Ci sono dei momenti nella vita in cui bisogna scegliere: ragione o sentimento? Testa o cuore? Marco e Stella si incontrano, anzi si scontrano, nella scuola di Amici. Lui è effettivamente carino, "ecco a chi assomiglia! È una sorta di miscuglio tra Shevchenko, il calciatore, e Jim Carrey, l'attore, quello di The Mask e Yes Man ". È simpatico, certo, però forse fa un po' troppo lo sbruffone. D'altra parte, cos'altro ti vuoi aspettare, è un ballerino... Anche Stella è una bella ragazza, una bambolina bionda che la guardi e non ti sai frenare dalla voglia di baciarla. Viene dalla Puglia, e come il suo mare può essere dolce, quando è calma, o aggressiva, e distruggere tutto quello che prova ad arginarla. Marco e Stella sono diversi, ma da come litigano si capisce subito che si innamoreranno. La loro è una storia d'amore come tante. Piena di incertezze, difficoltà, paure. Piena di slanci e di delusioni. Fatta di romantica quotidianità, fremiti e rabbie, lacrime e sogni. La fatica di costruire, la naturalezza di amare. Finché, a un certo punto, la vita decide di sparigliarele carte, di metterli alla prova. Perché c'è una cosa che più di ogni altra fa diventare grandi: scegliere. Testa o cuore è il nuovo libro di Amici, il quinto della fortunatissima serie, diventata ormai un appuntamento fisso per migliaia di giovani lettori. È una storia a due facce, raccontata dal punto di vista alternato dei due protagonisti. Dopotutto, ogni storia d'amore è fatta sempre di due teste e due cuori, e se ne ascoltiamo uno soltanto ci perdiamo tutta la sua meravigliosa ricchezza.
Domande frequenti
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Sono in macchina con Sandra, nello stereo un CD di mio padre con tutte le canzoni dei suoi tempi, o quasi. Salto la traccia 1, 2 e 3, vado direttamente alla 4.
“Ma ti rendi conto quanti sono questi soldi / e come è stato facile rubarli? / Finalmente ci possiamo comperare quello che ci pare, / spiegami perché non parli...” / “Lascia stare, sta’ un po’ zitto, non ho voglia di parlare, / manca poco, abbiam finito e andiamo via... / Scappa, presto non fermarti, corri – cazzo – non voltarti, / la sirena è quella della polizia...” / Chicco e Spillo saltano come due gatti sulla sella / e schizzano tuttamanetta / “Figli di puttana! Non ci prenderete mai!” / “Guarda che casino, guarda dove vai a finire, ho anche freddo / e ho paura di morire: STAI ATTENTO! STAI ATTENTO! / FRENA! CIAO!”
Lo so, è una canzone triste, ma, non so perché, a me mette allegria, forse perché in giardino papà e io la cantiamo sempre a squarciagola. I vicini ormai non ci fanno nemmeno più caso, anzi a volte le macchine passano e suonano il clacson in forma di saluto, come per dire: “Guarda quei fulminati che ancora suonano e cantano”.
Papà è un matto, in casa il ragazzino sembra lui. Ogni giorno, appena rientra dal lavoro, per prima cosa va in cucina, apre il frigorifero, si prende una birra e poi mi chiama. Sento la sua voce che urla: «Stella, dove sei? Corri, ti aspetto in giardino».
Esco e lo trovo lì, con la sua Fender e i suoi amplificatori. Mi lancia il microfono e via... Per un’oretta esistiamo solo noi, noi e la musica, noi e Samuele Bersani, noi e Gianna Nannini, noi e Mia Martini, noi e Vasco.
Sandra e io siamo dirette a Marina di San Cataldo dove oggi fa tappa il tour di Amici. Io non avevo molta voglia di andarci. Con la tivù ho chiuso, ho già dato e ho capito che non fa per me. Anzi, la tivù è proprio una merda.
Basta, me ne devo stare buona; tanto ho tutto quello che mi serve: un lavoro come commessa, un fratello stupendo, gli amici, una madre e un padre fantastici, e la mia musica.
Nella piazza c’è un sacco di gente, per lo più ragazzine possedute da chissà quale demone: cantano, piangono e hanno scritto sulla loro faccia i nomi dei protagonisti dell’ultima edizione di Amici.
Io non lo seguo molto, mi fa stare male vederlo perché mi ricorda la mia esperienza, cinque anni fa, in quel cazzo di programma. Non so nemmeno perché ci sono andata. Durante una trasmissione avevo visto scorrere delle scritte in sovraimpressione che dicevano: “STIAMO CERCANDO LE NUOVE STAR DELLA CANZONE” o qualcosa del genere, “CERCHIAMO LE SUPERSTAR”.
Papà mi convinse a chiamare, mi disse: «Sei brava a cantare, perché non ci provi?».
«Mo, proprio a me stanno aspettando...» gli risposi. «Papà, fammi il piacere.»
Vinse lui. Mi portarono ai provini e mi presero pure.
Ero appena stata scelta e già mi trattavano da star. Mi vestirono e pettinarono e decisero che da quel momento sarei stata la loro superstar.
Io ero gasatissima, incredula ma felice, credevo di avercela fatta. Poi, dopo solo una puntata, qualcuno mi disse che il programma era andato male, che al pubblico non era piaciuto. Chiesi spiegazioni ma nessuno mi disse nulla.
Realizzammo anche una seconda puntata, ma gli umori erano già cambiati, nessuno mi trattava più da superstar, in studio erano tutti nervosi, e il giorno dopo mi riferirono che il programma avrebbe chiuso, che era andato male. Io non dovevo preoccuparmi, mi dissero, perché un disco l’avrei fatto comunque.
Così fu. Mi produssero un disco e mi fecero fare una specie di tour, ma dovunque andassi per tutti ero una perfetta sconosciuta, e nessuno sembrava interessato a me. Anzi, io ero “quella di quel programma che ha chiuso”.
Di lì a breve tutti, discografici e pubblico, si scordarono di me.
Sta per grandinare / e io non so tremare... più. / Stamattina cercavo qualcosa di te / e volavo lontano... immobile. / Guarda quante case / sono tutte storie... d’aggiungere. / Nella gente speravo i ricordi di te / e mi facevo cullare... immobile. / Lasciami sognare / lasciami dimenticare / lasciami... ricominciare a camminare / a passi più decisi / e fammi immaginare / quanto ancora ho da fare / forse crescere e invecchiare / quanto ancora ho d’amare / quanto ancora ho d’amare...
Amici quest’anno non l’ho visto, ma questa canzone, sin dalla prima volta che l’ho ascoltata, mi è entrata dentro.
E poi quella Alessandra ha una faccia che spacca, ha due occhi vigili, attenti e sgranati, e quel modo di cantare...
Cazzo, ti arriva ogni singola parola.
Ogni singola sillaba ti entra dentro come quando, in discoteca, ti senti vibrare i bassi nelle viscere.
«Sembrate sorelle» commenta Sandra indicando il palco.
«Che dici?»
«Tu e lei. Non so bene perché... Voi siete diversissime, ma... come dire? Sarà perché siete entrambe pugliesi o forse perché entrambe cantate con la pancia... Boh, non so, forse sto dicendo una cazzata.»
«Sì, stai dicendo una galattica, supersonica cazzata!» aggiungo io ridendo.
Invece no.
Sandra non sta dicendo una cazzata, ma mi vergogno ad ammetterlo.
So benissimo a cosa allude.
La prima volta che ho sentito alla radio Immobile ero in macchina.
Mi sono dovuta fermare.
Il cuore mi batteva all’impazzata.
Strofa dopo strofa, mi è mancato il fiato.
Mi si è appannata la vista.
E poi, botta finale, ho iniziato a piangere, senza un perché.
Ancora adesso non so darmi una spiegazione.
Quel che è certo è che Sandra ha colpito nel segno.
Non so se io e Alessandra Amoroso siamo state sorelle in un’altra vita o altre stronzate simili.
So solo che quella canzone, quella voce mi hanno fatto fuoriuscire dal mio torpore e mi hanno ridato la voglia di cantare, di credere ancora che il mio sogno, forse, può diventare realtà.
Non ci voglio pensare, ricaccio indietro nella mente quella calda carezza e mi dico che va bene così, che la musica per me è già una realtà, io suono e canto con mio padre e a volte con il mio gruppo in qualche locale e alle feste di paese... Va bene così.
Che stupida che sei, / tu non impari mai, / il tuo equilibrio è un posto / che tu passi e te ne vai, / e più stupida di te / sappi non ne troverai, / quelle tue paure inutili / non finiranno... / Ma che stupida che sei, / stupida un’altra volta / che parli a uno specchio / e mai alla persona giusta / e da stupida che sei / tu non farai mai niente, / sei una persona tra la gente ma / la gente mente sempre...
«Vedi? Pure l’Amoroso ti sta dicendo che sei stupida e che la cazzata la stai dicendo tu» le dico per prenderla in giro.
«Secondo me, se qui c’è una stupida non sono certo io... Mi sa che Alessandra lo ha capito e non sta parlando a me... ma a te!» mi risponde lei.
leggi Marco – capitolo 1
· STELLA ·
1
Non so perché mi sono lasciata convincere e sono salita su quel treno. È successo tutto due giorni fa, mentre trascorrevo il weekend da un’amica. Stavamo guardando un film alla tivù quando è comparsa una scritta in sovraimpressione che indicava il numero da chiamare per partecipare ai provini di Amici come cantante.
Non so perché ho chiamato quel numero.
Non so perché sto andando a Cinecittà.
Mi sento come sdoppiata... la prima Stella non fa che dire che sto facendo una cazzata e insultare la seconda Stella, che finora però ha vinto, visto che su quel treno ci sono salita e che ora mi trovo qui, a Roma. La Stazione Termini sembra un forno a microonde e io mi sento come un raviolo al vapore, mi fa star male solo l’idea di prendere la metropolitana. E poi, chi se ne frega, sto già facendo una cazzata, posso benissimo farne un’altra cercando un taxi, dieci euro in più o in meno non fanno certo la differenza.
«Taxi!» urlo a gran voce uscendo dalla stazione, con tanto di mano alzata, manco fossi a New York.
«’A bbella, mèttete en fila!» mi urla uno da dietro. Quando mi giro scopro di non essere l’unica a voler prendere un taxi: dietro di me un serpentone umano è in attesa.
Seconda figura di merda della giornata. La prima in treno. Stavo sistemando la mia borsa nel vano portaoggetti sopra il mio sedile quando con la coda dell’occhio vedo un ragazzo con una sacca sulla spalla e una camicia a quadri rossi. Ha in bocca un lecca-lecca e porta i basettoni folti tipo banda Bassotti. I nostri sguardi per un nanosecondo si incrociano e io come una cretina gli sorrido. Non so nemmeno perché. Cerco di correggere l’espressione ma la bocca non mi si chiude, è come se avessi una paresi. Per tutta risposta lui accenna un sorriso che sembra voler dire: “Cosacazzovuolestacretina?” e subito dopo scivola via.
“Va be’” mi dico “oggi è iniziata male.” Abbasso la testa e con la coda fra le gambe raggiungo il fondo della colonna, mi infilo le cuffiette dell’iPod e aziono PLAY:
Tu quell’espressione malinconica / e quel sorriso in più, ma cosa mi fai? / Stai così vicino, così immobile parla qualcosa, / non ti ascolto ma... / I maschi disegnati sui metrò / confondono le linee di Miró / nelle vetrine, dietro ai bistrot ogni carezza della notte è quasi amor...
«Signorì, che fa? Lo prende o no?» mi chiede un tizio picchiettandomi la spalla.
«Sì, scusi» gli rispondo io togliendomi le cuffie dalle orecchie.
Apro la portiera del taxi e non faccio in tempo a ...