nemmeno tanto pensarci. Curioso come sempre, provai a chiedergli qualche spiegazione.
«Mi scusi, padre, ma cosa vuol dire deliquisti
«Deliquisti vuol dire peccare. Ora, però, fratello, non m’interrompere se no non la finiamo più e passiamo alle mani.»
Dopodiché mi toccò entrambe le mani e riprese a biascicare:
«Per istam sanctam untionem et suam piissimam misericordiam indulgeat tibi dominus quidquid per tactum deliquisti. Amen
«Peccare?!» esclamai io «ma io non ho mai peccato!»
«Eh?»
«Dicevo che, per quanti sforzi faccia, non riesco a ricordarmi di un solo peccato che avrei fatto.»
Al che lui si arrabbiò moltissimo. Per due motivi, mi sembrò di capire: primo, perché Giovanni XXIII, alcuni anni fa, in un intervento televisivo, aveva detto che tutti gli esseri umani, a eccezione della Madonna, avevano commesso almeno un peccato, e secondo perché, non ammettendo di aver peccato, non avrei nemmeno potuto avere l’assoluzione. In altre parole, ai suoi occhi, io stavo commettendo un peccato ancora più grave di quelli che non volevo riconoscere: il peccato di presunzione. E, se non altro per mettermi in difficoltà, provò a elencare tutti i possibili peccati che avrei potuto fare, o, quanto meno, quelli che più mi si addicevano.
«Nel corso della vita» mi chiese «avrai pure commesso qualche atto impuro?»
«Sì, ma sempre con il consenso della controparte, e a volte la controparte è stata entusiasta. Ricordo una signora che mi fece anche un applauso.»
«Intanto, però, lo hai commesso. E magari avrai anche tradito tua moglie?»
«Sì, ma senza farmene accorgere.»
«E con questo?»
«Per me il peccato, come diceva il filosofo Lorenzo Valla, è fare male a qualcuno. Ora se un uomo tradisce la propria moglie e non si fa scoprire, non l’avrà nemmeno fatta soffrire… e di conseguenza… non avrà nemmeno peccato.»
«Ma che ragionamenti sono questi?! Senti: qui mi hanno chiamato perché avrei dovuto trovare uno in fin di vita. Ora, a parte il fatto che tu non mi sembri in fin di vita, ti rendi conto che se non mi dici: “Mi pento con tutto il cuore dei miei peccati” io non ti potrò dare l’assoluzione?»
«Cioè dovrei dirle una bugia? Oddio, se si tratta di farle un piacere, non ho problemi. Resta il fatto, però, che, con o senza assoluzione, io in Paradiso entro lo stesso.»
«Ma tu guarda cosa mi tocca sentire! Io davvero non so più che fare con questo qui! Ma dimmi una cosa: tu credi in Dio, sì o no?»
«Credere è un verbo troppo impegnativo» risposi io dopo averci riflettuto. «Diciamo piuttosto che dubito, ma che spero con tutto il cuore cheDio esista sul serio.»
«Ho capito: sei un agnostico. Adesso, però, cerchiamo di venirci incontro: tu mi confessi che hai fatto un peccato, uno qualsiasi, e io ti do l’assoluzione.»
«Se le va bene confesso di essere stato un umorista…?»
«Ho paura» disse lui «che non è peccato.»
Due minuti dopo stavo in Paradiso.
Diciamo subito che il Paradiso me lo sarei aspettato tutto diverso. Mi era sempre stato descritto come un giardino meraviglioso con tanti fiori e tante anime in attesa. In attesa di cosa, poi, non si è mai capito.
«Vuoi mettere l’Inferno?» dicevo ai miei amici quando ancora ero in vita, e passeggiavo su e giù per via Scarlatti non avendo nessuna voglia di andare a dormire.
«Ma tu che ne sai?» mi chiedevano loro.
«Date retta a me: l’Inferno è tutta un’altra cosa. Altro ambiente, altri personaggi: assassini, truffatori, belle donne, ubriaconi, puttane, tutta gente, insomma, con un passato alle spalle. I beati, invece, diciamo le cose come stanno, sono tristi: cosa ti puoi aspettare da uno che nella vita ha fatto solo il martire, o, nel migliore dei casi, la vergine? Solo storie dove ci tocca piangere.»
Poi, come ho appena detto, in Paradiso ci sono finito anch’io e la cosa che più mi ha colpito è stata l’assoluta somiglianza con il pianeta Terra, anzi con Napoli, anzi con Santa Lucia, il quartiere dove sono nato nel 1928.
«Scusi:» ho chiesto a un’anima di passaggio «ma dove ci troviamo?»
«Ma perché, non lo sa?» mi ha risposto l’anima stupita, come se l’avessi voluta prendere in giro. «Siamo in Paradiso.»
«Sì lo so che stiamo in Paradiso, ma è che m...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sembra ieri
  3. eravamo felici
  4. la nonna
  5. Rosa
  6. zio Luigi
  7. la Poveraziaolimpia
  8. zia Maria
  9. zio Alfonso
  10. zio Bebè
  11. Fofò
  12. Champagne
  13. mio padre (con mammà)
  14. mia madre
  15. l’ultimo giorno
  16. Copyright