La guerra degli Orchi - 1. I figli del lupo
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La guerra degli Orchi - 1. I figli del lupo

  1. 348 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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La guerra degli Orchi - 1. I figli del lupo

Informazioni su questo libro

Dopo la lotta finale al fianco dello stregone Arngrim contro la regina Jennesta, gli orchi della banda dei Figli del Lupo sono riusciti ad attraversare la Porta d'Accesso, tornando così nel loro mondo d'origine.
Qui, lontano dalle minacce delle terre di Maras- Dantia, prima fra tutte l'invasore umano, Strike e i suoi compagni hanno finalmente trovato la pace. Una pace voluta, ma anche difficile per dei guerrieri assetati di sangue come gli orchi.
Così, quando attraverso un portale giunge un messaggio di Arngrim, il quale chiede nuovamente l'aiuto degli orchi, Strike e i fidati Haskeer e Coilla non esitano a riunire i Figli del Lupo, arricchiti di nuovi membri, e a utilizzare le cinque stelle magiche che consentono loro di saltare da un mondo all'altro.
Dopo un breve ritorno a Maras-Dantia per recuperare Jup, l'unico nano della banda, sbarcheranno su Acurial, un mondo in cui gli orchi sono ancora schiavi e nel quale scopriranno che la strega-regina Jennesta non solo non è morta ma, con nuove forze, progetta di trasformare tutti gli orchi in un esercito di non-morti al suo servizio.
Inoltre, un manipolo di misteriose creature, votato alla ricerca delle stelle magiche, è sulle tracce di Strike e dei suoi compagni, deciso a strappare loro il potere di viaggiare tra i mondi...
Con I Figli del Lupo Stan Nicholls apre la seconda entusiasmante trilogia dedicata agli orchi più feroci e più convincenti che la letteratura fantastica abbia mai prodotto. Una nuova saga attraverso i mondi, che ribalta i canoni del fantasy regalando al lettore l'avventura più originale e affascinante nella quale si possa imbattere.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804582618
eBook ISBN
9788852014567

1

 
I camaleoni occupavano il secondo posto nella classifica delle specie più pericolose di Ceragan. Avevano denti affilati come lame di coltello e pelle simile al cuoio invecchiato. L’unica cosa che superasse la loro forza era la loro tremenda aggressività. Il camaleone, a cui davano la caccia un paio di membri della specie che occupava il primo posto della classifica, si rizzò sulle massicce zampe posteriori. La sua testa squamosa spazzolò la cima di un albero che un solo, potente colpo della coda uncinata sarebbe stato in grado di abbattere.
«Credi che riusciremo a farcela da soli?»
Stryke fece segno di sì.
«Potrebbe non bastare un esercito.»
«No, se useremo il cervello.»
«Anche uno stronzo ha più cervello di un camaleone.» «Allora non dovresti avere problemi.»
Haskeer gli scoccò un’occhiata smarrita.
I due rappresentavano un ottimo esempio di orco adulto, con spalle larghe, petti ampi e una possente muscolatura. Le loro facce spigolose erano dotate di mascelle orgogliosamente sporgenti e negli occhi brillavano scintille. Sulle guance di entrambi si vedevano ancora, ma un po’ sbiaditi, i tatuaggi di grado, che testimoniavano della loro precedente condizione di schiavi.
Il camaleone ricadde sulle quattro zampe e con un gorgogliante brontolio continuò la sua opera di disboscamento. Caracollando tra gli alberi e raschiando le cortecce mentre vi si strofinava contro, iniziò a dirigersi verso il fondovalle.
Stryke e Haskeer sbucarono dai cespugli impugnando le lance e lo tallonarono, facendo attenzione a non farsi scoprire. Si tenevano sottovento, seguendo l’odore insopportabile emanato dall’animale.
Orchi e preda vagabondarono per qualche tempo. Di tanto in tanto il camaleone si fermava e girava goffamente la testa, quasi sospettasse la loro presenza, ma gli orchi erano attenti a mantenersi fuori vista. Il bestione fece correre lo sguardo lungo la propria scia, annusò l’aria e continuò ad arrancare.
Dopo aver attraversato un boschetto, il camaleone guadò un ruscello dal fondo sassoso. In lontananza affiorava dal terreno una larga formazione rocciosa, punteggiata di caverne. Per continuare l’inseguimento Stryke e Haskeer dovettero uscire allo scoperto. Tenendosi bassi, scivolarono velocemente verso il riparo offerto da un masso ricoperto di muschio, ma quando mancavano meno di cinque passi, il camaleone voltò la testa nella loro direzione.
Gli orchi si immobilizzarono, ipnotizzati dagli spietati occhi dell’animale, grossi come un loro pugno.
Cacciatori e preda rimasero a fissarsi, paralizzati, per quella che sembrava un’eternità. Poi la creatura cominciò a mutare.
«Sta cambiando!» gridò Haskeer.
La pelle dell’animale iniziò a diventare di diverso colore, assumendo in tutto e per tutto quello della muraglia di roccia che si ergeva alle sue spalle. Solo la coda, che continuava a oscillare, aveva preso l’aspetto verde e marrone di un albero lì vicino. Con velocità sempre maggiore, il camaleone sfumava nello sfondo.
«Presto!» urlò Stryke. «Prima che scompaia del tutto!»
I due avanzarono di corsa. Stryke scagliò la lancia. L’arma colpì con precisione il fianco dell’animale, strappandogli un tonante muggito di dolore.
La capacità di confondersi con l’ambiente era la principale, anche se non l’unica, difesa della bestia. La sua combattività era altrettanto efficace. Il camaleone partì alla carica a testa bassa, con la lancia ancora conficcata nel fianco coperto di sangue. Quando schizzò fuori dal ruscello, le sue doti di mimetizzazione, innescate dall’istinto di sopravvivenza e sottoposte a un superlavoro, continuarono a manifestarsi rispecchiando il terreno circostante.
Dovendo però concentrare ogni energia nell’attacco, il mimetismo dell’animale si mise a funzionare in modo confuso. Se la schiena conservava ancora l’aspetto della superficie della roccia, la pancia ora imitava l’acqua. Mentre la creatura veniva avanti a passo di carica, la pelle scintillava in modo bizzarro e la parte inferiore del corpo sembrava quasi trasparente.
Stryke e Haskeer rimasero saldamente al loro posto. Haskeer sollevò la lancia, con l’intenzione di usarla in un combattimento ravvicinato. Stryke impugnò la spada.
Quando il camaleone fu abbastanza vicino da sentirne il lezzo del respiro, i due si tuffarono di lato, uno a destra e uno a sinistra, e immediatamente lo attaccarono da entrambi i lati. Haskeer lo colpì più volte con la lancia, pungendogli la carne, mentre Stryke menava fendenti larghi e profondi.
Con un ruggito, il bestione si avventò contro gli orchi, cercando di azzannarli con impressionanti schiocchi di mascelle e arrivando quasi a decapitarli con gli artigli che uncinavano l’aria. Come ultima risorsa, mise in gioco la coda.
La violenza del colpo si abbatté su Haskeer. Una rapida e potente sferzata lo lasciò mezzo tramortito al suolo. La lancia finì lontano, mentre il camaleone si avvicinava per portare a termine il lavoro.
Stryke recuperò l’arma di Haskeer e gli si scagliò contro. Diresse la lancia contro una delle zampe posteriori, riuscendo a distrarlo a sufficienza perché il compagno venisse dimenticato.
La bestia si girò, grondando saliva dalle enormi fauci spalancate e con l’intenzione di fare brandelli dell’avversario. L’orco, che per recuperare la lancia aveva frettolosamente rinfoderato la spada, adesso aveva il problema di estrarla.
Con un sibilo, un coltello da lancio raggiunse il muso dell’animale, che iniziò a indietreggiare. Era bastato quello, poco più di una puntura, a ostacolare la sua avanzata verso Stryke. Nel frattempo Haskeer si era sollevato sulle ginocchia con un altro coltello in mano. Stryke sguainò la spada con uno strattone mentre il camaleone gli si avventava nuovamente contro. L’orco riusciva a scorgere le pupille nere come l’inchiostro che galleggiavano negli occhi gialli.
Vi conficcò la lama.
In cambio ottenne l’eruzione di un liquido viscoso dalla puzza infernale. Muggendo di dolore, il camaleone piombò a terra, contorcendosi nell’agonia.
Stryke e Haskeer lo raggiunsero per tagliargli la testa. Alternavano i colpi, come boscaioli che fanno a pezzi il robusto tronco di una quercia.
La bestia grugniva e mugghiava, mentre la sua pelle mutava in una disordinata successione di motivi e colori. Un momento sembrava specchiare il cielo d’estate e quello successivo imitava l’erba e la terra del suo letto di morte. Per un attimo riuscì persino a rivestirsi dell’immagine dei due orchi intenti a spegnere la sua vita a colpi di spada.
Appena prima che gli staccassero la testa, l’animale si ricoprì di un manto scarlatto.
Stryke e Haskeer arretrarono, ansimando. Il corpo del camaleone sussultava, mentre il sangue zampillava dalla base del collo.
Gli orchi si lasciarono cadere su un tronco abbattuto e contemplarono la loro vittima. Respiravano la pura aria della vittoria e convenirono con entusiasmo che l’esistenza sembrava più ricca e luminosa, dopo un’uccisione.
Sedettero per qualche tempo senza parlare, finché Stryke, guardandosi in giro, non iniziò a innervosirsi. A un tiro di pietra da loro si spalancava l’imboccatura della caverna più grande. Non era la prima volta che quel luogo attirava il suo sguardo.
Anche Haskeer l’aveva notata, e sembrava desolato. «Questo posto mi dà i brividi» confessò.
«Pensavo che tu non avessi paura di nulla.»
«Fanne parola con qualcuno e ti strapperò i polmoni. Ma non lo senti? Come un odore di marcio. O puzza di carogna. E non mi riferisco al camaleone.»
«Per l’ennesima volta siamo finiti qui.»
«Tu, ci sei finito.»
«Mi viene in meynte l’ultima missione dei Figli del Lupo.» «Tutto questo mi fa ricordare il nostro arrivo. Vorrei tanto dimenticarlo.»
«Ammetto che è stato... agitato.» Stryke si sforzò di ritornare con la mente al loro viaggio e soffocò un brivido.
Gli occhi di Haskeer erano puntati sulla nera bocca della caverna. «So che siamo arrivati in questo luogo attraverso quella caverna. Ma non so in che modo.»
«Nemmeno io. Tranne quello che ci ha raccontato Serapheim, che si trattava di una specie di porta. E non per i nostri alloggi, ma per altri mondi.»
«Come può essere?»
«Questa è una faccenda per persone come lui. Stregoni.»
«Magia.» Sulla bocca di Haskeer quella parola suonava come un’espressione di disgusto. L’orco la pronunciò come se sputasse.
«Ma ci ha portato sin qui. E mi basta.» Stryke indicò con un gesto il panorama. «A meno che non si tratti di un sogno. O del regno dei morti.»
«Non crederai davvero che...»
«No.» L’orco si chinò a strappare un pugno d’erba. La sminuzzò tra le mani e soffiò via i pezzi dalle dita sporche di linfa. «Tutto questo mi sembra abbastanza reale, non trovi?»
«Certo. Ma non mi piace essere all’oscuro. Mi rende... inquieto.»
«Il modo in cui siamo arrivati qui va ben oltre la comprensione di qualsiasi orco. Ti devi rassegnare.»
Haskeer sembrò ancor più sconfortato. «Come possiamo sapere di essere al sicuro? Che cosa impedisce a quella cosa di accadere di nuovo?»
«Bisogna usare le stelle. Sono come una chiave. Sono le stelle che l’hanno reso possibile, non questo posto.» «Dovresti distruggerle.»
«Non sono certo di poterlo fare. Ma ci hanno portato in salvo. Devi ammetterlo.»
Haskeer emise un grugnito di scetticismo e continuò a fissare l’imboccatura della caverna.
I due orchi rimasero seduti, in silenzio.
Era scesa la calma, e l’aria risuonava solo dei fruscii di piccoli animali e del lieve brusio degli insetti. Stormi di uccelli svolazzavano pigramente alla ricerca di un luogo dove posarsi per la notte. Con il calar del sole cominciò a fare più fresco, anche se la diminuzione della temperatura non impedì che nugoli di mosche si radunassero sulla carcassa del camaleone.
Haskeer alzò la testa di colpo. «Stryke.»
«Che c’è?
«Non vedi...?» Indicò la caverna.
«Non vedo niente.»
«Guarda.»
«È solo la tua immaginazione. Non c’è nul...» Un movimento catturò lo sguardo dell’orco. Stryke aguzzò la vista.
All’interno della caverna c’erano piccoli punti di luce che apparivano e scomparivano e sembravano diventare sempre più brillanti e numerosi.
I due orchi balzarono in piedi.
«Riesci a sentirlo?» chiese Stryke.
Il suolo stava tremando.
«Un terremoto?» si stupì Haskeer.
Le vibrazioni divennero più violente, come se una serie di sussulti stesse scuotendo la terra. Il loro punto di origine era la caverna. Al suo interno i granellini luminosi si erano uniti in una splendente nebbia multicolore che pulsava all’unisono con le scosse.
Seguì un’esplosione di luce. Una raffica di vento rovente uscì con un ruggito dalla caverna.
Stryke e Haskeer distolsero lo sguardo.
La luce si spense. La terra smise di tremare.
Calò un sudario di silenzio. Gli uccelli avevano smesso di cantare. Gli insetti tacevano.
Qualcosa si stava muovendo all’interno della caverna. Dal buio emerse una figura. Camminava con movimenti rigidi, dirigendosi verso di loro.
«Te l’avevo detto» mugghiò Haskeer.
Le mani corsero alle armi.
La creatura era abbastanza vicina da poterla distinguere. Quando gli orchi videro di che cosa si trattava, la sorpresa li colpì come un calcio nei denti.
Sembrava piuttosto giovane, sebbene fosse impossibile stabilire l’età, con quella razza. I suoi capelli erano di uno stridente colore rosso e i lineamenti erano chiazzati da disgustose macchioline ramate. Indossava un vestito elegante, certo non una divisa da combattimento. Non si scorgevano armi.
I due orchi avanzarono guardinghi, con le spade puntate.
«Dovremmo stare più attenti» avvertì Haskeer.
La figura veniva avanti. Più che camminare, vacillava, e nel vederli accennò ad aprire la bocca. Cercò di sollevare il braccio, ma lo sforzo la fece barcollare e, quando le gambe le cedettero, cadde a terra. Il terreno era irregolare e rotolò per un poco prima di fermarsi definitivamente.
Stryke e Haskeer si avvicinarono con aria bellicosa.
Stryke sfiorò il corpo con la punta del piede. Non ottenendo reazioni, gli assestò un paio di calci. Si chinò a cercare le pulsazioni sul collo. Non ce n’erano.
Haskeer distolse finalmente la sua attenzione dalla caverna. Sembrava agitato. «Perché è arrivato qui?» voleva sapere. «E cosa l’ha ucciso?»
«Niente di evidente, a quanto pare» rispose Stryke, mentre esaminava il cadavere. «Su, dammi una mano.»
Haskeer gli si inginocchiò accanto e insieme ribaltarono il corpo.
«Ecco la tua risposta» disse l’orco.
L’umano aveva un pugnale piantato nella schiena.

2

I due orchi si avventurarono nella caverna per assicurarsi che non vi fossero altri umani in agguato. Nella vasta e profonda cavità persisteva un odore che ricordava lo zolfo, ma per il resto il buio interno era vuoto.
Ritornarono dal cadavere.
Stryke si fermò, afferrò il coltello, lo estrasse dalla ferita e lo ripulì dal sangue con un lembo del mantello del morto. La lama era leggermente curva e sull’elsa d’argento erano incisi dei simboli che non conosceva. Conficcò l’arma in terra.
Ancora una volta, gli orchi girarono il corpo. Il colore era scivolato via dalla faccia dell’uomo, rendendo il contrasto con i capelli rossi e le lentiggini ancora più stridente.
L’umano portava al collo una catenina sottile, con appeso un amuleto. I simboli cesellati erano diversi da quelli del pugnale, ma altrettanto indecifrabili. Le tasche della giacca e dei calzoni erano vuote. Non aveva addosso alcun tipo di arma.
«Non sembra certo equipaggiato per un viaggio» notò Haskeer.
«E niente stelle.»
«Chi d...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. I Figli Del Lupo
  5. Prologo
  6. 1
  7. 2
  8. 3
  9. 4
  10. 5
  11. 6
  12. 7
  13. 8
  14. 9
  15. 10
  16. 11
  17. 12
  18. 13
  19. 14
  20. 15
  21. 16
  22. 17
  23. 18
  24. 19
  25. 20
  26. 21
  27. 22
  28. 23
  29. 24
  30. 25
  31. 26
  32. 27
  33. 28
  34. 29