La bottega dei libri proibiti
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La bottega dei libri proibiti

  1. 564 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La bottega dei libri proibiti

Informazioni su questo libro

Colonia, primi decenni del Quattrocento. In un clima storico fatto di poche luci e molte ombre, in cui il sapere è ancora saldamente nelle mani di pochi che non hanno alcun interesse alla sua divulgazione, inizia infine a soffiare il vento del cambiamento. Un piccolo gruppo di intellettuali ed eruditi si riunisce in clandestinità con un sogno grandioso: la diffusione dei libri tra il popolo. Naturalmente la Chiesa si oppone con forza perché non vuole che opere definite pericolose vengano divulgate, e la nobiltà non ha alcuna intenzione di perdere i suoi privilegi.
Solo un uomo, il mite e ingegnoso orafo Lorenz, ha il coraggio di affrontare questa sfida. Di origini modeste, dopo aver perso la moglie in un incendio ed essere rimasto da solo a crescere l'unica figlia, Lorenz ha un sogno nel cassetto condiviso con l'amico libraio Johannes, anima del gruppo di intellettuali: mettere a punto un sistema da lui ideato per la stampa meccanica che porterà alla nascita della tipografia. Il progetto è ambizioso e la sua invenzione in grado di cambiare il corso della storia. Ma il prezzo che dovrà pagare per una simile temerarietà è altissimo: a rischio c'è la sua vita e quella di chi lo circonda.
Grande romanzo storico sulla passione per la lettura e l'amore per i libri, La bottega dei libri proibiti ci offre un efficace affresco del XV secolo, ma anche una storia d'amore e d'avventura, trasportando il lettore nella realtà di un'epoca in cui crudeltà e intolleranza si scontrano con il sapere, la giustizia e la sete di verità.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
Print ISBN
9788804614814
eBook ISBN
9788852022708

Terza parte

BIVIO

L’ignorante afferma, il saggio dubita, il sapiente riflette.
ARISTOTELE

33

Colonia, settembre 1436
L’autunno era arrivato appena da qualche giorno, ma Lorenz aveva cominciato a sentirsi diverso già da molto prima. Si sarebbe detto addirittura emozionato, con quell’inquietante formicolio nelle viscere che solo una donna poteva provocare. Olga. Da quando aveva cominciato a lavorare nella bottega di Ernest, si erano avvicinati sempre più l’uno all’altra, finché era diventato impossibile negare l’evidenza. Quando lei gli era accanto, l’orafo si sentiva capace di qualsiasi cosa.
In casa, seduto all’unico tavolo, Lorenz lavorava alacremente a una nuova consegna di indulgenze per padre Wahrheit. La frequenza di quegli ordini gli permetteva di arrivare a fine mese con qualche fiorino in più.
Il miglioramento che aveva recentemente apportato alla sua invenzione gli aveva consentito di abbandonare l’asticella nella quale inseriva i chiodini più o meno instabili, sostituendola con una scatola di legno nella quale collocava i caratteri realizzati in piombo e stagno, alcuni con lettere e altri vuoti per creare gli spazi tra le parole. Ben presto si era reso conto che, per poter realizzare una pagina intera, con tutte le linee in un solo colpo, doveva cambiare l’ordine degli elementi. La scatola non poteva più fare da timbro, dato che pesava troppo per poterla schiacciare sul foglio. Aveva deciso di fare il contrario: avrebbe schiacciato il foglio contro la scatola. Tuttavia, maneggiare le pagine con entrambe le mani ed esercitare su di esse la stessa pressione gli costava una tremenda fatica. E, comunque, l’inchiostro non si distribuiva in maniera uniforme. Cercò di far riposare le braccia agitandole nel vuoto. Sulla sua faccia era comparso un sorriso. Ascoltò attentamente: fuori aveva smesso di piovere.
Si accorse che la carta era quasi finita e che sarebbe riuscito a realizzare solo poche altre copie. Il sole, appena visibile attraverso le dense nuvole, cominciava a diluirsi nel crepuscolo. Decise di uscire.
«Erika!» gridò, guardando verso il piano superiore.
«Che c’è, papà?» gli domandò lei affacciandosi sulle scale.
«Vado a far visita a Johann. Non c’è più carta.»
«Olga cena con noi anche stasera?» domandò la ragazzina in tono un po’ sgarbato.
«No, deve trattenersi in bottega. Verrà di sicuro domani.»
Erika non poté fare a meno di sbuffare prima di rispondere: «Ah, ho capito».
Lorenz inclinò la testa arricciando le labbra.
«Perché, non ti piace?»
«Chi?»
«Olga.»
«Non è che non mi piaccia... È che non riesco ad abituarmi a vederla qui così spesso» rispose lei trascinando le parole.
Lorenz si sforzò di mostrarsi comprensivo. Olga cercava di essere sempre gentile con Erika e le offriva il suo aiuto in casa ogni volta che veniva, anche se lei puntualmente lo rifiutava.
«Ma è buona. E si prende cura di noi due.»
Erika raggiunse il padre al pianterreno e iniziò a passeggiare nervosamente per la stanza, come se cercasse qualcosa da fare. Con un filo di voce rispose: «Lo so, ma non è la mamma».
«Certo che non lo è. E non lo sarà mai.»
Erika alzò gli occhi e sorrise, come se suo padre le avesse appena fatto un regalo importante. Nessuno avrebbe preso il posto di Ebba nel cuore di Lorenz, ma dopo tanto tempo lui provava di nuovo qualcosa di speciale per una persona, e sua figlia doveva farsene una ragione. Ormai aveva tredici anni.
«D’accordo.»
Lorenz annuì, convinto che da lì in poi le cose sarebbero andate meglio.
Una volta in strada, si lasciò avvolgere dall’umida fragranza della pioggia appena caduta. I suoi piedi cominciarono a muoversi rapidamente. Saltellava per evitare le pozzanghere. Aveva gli occhi fissi sul selciato quando, all’improvviso, si scontrò con qualcuno. Spaventato, alzò lo sguardo e si trovò davanti un volto familiare. Il mantello di un rosso vivo che copriva la cottardita di broccato e il copricapo ricco di ornamenti creavano un netto contrasto con le costruzioni in rovina di quella strada.
«Lorenz! Scusami! A volte sono così soprappensiero che non faccio attenzione a niente.»
«Non ti preoccupare, Yago, nemmeno io guardavo avanti.»
«Come stai?»
«Bene. Stavo andando da Johann, alla libreria. Mi serve della carta.»
Il commerciante lo osservava con un’espressione cordiale.
«Ti va di venire con me? Sto andando verso il fiume. Dài, non ci vediamo da giorni!»
Lorenz si strinse nelle spalle e rispose sorridendo: «D’accordo. Da Johann ci andrò più tardi».
«Ottimo!»
L’orafo si adattò al passo energico di Yago. Attraversarono diverse strade, a quell’ora del giorno piene di gente che approfittava degli ultimi raggi di sole. L’ombra stava ormai calando sulle strade bagnate della città di Colonia.
Il commerciante parlò a Lorenz del suo ultimo viaggio. Era andato a Lubecca per fare visita ad alcuni amici e ne aveva approfittato per acquistare alcuni libri di notevole interesse. Yago aveva sempre grandi storie da raccontare. Gli affari lo avevano portato a conoscere persone e luoghi che Lorenz era certo non avrebbe visto mai.
«Ma dimmi, come procede la tua invenzione?»
«Più a rilento di quanto previsto» rispose Lorenz scuotendo la testa.
«Un passo alla volta, Lorenz, un passo alla volta» lo esortò Yago, parlando con calma.
Lui sorrise. Il gorgoglio del fiume gli ricordò dove si trovavano. Le acque del Reno scorrevano vicino ai suoi piedi, sotto il pontile. Una nave stava abbandonando la città, in rotta verso il porto successivo.
«Siamo arrivati» annunciò Yago. «Entra con me, ti farò conoscere un buon fornitore di vino.»
Lorenz esitò per un istante, ma l’atteggiamento sereno dell’amico lo convinse a seguirlo. Il commerciante bussò alla porta di una dimora che si sviluppava su un unico piano e dava sul fiume. Una ragazzina che doveva avere qualche anno meno di Erika, vestita di una tunica rossa, apparve subito sulla soglia. I due visitatori furono investiti da un forte aroma di uva e vino.
«Herr Kaufmann!» esclamò la piccola.
«Ciao, tesoro.» Yago si chinò all’altezza della bambina e ricambiò il suo abbraccio, un semplice gesto che la fece sorridere di gioia. Dopo essersi rialzato, fece le presentazioni: «Questo è il mio amico Lorenz Block».
«Lieta di conoscervi, Herr Block.»
Lorenz sorrise alla riverenza che gli rivolse la bimba.
«E lei è Floy» continuò Yago.
«Piacere, Floy.»
«Possiamo entrare?» domandò il commerciante, togliendosi il cappello.
«Sì. Mio padre è dentro, sta lavorando.»
«Grazie, tesoro.»
La piccola corse dentro.
Yago varcò la soglia perlustrando con cautela l’interno del locale. Attraversarono lentamente il cupo vestibolo e raggiunsero la stanza contigua, che era ampia e luminosa. Un uomo manipolava un enorme aggeggio di legno con dei rinforzi in ferro. Lorenz aveva visto oggetti simili impiegati per altre funzioni. L’arnese catturò subito la sua attenzione: era attaccato a una sorta di bicchiere gigante, anch’esso di legno.
«Ecco Gerard» annunciò Yago sorridendo, mentre Floy andava a sistemarsi accanto al padre.
«È un torchio?» domandò Lorenz.
«Esatto. Da qui uscirà il mosto per fare il vino. È un po’ diverso rispetto a quello che si usa nel tuo mestiere. Vuoi vedere come funziona?»
«Certo.»
Yago si avvicinò al suo orecchio e cominciò a spiegare. Il forte stridio del marchingegno lo costringeva ad alzare la voce: «Il cilindro formato da quelle doghe di legno si chiama gabbia. È lì che si mette l’uva. Il piatto mobile orizzontale» gli occhi di Lorenz seguivano attentamente i movimenti delle mani dell’amico che indicavano i vari elementi a mano a mano che li nominava «la spremerà quando la chiocciola, che si avvita attivando la leva tra le mani di Gerard, lo spingerà verso il fondo del torchio. È la semplice applicazione del principio del piano inclinato scoperto in Mesopotamia secoli fa.» Lorenz annuiva: sullo stesso principio si basava il funzionamento di alcuni strumenti della bottega di oreficeria. «Il piatto sul fondo fa semplicemente da filtro: raccoglie il liquido e lo fa scorrere in quella vasca, dalla quale viene estratto con l’aiuto di alcuni secchi e spostato nei bacini di fermentazione.»
L’uomo che Yago aveva chiamato Gerard lasciò la leva e gli disse: «Yago! Che piacere vederti! Ho qui pronto quello che mi hai chiesto».
Gerard si voltò, prese un otre da sopra un barile e lo portò fino a loro. Porgendolo al commerciante, annunciò: «È l’ultimo Riesling che abbiamo preso dalla botte. Sentirai che delizia».
«Grazie.» Yago prese l’otre con un sorriso riconoscente, mentre Gerard si pulì le mani con un panno che teneva appeso a un braccio. «Lo assaggerò questa sera stessa.» Si girò e invitò il suo accompagnatore a farsi avanti. «Gerard, ti presento Lorenz Block, un amico. Fa l’orafo.»
«Piacere di conoscervi, Herr Block.» disse lui stringendogli la mano. «Ho l’impressione di avervi già visto da qualche parte. Sbaglio, o lavorate per Herr Blum?»
Lorenz ebbe un piccolo sussulto all’udire quel nome, che non portava mai niente di buono.
«Non vi sbagliate. Lavoro per lui.»
«In più di un’occasione mi sono recato nella sua bottega in cerca di un regalo.»
«Lorenz è l’orafo migliore di tutta Colonia» si affrettò a interrompere Yago.
«Ah, sì?» domandò Gerard, pensando che fosse uno scherzo.
«Certo che lo è. Quelle mani valgono molto» confermò il commerciante in tono serio.
«Allora proteggetele. Anche io ho voluto prendermi un po’ cura di me stesso e ho comprato questa meraviglia. Le mie gambe me ne sono grate ogni giorno. A volte non mi sento più le braccia a furia di azionare la leva, ma ci ho guadagnato in rapidità. Avete visto quanto mosto in così poco tempo?» domandò Gerard, invitandoli ad avvicinarsi al torchio con un gesto della mano.
«Sì, stavo giusto spiegando a Lorenz come funziona. Mi sembra molto interessato. Potresti continuare?»
«Certo!»
Gerard tornò impettito al suo posto e, dopo aver ripreso in mano la leva, la mise in funzione facendo girare la chiocciola. Lorenz rimase immobile, con gli occhi fissi a osservare come il piatto spremeva l’uva fin quasi a scendere sul fondo della vasca di raccolta. La macchina produceva terribili lamenti, che rimanevano sospesi nell’aria anche dopo che Gerard aveva smesso di azionare la leva. All’improvviso Lorenz, cercando di sovrastare il rumore, domandò: «Potete dosare la pressione che esercitate, o è sempre la stessa?».
«Quando resta poco da spremere, aumento la pressione quel tanto che mi consentono le mie vecchie braccia; a volte ci mettiamo in due per estrarre le ultime gocce. Vedete?»
L’orafo si rese conto che ogni volta era più faticoso girare la leva e che i lamenti di quel marchingegno diventavano perfino più acuti e stridenti. La spinta esercitata su foglie e bucce era uniforme e sempre maggiore.
A un tratto Lorenz non sentì più lo scricchiolio del legno, il profumo del mosto appena estratto e le spiegazioni di quei due uomini. Stava seguendo un ragionamento, una pista. Si girò bruscamente verso Yago e gli domandò: «Hai idea di dove potrei trovare una macchina come questa?».
La richiesta colse Yago alla sprovvista. Anche lui come l’orafo aveva osservato assorto e in silenzio il funzionamento del torchio. Pur non avendo capito la ragione di quella richiesta, rispose con un misto di inquietudine e curiosità, senza nascondere un sorriso: «Sì, sarebbe abbastanza facile. Perché, Lorenz? Vuoi darti anche tu alla produzione di vino?».
«No, no...» Lorenz rifletté qualche istante prima di spiegare all’amico cosa avesse in mente. «Credo che potrebbe essermi utile per il mio lavoro. Sai se è molto costosa?»
Yago lo guardò perplesso. Si accarezzò il pizzetto e, dopo un breve silenzio, disse: «Solo un ingegno come il tuo poteva arrivare a una soluzione come questa. Se ti serve, forse riesco a fartela avere a un buon prezzo».
«Ne sei sicuro?»
Lorenz sgranò gli occhi. Sapeva che un torchio come quello non era a buon mercato, ma il suo amico lo avrebbe aiutato. Yago glielo confermò: «Certo. Dammi qualche giorno e ti farò sapere».
Lorenz gli strinse forte la mano, in segno di gratitudine. Poi si sporse verso di lui, lo abbracciò e lo ringraziò più volte. Yago cercò di minimizzare, ma l’orafo era convinto che solo grazie a lui aveva finalmente trovato il tassello mancante per completare la sua invenzione.

34

Quella sera la cena era stata abbondante, come sempre accadeva alla tavola di Nikolas; non era così quando si fermava a casa di Lorenz ed Erika: lì l’anatra veniva servita solo per festeggiare qualcosa. Adesso, accanto al suo mentore, circondata dal lusso, Ilse si stava godendo le poesie d’amor cortese che un trovatore stava cantando. Sì, era quella la vita che voleva.
Sprimacciò i cuscini di seta che aveva alle sue spalle e vi si lasciò cadere sopra. Nikolas la imitò, spinto dal desiderio di starle più vicino. La lenta melodia del liuto accompagnava la voce di quel Minnesänger che parlava dei suoi sentimenti per Adalia, una dama sposata che gli aveva rubato l’anima; lui era il suo vassallo e reclamava la sua attenzione tutta per sé, a scapito del marito e degli altri corteggiatori. Ilse chiuse gli occhi per immaginare quella scena paradisiaca. Nikolas le accarezzava la guancia con delicatezza, mentre lei aspirava l’odore della sua pelle; il calore delle candele la avvolgeva. Pensò alle parole d’amore che il poeta cantava con eleganza. E sognò che Nikolas gliele dedicasse: era lui l’unico vassallo che voleva avere. Se fosse morta in quel momento, avrebbe passato l’eternità a ricordare quell’ultimo istante di felicità.
«Domani andrai alla bottega?»
Quelle parole la riportarono alla realtà. Tenendo gli occhi chiusi, la ragazza rispose: «Sì, mi manca ancora un po’ per finire il lavoro».
«E Lorenz?»
Ilse aprì gli occhi.
«Lorenz? Che vuoi sapere?»
«È da un po’ che non mi racconti novità.»
«Perché non ce ne sono» rispose lei, mettendosi bruscamente a sedere sui cuscini.
Non capiva perché Nikolas avesse rovinato un momento tanto felice per parlare dell’orafo. Pensava solo a quello. Il copista rimase immobile, impassibile.
«Ne sei sicura?»
«Certo. Ti riferisco sempre tutto quello che vengo a sapere.»
«Allora forse lui ti sta nascondendo qualcosa.»
«Impossibile.»
Il tono di Ilse aveva perso ogni traccia di calore. Nikolas stava mettendo in dubbio i suoi sforzi, dopo tutto quello che aveva fatto per lui.
«Come fai a esserne così sicura?» indagò il copista.
«Perché lui si fida di me.»
Nikolas scoppiò in una fragorosa risata che ferì Ilse come un colpo di pugnale, poi aggiunse: «Come sei ingenua! Non ti starai mica innamorando di lui?».
«Non dire sciocchezze.» Ilse abbassò gli occhi, evitando di incrociare il suo sguardo. Il cuore le batteva così forte da farle male.
Nikolas serrò le mandibole. Il suo tono assuns...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La bottega dei libri proibiti
  3. Prima parte - LA CITTÀ
  4. Seconda parte - SCOPERTE
  5. Terza parte - BIVIO
  6. Quarta parte - IMPEGNO
  7. Copyright