Le gazze ladre
eBook - ePub

Le gazze ladre

  1. 434 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Reims, maggio 1944: un gruppo di partigiani francesi tenta l'assalto al castello di Sainte-Cécile, centro nevralgico dell'occupazione tedesca, ma lo spietato maggiore Dieter Frank riesce a respingere l'attacco. Tra gli assalitori vi è una donna dal fisico minuto e sensuale, dotata di incredibile determinazione e audacia: il suo nome è Flick Cairet, agente segreto britannico, ma tutti la conoscono come "la Pantera". Sarà proprio lei, al comando di una squadra tutta al femminile, a portare a termine la missione fallita in precedenza. Inizia così tra Flick e Dieter un duello a distanza senza esclusione di colpi, fino allo scontro definitivo. Ispirandosi a un fatto realmente accaduto, Follett costruisce un romanzo ricco di azione, suspense e romanticismo, sullo sfondo storico, mirabilmente evocato, della Francia occupata.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804516378
eBook ISBN
9788852016189
QUINTO GIORNO

Giovedì, 1º giugno 1944

22

Dieter dormì qualche ora, solo, all’Hotel Francfort e si alzò alle due. Stéphanie era alla casa di Rue du Bois con l’agente britannico. Quella mattina Elicottero sarebbe andato alla ricerca del capo del gruppo Bollinger e Dieter doveva seguirlo. Sapeva che l’uomo avrebbe cominciato dalla casa di Michel Clairet, perciò aveva deciso di mettervi una squadra di sorveglianza fin dalle prime luci dell’alba.
Partì per Sainte-Cécile prima ancora che facesse giorno, a bordo della grossa auto, affrontando alla luce della luna la strada serpeggiante fra i vigneti. Parcheggiò davanti al castello e andò subito al laboratorio fotografico nel seminterrato. Nella camera oscura non c’era nessuno, ma le sue stampe erano là, appese ad asciugare come biancheria. Aveva richiesto due copie della foto di Elicottero con Felicity Clairet. Le staccò e ne esaminò una, ripensando a come la donna si era messa a correre sotto il fuoco nemico per salvare il marito. Cercò un’indicazione di quel coraggio nell’espressione spensierata di quella ragazza graziosa in costume da bagno, ma non ne vide traccia. Senza dubbio era venuto con la guerra.
Si mise in tasca il negativo e prese la foto originale che doveva essere rimessa al suo posto senza che Elicottero se ne accorgesse. Trovò una busta e un foglio di carta non intestati, rifletté un secondo e poi scrisse:
Mia cara,
mentre Elicottero si fa la barba, ti prego di rimettere questa nella tasca della sua giacca, in modo che sembri scivolata fuori dal portafoglio.
Grazie.
D.
Infilò biglietto e foto nella busta, la sigillò e vi scrisse sopra “Mlle Lemas”. L’avrebbe consegnata più tardi.
Passò davanti alle celle e attraverso lo spioncino guardò Marie, la ragazza che il giorno prima si era presentata a sorpresa alla casa di Rue du Bois con del cibo per gli “ospiti” di Mademoiselle Lemas. Giaceva su un lenzuolo insanguinato e fissava la parete con gli occhi sbarrati, emettendo un lamento sommesso e costante, come un macchinario che si è inceppato ma nessuno ha spento.
Dieter l’aveva interrogata la sera precedente, ma la ragazza non gli aveva fornito informazioni utili. Aveva affermato di non conoscere nessuno nella Resistenza, a parte Mademoiselle Lemas. Dieter era propenso a crederle, ma aveva lasciato che il sergente Becker la torturasse, tanto per essere sicuri. Lei non aveva cambiato versione, e ormai Dieter era quasi sicuro che la sua scomparsa non avrebbe attirato l’attenzione della Resistenza sugli impostori nella casa di Rue du Bois.
Osservando quel povero corpo martoriato provò un attimo di scoramento. Ripensò a come Marie veniva avanti sul vialetto con la sua bicicletta solo il giorno prima, l’immagine del vigore giovanile. Era stata una ragazza felice, anche se un po’ sciocca. Aveva fatto un errore banale e ora la sua vita era destinata a una fine orrenda. Meritava quella sorte, ovviamente – aveva aiutato i terroristi – tuttavia era un pensiero orribile.
Scacciò dalla mente l’immagine della ragazza e salì le scale. Al pianterreno, le centraliniste del turno di notte erano al lavoro. Al piano superiore, che un tempo aveva ospitato sontuose camere da letto, ora c’erano gli uffici della Gestapo.
Dieter non aveva più visto Weber dopo il fatto della cattedrale e supponeva che l’uomo fosse da qualche parte a leccarsi le ferite. Ma aveva parlato con il suo vice chiedendo che tenesse pronti per le tre del mattino quattro uomini della Gestapo in borghese con compiti di sorveglianza. Aveva anche ordinato al tenente Hesse di trovarsi là. Scostò un pesante tendaggio da oscuramento e guardò fuori: il parcheggio era illuminato dalla luce della luna. Dieter vide Hans che passeggiava, ma fuori non c’era nessun altro.
Andò nell’ufficio di Weber e rimase sorpreso nel trovarlo lì, solo, seduto alla scrivania. Fingeva di studiare alcuni documenti alla luce della lampada da tavolo. «Dove sono gli uomini che ho chiesto?» disse Dieter.
Weber si alzò in piedi. «Ieri mi hai puntato addosso una pistola» ringhiò. «Cosa diavolo pensavi di fare, minacciando un ufficiale?»
Dieter non si era aspettato una cosa del genere. Weber si comportava in modo conflittuale a proposito di un incidente in cui aveva fatto la figura dello stupido. Possibile che non capisse il clamoroso errore che aveva commesso? «È stata tutta colpa tua, maledetto idiota» rispose Dieter esasperato. «Io volevo soltanto che quell’uomo non venisse arrestato.»
«Potresti finire davanti alla corte marziale per ciò che hai fatto.»
Dieter stava per mettersi a ridere, ma poi si bloccò, rendendosi conto che era vero. Lui aveva semplicemente preso i provvedimenti necessari per salvare la situazione, ma nel burocratico Terzo Reich non era impossibile che un ufficiale venisse incriminato per aver agito di propria iniziativa. Si sentì mancare il cuore, ma sapeva di doversi mostrare sicuro di sé. «Su, avanti, denunciami. Io sono convinto di potermi giustificare davanti a un tribunale.»
«Hai addirittura sparato!»
Dieter non resistette alla tentazione. «Suppongo sia un evento cui hai assistito di rado nella tua carriera militare.»
Weber arrossì. Non aveva mai partecipato a un’azione. «Le armi dovrebbero essere usate contro il nemico, non contro i propri camerati.»
«Ho sparato in aria. Mi spiace di averti spaventato, ma stavi per mandare all’aria un’importantissima operazione di spionaggio. Non credi che un tribunale militare potrebbe tenerne conto? Quali ordini stavi eseguendo? Sei stato tu a dimostrare una mancanza di disciplina militare.»
«Io ho arrestato una spia britannica.»
«E a cosa serve? È solo uno. Ce ne sono un’infinità. Se invece lo lasciamo andare, ci porterà ad altri… forse molti altri. La tua insubordinazione avrebbe potuto mandare a monte questa occasione. Fortunatamente per te, ti ho salvato da un errore madornale.»
Weber aveva un’espressione maligna. «Certe persone molto in alto potrebbero trovare sospetto il tuo desiderio di lasciar libero un agente alleato.»
Dieter sospirò. «Non essere stupido. Non sono un povero negoziante ebreo che si lascia spaventare dalle minacce di calunnie. Non puoi sostenere che io sia un traditore, nessuno ti crederebbe mai. Allora, dove sono i miei uomini?»
«Quella spia deve essere arrestata immediatamente.»
«No. E se ci provi ti sparo. Dove sono gli uomini?»
«Mi rifiuto di assegnarti degli uomini per un compito così irresponsabile.»
«Ti rifiuti?»
«Sì.»
Dieter lo fissò. Non lo credeva tanto coraggioso – o tanto stupido – da fare una cosa del genere. «Secondo te, cosa ti succederà quando il feldmaresciallo verrà a saperlo?»
Weber parve spaventato, ma non rinunciò alla sua aria di sfida. «Io non faccio parte dell’esercito» ribatté. «Questa è la Gestapo.»
Purtroppo aveva ragione, pensò Dieter scoraggiato. Era facile per Walter Goedel ordinare a Dieter di servirsi del personale della Gestapo invece di truppe destinate al fronte, ma la Gestapo non era obbligata a prendere ordini da Dieter. Per un po’ il nome di Rommel era servito a spaventare Weber, ma adesso l’effetto era svanito.
E ora Dieter si ritrovava solo con il tenente Hesse. Sarebbe riuscito a seguire Elicottero senza aiuto? Era un compito difficile, ma non c’erano alternative.
Tentò con un’ultima minaccia. «Sei davvero sicuro di voler sopportare le conseguenze di questo rifiuto, Willi? Ti stai mettendo in un brutto guaio.»
«Al contrario. Io credo che sia tu a essere nei guai.»
Dieter scosse la testa, esasperato. Non c’era altro da dire. Aveva perso già troppo tempo a discutere con quell’idiota. Uscì.
Trovò Hans nell’atrio e lo mise al corrente della situazione. Andarono sul retro del castello, negli ex alloggi della servitù, dove si trovava l’officina. La notte precedente, Hans si era accordato per prendere a prestito un furgone delle ptt e un mosquito, una di quelle biciclette dotate di un piccolo motore che si mette in moto pedalando.
Dieter si chiese se per caso Weber non fosse venuto a sapere di questa richiesta e avesse ordinato ai tecnici di non fornire loro i veicoli. Sperava tanto di no: da lì a mezz’ora sarebbe sorta l’alba e lui non aveva più tempo per altre discussioni. Ma non ci furono problemi. Dieter e Hans indossarono delle tute e partirono, con il ciclomotore nel retro del furgone.
Arrivarono a Reims e percorsero tutta Rue du Bois. Parcheggiarono dietro l’angolo e Hans scese, alla debole luce dell’alba, per mettere la busta contenente la foto di Flick nella cassetta delle lettere. La stanza di Elicottero si trovava sul retro della casa, quindi non esisteva un serio rischio che potesse vedere Hans e riconoscerlo in seguito.
Il sole stava sorgendo quando arrivarono davanti alla casa di Michel Clairet in centro. Hans parcheggiò un centinaio di metri più avanti e aprì un tombino delle ptt. Fingendo di lavorare tenne d’occhio la casa. Era una strada trafficata, con molti veicoli parcheggiati, perciò il furgone non dava nell’occhio.
Dieter rimase a bordo, senza farsi vedere, continuando a ripensare al diverbio con Weber. Quell’uomo era uno stupido, ma su un punto aveva ragione. Stava correndo un grosso rischio: Elicottero poteva anche seminarlo e scomparire. A quel punto, lui avrebbe perso ogni traccia. La via più facile e più sicura era quella di torturarlo. Ma, per quanto potesse essere rischioso lasciarlo libero, la cosa induceva a sperare in risultati promettenti. Se le cose fossero andate per il verso giusto, Elicottero valeva tanto oro quanto pesava. Ogni qualvolta Dieter pensava al successo trionfale che si trovava a portata di mano, veniva colto da un’eccitazione che gli faceva battere il cuore all’impazzata.
D’altro canto, se le cose fossero andate male, Weber ne avrebbe approfittato raccontando a tutti di aver osteggiato quel piano così rischioso. Ma Dieter non si sarebbe lasciato angustiare da quelle scaramucce burocratiche. Gli uomini come Weber, che facevano quei giochetti, erano le persone più disprezzabili della terra.
Lentamente, la città prese vita. Le prime a comparire furono le donne dirette alla panetteria che si trovava di fronte alla casa di Michel. Il negozio era ancora chiuso, ma loro si misero pazientemente in fila, aspettando e chiacchierando. Il pane era razionato, ma Dieter immaginò che talvolta venisse comunque a mancare e quindi le casalinghe previdenti uscivano presto per assicurarsi di ricevere la quantità dovuta. Quando, finalmente, le porte si aprirono, cercarono di entrare tutte insieme… Non come le donne tedesche, che avrebbero formato una coda ordinata, pensò Dieter con un senso di superiorità. Quando ne vide uscire alcune con la loro pagnotta, si rammaricò di non aver fatto colazione.
Subito dopo cominciarono a comparire gli operai, con i loro scarponi e berretti, tutti con una borsa o una valigetta di fibra contenente il pranzo. Si cominciavano a vedere i primi bambini diretti a scuola quando arrivò Elicottero in sella alla bicicletta che era stata di Marie. Dieter si raddrizzò. Nel cesto della bicicletta c’era un oggetto rettangolare coperto da uno straccio: la valigetta con la radio, pensò Dieter.
Hans tirò fuori la testa dal tombino e rimase a osservare.
Elicottero andò alla porta di Michel e bussò. Ovviamente, nessuno venne a rispondere. Rimase per un po’ sui gradini, guardò dentro attraverso le finestre, poi andò su e giù lungo la strada per vedere se ci fosse un ingresso posteriore.
Dieter sapeva già che non c’era e aveva suggerito a Elicottero cosa fare dopo. «Va’ al bar ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Le Gazze Ladre
  4. PRIMO GIORNO. Domenica, 28 maggio 1944
  5. SECONDO GIORNO. Lunedì, 29 maggio 1944
  6. TERZO GIORNO. Martedì, 30 maggio 1944
  7. QUARTO GIORNO. Mercoledì 31 maggio 1944
  8. QUINTO GIORNO. Giovedì, 1º giugno 1944
  9. SESTO GIORNO. Venerdì, 2 giugno 1944
  10. SETTIMO GIORNO. Sabato, 3 giugno 1944
  11. OTTAVO GIORNO. Domenica, 4 giugno 1944
  12. NONO GIORNO. Lunedì, 5 giugno 1944
  13. ULTIMO GIORNO. Martedì, 6 giugno 1944
  14. UN ANNO DOPO. Mercoledì, 6 giugno 1945
  15. Ringraziamenti
  16. Copyright