
- 348 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Informazioni su questo libro
La rabbia infantile cela il più delle volte una situazione di conflitto e di sofferenza psicologica. Quando un genitore si trova di fronte a tali manifestazioni spesso si sente in un tunnel: vede che il piccolo sta male ma non riesce a individuare i reali motivi che si nascondono dietro al disagio e all'angoscia del proprio figlio. La rabbia del bambino e spesso uno strumento per esprimere e comunicare altro, dolore, impotenza, paura dell'abbandono. Emozioni e sensazioni che, se fossero trasmesse con altri canali, potrebbero gettare un ponte tra bambini e adulti. Le favole raccontate nel volume, scaturite da storie reali, offrono importanti spunti per aiutare a comprendere meglio "il bambino arrabbiato", favorendo lo scioglimento di quei nodi che gli impediscono di crescere in armonia con se stesso e con il mondo che lo circonda.
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Informazioni
Print ISBN
9788804530039eBook ISBN
9788852016806Capitolo secondo
I segnali della rabbia
Quello che mi aiuta di più quando sono arrabbiato è correre senza sapere dove andare.
FABRIZIO, 11 ANNI
La premessa di ogni favola
Più di ogni altra cosa custodisci il tuo cuore,
poiché da esso sgorga la vita.
Libro dei Proverbi
Una volta, tanti e tanti inverni fa, viveva un bosco da qualche parte di questo mondo, o forse di un altro, dove non succedeva assolutamente niente di particolare. Era un bosco come tanti altri, che aveva i suoi ritmi come tutti i normali boschi di questa terra; dopo la luce del giorno veniva il buio della notte e poi ancora la luce del giorno; l’erba e le foglie spuntavano in primavera, fiorivano con l’estate, appassivano e cadevano in autunno, mentre le piante in inverno si riposavano per prepararsi a rinascere a primavera e così via. Gli animali del bosco nascevano, imparavano a crescere con l’aiuto dei vecchi, poi diventavano grandi a loro volta e mettevano al mondo altri cuccioli come era sempre avvenuto, stagione dopo stagione. All’arsura dell’estate succedevano le piogge dell’autunno, alla pioggia autunnale la neve dell’inverno, dopo la neve veniva il disgelo e i ruscelli ricominciavano a scorrere, mentre il sole si infilava sotto le zolle a risvegliare con un piacevole tepore i semi addormentati. E ognuno di loro si svegliava stiracchiandosi e si ricordava di portare dentro di sé il segreto della vita, dalla prima fogliolina che sarebbe spuntata sul terreno, alla pianta che ne sarebbe cresciuta, ai nuovi fiori e ai frutti, fino ad arrivare di nuovo ai semi che si sarebbero addormentati nella terra, carichi del loro segreto e pronti per il nuovo risveglio di primavera. E da millenni la vita andava avanti così, fatta di ritmi e di cicli. Ogni cosa aveva il suo, e, soprattutto, ogni cosa sapeva d’averlo e lo riteneva l’unico possibile. E di questi ritmi facevano parte la luce e il buio, l’acqua e la neve, le foglie che spuntavano e quelle che morivano, gli animali e le piante che nascevano, crescevano, invecchiavano e morivano, per trasformarsi in nuovi alberi e nuovi fiori.
Questa era la vita del bosco; così era sempre stata e tutti lo sapevano, perché ogni sera proprio nello spiazzo centrale si riunivano tutti gli animali vecchi e tutti i cuccioli, e i vecchi raccontavano ai giovani quello che avevano visto nella loro vita e quello che avevano sentito quand’erano cuccioli loro e i giovani li ascoltavano per imparare a crescere. E così i due gruppi si incontravano tutte le sere, nel cuore del bosco, al riparo di sette vecchissime querce che con i loro rami intrecciati formavano una protezione sopra lo spiazzo contro il tempo cattivo. E i due gruppi erano sempre uguali e sempre diversi: uguali perché erano sempre quello degli animali vecchi e saggi e quello dei cuccioli, e diversi perché ognuno dei gruppi variava sempre. Ogni tanto qualche vecchio saggio e simpatico non veniva più perché era finito il suo ciclo, ma c’era un altro animale adulto che adesso diventava vecchio e veniva a riempire il suo posto rimasto vuoto nel gruppo dei cantastorie, perché le storie potessero andare avanti all’infinito. E per ogni cambiamento nel gruppo dei vecchi c’era sempre un cambiamento nel gruppo dei cuccioli: ogni tanto qualcuno che aveva già imparato tutte le storie non veniva più, ma andava nel gruppo degli adulti per imparare le cose che gli animali adulti sapevano fare. Però al suo posto c’era sempre qualche cucciolo piccolo piccolo che arrivava e stava lì a sentire incantato le storie del bosco nella sua lunga vita.
1
La paura dell’abbandono
La paura di essere abbandonati è una delle più dolorose che si possano incontrare nella vita ed è tanto più difficile da tollerare quanto più si è piccoli e dipendenti. La sicurezza di un bambino è agli inizi della vita rappresentata dalla presenza dei genitori accanto a lui e sarà solo a poco a poco, nel corso dell’evoluzione, che questa sicurezza prima esterna comincerà a essere interiorizzata dal bambino fino a quando col crescere potrà diventare sua e accompagnarlo da dentro invece che continuare a farlo dipendere da un “fuori” da lui.
Ecco perché a volte ci sono circostanze normali di vita che proprio perché avvengono nel momento in cui un bambino ha ancora questa sicurezza fuori di lui gli possono scatenare la paura di essere abbandonato, che a sua volta gli scatena quella di morire.
La favola che segue racconta una storia di questo genere, ricostruita a posteriori nella dinamica degli avvenimenti dalla stessa mamma, durante la sua partecipazione a un gruppo.
Alla base della rabbia e dell’aggressività espresse dal comportamento del bambino, che a quell’epoca aveva cinque anni, stavano due episodi dolorosi, ma inevitabili del vivere (la morte del nonno e l’ospedalizzazione del fratellino) che gli avevano fatto risuonare dentro le corde dell’abbandono gettandolo nel panico.
Favola n. 1
Il cucciolo che aveva paura delle macchie nere
Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero più…
G. UNGARETTI, Giorno per Giorno
Nel bosco delle Sette Querce c’erano tante famiglie folte e numerose, con una gran varietà di cuccioli, ognuno di loro col proprio carattere, diverso dagli altri, nonostante vivessero insieme e facessero tutti quanti la stessa vita. Fu così che anche quando il cucciolo Danilo cominciò a comportarsi in un modo un po’ diverso, agli inizi nessuno lo notò. Eppure il suo atteggiamento era proprio cambiato: da buono e socievole, com’era sempre stato, era diventato aggressivo e ribelle. Quand’era insieme al suo gruppo, appena poteva, mordeva un altro cucciolo oppure gli sputava addosso; a casa era diventato testardo e ribelle e qualche volta riusciva persino ad attirarsi una bella sculacciata da parte della mamma, che prima non l’aveva mai picchiato. Ma, soprattutto, c’era una cosa strana che aveva cominciato a fare: scappava lontano, oppure non poteva fare a meno di sputare per terra, ogni volta che vedeva una piccola macchia nera su qualsiasi cosa, anche sul corpo degli altri animali. E siccome gli abitanti del bosco sulle loro pellicce di macchie nere ne avevano tante, chi più, chi meno, ecco che questo succedeva abbastanza di frequente e metteva molto in imbarazzo la mamma che non sapeva che cosa fare.
Oltre tutto anche lei aveva una macchia nera sul musetto e quando Danilo la notava non le si voleva avvicinare neanche per darle il bacio della buona notte. Però nel momento in cui l’atteggiamento era iniziato, in tana non ci avevano fatto molto caso perché c’era un problema più grosso a cui pensare ed era il fratellino che era in ospedale per una malattia che sembrava molto grave. E così mamma stava quasi sempre con lui a fargli compagnia e anche quando tornava a casa era così preoccupata per il piccolo ammalato che faceva tutte le cose automaticamente, ma la sua testa era là, insieme a lui, anche quando preparava da mangiare per Danilo o lo vestiva per mandarlo alla Scuola dello Spiazzo. Agli inizi, chi notò l’atteggiamento nuovo del cucciolo furono i suoi insegnanti, che però non sapevano a che cosa attribuirlo perché non riuscivano a mettere insieme delle ragioni che lo spiegassero. A scuola nulla era cambiato in quel momento; non erano i suoi compagni a provocare il cucciolo, era proprio lui che sembrava tirar fuori in classe qualcosa che si portava dentro e che lo faceva essere aggressivo e sempre teso come se ci fosse una spina che gli facesse male dentro e di cui lui tentava di liberarsi sputando a destra e a sinistra, senza riuscire a farla uscire.
Dopo un po’ di tempo, tuttavia, le cose andarono leggermente meglio, ma nel complesso era però evidente che si trattava di un problema ancora esistente che non aveva trovato la sua soluzione.
Anche a casa papà e mamma si preoccupavano per lui, ma il primo pensiero era ancora per il piccolo malato che in quel momento era quello che aveva più bisogno, secondo il parere di tutti, mentre quelli di Danilo avevano l’aria di essere un po’ anche dei capricci. E così ogni tanto in casa loro volava qualche sculacciata quando uno dei due genitori perdeva la pazienza. E c’è da dire che lui era diventato di una bravura eccezionale nel fargliela perdere, sfruttava qualsiasi occasione, anche la più banale, per sfidarli, soprattutto la mamma e quando la sera lei lo metteva a letto, prima di andare in ospedale dal piccolino, le si rivoltava contro e le diceva che la odiava e che voleva morire e figurarsi lei poverina come ci rimaneva male e quanto ne soffriva. E figurarsi quanto ne soffriva lui, povero piccolo, a sentire dentro di sé questo odio e la voglia di morire, proprio quando vedeva la sua mamma andar via.
Per fortuna, però, dopo un po’ di tempo il fratellino tornò a casa completamente guarito e l’atmosfera in famiglia divenne molto più contenta e rilassata. Anche a scuola Danilo era ritornato a essere più socievole e sembrava che le cose ormai fossero tornate come prima. Quella che però gli restava ancora era la paura per le macchie nere, una compagnia che cominciava a non abbandonarlo mai. Anzi, adesso si era persino aggiunto qualcosa che prima non c’era ed erano i capricci per il cibo: il cucciolo si rifiutava di mangiare qualsiasi cosa in cui ci fosse una piccola macchia scura.
E allora non voleva il minestrone per via dei pezzettini di verdura che vi galleggiavano; chiedeva la pasta in bianco per paura che nel sugo ci fosse un po’ di ragù e così via con tutti gli altri cibi. E se per caso gli capitava inavvertitamente di mangiare qualcosa che avesse delle vaghe macchioline, subito dopo vomitava per sbarazzarsene.
Adesso che era un po’ più rilassata e aveva meno preoccupazioni, anche la mamma cominciò a prendere in considerazione questo strano fatto. Intuiva che voleva dire qualcosa che il cucciolo non sapeva dire a parole, ma non riusciva a capire che cosa fosse e questo le creava dell’inquietudine dentro.
Passò così del tempo e la famigliola riprese a fare la solita vita. Però la mamma nella sua testa continuava a provare a capire che cosa fosse successo a Danilo. Un giorno che spolverava la sua stanza, vide la fotografia del nonno che era morto un po’ prima che il piccolino si ammalasse e all’improvviso le venne il ricordo di Danilo che prima andava tutti i giorni a passeggio con lui e che gli era così affezionato che quando lui era improvvisamente morto non aveva mangiato per tre giorni. Si ricordò che per tanto tempo il cucciolo era andato avanti a chiedere a tutti quelli che incontrava «Perché è morto il mio nonno? Perché non viene più a giocare con me? Perché Gesù è risorto e il mio nonno no?». E gli altri non sapevano che cosa rispondergli. Fu al ricordo di quel fatto che la mamma ebbe l’impressione di aver trovato una prima traccia importante. Decise perciò di parlare con altre madri di cuccioli, per vedere se loro la potevano aiutare e se per caso una cosa del genere era successa anche nelle loro tane. Fu così che ogni tanto cominciò a incontrarsi con le altre madri che portavano anche loro i cuccioli alla Scuola.
Un giorno che parlavano delle paure dei piccoli quando dovevano andare a letto, la madre di una coccinella raccontò la sua esperienza. «Sapete, anche la mia non voleva mai addormentarsi la sera e siccome questa stava diventando una abitudine, io non sapevo più che cosa fare. Finché una volta mi è venuto in mente di dirle: “Guarda, dormi tranquilla perché domani ti porterò nella piscina di rugiada, sopra le foglie” e allora lei si è addormentata tranquillamente. Da allora, ogni volta che ha difficoltà, facciamo insieme un progetto per l’indomani e lei si addormenta serena. Si vede che questo le fa compagnia durante la notte, quando è sola!»
Quella sera la mamma pensò a che cosa potesse fare per far dormire Danilo contento e le venne in mente di cominciare a leggergli un libro. Stranamente, il cucciolo non manifestò più le sue paure e stette buono buono a sentire la voce della mamma che leggeva. E quando fu l’ora di dormire, le disse: «Ecco, domani mi leggerai da qui a qui» e segnò le pagine che la mamma avrebbe dovuto leggere la sera seguente e quella notte si addormentò tranquillo e non ci fu bisogno di chiamare il papà per farlo addormentare. E così di sera in sera la mamma continuò a leggere il libro e Danilo continuò a segnare le pagine che lei avrebbe letto il giorno dopo e a poco a poco anche lui si calmò con le sue paure e cominciò ad addormentarsi sereno.
La mamma fu meravigliata lei stessa di come una cosa così semplice avesse aiutato il cucciolo e fu ancora più meravigliata quando cominciò a osservare che anche la sua paura delle macchie non era più così forte. E la stessa cosa fu notata anche dagli insegnanti a scuola che si accorsero con piacere che, anche se loro non avevano capito perché, il cucciolo stava molto meglio, non sputava più e non era così aggressivo con i compagni, anzi era ben felice di tutti i nuovi giochi che riusciva a imparare insieme a loro. Ora che lei aveva più tempo, la mamma si era anche ripromessa di risolvere il problema del venerdì, che era un giorno in cui alla mensa della scuola c’erano dei cibi col ragù che il cucciolo si rifiutava ancora di mangiare. Fu così che un venerdì mattina, prima di accompagnarlo, gli disse: «Senti Danilo, io non posso venire a prenderti a pranzo, come tu vorresti, perché sono al lavoro a quell’ora, ma facciamo così: tu ti porti la merendina che ti piace tanto, poi a scuola se vuoi puoi mangiare solo quella e io ti prometto che appena...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Avvertenze per il lettore
- Il perché di questo libro
- Il bambino arrabbiato
- Capitolo primo. La vitalità della rabbia
- Capitolo secondo. I segnali della rabbia
- Capitolo terzo. Alle radici della rabbia
- Capitolo quarto. Alla ricerca della rabbia perduta
- Capitolo quinto. Aiutare gli adulti a capire
- Capitolo sesto. I gruppi di favole per genitori e insegnanti.
- Capitolo settimo. Oltre la rabbia
- Bibliografia
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