La perdita del marito ebbe un brutto effetto su Angeline Fowl. Si rinchiuse nella sua camera, preferendo i sogni e i ricordi alla vita reale. Forse non si sarebbe mai ripresa se suo figlio non avesse fatto un patto con un elfo, Spinella Tappo: metà dell’oro sottratto al Popolo in cambio della salute della madre. Dopo la guarigione di Angeline, Artemis Junior si concentrò sulle ricerche del padre, investendo parte dei beni di famiglia in viaggi in Russia, spie e ricerche via Internet.
Il giovane Artemis aveva ereditato una doppia dose dell’astuzia tipica dei Fowl, ma con la madre (assolutamente onesta) di nuovo in circolazione, per lui divenne più difficile portare a termine i suoi piani, ingegnosi quanto indispensabili a finanziare le ricerche del padre.
Turbata dall’ossessione del figlio e preoccupata dagli effetti che gli ultimi due anni potevano avere avuto sulla sua mente, Angeline decise di affidarlo allo psicologo del collegio cui lo aveva iscritto.
C’era da sentirsi dispiaciuti per lui. Per lo psicologo, voglio dire…
St Bartleby, Collegio per Giovani Gentiluomini, Contea di Wicklow, Irlanda, giorno d’oggi
Il dottor Po si appoggiò allo schienale imbottito della poltrona, scorrendo rapidamente la pagina che aveva davanti.
«Allora, signor Fowl, facciamo quattro chiacchiere?»
Artemis sospirò, scostando i capelli neri dall’ampia fronte pallida. Avrebbero mai capito che una mente come la sua non poteva essere analizzata? Aveva letto più libri di psicologia di qualunque psicologo e, con lo pseudonimo di “dottor F. Roy Dean Schlippe”, aveva perfino pubblicato un articolo sulla “Rivista degli Psicologi”.
«Sicuro, dottore. Parliamo della sua poltrona. È vittoriana?»
Po accarezzò il bracciolo di pelle. «Sì. Un cimelio di famiglia. Mio nonno la comprò a un’asta da Sotheby’s. Pare che un tempo stesse a Palazzo… la preferita della Regina.»
Un sorriso sarcastico stirò d’un centimetro le labbra di Artemis. «Ma non mi dica… Di solito a Palazzo non circolano falsi.»
Le dita di Po si conficcarono nella pelle logora. «Falsi? Le assicuro, signor Fowl, che questa poltrona è assolutamente autentica.»
Artemis alzò le spalle. «È una buona imitazione, glielo concedo. Ma guardi qui.» Lo sguardo di Po seguì il suo dito. «Queste cuciture. Vede il disegno sullo schienale? Fatto a macchina. Anni Venti al massimo. Suo nonno è stato imbrogliato. Ma che importa? In fondo non è che una poltrona. Un semplice oggetto, giusto, dottore?»
Po mascherò la propria costernazione scribacchiando freneticamente. «Molto astuto, Artemis. Proprio come risulta dal suo file. I soliti giochetti. E ora possiamo tornare a occuparci di lei?»
Artemis Fowl Secondo si raddrizzò la piega dei pantaloni. «C’è un problema, dottore.»
«Davvero? E quale sarebbe?»
«Il problema è che conosco le risposte dei libri di testo a ogni domanda che lei possa farmi.»
Il dottor Po strapazzò il suo taccuino per un minuto buono. «Sì, Artemis, un problema c’è. Però non è quello» disse finalmente.
Artemis quasi sorrise. Senza dubbio ora il dottore gli avrebbe somministrato l’ennesima prevedibile teoria. Quale disturbo mentale gli sarebbe toccato, oggi? Personalità multipla, forse, o coazione a mentire?
«Il problema è che lei non rispetta nessuno al punto da trattarlo come un suo pari.»
L’affermazione spiazzò Artemis. Questo dottore era più in gamba degli altri. «È ridicolo. Nutro il massimo rispetto per parecchie persone.»
Po non alzò lo sguardo dal taccuino. «Davvero? Chi, per esempio?»
«Albert Einstein. Di solito le sue teorie erano esatte. E Archimede, il matematico greco.»
«E che mi dice dei suoi conoscenti?»
Artemis ci pensò su per un po’. Non gli venne in mente nessuno.
«Allora? Nessun esempio?»
«A quanto pare, lei ha tutte le risposte, dottor Po. Perché non me lo dice lei?»
Po controllò qualcosa sul computer portatile. «Straordinario. Ogni volta che la leggo…»
«La mia biografia, presumo?»
«Sì, spiega molte cose.»
«Per esempio?» chiese Artemis, interessato.
Il dottor Po stampò una pagina.
«Per cominciare c’è il suo… dipendente, Leale. Una guardia del corpo, mi par di capire. Un compagno poco idoneo, per un ragazzo impressionabile. Poi c’è sua madre. Una donna meravigliosa, ma incapace di esercitare il minimo controllo su di lei. E, per finire, suo padre: da quanto risulta, da vivo non le ha fornito un gran bell’esempio da seguire.»
La frecciata andò a segno, ma Artemis non aveva intenzione di lasciarlo capire. «Le sue informazioni sono sbagliate» disse soltanto. «Mio padre è vivo. Disperso, ma vivo.»
Po controllò i suoi appunti. «Davvero? Avevo l’impressione che fosse scomparso da quasi due anni. E che il tribunale l’avesse dichiarato legalmente morto.»
«Non m’importa cosa dicono i tribunali o la Croce Rossa» rispose Artemis impassibile, anche se il cuore gli martellava. «È vivo, e io lo ritroverò.»
Po scribacchiò qualcos’altro. «E se anche tornasse? Ha intenzione di seguire il suo esempio? Di diventare un criminale come lui? O forse lo è già?»
«Mio padre non è un criminale» sbottò Artemis. «La spedizione di Murmansk era assolutamente legale.»
«Ha evitato la domanda, Artemis» disse Po.
Ma Artemis ne aveva abbastanza di quel tipo di domande. Tempo di ricorrere a un piccolo trucco. «Dottore!» esclamò. «Questo è un punto dolente. Per quanto ne sa lei, potrei soffrire di depressione.»
«Possibile» abboccò subito Po, avvertendo una breccia. «È così?»
Artemis si nascose la faccia fra le mani. «È mia madre, dottore.»
«Sua madre?» lo incalzò Po, sforzandosi di mascherare l’eccitazione. Quell’anno Artemis aveva già provocato il ritiro a vita privata di una mezza dozzina di psicologi del St Bartleby. A dire il vero, anche Po era sul punto di fare fagotto. Ma ora…
«Mia madre, lei…»
Po s’irrigidì sulla poltrona. «Sua madre…?»
«Mi costringe a subire queste ridicole sedute, e i cosiddetti psicologi della scuola sono poco più che idioti benintenzionati forniti di laurea.»
«Molto bene, Artemis» sospirò Po. «Faccia come preferisce, ma non troverà mai pace se continua a sfuggire i suoi problemi.»
La vibrazione del cellulare risparmiò ad Artemis ulteriori analisi. Soltanto una persona aveva quel numero. Lo prese dalla tasca e rispose. «Sì?»
«Artemis. Sono io.» La voce di Leale.
«Ovviamente. Al momento sono impegnato.»
«Abbiamo ricevuto un messaggio.»
«Da dove?»
«Non lo so con esattezza. Ma riguarda la Fowl Star.»
Un brivido percorse la spina dorsale di Artemis. «Dove sei?»
«Davanti al cancello principale.»
«Bene. Arrivo.»
Il dottor Po si tolse bruscamente gli occhiali. «Non abbiamo finito, giovanotto. Oggi abbiamo fatto progressi, anche se non vuole ammetterlo. Se ora se ne va, dovrò avvertire la commissione di disciplina.»
La minaccia non ebbe effetto. Artemis era già lontano. Un pizzicorino familiare gli faceva formicolare la pelle. Era l’inizio di qualcosa. Se lo sentiva.
West Bank, Cantuccio, gli Strati Inferiori
L’immagine tradizionale di un leprecauno è quella di uno spiritello vestito di verde. Questo, naturalmente, è lo stereotipo umano. Il Popolo ha stereotipi diversi. Di solito pensa che gli agenti della Squadra Ricognizione della Libera Eroica Polizia siano rozzi gnomi o elfi forzuti reclutati direttamente dalle squadre universitarie di strozzapalla.
Il capitano Spinella Tappo non corrispondeva a nessuno dei due stereotipi. In effetti, era l’ultima creatura al mondo che si sarebbe potuta prendere per un agente della LEPricog. Se qualcuno avesse cercato di indovinare la sua occupazione, l’andatura felina e la muscolatura robusta avrebbero fatto pensare a una ginnasta, o forse a una speleologa professionista. Ma guardandola negli occhi si potevano scorgere un’energia così infuocata da accendere una candela a dieci passi, e quella capacità di cavarsela nelle peggiori situazioni che ne faceva uno dei più rispettati ufficiali della Ricog.
Anche se, per essere precisi, in teoria non era più in servizio alla Ricog. In seguito al Caso Artemis Fowl, quando era stata catturata e poi rilasciata dietro versamento di un congruo riscatto, la sua posizione di primo ufficiale femmina della Ricog era stata messa in discussione.
E se attualmente non si trovava in casa ad annaffiare le felci, era solo perché il coman...