
- 308 pagine
- Italian
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eBook - ePub
L'isola del tesoro (Mondadori)
Informazioni su questo libro
Il dodicenne Jim Hawkins, dopo aver trovato per caso una mappa, si imbarca, con una ciurma non proprio onesta e affidabile, verso un'isola dei Carabi dov'è nascosto un tesoro. Inattesi ammutinamenti, pericolosi naufragi, fughe e scontri all'ultimo sangue, indimenticabili personaggi come Long John Silver e il pirata abbandonato Ben Gunn. Un mare sempre burrascoso, ma limpido e cristallino. Una natura selvaggia e inquietante, ma altrettanto meravigliosa.
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Informazioni
Print ISBN
9788804577218eBook ISBN
9788852021893

Il rosso bagliore della fiaccola, illuminando l’interno del fortino, mi mostrò che le mie peggiori apprensioni si erano realizzate. I pirati erano in possesso della casa e delle provviste. Ecco il barile dell’acquavite, ecco la carne salata, ecco le gallette: tutto come prima. E – ciò che moltiplicava la mia angoscia – nessuna traccia di prigionieri. Non potevo pensare altro se non che fossero tutti morti; e il rimorso di non essermi trovato lì, a morire insieme con loro, mi spaccava il cuore.
Erano sei in tutto: nessun altro era sopravvissuto. Cinque di loro, scossi all’improvviso dal primo sonno dell’ubriachezza, stavano in piedi, ancora rossi e gonfi. Il sesto si era sollevato soltanto su un gomito: il suo viso era di un pallore mortale, e le bende lorde di sangue che gli avvolgevano il capo dicevano che era stato recentemente ferito e fasciato. Mi ricordai di uno che durante il grande attacco, colpito da una palla, era scappato nel bosco: senza dubbio era lui.
Il pappagallo si lisciava le penne, appollaiato sulla spalla di Long John. Questi mi parve più pallido e duro del solito. Portava ancora lo stesso bell’abito di panno nel quale aveva adempiuto la sua missione. Ma quell’abito, per un amaro contrasto, era sporco di fango e strappato dagli spini dei rovi.
— E così, ecco qua Jim Hawkins, morte delle mie ossa, piovuto a farci visita, eh? Vieni, vieni pure, io prendo la cosa in amicizia.
Così dicendo sedette sul barile dell’acquavite e si mise a riempire la pipa.
— Dammi un po’ qua la torcia, Dick — riprese. — E dopo che ebbe acceso: — Va bene, ragazzo: pianta la torcia nella catasta della legna. E voi, signori miei, andate pure: non è il caso di rimanere in piedi per il signor Hawkins. Vi scuserà, state tranquilli. E così, Jim — e calcava il tabacco — eccoti qui. Una bella sorpresa per il povero vecchio John. Mi ero accorto che eri un ragazzo sveglio, quando ti posai gli occhi addosso la prima volta. Ma ora quest’improvvisata mi sbalordisce addirittura.
A tutto ciò, naturalmente, non replicai nulla. Mi avevano messo con le spalle al muro; e io rimanevo là a fissare Silver in faccia, con espressione abbastanza coraggiosa, forse, ma con in cuore la più cupa disperazione.
Silver tirò con molto sussiego una o due boccate di fumo, e continuò: — E ora, Jim, dal momento che ti trovi qui, voglio un po’ dirti come la penso. Ti ho sempre considerato un ragazzo coraggioso, e ti ho amato come l’immagine di me stesso quand’ero giovane e bello. Ho sempre desiderato che ti unissi a noi per avere la tua parte e morire da gentiluomo. E ora ecco che ci sei venuto, mio piccolo prode. Il capitano Smollett è un distinto uomo di mare, non mi stancherò di riconoscerlo, ma quanto a disciplina è inflessibile. «Il dovere è dovere» dice lui, e ha ragione. Devi guardarti dal capitano, tu. Lo stesso dottore ce l’ha a morte con te: “ingrato furfante”, così ti ha definito; e insomma la conclusione è che non puoi ritornare con i tuoi perché di te non ne vogliono più sapere. E a meno che tu non intenda formare un terzo equipaggio, nel qual caso non raccoglieresti gran compagnia, non ti resta che unirti al capitano Silver.

Fin qui tutto andava bene. I miei amici erano vivi dunque, e sebbene io ritenessi in parte vera l’affermazione di Silver, che quelli della cabina ce l’avevano con me per la mia diserzione, le parole di quell’uomo mi diedero più sollievo che sofferenza.
— Quanto al fatto che sei nelle nostre mani — continuò Silver — e che ci sei non ne puoi dubitare, non dirò nulla. Preferisco ragionare: dalle minacce non ho mai visto uscire niente di buono. Se il servizio ti garba, arruolati con noi; se non ti garba, sei padronissimo di dire di no. E se c’è un marinaio al mondo capace di parlare più chiaro di così, Dio mi fulmini!
Da tutte queste parole sarcastiche avevo ben avvertito la minaccia di morte che mi pendeva sul capo. Le gote mi scottavano e il cuore mi martellava affannosamente dentro il petto.
— Devo dunque rispondere? — chiesi con un filo di voce.
— Rifletti sulla tua posizione, ragazzo mio. Nessuno vuol farti premura. Il tempo, come vedi, scorre molto piacevolmente in tua compagnia.
Prendendo un po’ di coraggio dissi: — Se devo scegliere, dichiaro che ho diritto di sapere che cosa è successo, e perché voi siete qui, e dove si trovano i miei amici.
— Che cosa è successo? — ripeté uno dei filibustieri con un sordo grugnito. — Fortunato chi lo sa!
— Sarebbe meglio che tenessi la bocca chiusa fin tanto che non ti si rivolge la parola, amico — sbottò Silver, truce. E volgendosi a me con l’amabile tono di prima, rispose: — Ieri mattina, durante il piccolo quarto, si presenta il dottor Livesey con la bandiera bianca. «Capitano Silver» mi dice «siete tradito. Il bastimento non c’è più.» Va bene, può darsi che nella notte avessimo bevuto un bicchiere di troppo, e cantato magari per passare il tempo. Non dico di no. Comunque nessuno di noi aveva messo il muso fuori. Guardammo, e, corpo di mille bombe, la vecchia goletta non c’era più. Non ho mai visto una banda di minchioni restare lì con un’aria più istupidita. «Allora» dice il dottore «vogliamo trattare?» Trattammo, lui e io, e il risultato eccolo qui: provviste, acquavite, fortino, legna da ardere che voi aveste la previdenza di tagliare e accatastare. Alla fine, tutta quella benedetta nave, dalle crocette alla chiglia, nelle nostre mani. Quanto a loro, son filati via, e non so dove si trovino. — Tirò placidamente un’altra boccata di fumo, e proseguì: — E perché tu non ti metta in testa che sei compreso nel patto, ecco le ultime parole pronunciate: «Quanti siete» dico «ad andarvene?». «Quattro» dice lui. «Quattro, uno dei quali ferito. Quanto a quel ragazzo, ignoro dov’è, che il diavolo se lo porti» dice lui. «Non me ne importa affatto. Ne siamo stufi.» Queste furono le sue parole.
— È tutto qui?
— Sì, è tutto quanto hai da sapere, figliolo.
— E ora mi tocca scegliere?
— Ora ti tocca scegliere, sicuro.
— Non sono così sciocco da non sapere che cosa mi aspetta — dissi. — Ma accada quel che accada, non me ne importa. Ne ho visti morire abbastanza da quando vi ho incontrati. Ci sono però una o due cose che mi preme dirvi — e mentre parlavo così ero assai agitato — e la prima è questa: voi siete a un brutto punto. Nave perduta, tesoro perduto, uomini perduti; tutta la vostra impresa naufragata. E se desiderate sapere chi ne è stato la causa, sono stato io. Stavo acquattato nel barile delle mele la sera che avvistammo l’isola, e sentii voi, John, e voi, Dick Johnson, e Hands che dorme ora in fondo al mare, e immediatamente riferii parola per parola ciò che avevate detto. E quanto alla goletta, sono stato io a tagliare il cavo, io a uccidere gli uomini che erano a bordo, io a condurla dove né voi né nessuno dei vostri uomini la rivedrà mai. E sono io che posso ridere. Il filo della matassa era in mano mia, e voi non mi fate paura più di una mosca. Ammazzatemi o risparmiatemi, come volete. Una sola cosa dirò ancora: se mi risparmiate, dimenticherò il passato, e quando comparirete davanti alla corte sotto l’accusa di pirateria, vi difenderò con tutte le mie forze. Tocca a voi scegliere. O sopprimermi senza cavarne il minimo utile, o risparmiarmi assicurandovi un testimone che vi salverà dalla forca.
Mi interruppi, perché mi mancava il respiro. Con mio grande stupore nessuno di loro si mosse; rimasero tutti a guardarmi mogi come tante pecore. E io ripresi: — E ora, mastro Silver, poiché voi siete il migliore di tutti, se le cose andassero al peggio fatemi la cortesia di informare il dottore in che modo mi sono comportato.
— Me lo ricorderò — disse Silver con un accento così curioso che non avrei potuto, anche a prezzo della mia vita, decidere se si burlasse della mia richiesta o fosse commosso dalla mia prova di coraggio.
— Aggiungerò io qualcosa — gridò il vecchio marinaio dalla faccia color di mogano, detto Morgan, che avevo visto nella taverna di Silver sulla banchina di Bristol. — È stato lui a riconoscere Cane Nero.
— E sentite me — intervenne il mastro cuoco — che ve ne dico un’altra, corpo di una saetta: è stato questo ragazzo a sgraffignare la mappa a Billy Bones. Dal principio alla fine Jim Hawkins è stato il nostro scoglio!
— E allora, ecco qua per lui — disse Morgan accompagnandovi un’imprecazione.
E balzò in piedi, tirando fuori il coltello con uno scatto selvaggio.
— Alto là — gridò Silver. — Chi sei tu, Tom Morgan? Ti credi forse di essere il capitano? Se è così, per mille diavoli, ti mostrerò che ti sbagli. Prova a metterti contro di me e andrai dove tanti cristiani da trent’anni a questa parte sono andati prima di te, dal primo all’ultimo: qualcuno sulla punta del pennone, che Dio mi fulmini, qualcuno fuori bordo, e tutti quanti a nutrire i pesci. Non c’è mai stato nessuno che mi abbia guardato nel bianco dell’occhio e abbia poi visto un giorno felice, Tom Morgan, te l’assicuro.
Morgan tacque; ma tra gli altri si levò un cupo mormorio.
— Tom ha ragione — disse una voce.
— Io sono stato seccato abbastanza da un capitano — aggiunse un altro. — Che mi impicchino se mi lascio rompere le scatole da voi, John Silver.
— C’è qualcuno di voi, miei signori, che voglia venire a spiegarsi fuori con me? — urlò Silver, sporgendosi da sopra la piccola botte stringendo la pipa accesa. — Coraggio, su, parlate: non siete muti! Chi lo desidera sarà servito. Avrò dunque vissuto tanti anni per vedermi provocare dal figlio di un ubriaco? Voi conoscete le regole: siete dei cavalieri di ventura, a quanto dite. Eccomi pronto. Prenda un coltellaccio chi ha fegato, e vi prometto che vedrò il colore delle sue budella malgrado la mia gruccia e il resto, prima che questa pipata sia finita.
Nessuno si mosse, nessuno rispose.
— Ah, bellissimi da vedere, non c’è dubbio — aggiunse, riportando la pipa alla bocca. — Ma non troppo bravi sul terreno, no davvero. Ma se vi parlo nell’inglese di Re Giorgio credo che mi capirete. Dunque: io sono il vostro capitano per elezione. Io sono il capitano qui perché sono migliore di tutti di un buon miglio marino. Voi rifiutate di battervi come dovrebbero fare dei cavalieri di ventura. Allora, corpo di una saetta, obbedirete, state pur certi. Ora, io voglio bene a questo ragazzo: non ho mai visto un ragazzo migliore di lui. Vale più lui di un qualsiasi paio di vigliacchi qui dentro. Ed ecco cosa vi dico: vorrò vedere chi oserà mettergli le mani addosso, ecco che cosa vi dico, e potete starne certi.
Seguì un lungo silenzio. Io stavo ritto con le spalle al muro, e il cuore che continuava a battere come il martello di un fabbro; ma ora mi spuntava dentro un raggio di speranza. Silver si appoggiò contro il muro, le braccia incrociate, la pipa all’angolo della bocca, immobile come fosse in chiesa. Ma gettava attorno sguardi furtivi, e con la coda dell’occhio spiava i suoi irrequieti compagni. I quali si stavano gradatamente raccogliendo all’estremità del fortino, e il loro sommesso bisbigliare suonava continuo come un ruscello. L’uno dopo l’altro alzavano gli occhi, e la luce rossastra della fiaccola batteva per un istante sulle loro facce cupe: ma non era su di me, era su Silver che cadevano i loro sguardi.
— Sembra che ne abbiate delle cose da dire — osservò Silver lanciando lontano uno sputo. — Cantatemela, che la possa sentire, se no, mettetevi alla cappa.
— Chiedo perdono, capitano — replicò uno degli uomini. — Voi prendete un po’ troppo alla leggera qualcuna delle nostre regole. Questo equipaggio è scontento, non ama le intimazioni e ha diritti non meno di altri, mi permetto di dirlo. E a norma delle vostre stesse regole sostengo che noi possiamo parlarne. Chiedo perdono, vi riconosco come capitano in questo momento, ma reclamo il mio diritto, ed esco per tener consiglio.
E con un diligente saluto marittimo, questo individuo, un uomo di trentacinque anni, alto, malaticcio, dagli occhi gialli, si diresse freddamente verso la porta e scomparve. I rimanenti, uno dopo l’altro, seguirono il suo esempio, ciascuno facendo il proprio saluto, mentre passava, e accompagnandovi qualche scusa.
— Secondo le regole — disse uno.
— Consiglio di prua — disse Morgan.
E così, con una frase o l’altra, sfilarono tutti lasciando Silver e me soli al lume della torcia.
Il mastro cuoco si levò la pipa dalla bocca.
— Ora stai attento, Jim Hawkins — disse con voce ferma, ma così sommessa che appena la sentivo. — Tu sei a due passi dalla morte e – ciò che è ben peggio – dalla tortura. Loro stanno per disfarsi di me. Ma io ti assicuro che qualunque cosa accada, sarò con te. In verità non era questa la mia precisa intenzione prima di averti ascoltato, no. Ero quasi disperato di perdere questo grosso malloppo e rischiare per giunta di essere impiccato. Ma ho visto che sei di buona razza. E mi sono detto: sostieni Hawkins, John, e Hawkins sosterrà te. Tu sei la sua ultima carta e, corpo di mille bombe, John è la tua. Spalla a spalla, dico io. Tu salvi il tuo testimone, e lui salverà la tua testa.
Cominciavo più o meno a capire. — Intendete dire che tutto è perduto?
— Ma sì, perdio, sì! Partita la nave, partirà la mia testa: una cosa segue l’altra. Quando guardai la baia, Jim Hawkins, e non vidi più la goletta, ebbene, duro come sono, mi diedi per vinto. Per ciò che riguarda quella combriccola e il loro consiglio, credi a me, non sono che degli stupidi e dei vigliacchi fatti e finiti. Io ti salverò, se mi riesce, dalle loro grinfie. Ma, attenzione, Jim: tu in compenso salverai Long John dalla forca.
Ero sbigottito tanto mi pareva disperato ciò che mi chiedeva lui, il vecchio pirata, il caporione della banda.
— Ciò che potrò lo farò — dissi.
— Affare concluso! — gridò Long John. — Tu parli da ragazzo coraggioso e, corpo di una bomba, io non sono ancora perduto.
Arrancò fino alla torcia infissa nel mucchio della legna, e riaccese ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- L'isola del tesoro
- Parte prima - Il vecchio filibustiere
- Parte seconda - Il cuoco di bordo
- Parte terza - La mia avventura a terra
- Parte quarta - Il fortino
- Parte quinta - La mia avventura in mare
- Parte sesta - Il capitano Silver