I casi di Theodore Boone - 1. L'indagine
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I casi di Theodore Boone - 1. L'indagine

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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I casi di Theodore Boone - 1. L'indagine

Informazioni su questo libro

Un omicidio perfetto. Un testimone senza volto. Qualcuno conosce la verità.. e ha solo 13 anni! Theodore Boone è un tipo con le idee chiare: vuole diventare un avvocato. Per questo fornisce consulenze legali ai suoi compagni di scuola e, quando sospetta che la giustizia stia commettendo un errore, indaga in prima persona. Ma nemmeno nei suoi sogni più ambiziosi avrebbe immaginato di trovarsi coinvolto nel processo del secolo: Peter Duffy, ricco giocatore di golf, sta per essere scagionato per insufficienza di prove dall'accusa di aver ucciso la moglie. Theodore ha in mano un testimone che potrebbe cambiare il corso del processo: ma non può portarlo in tribunale, perché è vincolato a un inviolabile patto di segretezza...

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
Print ISBN
9788804605669
eBook ISBN
9788852018299

CAPITOLO 1

Theodore Boone era figlio unico e per questo, di solito, faceva colazione da solo. Suo padre, un avvocato sempre molto impegnato, aveva l’abitudine di uscire presto e incontrare gli amici per un caffè e qualche chiacchiera al solito bar del centro, ogni mattina alle sette. La madre di Theo, anche lei un’avvocatessa molto impegnata, cercava di perdere cinque chili da almeno dieci anni e per questo si era convinta che la colazione non doveva prevedere altro che caffè e giornale. E così lui mangiava in solitudine cereali freddi e succo d’arancia al tavolo della cucina, con un occhio all’orologio. In casa Boone c’erano orologi dappertutto, un chiaro segno del fatto che era abitata da persone organizzate.
Theo non era completamente solo. Accanto alla sua sedia mangiava anche il suo cane. Giudice era un bastardino la cui età e il cui pedigree sarebbero sempre rimasti un mistero.
Theo lo aveva salvato da morte quasi certa due anni prima, comparendo all’ultimo istante al tribunale per gli animali, e Giudice gliene sarebbe sempre stato grato. Aveva una passione per i Cheerios, come Theo, col latte intero, mai quello scremato, e mangiavano insieme in silenzio tutte le mattine.
Alle otto in punto Theo sciacquò le loro due ciotole nel lavandino, rimise il latte e il succo in frigo, andò nello studio e diede un bacio sulla guancia alla mamma. «Vado a scuola» disse.
«Hai i soldi per il pranzo?» chiese lei. Era la stessa domanda che gli faceva cinque mattine alla settimana.
«Come sempre.»
«E hai finito i compiti?»
«Sono perfetti, mamma.»
«Quando ti rivedo?»
«Passo in ufficio dopo la scuola.» Theo passava in ufficio dopo la scuola tutti i giorni, immancabilmente, ma la signora Boone glielo chiedeva sempre.
«Fa’ il bravo» gli raccomandò. «E ricordati di sorridere.» Theo portava l’apparecchio per i denti da più di due anni e desiderava ardentemente liberarsene. Nel frattempo, però, sua madre gli ricordava continuamente di sorridere per rendere il mondo un posto più felice.
«Ma io sorrido, mamma.»
«Ti voglio bene, Teddy.»
«Anch’io.»
Theo, ancora sorridente nonostante fosse stato chiamato Teddy, si issò lo zaino in spalla, fece un grattino sulla testa a Giudice, salutò e uscì dalla porta della cucina.
Saltò sulla bici, e poco dopo stava schizzando lungo Mallard Lane, una stradina alberata nella parte vecchia della città. Salutò con un cenno della mano il signor Nunnery, che era già al suo posto di vedetta in veranda, pronto a un’altra lunga giornata dedicata a osservare lo scarsissimo traffico del quartiere, e sfrecciò davanti alla signora Goodloe sul marciapiede, senza parlare, perché tanto la donna aveva perso l’udito, nonché buona parte del senno. Le sorrise, ma lei non fece altrettanto. Aveva lasciato i denti a casa.
Era l’inizio della primavera e l’aria era fresca e frizzante. Theo pedalava velocemente, il vento che gli pungeva la faccia. L’appello era alle 8,40 e lui aveva delle faccende importanti da sbrigare prima della scuola. Tagliò per una via secondaria, schizzò giù per un vicolo, dribblò il traffico e attraversò uno stop senza guardare. Quella era la sua zona, il percorso che faceva tutte le mattine. Dopo quattro isolati, le case cedevano il passo a uffici, negozi e magazzini.
Il tribunale di contea era l’edificio più grande del centro di Strattenburg (il secondo era l’ufficio postale, il terzo la biblioteca). Dominava il lato nord di Main Street, a metà strada tra un ponte sul fiume e un parco pieno di gazebo, vaschette per gli uccelli e monumenti a gente morta in qualche guerra.
Theo adorava il tribunale con la sua aria di autorità, le persone che correvano avanti e indietro con le loro importanti commissioni da sbrigare, gli avvisi minacciosi e i calendari delle udienze appesi nelle bacheche. Ma soprattutto Theo adorava le aule. C’erano quelle piccole, dove venivano giudicate le questioni più private, senza le giurie, e poi c’era l’aula principale al secondo piano, dove gli avvocati si davano battaglia come gladiatori e i giudici dettavano legge come sovrani.
Theo aveva tredici anni ed era ancora incerto sul proprio futuro. Un giorno sognava di essere un famoso avvocato che si occupava dei casi più grossi e di fronte a una giuria non perdeva mai. Il giorno seguente sognava di essere un grande giudice, noto per la sua saggezza e il suo senso della giustizia. Altalenava tra queste due ambizioni, cambiando idea ogni giorno.
L’atrio principale era già affollato, quel lunedì mattina, come se gli avvocati e i loro clienti volessero prendersi un po’ di vantaggio sulla settimana. C’era una folla che aspettava davanti all’ascensore, così Theo salì di corsa due rampe di scale e raggiunse l’ala est, dove si tenevano le udienze del tribunale di famiglia. Sua madre era una nota divorzista che rappresentava sempre le mogli. Theo conosceva bene quella zona dell’edificio. Dato che le cause di divorzio venivano decise dai giudici, non c’erano giurie. E dato che la maggior parte dei giudici preferiva non avere troppi spettatori quando si discutevano questioni tanto delicate, l’aula era piccola. Accanto alla porta si accalcavano diversi avvocati che si davano un sacco di arie ed evidentemente erano in disaccordo quasi su tutto. Theo esplorò l’atrio, poi svoltò a un angolo e vide la sua amica.
Era seduta su una delle vecchie panche di legno, sola, piccola, con l’aria fragile e nervosa. Sorrise quando lo vide e si portò una mano alla bocca. Theo le andò incontro in fretta e si sedette accanto a lei, vicinissimo, le ginocchia che si toccavano. Con un’altra ragazza si sarebbe messo ad almeno mezzo metro di distanza e avrebbe evitato qualsiasi contatto. Ma April Finnemore non era una ragazza qualsiasi.
Avevano iniziato ad andare all’asilo insieme a quattro anni ed erano grandi amici da che avevano memoria. Niente di romantico, erano troppo giovani per quello. Theo non conosceva nessuno della sua classe che ammettesse di avere una ragazza. Anzi, era proprio il contrario: non volevano avere niente a che fare con loro. E per le femmine era lo stesso. Theo era stato avvisato che le cose sarebbero cambiate un giorno, e parecchio anche, ma a lui sembrava improbabile.
April era solo un’amica e, al momento, era decisamente un’amica “nel momento del bisogno”. I suoi genitori stavano divorziando, e Theo era contento che sua madre non fosse coinvolta nella causa.
Il divorzio non era stato una sorpresa, per chi conosceva i Finnemore. Il padre di April era un eccentrico antiquario, nonché il batterista di una vecchia rock band che suonava ancora in giro per locali e partiva in tour per intere settimane. Sua madre allevava capre e produceva un formaggio che vendeva in giro per la città su un ex carro funebre dipinto di giallo canarino. Sul sedile del passeggero teneva una vecchia scimmia-ragno coi baffi grigi sempre intenta a mangiucchiare quel formaggio, che non aveva mai avuto un grande successo commerciale. Una volta il signor Boone aveva definito quella famiglia “non tradizionale”, che Theo dentro di sé tradusse con “terribilmente strana”. Entrambi i genitori di April erano stati arrestati per questioni di droga, anche se poi non erano finiti dietro le sbarre.
«Tutto bene?» chiese Theo.
«No» disse lei. «Odio stare qui.»
April aveva un fratello più grande di nome August e una sorella maggiore di nome March, ed erano tutti e due scappati di casa. August se n’era andato il giorno stesso in cui si era diplomato. March aveva mollato la scuola a sedici anni e aveva abbandonato la città, lasciando April a sopportare da sola le torture dei genitori. Theo sapeva queste cose perché April gli raccontava tutto. Doveva farlo: aveva bisogno di qualcuno al di fuori della sua famiglia con cui parlare. E Theo era il suo confidente.
«Non voglio vivere con nessuno dei due» disse lei. Era una cosa terribile da dire dei propri genitori, ma Theo la capiva benissimo. Detestava i genitori di April per il modo in cui la trattavano. Li detestava per il caos delle loro vite, per quanto poco pensavano a April, per la loro crudeltà verso di lei. Theo aveva una lunga lista di cose da rimproverare al signore e alla signora Finnemore. Avrebbe preferito fuggire piuttosto che essere costretto a vivere con loro. Non conosceva nemmeno un ragazzo, in città, che avrebbe messo piede in casa Finnemore.
La causa di divorzio era arrivata al terzo giorno e presto April sarebbe stata chiamata a testimoniare. Il giudice le avrebbe posto la domanda fatale: «April, con quale dei tuoi genitori vuoi andare a vivere?».
E lei non sapeva cosa rispondere.
Ne aveva discusso per ore con Theo e ancora non aveva deciso.
La grande domanda che frullava in testa a Theo era: “Perché tutti e due i genitori di April vogliono la sua custodia?”. Fino ad allora non avevano fatto che trascurarla. Aveva sentito un sacco di storie su questo, ma non ne aveva mai parlato con nessuno.
«Cosa dirai?» chiese.
«Dirò al giudice che voglio vivere a Denver con mia zia Peg.»
«Pensavo che lei avesse detto di no.»
«Infatti.»
«Allora non puoi dirlo.»
«Cosa posso dire, Theo?»
«Mia madre direbbe che dovresti scegliere tua madre. Lo so che lei non è la tua prima scelta, ma tu non ce l’hai, una prima scelta.»
«Ma sarà il giudice a decidere, giusto?»
«Giusto. Se tu avessi quattordici anni la tua decisione sarebbe vincolante. Ma a tredici il giudice si limiterà a prendere in considerazione i tuoi desideri, le tue aspirazioni. Secondo mia madre, questo giudice non dà quasi mai la custodia al padre. Vai sul sicuro, scegli tua madre.»
April portava i jeans, un paio di scarponi da trekking e una felpa blu. Si vestiva raramente da ragazza, ma questo non metteva in dubbio il fatto che lo fosse. Si asciugò una lacrima dalla guancia, riuscendo però a mantenere un contegno. «Grazie, Theo» disse.
«Vorrei poter restare qui.»
«E io vorrei poter andare a scuola.»
Fecero tutti e due una risata forzata. «Ti penserò. Tieni duro.»
«Grazie, Theo.»
Il magistrato preferito di Theo era il giudice Henry Gantry. Theo entrò nell’atrio del suo ufficio alle otto e venti.
«Buongiorno, Theo» disse la signora Hardy, intenta a mescolare il suo caffè mentre si preparava a iniziare il lavoro.
«Buongiorno, signora Hardy» disse lui con un sorriso.
«A cosa dobbiamo questo onore?» chiese lei. La signora Hardy non aveva ancora l’età di sua madre, pensò Theo, ed era anche molto carina. Fra le segretarie del tribunale, lei era la sua preferita. Il suo cancelliere preferito invece era Jenny, del tribunale di famiglia.
«Devo vedere il giudice Gantry» rispose lui. «C’è?»
«Be’, sì, ma è molto impegnato.»
«Per favore. Ci vorrà solo un minuto.»
Lei sorseggiò il caffè e poi chiese: «Ha qualcosa a che fare con il grande processo di domani?».
«Sì, signora. Vorrei che la mia classe di educazione civica assistesse al primo giorno del processo, ma vorrei essere sicuro che ci siano abbastanza posti a sedere.»
«Oh, non lo so proprio, Theo» disse la signora Hardy aggrottando le sopracciglia e scuotendo il capo. «Ci aspettiamo un sacco di gente. Ci saranno pochi posti liberi.»
«Posso parlare con il giudice?»
«Quanti siete nella tua classe?»
«Sedici. Pensavo che potremmo sederci in galleria.»
La signora Hardy era ancora accigliata quando sollevò il telefono e premette un tasto. Attese un secondo e poi disse: «Sì, Vostro Onore, c’è qui Theodore Boone che vorrebbe vederla. Gli ho già detto che lei è molto impegnato». Ascoltò ancora un po’ e poi mise giù il ricevitore. «Sbrigati» disse indica...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. I casi di Theodore Boone - L’indagine
  4. CAPITOLO 1
  5. CAPITOLO 2
  6. CAPITOLO 3
  7. CAPITOLO 4
  8. CAPITOLO 5
  9. CAPITOLO 6
  10. CAPITOLO 7
  11. CAPITOLO 8
  12. CAPITOLO 9
  13. CAPITOLO 10
  14. CAPITOLO 11
  15. CAPITOLO 12
  16. CAPITOLO 13
  17. CAPITOLO 14
  18. CAPITOLO 15
  19. CAPITOLO 16
  20. CAPITOLO 17
  21. CAPITOLO 18
  22. CAPITOLO 19
  23. CAPITOLO 20
  24. CAPITOLO 21
  25. CAPITOLO 22
  26. Copyright