Shadowhunters - 3. Città di vetro
eBook - ePub

Shadowhunters - 3. Città di vetro

  1. 576 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Shadowhunters - 3. Città di vetro

Informazioni su questo libro

Clary era convinta di essere una ragazza come mille altre, e invece non solo è una Shadowhunter, una Cacciatrice di demoni, ma ha l'eccezionale potere di creare rune magiche.
Per salvare la vita di sua madre, ridotta in fin di vita dalla magia nera di suo padre Valentine, Clary si trova costretta ad attraversare il portale magico che la porterà nella Città di Vetro, luogo d'origine ancestrale degli Shadowhunters, in cui entrare senza permesso è proibito.
Come se non bastasse, scopre che Jace, suo fratello, non la vuole laggiù, e Simon, il suo migliore amico, è stato arrestato dal Conclave, che non si fida di un vampiro capace di sopportare la luce del sole. Con Valentine che chiama a raccolta tutti i suoi poteri per distruggerli, l'unica possibilità degli Shadowhunters è stringere un patto con i nemici di sempre: i Figli della Notte, i Nascosti e il Popolo Fatato.
E mentre Jace si rende conto poco a poco di quanto sia disposto a rischiare per Clary, lei deve imparare a controllare al più presto i suoi nuovi poteri. L'amore è un peccato mortale... forse, e i segreti del passato rischiano di essere fatali.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
Print ISBN
9788804593072
eBook ISBN
9788852018787
Parte prima

LE SCINTILLE VOLANO IN ALTO

… è l’uomo che genera pene,
come le scintille volano in alto.
Giobbe 5,7
1

Il Portale

L’ondata di freddo della settimana precedente era passata e il sole brillava allegramente mentre Clary attraversava in fretta il giardino polveroso davanti alla casa di Luke, col cappuccio del giubbotto tirato su per impedire al vento di soffiarle i capelli in faccia. Faceva caldo, ma il vento che veniva dall’East River sapeva essere ancora feroce: portava con sé un lieve odore chimico, mescolato a quello di Brooklyn di asfalto e benzina e a un sentore di zucchero bruciato che veniva da una fabbrica abbandonata, in fondo alla via.
Simon l’aspettava nel portico, buttato su una poltrona sfondata. Aveva il Nintendo DS in bilico sulle ginocchia fasciate dai jeans e con grande impegno lo stava tempestando di colpetti di stilo. «Punto!» esclamò quando Clary salì i gradini. «Sto distruggendo Mario Kart.»
Clary si abbassò il cappuccio, scrollò indietro i capelli e si frugò in tasca per cercare le chiavi. «Dov’eri finito? È tutta la mattina che ti chiamo.»
Simon si alzò infilando il Nintendo nella borsa a tracolla. «Ero da Eric, per le prove con la band.»
Clary smise di armeggiare con la chiave nella toppa (si inceppava sempre) per lanciargli un’occhiata di traverso. «Le prove con la band? Vuoi dire che sei ancora…»
«Nella band? Perché non dovrei?» Si avvicinò. «Da’ qua, faccio io.»
Clary non si mosse, mentre Simon girava la chiave con quel tanto di pressione che serviva a far scattare la vecchia serratura cocciuta. Le mani di Simon sfiorarono le sue: erano fresche, la pelle aveva la temperatura dell’aria. Clary rabbrividì appena. Avevano chiuso il loro tentativo di relazione romantica solo da una settimana, e lei si sentiva ancora confusa, quando lo vedeva.
«Grazie.» Riprese le chiavi senza guardarlo.
Nel salotto faceva caldo. Clary appese il giubbotto a un gancio nell’ingresso e si diresse verso la camera dove dormiva, seguita da Simon. Aggrottò la fronte: la sua valigia era aperta sul letto come una conchiglia marina e c’erano vestiti e album da disegno sparsi ovunque.
«Ma non devi restare a Idris solo un paio di giorni?» le chiese Simon, contemplando il disastro con un’aria di lieve sgomento.
«Infatti, ma non riesco a decidere che cosa mettere in valigia. Gonne e veri vestiti praticamente non ne ho. E se non potrò mettermi i pantaloni?»
«Perché mai? È un altro paese, non un altro secolo.»
«Ma gli Shadowhunter sono così all’antica. E Isabelle mette sempre dei vestiti…» Clary s’interruppe e sospirò. «Lascia stare. Sto solo proiettando sul mio guardaroba tutta l’ansia che ho per mia mamma. Parliamo d’altro. Come sono andate le prove? L’avete trovato, il nome della band?»
«Le prove, bene.» Simon si sedette sulla scrivania con le gambe penzoloni. «Stiamo pensando a un nuovo motto. Qualcosa di ironico tipo “Ve le abbiamo suonate e ve le suoneremo ancora”.»
«Hai detto a Eric e agli altri della band che…»
«Che sono un vampiro? No. Non è il genere di cose che si butta lì in una chiacchierata.»
«Forse no, ma loro sono tuoi amici. Dovrebbero saperlo. E poi, penseranno solo che ti faccia più divo del rock, come quel vampiro Lester.»
«Lestat» la corresse Simon. «Si chiama Vampire Lestat. Ma lui è finto. Comunque, non mi pare di averti vista correre da tutti i tuoi amici a dire che sei una Shadowhunter.»
«Quali amici? Sei tu il mio unico amico.» Si buttò sul letto e guardò Simon. «E a te l’ho detto, no?»
«Perché non avevi scelta.» Simon la osservò piegando di lato la testa; la luce sul comodino creava sui suoi occhi riflessi argentati. «Mi mancherai, quando sarai via.»
«Anche tu» disse Clary. In realtà era tutta un formicolio di tensione e di aspettativa, e le era difficile concentrarsi. Sto per andare a Idris! cantava la sua mente. Vedrò la patria degli Shadowhunter, la Città di Vetro. Salverò mia madre.
E sarò con Jace.
Gli occhi di Simon ebbero un guizzo, come se avesse sentito i suoi pensieri, ma il suo tono di voce rimase dolce. «Spiegami di nuovo perché proprio tu devi andare a Idris. Perché non se ne possono occupare Madeleine e Luke?»
«L’incantesimo che ha ridotto mia madre in quelle condizioni è stato fatto da uno stregone, di nome Ragnor Fell. Madeleine dice che dobbiamo ritrovarlo per farci dire come invertire l’incantesimo. Ma Ragnor Fell non ha mai visto Madeleine. Però conosceva mia madre e, secondo Madeleine, si fiderà di me perché le assomiglio molto. E Luke non mi può accompagnare: potrebbe venire a Idris, ma a quanto pare non può entrare ad Alicante senza il permesso del Conclave, che non glielo concederebbe. Non dirgli niente, per favore, non è affatto contento di farmi andare senza di lui. Se non conoscesse Madeleine dubito che mi lascerebbe partire.»
«Ma ci saranno anche i Lightwood. E Jace. Ti aiuteranno loro. Jace ha detto che ti avrebbe aiutata, no? Insomma, non gli dispiace che tu vada con loro, giusto?»
«Certo che mi aiuterà» rispose Clary. «E non gli dispiace per niente. Per lui non c’è problema.»
Ma questa, Clary lo sapeva bene, era una bugia.
Clary era andata dritta all’Istituto, dopo aver parlato con Madeleine all’ospedale. Jace era stato il primo al quale aveva rivelato il segreto di sua madre, prima ancora che a Luke. Lui l’aveva ascoltata, immobile, guardandola fisso e facendosi sempre più pallido: sembrava che Clary non gli stesse dicendo come si poteva fare per salvare sua madre, ma gli stesse prosciugando il sangue dalle vene con sadica lentezza.
«Tu non vai da nessuna parte» le disse alla fine. «A costo di legarti e restare seduto sopra di te finché non ti sarà uscito questo grillo dalla testa, tu non andrai a Idris.»
Fu come uno schiaffo. Clary pensava che Jace sarebbe stato contento. Aveva fatto tutta la strada dall’ospedale all’Istituto di corsa, per dirglielo, e invece eccolo lì, in piedi sulla soglia, a fissarla cupo con un’aria da funerale. «Voi però ci andate» aveva replicato lei.
«Sì, noi ci andiamo. Ci dobbiamo andare. Il Conclave ha richiamato a Idris tutti i suoi membri attivi per tenere un Consiglio generale e decidere cosa fare con Valentine. E dato che noi siamo gli ultimi ad averlo visto…»
Clary liquidò il discorso con un gesto della mano. «Quindi, se andate voi, perché non posso venirci anch’io?»
Quella domanda così diretta sembrò irritarlo ancora di più. «Perché là non saresti al sicuro.»
«Ah, qui invece sono al sicuro, vero? Ho rischiato di morire almeno una decina di volte, nell’ultimo mese, e sempre qui, a New York.»
«È perché Valentine si stava concentrando sui due Strumenti Mortali che erano qui.» Jace parlava a denti stretti. «Ora sposterà la sua attenzione su Idris, lo sappiamo tutti…»
«Non ne siamo sicuri per niente» intervenne Maryse Lightwood.
Era rimasta nell’ombra del corridoio, dietro la porta, non vista da nessuno dei due. Fece un passo avanti, entrando nella luce dell’ingresso. La luce illuminò le rughe di stanchezza che le segnavano il viso.
Suo marito Robert era stato contaminato dal veleno di un demone, nella battaglia della settimana prima, e da allora aveva avuto bisogno di assistenza continua.
Clary poteva solo immaginare quanto Maryse potesse essere stanca.
«E il Conclave vuole incontrare Clarissa. Lo sai anche tu, Jace.»
«Il Conclave può andare a farsi fottere.»
«Jace!» lo rimproverò Maryse in tono molto genitoriale, tanto per cambiare. «Modera il linguaggio.»
«Il Conclave vuole un sacco di cose» si corresse Jace. «Non può averle tutte.»
Maryse gli lanciò un’occhiata, come se sapesse esattamente di cosa stava parlando Jace e non apprezzasse affatto. «Il Conclave ha spesso ragione, Jace. È abbastanza normale che vogliano parlare con Clary, dopo quello che ha passato. Quello che lei potrebbe dire…»
«Gli dirò io tutto quello che vorranno sapere» la interruppe Jace.
Maryse sospirò e volse i suoi occhi azzurri a Clary. «Dunque tu vuoi venire a Idris, mi pare di capire.»
«Solo per un paio di giorni. Non vi creerò problemi» promise Clary con aria supplichevole, ignorando lo sguardo incandescente di Jace. «Giuro.»
«Il punto non è se ci creerai problemi o no; il punto è se vorrai incontrare il Conclave. Loro vogliono parlare con te, ma se tu rifiuterai, dubito che avremo l’autorizzazione a portarti con noi.»
«Non…» iniziò Jace.
«Incontrerò il Conclave» accettò Clary, anche se la sola idea le fece correre un brivido freddo lungo la schiena. Finora, l’unico emissario del Conclave che aveva conosciuto era stata l’Inquisitrice, e non poteva certo dire che fosse stata una piacevole compagnia.
Maryse si sfregò le tempie con la punta delle dita. «Allora siamo a posto.» Lei, però, non sembrava per niente a posto: la sua voce era fragile e tesa come una corda di violino. «Jace, accompagna fuori Clary e poi vieni da me in biblioteca. Devo parlarti.»
La donna sparì nell’ombra da cui era apparsa, senza nemmeno una parola di saluto. Clary la guardò allontanarsi, con l’impressione di aver preso una secchiata d’acqua gelida in faccia. Alec e Isabelle erano sinceramente affezionati alla madre, e Clary sapeva che non era una cattiva persona, ma non si poteva certo dire che fosse una donna affettuosa.
La bocca di Jace era una linea dura. «Ma tu guarda cos’hai combinato.»
«Io devo andare a Idris, anche se tu non riesci a capire perché» replicò Clary. «Devo farlo per mia madre.»
«Maryse ha grande fiducia nel Conclave» commentò Jace. «Lei li crede perfetti, e io non posso dirle che non è vero, perché…» Si interruppe di colpo.
«Perché è una cosa che direbbe Valentine.»
Si aspettava un’esplosione di rabbia, invece Jace disse solo: «Nessuno è perfetto». Pigiò con l’indice il pulsante dell’ascensore. «Nemmeno il Conclave.»
Clary incrociò le braccia al petto. «Allora è questo il vero motivo per cui non vuoi che venga con voi? Perché non sarei al sicuro?»
Un guizzo di sorpresa balenò sul viso di Jace. «In che senso? Quale altro motivo dovrei avere?»
Clary mandò giù un nodo in gola. «Per esempio…» Per esempio, perché mi hai detto che non provi più niente per me e, sai, è una cosa molto imbarazzante, perché io invece provo ancora qualcosa per te. E scommetto che lo sai.
«Per esempio perché non voglio che la mia sorellina mi segua dappertutto?» C’era una nota tagliente nella sua voce, mezza di scherno, mezza di qualcos’altro.
L’ascensore arrivò sferragliando. Clary spinse il cancelletto ed entrò, voltandosi a guardare Jace. «Io non voglio andare a Idris perché ci sei tu. Voglio andarci per aiutare mia madre. Nostra madre. Io devo aiutarla, capisci? Se non lo faccio, potrebbe non svegliarsi mai più. Potresti almeno fare finta che ti importi qualcosa.»
Jace le mise le mani sulle spalle. Le punte delle dita le sfiorarono la pelle nuda vicino al colletto, provocandole inutili e irrefrenabili brividi in tutto il corpo. Jace aveva delle ombre scure sotto gli occhi, notò Clary senza volerlo, e le guance scavate. La maglia nera che indossava metteva in risalto le sue ciglia scure e la pelle chiara segnata dai lividi. Era uno studio sui contrasti, un soggetto da dipingere in bianco, nero e grigio, con qualche spruzzo d’oro qua e là, per gli occhi, ad esempio, per una traccia di…
«Lascialo fare a me.» La voce di Jace era morbida, incalzante. «Posso aiutarla io, al posto tuo. Dimmi dove devo andare e a chi chiedere. Farò io quello che ti serve.»
«Madeleine ha detto allo stregone che ci andrò io. Lui si aspetta la figlia di Jocelyn, non suo figlio.»
Le mani di Jace si strinsero sulle sue spalle. «Allora dille che c’è stato un cambio di programma. Che ci vado io, non tu. Non tu
«Jace…»
«Farò qualsiasi cosa» insistette Jace. «Qualsiasi cosa vorrai, se mi prometti di restare qui.»
«Non posso.»
Jace la lasciò andare, come se Clary lo avesse spinto via. «E perché non puoi?»
«Perché» rispose Clary «è mia madre, Jace.»
«È anche la mia.» La sua voce era fredda. «Perché Madeleine non ci ha contattati tutt’e due? Perché sol...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Premessa
  4. Città di Vetro
  5. Parte prima. LE SCINTILLE VOLANO IN ALTO
  6. Parte seconda. LE STELLE RIFULGONO SINISTRE
  7. Parte terza. LA STRADA PER IL PARADISO
  8. Epilogo. NEL CIELO, TRA LE STELLE
  9. CONTENUTI EXTRA
  10. Copyright