Le “fonti di informazione” di Hendrik Brass saltarono fuori il mattino seguente, al singolare.
Accadde mentre il dottor Thornton cercava di medicare la testa del vecchio in quella camera da letto piena di ottone. Jessie era lì per dare una mano, Richard Queen perché c’era Jessie e Hugo a seguito dell’ordine ricevuto da Richard. Quell’uomo grande e grosso se ne stava in un angolo, e fissava le bende che venivano tolte dal vecchio cranio come se stessero per rivelare qualcosa di raro.
«Acqua ossigenata» disse il dottor Thornton e l’infermiera Queen ubbidì. Il dottore la versò sulla ferita per ammorbidire la vecchia fascia. Poi attese che il sangue coagulato si fosse sciolto, dopo di che riprese a rimuovere le bende.
Finite le sue crisi di collera, Hendrik Brass se ne stava sdraiato sul letto con un’espressione che pareva mummificata, gli occhi infossati chiusi. Quando, con un ultimo abile strattone, la benda si staccò del tutto, il vecchio aprì gli occhi e disse, improvvisamente, fissando il soffitto: «Ha mani da guaritore, dottore».
«Grazie» rispose il medico. «Io ho medicato le ferite; Dio le ha sanate.»
Il vecchio diabolico parve restare perplesso.
«Come ha detto?»
«L’ho letto da qualche parte.»
«Dio! Io non credo in Dio.»
La ferita era brutta. C’era un notevole gonfiore, tutto intorno alla linea raggrinzita della lacerazione, e i punti tiravano così tanto che il cranio calvo pareva un pallone da football con le cuciture a vista.
«Direi di non rifasciare» consigliò il dottore. «Facciamo prendere aria alla ferita. Fra un giorno o due toglieremo i punti. Ora la pulisco per bene. Ha avuto mal di testa, dolore? Senso di confusione? Vertigini?»
«No.»
«Quel Dio al quale non crede è stato buono con lei, signor Brass.»
Il dottore e Jessie si diedero da fare per togliere il sangue coagulato sulla ferita. Richard era così intento ad ammirare i movimenti calmi e nello stesso tempo rapidi della moglie che udendo all’improvviso la voce di Hugo sussultò.
«C’è quell’uomo, quell’uomo!» gridò il gigante con voce bassa e feroce.
Stava sulla soglia, con le mani in tasca e un sorriso tra il beffardo e il sarcastico sulle labbra, uno spettacolo nel complesso piuttosto sgradevole. Era difficile capire il motivo del suo divertimento: forse quel ringhio da cane mastino di Hugo, la vista dell’ispettore o la ferita sul cranio del vecchio.
Hugo avanzò di un passo.
«Attento, piccoletto» disse l’uomo sulla soglia. «Non sono grosso come te, ma scommetto che sono molto più veloce. Anche con le mani.»
Hugo fece un altro passo avanti. Il nuovo venuto non si mosse, né avanti né indietro. Ma l’ispettore vide che s’irrigidiva.
«Non gli sono simpatico» disse poi. «Comunque, non credo che daremo spettacolo.»
«Lei chi è?» domandò Richard.
«Mi chiamo Vaughn, paparino» rispose tenendo gli occhi fissi su Hugo.
«Chi c’è? Chi è arrivato?» strillò il vecchio Hendrik dal letto. «Vaughn?»
«Esatto, signor Brass.»
«Hugo» disse il vecchio stizzosamente. «Te l’ho già detto l’ultima volta: piantala.»
Hugo la piantò. L’uomo sulla soglia si rilassò ed entrò lentamente nella stanza.
L’ispettore era un uomo pacifico, ma c’era qualcosa nel nuovo venuto che gli faceva prudere le mani. Innanzi tutto il suo modo di camminare, un ibrido tra arroganza e svenevolezza, studiato per essere sempre pronto a balzare all’attacco o per darsi un tono, a seconda delle circostanze. Inoltre, il modo in cui scrutò Jessie: parve addirittura spogliarla e, ciò che è peggio, scartarla poi con una specie di rimpianto sprezzante come a dire: “Forse, vent’anni fa, bambola”.
“Tu e io” disse l’ispettore tra sé “siamo nati nemici.”
E iniziò a sua volta a esaminare il nuovo arrivato.
Il vestito a righe che indossava era troppo stretto, o lui era ingrassato dentro il vestito che, invece di coprirlo, rivelava un corpo molto muscoloso. I capelli color sabbia erano corti e ispidi. Gli occhi, grigio chiaro, erano brillanti e pungenti. Se non fosse stato per il naso schiacciato, il suo volto sarebbe stato spigoloso; forse per via della mascella, l’ispettore aveva pensato a una caricatura, perché era sporgente come il muso di certe vecchie locomotive del 1925; la pelle era butterata e sgradevole a vedersi, macchiata dall’abuso dei raggi ultravioletti delle lampade solari. L’ispettore non si sarebbe meravigliato se l’avesse visto tirare fuori una schedina delle corse dei cavalli. In testa portava un cappello alla bersagliera che, naturalmente, non si era neppure sognato di togliere. “Dev’essere un buon tiratore” pensò l’ispettore. Aveva una camicia blu e la cravatta gialla. Le mani erano grosse e piene di cicatrici. Eppure, c’era una certa intelligenza nei suoi occhi, forse una saggezza primitiva, acquisita nei bassifondi. Era impossibile immaginare che un uomo perbene provasse simpatia per lui o che una donna, di qualunque genere, non si voltasse a guardarlo.
Comunque lo si considerasse, era meglio perderlo che trovarlo.
«Che le è successo alla capoccia?» domandò con il tono di un magistrato inquirente.
Il vecchio gli rispose, con aria petulante: «Glielo spiego più tardi, signor Vaughn».
«Avrebbe dovuto informarmi. Quel bavoso gigante non le dà alcuna garanzia. Anche un cieco dovrebbe vedere che ha solo aria nel cervello.»
«Lei è un gran maleducato!» scattò Jessie.
«Hai ragione, bambola» rispose Vaughn.
«Vi prego, vi prego» disse il vecchio. «Lasciateci soli.»
«Un momento.» I baffi dell’ispettore parevano elettrici. «Mia moglie e gli altri hanno il diritto di sapere che cosa sta succedendo in questa casa. Chi è quest’uomo? E perché l’ha fatto entrare?»
«Parla come un piedipiatti» disse Vaughn prima che Brass potesse rispondere. «Ah, ho capito. Lei si chiama Queen e si è appena sposato con Jessie Sherwood… che suppongo sia la donna qui presente. Dico bene, paparino?»
«Indovinato, amico, e si ricordi che nessuno può mancare di rispetto a mia moglie. Nessuno!»
«Coraggio, fatti sotto, paparino» il modo in cui gli voltò la schiena muscolosa fece imbestialire l’ispettore. Ma Jessie gli appoggiò una mano sul braccio. «E lei, con quel cespuglio sotto il naso, chi è?»
I baffi del dottore parvero rizzarsi: «Sono il dottor Thornton».
«Okay. Ha sentito cos’ha detto il signor Brass? Fuori tutti.»
«Io non esco da questa stanza finché non ho avuto risposta alla mia domanda» disse l’ispettore. «Chi è questo cialtrone, signor Brass?»
«Va bene, Vaughn» disse Hendrik Brass. «Ripensandoci, è bene che lo sappiano. Ecco, ispettore, il signor Vaughn è l’investigatore privato che ho assunto per trovare sua moglie e gli altri. È anche avvocato. Sarà lui a redigere il mio testamento, quando avrò deciso a chi lasciare i miei beni.»
«Avvocato! Quale università le ha rilasciato la laurea? Sing-Sing?»
«Harvard, Yale… che importanza ha? Vuole vedere il mio diploma, paparino?»
«Vorrei vedere il porto d’armi per la pistola che porta in quella fondina a tracolla.»
«E io che pensavo che questo bel vestito che mi è costato trecento sacchi servisse a qualcosa. Sarà meglio che cambi sartoria. Comunque non si preoccupi, ispettore. Ho il porto d’armi. E, se le interessa, ho anche la licenza d’investigatore privato, rilasciata dalla città di New York.»
«Oggigiorno non si guarda più tanto per il sottile. Sta bene, signor Brass. Se lui è la sua Gestapo personale, io non posso farci niente. Però vorrei chiarire fin da ora che farà bene a non fare tanto il gradasso. Specialmente con le donne. Conosco il genere.»
Vaughn si strinse nelle spalle. «Che succede, nonno? Le campane nuziali non suonano più? Se vogliamo la guerra, va bene, ma il terreno lo scelgo io. E, tanto per intenderci, attento a quello che dice. Un ex poliziotto non mi fa neanche il solletico.» Poi, senza dare il tempo all’ispettore di rispondere, continuò: «Quanto ci vorrà, signor Brass?».
«Il tempo necessario.» Il vecchio aveva l’aria sorniona. «Quanto potrà assentarsi dal suo ufficio?»
«Spetta a lei decidere, è lei che paga. E visto che siamo fra amici, e che comunque mi dovrò fermare qui… non vorrà continuare ad avere quell’abominevole uomo delle nevi tra i piedi, vero? Se quella botta che ha sul cranio le dà un esempio di come lavora, sarà meglio trovare qualcun altro, che ne dice?»
«Era quello che pensavo, signor Vaughn. Lei mi farà anche da guardia del corpo.»
Hugo si agitò. «Io no?» Aveva l’espressione sgomenta.
«Molla il colpo, Godzilla» disse Vaughn. «Hai sentito che cos’ha detto il tuo signore e padrone.»
«Io no?» ripeté Hugo, e questa volta la sua domanda suonò come un lamento.
«No» scattò il vecchio. «Torna a lustrare, Hugo. E bada di fare tutto quello che ti dirà il signor Vaughn. Capito?»
«Sì, signor Hendrik.» Le spalle curve, Hugo si trascinò fuori dalla stanza. Jessie si sarebbe messa a piangere.
«Bene, gente. È ora di levare le tende.» Vaughn puntò il pollice a martello verso l’uscio. «Il signor Brass e io abbiamo alcune cosette da discutere.»
Richard aprì la porta, e lasciò passare Jessie e il dottor Thornton, che schiumava dalla rabbia. Stava per seguirli quando, con sua grande meraviglia, vide Vaughn tirare fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni una fiaschetta schiacciata e svitare il tappo. L’ultima volta che aveva visto qualcuno girare con una fiaschetta in tasca era stato durante il proibizionismo. Forse quei tempi stavano tornando, o magari il signor Vaughn era un fan di Dashiell Hammett. Sempre che sapesse leggere.
L’ultima cosa che vide, prima di chiudere la porta, fu Vaughn che ingollava una lunga sorsata.
«È un gran bel posto, questo, signor Brass» e si udì la risata dell’investigatore privato. «Ma come dico sempre, non sarà mai come Acapulco.»
Prima dell’arrivo di Vaughn, la vita nella vecchia casa aveva ormai preso un suo andamento: colazione tra le otto e le nove; qualche giro a Phillipskill e a Tarrytown per giornali, riviste o libri (la biblioteca di Brass pareva essersi fermata all’epoca di William Dean Howells e F. Marion Crawford), per sigarette o articoli da toilette; pranzo a mezzogiorno, dopo di che c’era chi passeggiava nel parco, chi andava fino al moletto semisommerso, chi si teneva occupato in altri modi; Jessie, per esempio, aveva cominciato un pullover a maglia per Richard con della lana comprata nell’emporio di Phillipskill; gli Alistair giocavano a poker usando stecchini al posto dei gettoni, oppure la signora Alistair faceva un solitario mentre il marito si concentrava sulle ultime notizie delle corse; il dottor Thornton sfogliava l’ultimo numero di «Playboy», ignorando le copie delle riviste mediche che gli venivano spedite da South Cornwall; i due giovani leggevano libri gialli o simili, evitandosi l’un l’altro con ostentazione: Lynn con l’aria della verginella offesa, mentre Keith tentava invano di assumere l’atteggiamento dell’uomo superiore, tanto da far desiderare alla ragazza di buttargli le braccia al collo per rassicurarlo che andava tutto bene; il che era ridicolo, visto che invece andava tutto male; Cornelia Openshaw seguitava a mangiarsi il giovane Keith con gli occhi, nonostante il suo atteggiamento da persona assolutamente irreprensibile; e, sopra a tutti, gravitava quella vecchia volpe di Queen, che si aggirava sempre per ogni dove, mai però troppo lontano dal loro anfitrione, che si mescolava agli ospiti, sempre presente ma arcigno, con le pallide orecchie tese a captare ogni sfumatura, come un vecchio direttore in ascolto di una nuova orchestra, e con il solito sorriso decisamente beffardo sulle labbra. Ma anche questo divenne la normalità e, dopo qualche tempo, i più riuscirono perfino a ignorare Hendrik Brass, tranne quando venivano interrogati direttamente, e allora si affrettavano a rispondere sorridendo ansiosamente come se lui avesse potuto vederli.
L’arrivo di Vaughn portò un sottile mutamento nel loro già palese disagio. Era come sentirsi avvolti da una nube di ironia, cui era impossibile sottrarsi.
Come l’ispettore, Vaughn aveva fiutato gli Alistair; raccontava a voce alta tutte le truffe in cui si era imbattuto e, fingendo di dimenticare i punti più salienti, si rivolgeva loro perché gli rinfrescassero la memoria. Tutto questo imbarazzava oltremodo i due, anche perché Vaughn chiedeva il loro aiuto in presenza del vecchio che ascoltava in enigmatico silenzio.
Con il dottor Thornton sputava veleno con evidente malanimo nei confronti della classe medica. Tutti i medici, diceva, erano macellai, ladri e ciarlatani. Il dottore incassava con dignità, ma la sua calma diventò via via sempre più difficile da mantenere, specialmente quando Vaughn cominciò a ragliare sommessamente ogni volta che...