CLAUDIA GRAY
traduzione di Luca Fusari
— Sta per sorgere il sole — annunciò Balthazar.Fu il primo a parlare dopo ore di silenzio. Sebbene non volessi sentire nulla di ciò che aveva da dire su alcun argomento, sapevo che aveva ragione. I vampiri sentivano sempre nelle ossa l’avvicinarsi dell’alba.
Lo sentiva anche Lucas?
Ci trovavamo nella cabina di proiezione di un cinema abbandonato, le cui pareti coperte di manifesti mostravano ancora i segni della battaglia della notte precedente. Vic, l’unico umano, sonnecchiava appoggiato alla spalla di Ranulf, con i capelli rossicci scompigliati dal sonno. Ranulf sedeva in silenzio con in grembo l’ascia macchiata di sangue, come se da un momento all’altro attendesse l’arrivo di un altro pericolo. Con la faccia lunga e magra e i capelli a caschetto, somigliava più che mai a un santo medievale. Balthazar, in piedi all’altro capo della stanza, manteneva le distanze per rispetto del mio dolore. Eppure, così alto e ben piazzato, risultava fin troppo ingombrante.
Cullavo la testa di Lucas. Fossi stata viva o vampira, tante ore di immobilità mi avrebbero indolenzita. Da spettro, invece, libera dalle pretese di un corpo, ero riuscita a stringerlo per tutta la lunga notte in cui era morto. Mi sistemai una lunga ciocca di capelli, cercando di non soffermarmi sulle punte intrise del sangue di Lucas.
Charity me l’aveva ucciso sotto gli occhi, sfruttando il desiderio di Lucas di proteggere me prima che se stesso. Era stato il suo ultimo e più orribile tentativo di danneggiarmi, spinta dall’odio per chiunque fosse caro a Balthazar, suo fratello e signore. Charity aveva violato una regolavampiresca, mordendo qualcuno che era già stato morso da un vampiro e che era addirittura già predisposto al mutamento da vivo a non-morto. In teoria spettava a me, e a me soltanto, trasformare Lucas. Ma ormai a Charity non importava più niente delle regole. Non le importava di niente e di nessuno, a parte il suo rapporto tormentato con Balthazar.
Dovunque fosse andata, si stava senz’altro crogiolando nella soddisfazione di avermi spezzato il cuore e di aver gettato Lucas nell’ultimo posto in cui avrebbe mai voluto trovarsi.
Preferirei morire, aveva sempre detto. Quando io ero viva e molto più innocente, avevo sognato che diventasse un vampiro insieme a me. Ma lui era cresciuto con i cacciatori di vampiri della Croce Nera, che odiavano i non-morti e li perseguitavano con la dedizione di una setta. Da sempre trasformarsi in vampiro era il suo incubo peggiore.
Ora quell’incubo si era avverato.
— Quanto manca? — chiesi.
— Pochi minuti. — Balthazar fece un passo avanti, vide la mia faccia e non si avvicinò oltre. — Meglio che Vic si allontani.
— Cosa succede? — La voce di Vic era roca e insonnolita. Si raddrizzò e la sua espressione passò dalla confusione all’orrore mentre guardava il corpo di Lucas insanguinato e pallido. — Ah. Per un secondo… be’, pensavo di aver avuto un incubo o qualcosa del genere. Invece è vero.
Balthazar scosse la testa. — Scusa, Vic, ma non è il caso che resti.
Capii cosa intendeva. I miei genitori, che da sempre desideravano che seguissi la loro strada, mi avevano spiegato cosa succede nelle prime ore dopo la trasformazione. Al suo risveglio da vampiro, Lucas avrebbe desiderato disperatamente tutto il sangue fresco che poteva avere. Nell’impeto del risveglio, la sete rischiava di cancellare qualsiasi altro pensiero.
Sarebbe stato tanto assetato da uccidere.
Vic non poteva saperlo. — E dai, Balthazar, sono stato con voi fin qui. Non voglio mollare Lucas adesso.
— Balthazar ha ragione — intervenne Ranulf. — Per la tua incolumità, è meglio che te ne vada.
— In che senso, incolumità?
— Vic, vai — dissi. Non volevo costringerlo, ma se non capiva qual era il rischio, aveva bisogno di una dose di realtà nuda e cruda. — Se vuoi sopravvivere, vai.
Lui impallidì.
Con più gentilezza, Balthazar aggiunse: — Questo non è un posto da vivi. Appartiene ai morti.
Vic si ravviò con le dita i capelli arruffati, annuì a Ranulf e uscì dalla cabina di proiezione. Probabilmente era diretto a casa, dove avrebbe cercato di fare qualcosa di sensato: le pulizie, magari, oppure cucinare un piatto immangiabile. Le preoccupazioni umane sembravano lontanissime, in quel momento.
Andato Vic, riuscii finalmente a esprimere l’idea che mi tormentava da ore. — È davvero… — sentii un nodo in gola e dovetti deglutire con forza. — È davvero il caso di lasciare che succeda?
— Secondo te dovremmo distruggere Lucas? — Pronunciate da chiunque altro, sarebbero state parole spietate e insopportabili, ma Ranulf le fece sembrare un semplice e innocuo dato di fatto. — Impedire che rinasca come vampiro e accettare la sua morte, ultima e definitiva.?
— No, non voglio. Non puoi immaginare quanto sia lontana dal desiderarlo — risposi. Ogni parola che tiravo fuori era un po’ di sangue che mi spremevo dal cuore. — Ma so che Lucas lo vorrebbe. — Amare qualcuno non significava forse mettere i suoi desideri al primo posto, anche in un frangente così terribile?
Balthazar scosse la testa. — Non farlo.
— Sembri così sicuro — dissi, cercando di restare calma. In realtà, ero talmente arrabbiata con Balthazar da non riuscire neanche a guardarlo. Aveva trascinato Lucas in battaglia contro Charity, malgrado lo sapesse intontito dal dolore e incapace di combattere al meglio. Sentivo che la morte di Lucas non era solo colpa di Charity, ma anche sua. — Mi stai soltanto dicendo quello che vorrei sentire?
Balthazar si rabbuiò. — Quando mai l’ho fatto? Bianca, ascoltami. Se il giorno prima della mia trasformazione mi avessi chiesto se desideravo diventare un vampiro, ti avrei detto di no.
— Lo diresti ancora, se ne avessi l’opportunità. Se potessi tornare indietro. O no? — domandai.
L’avevo preso in contropiede. — Non stiamo parlando solo di me. Pensa ai tuoi. A Patrice, a Ranulf, agli altri vampiri che conosci. Sarebbe davvero meglio che marcissero dentro una bara?
Certi vampiri se la passavano bene. Questo valeva per quasi tutti quelli che conoscevo. Da secoli i miei genitori vivevano felici e innamorati. Forse anche tra me e Lucas poteva andare così. Per quel che ne sapevo, non sopportava l’idea di essere un vampiro, ma del resto soltanto due anni prima odiava tutti i vampiri, era accecato da pregiudizi immotivati. In pochissimo tempo era cambiato parecchio e non era detto che prima o poi non potesse accettare anche questo cambiamento.
Valeva la pena rischiare. Altroché. Tutto, nel mio cuore, mi diceva che Lucas meritava un’altra possibilità, e che meritavamo un’altra possibilità di stare insieme.
Sfiorai il suo viso con un dito: la fronte, lo zigomo e il profilo delle labbra. La pesantezza e il pallore del corpo lo facevano somigliare a una scultura funebre, immobile, priva di vita, immutabile.
— Ci siamo quasi — disse Balthazar. — È il momento.
Ranulf annuì. — Anch’io lo sento. È meglio che ti allontani, Bianca.
— Non lo lascio.
— Allora stai pronta a muoverti. Se devi. — Balthazar spostava il peso da un piede all’altro, in guardia come un pugile pronto a combattere.
Andrà tutto bene, Lucas, pensai, e desiderai che mi sentisse al di là del confine tra questo e l’altro mondo. Stava per riattraversarlo e tornare da me? Forse sì. Forse, vicini come eravamo, riusciva a percepirmi. Siamo morti, ma possiamo stare ancora insieme. Non c’è niente di più importante. Siamo più forti della morte. Niente potrà ostacolarci, ormai. Nessuno ci separerà mai più.
Volevo che ci credesse. Anch’io volevo crederci.
La mano di Lucas ebbe un fremito.
Restai senza fiato, ma fu un riflesso del corpo che avevo creato, un ricordo dell’effetto di una sorpresa su un essere umano.
— Stai pronto — disse Balthazar a Ranulf.
Incerta, posai una mano sul petto di Lucas. Solo in quel momento capii che mi aspettavo di sentire battere il suo cuore. Ma non avrebbe battuto mai più.
Un piede di Lucas si mosse appena e la testa si girò di qualche centimetro. — Lucas? — sussurrai. Doveva capire che non era solo, prima di qualunque altra cosa. — Mi senti? Sono Bianca. Ti aspetto.
Non si mosse.
— Ti amo tanto. — Avrei voluto piangere, soltanto piangere, ma il mio corpo di spettro non produceva lacrime. — Per favore, torna da me. Per favore.
Le dita della sua mano destra si allungarono, tese, poi si richiusero sul palmo.
— Lucas, riesci…
— No! — Di colpo Lucas si levò da terra e si allontanò da me, arrancando a quattro zampe. Il suo sguardo era stralunato, confuso dalla sorpresa e dallo sbalordimento. — NO!
Sbatté la schiena contro la parete. Ci guardò senza dare segno di riconoscerci, senza lucidità. Teneva le mani schiacciate contro il muro, le dita puntate come artigli, sembrava che volesse grattarlo. Forse era l’istinto vampiresco di uscire dalla tomba scavando.
— Lucas, va tutto bene. — Aprii le braccia e feci del mio meglio per restare completamente concreta e opaca. Meglio apparire il più familiare possibile. — Siamo qui con te.
— Non ti riconosce ancora — mi avvisò Balthazar. — Guarda, ma non vede.
Ranulf aggiunse: — Desidera soltanto il sangue.
Alla parola sangue, Lucas voltò la testa come un predatore che annusa la scia della preda. Capii che era l’unica parola che aveva senso per lui.
Il ragazzo che amavo era stato ridotto a un animale, a un mostro, al guscio malato, vuoto e assassino che per Lucas, da sempre, era sinonimo di “vampiro”.
Il suo sguardo si fece torvo. Mostrò i denti e con sorpresa vidi per la prima volta le zanne da vampiro. Alteravano i suoi lineamenti tanto da renderlo irriconoscibile, e questo più di ogni altra cosa mi straziò. Si rannicchiò e capii che stava per attaccare. Uno qualsiasi di noi. Qualunque cosa si fosse mossa. Me.
Balthazar scattò per primo. Con un balzo si gettò contro Lucas e l’impatto fu così forte che riempì di crepe il muro dietro di loro e staccò pezzi di intonaco dal soffitto. Lucas sbalzò via Balthazar, ma Ranulf gli fu subito addosso, nel tentativo di chiuderlo in un angolo.
— Smettetela — esclamai. — Così gli fate male!
Balthazar scosse la testa mentre si rialzava. — Per adesso questa è l’unica cosa che capisce, Bianca. La legge del più forte.
Lucas spinse indietro anche Ranulf, con tale violenza che me lo gettò addosso e facendomi caracollare verso il vecchio proiettore. Qualcosa di metallico e affilato mi si infilò nella spalla. Provai dolore, dolore vero, come quello che sentivo quando avevo un corpo reale anziché quella simulazione spettrale. Quando mi toccai la spalla, sentii qualcosa di umido e tiepido sulle dita, le osservai e vidi un liquido argenteo e strano. Non mi ero resa conto di avere ancora del sangue. Luccicava come mercurio, era quasi iridescente alla luce fioca.
Il combattimento a tre che avevo davanti si faceva più violento – il piede di Balthazar nella pancia di Lucas, il pugno di Lucas contro il mento di Ranulf – quando Balthazar vide che ero ferita e gridò: — Bianca, stai lontana! Sanguini!
Che senso aveva? Era impossibile che i vampiri bevessero sangue di spettro, quindi non c’era pericolo che s’innescasse la smania assassina di Lucas. In quel momento sembrava al massimo della frenesia. Certo, era più giovane e inesperto degli avversari, ma la disperazione lo pungolava, lo rendeva più agguerrito. Non era detto che non potesse avere la meglio su Balthazar e Ranulf. Non sopportavo di stare a guardare, ma non pensavo nemmeno di poter reggere l’alternativa. La mia paura crebbe e diventò rabbia.
Basta.
Mi feci avanti, con il sangue sulle dita, e gettando una mano verso di loro gridai: — Fermi!
Le goccioline argentee riempirono l’aria mentre i vampiri arretravano.
Da un lato, Balthazar sussurrò: — Non immischiarti.
Lo ignorai e affrontai Lucas. Aveva indietreggiato fino alla parete e si guardava intorno stralunato, in cerca di una via di fuga o forse di una preda viva. La morte aveva reso i suoi lineamenti più spigolosi, era più bello ma faceva anche paura. L’unico dettaglio immutato erano gli occhi.
Così mi concentrai soltanto su quelli. — Lucas, sono io. Sono Bianca.
Non disse niente, restò a guardarmi senza battere ciglio. Mi accorsi che non respirava. La maggior parte dei vampiri lo faceva soltanto per abitudine, ma sembrava che ormai la morte lo avesse rapito. Non potevo permettere che succedesse.
— Lucas — ripetei. — So che mi senti. Il ragazzo che amo è ancora lì. Torna da me. — Di nuovo desiderai di poter piangere. — La morte non è riuscita a separarmi da te. E non può separarti da me, se non glielo permetti.
Lucas non disse niente, ma la tensione si allentò. Mani e spalle sembravano più rilassate. Era ancora inquieto, quasi fuori di sé, ma si intuiva anche una parvenza di autocontrollo.
Cosa potevo fare? Dovevo dire qualcosa per scuoterlo? Qualcosa che ricordasse…
Quando Lucas aveva scoperto che ero figlia di due vampiri, aveva dov...