Il mistero del Treno Azzurro
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Il mistero del Treno Azzurro

  1. 266 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il mistero del Treno Azzurro

Informazioni su questo libro

Conosciuto anche con il pomposo nome di 'Treno dei miliardari', il Treno Azzurro unisce nella notte Londra alle spiagge assolate della Costa Azzurra. Sulle sue lussuose carrozze si possono incontrare tutti i protagonisti dell'alta società: miliardari americani, nobili europei, ereditiere e anche investigatori famosi come Hercule Poirot. La presenza di quest'ultimo, per quanto casuale, deve essere per forza collegata a qualche delitto. E infatti il delitto avviene. La giovane e bella Ruth Kettering, figlia del miliardario Van Aldin e moglie infedele del corrotto lord Kettering, viene ritrovata stangolata nel suo scompartimento senza la preziosa collana di rubini che aveva con sé.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804507536

Il mistero del Treno Azzurro

I

L’uomo dai capelli bianchi

Era circa mezzanotte quando un uomo impellicciato attraversò Place de la Concorde. L’ostentata ricercatezza degli abiti formava uno strano contrasto con la figura sparuta, macilenta e, tutto sommato, piuttosto volgare.
Un omuncolo con la faccia da topo, che nessuno avrebbe giudicato idoneo, in apparenza, a rivestire ruoli significativi, tanto meno una posizione di comando. Ma le apparenze, come si sa, ingannano. In verità, nonostante l’aspetto insignificante, quell’omuncolo poteva influire in misura non lieve sui destini del mondo. In un impero governato da topi, lui era il re dei topi.
Presso un’ambasciata, in quel preciso momento, attendevano il suo ritorno. Ma, prima, aveva da sbrigare una faccenda privata, una questione che quelli dell’ambasciata ignoravano. La luna illuminava il suo volto cereo e smunto. Aveva un naso affilato dal profilo vagamente aquilino. Suo padre, un ebreo polacco, modesto lavorante di sartoria, avrebbe dato chissà cosa per avere tra le mani un affare come quello che lui si accingeva a trattare quella sera.
Attraversò a un certo punto la Senna inoltrandosi in uno dei quartieri più malfamati di Parigi. Giunto di fronte a un alto e fatiscente caseggiato, entrò nel portone e salì fino a un appartamento del quarto piano. Prima ancora che bussasse, una donna, che evidentemente lo aspettava, gli aprì la porta. Senza una parola di benvenuto, lo aiutò a togliersi la pelliccia e lo fece accomodare in un salottino arredato in modo pacchiano. Trine impolverate color rosa schermavano la luce delle lampadine, e attenuavano, senza poterlo dissimulare, l’effetto crudo del volto pesantemente bistrato della donna. Nonostante la luce soffusa, risaltavano in modo altrettanto evidente i tratti slavi del volto largo e appiattito. Non era possibile equivocare né sulla professione di Olga Demiroff, né sulla sua nazionalità.
«Tutto a posto, ragazza mia?»
«Tutto liscio, Boris Ivanovic.»
Lui annuì mormorando: «Non mi pare di essere stato pedinato».
Ma il suo tono tradiva una certa ansietà. Andò alla finestra, scostò un lembo della tenda e scrutò attentamente la strada. Si ritrasse di scatto.
«Ci sono due uomini, sul marciapiede di fronte… Mi sa che…» Si interruppe e cominciò a mordersi le unghie, un vizio cui indulgeva quando era nervoso.
La russa, però, stava già scuotendo la testa con atteggiamento rassicurante.
«Erano già lì prima che tu arrivassi.»
«Eppure, hanno l’aria di tenere d’occhio la casa.»
«È possibile» ammise lei indifferente.
«Ma allora…»
«E con ciò? Anche ammesso che sappiano… da qui in poi non sarai certo tu quello che seguiranno.»
Un sorrisetto maligno si dipinse sulle labbra dell’uomo.
«No» convenne «è vero.»
Rimuginò per qualche momento.
«Questo accidenti di un americano… che badi lui a se stesso, come chiunque altro» disse.
«Ben detto.»
L’uomo si accostò di nuovo alla finestra.
«Ossi duri» mormorò. «Vecchie conoscenze della polizia, temo. Molto bene, auguro a quei due teppisti, quei due apaches, buona caccia.»
Olga Demiroff scosse la testa per dissentire.
«Se l’americano è all’altezza della sua fama, non basteranno certo quelle due mezze tacche di apaches per intimorirlo.» Poi proseguì: «Mi domando piuttosto…».
«Sì?»
«Oh, niente. È solo che ho visto un uomo passare qui sotto un paio di volte, questa sera: un tipo con i capelli bianchi.»
«Ebbene?»
«Ecco: passando davanti a quei due, ha lasciato cadere un guanto. Uno di loro lo ha raccolto e glielo ha restituito immediatamente. Un trucco alquanto logoro.»
«Insomma, secondo te, l’uomo con i capelli bianchi sarebbe lo stesso che li ha assoldati?»
«Più o meno.»
Il russo parve allarmato e inquieto.
«Sei certa che il pacchetto sia al sicuro? Che nessuno ci abbia messo le mani? Sono circolate troppe chiacchiere… troppe chiacchiere.»
Ricominciò a mordersi le unghie.
«Giudica tu stesso.»
La donna si avvicinò al caminetto e si mise a rovistare tra la carbonella e la carta appallottolata. Da lì sotto cavò un pacchetto oblungo, avvolto in carta da giornale tutta sudicia di fuliggine.
«Ingegnoso» fece l’uomo prendendo il pacchetto.
«Hanno perquisito la casa da cima a fondo per due volte. Hanno perfino guardato dentro il materasso.»
«È come ho detto» mormorò lui. «Se n’è parlato troppo di questa faccenda. Tanto mercanteggiare sul prezzo… è stato uno sbaglio.»
Intanto aveva disfatto il pacco. All’interno c’era un pacchetto più piccolo avvolto in carta marrone. Aprì anche questo, verificò il contenuto e si affrettò a richiuderlo. Mentre era intento a questa operazione, suonarono alla porta.
«L’americano è puntuale» osservò Olga, dando un’occhiata all’orologio.
Uscì dalla stanza. Tornò dopo un attimo precedendo un uomo massiccio, dalle spalle quadrate, che tradiva chiaramente la sua origine d’oltre Atlantico. Il suo sguardo acuto si appuntò prima sulla donna e poi sull’uomo.
«Monsieur Krassnine?» chiese educato.
«Sono io» rispose Boris. «Perdonatemi se ho scelto un luogo così inconsueto per questo incontro, ma l’esigenza di segretezza veniva prima di tutto. Non posso permettere in alcun modo che il mio nome sia associato a questa faccenda.»
«Capisco» disse cortesemente l’americano.
«Ho la vostra parola, vero, che rispetterete la massima riservatezza riguardo a questa transazione? In mancanza di questa condizione, non sarà possibile dar corso alla… vendita.»
L’americano fece un cenno d’assenso.
«Ci siamo già accordati su questo» ricordò annoiato. «E ora, vorreste farmi vedere la merce?»
«Avete il denaro, in contanti?»
«Sì» rispose l’altro.
Tuttavia non fece l’atto di prenderlo. Dopo un momento di esitazione, Krassnine indicò con un cenno il pacchetto sul tavolo.
L’americano lo prese e disfece il pacco. Poi si accostò a una lampada e osservò attentamente il contenuto sotto la luce. Soddisfatto, tirò fuori dalla tasca un portafoglio di pelle ben rigonfio ed estrasse un fascio di banconote. Allungò il denaro al russo, che lo contò con cura.
«Tutto a posto?»
«Sì, perfetto, monsieur. Grazie.»
«Ah!» fece l’altro. Con aria noncurante si infilò in tasca il pacchetto. Poi accennò un inchino a Olga. «Buonasera, mademoiselle. Buonasera, Monsieur Krassnine.»
Dopo che fu uscito, i due si scambiarono un’occhiata. L’uomo si passò la lingua sulle labbra secche.
«Mi chiedo… ce la farà mai a tornare fino al suo albergo?» mormorò.
Come per un tacito accordo, si accostarono alla finestra. Fecero giusto in tempo a scorgere l’americano nell’attimo in cui usciva in strada. Prese verso sinistra avviandosi a passo svelto, trascurando di guardarsi alle spalle. Due figure emersero silenziosamente dall’ombra di un portone e gli si misero alle calcagna; pedinato e pedinatori si persero lontano nel buio della notte. Olga Demiroff non era per nulla turbata.
«Arriverà a destinazione sano e salvo» disse. «Non hai motivo di preoccuparti… o di sperare, qualunque cosa ti passi per la testa in questo momento.»
«Come fai a essere così sicura che ce la farà?» chiese incuriosito.
«Uno che ha fatto tutti quei soldi non può essere uno stupido» spiegò Olga. «E a proposito di soldi…»
Guardò Krassnine con aria esplicita.
«Eh?»
«La mia parte, Boris Ivanovic.»
Con una certa riluttanza, Krassnine prese dal fascio due banconote e gliele allungò. Lei abbozzò appena un cenno di ringraziamento e, senza minimamente scomporsi, fece sparire il denaro infilandolo nella giarrettiera.
«Così va bene» commentò, soddisfatta.
«Non provi un po’ di rimpianto, Olga Vassilovna?»
«Rimpianto? Per cosa?»
«Per quello che hai avuto per le mani. Ci sono donne… la maggior parte delle donne, credo, farebbero follie per cose del genere.»
Lei annuì con atteggiamento pensoso.
«Già, hai ragione. È una debolezza molto diffusa, tra le donne. Io, però, sono immune. Piuttosto, chissà…» si interruppe.
«Chissà che cosa?» sollecitò l’altro incuriosito.
«L’americano si sbarazzerà facilmente di quei due, su questo non ho dubbi. Ma dopo…»
«Eh? Che ti passa per la testa?»
«Sicuramente regalerà quella roba a una donna» osservò Olga, riflettendo. «Mi domando che cosa succederà dopo…»
A questo punto si riscosse con impazienza e si avvicinò di nuovo alla finestra. Dopo un attimo le uscì un’esclamazione soffocata, che fece accorrere il suo amico.
«Guarda, sta ripassando quello di cui ti ho parlato.»
Guardarono giù tutti e due. Una figura elegante, sottile, avanzava con passo sciolto nella strada sottostante. Portava cilindro e mantello. Mentre attraversava il cono di luce di un lampione, brillò il riflesso di una ciocca di candidi capelli.
II

Monsieur le Marquis

L’uomo dai capelli bianchi proseguì per la sua strada, senza fretta, senza far caso, apparentemente, a ciò che lo circondava. Svoltò prima a destra e poi a sinistra, canticchiando.
Ma all’improvviso si arrestò, tendendo l’orecchio. Gli era giunta l’eco di un rumore molto caratteristico: come lo scoppio di un pneumatico… o uno sparo. Sulle sue labbra aleggiò per un istante uno strano sorriso. Poi si rimise tranquillamente in cammino.
Un po’ più avanti, girato un angolo, si trovò di fronte un piccolo assembramento di persone. ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione di Claudio Savonuzzi
  4. Il mistero del Treno Azzurro
  5. Postfazione di Claudio Savonuzzi
  6. Copyright