La mafia fa schifo
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La mafia fa schifo

Lettere di ragazzi da un Paese che non si rassegna

  1. 144 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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La mafia fa schifo

Lettere di ragazzi da un Paese che non si rassegna

Informazioni su questo libro

Lo conoscono, loro, quel male. Lo conoscono da dentro. E adesso di mafia, di camorra, di 'ndrangheta vogliono parlare, o meglio vogliono scrivere. Sono gli studenti e i ragazzi che alzano la mano, in classe come in famiglia. Sono giovani, ma hanno le idee chiare e si pongono delle domande. Si chiedono perché i mafiosi opprimono le persone che lavorano onestamente e come riescono a dormire tranquilli, sapendo di fare del male a tanta gente. Come hanno potuto le mafie diventare così potenti, al Sud e al Nord, tanto che oggi pochi sembrano in grado di fare a meno dei loro soldi e dei loro voti. Se c'è un pezzo di Stato dietro le morti di Falcone e Borsellino, o perché la Chiesa non insiste su questi temi con la stessa veemenza con cui si scaglia contro il divorzio e l'aborto. Il magistrato Nicola Gratteri e il giornalista Antonio Nicaso, da sempre impegnati nella lotta alla mafia, hanno raccolto le lettere di questi ragazzi e adolescenti - talvolta ingenue, più spesso impressionanti nella loro lucidità - dalle quali emergono paura, rabbia, desiderio di rivalsa e ribellione contro l'illegalità, e solo raramente sconforto e rassegnazione. C'è chi è stato personalmente colpito dalla malavita e chi è rimasto sconvolto dalle terribili storie raccontate dai giornali e dalla televisione; chi percepisce lo scarto generazionale con genitori e adulti, cresciuti in una cultura del pregiudizio nei confronti del Meridione oppure immersi in un'atmosfera di indifferenza o omertà; e chi approfitta dell'opportunità fornita dagli insegnanti per affidare al foglio bianco piccole e grandi confessioni, dove il dolore e la paura sono quasi sempre sopraffatti dal coraggio e dalla speranza. Per tutti loro la mafia non è più un tabù da rispettare in silenzio per quieto vivere o vigliaccheria, ma "un letto pulcioso" che infesta il Paese, un "tanfo di stalla " che ammorba l'aria e che "si arrimina nella pancia come un animale inferocito". Che uccide sogni e speranze, non crea benessere, ruba e distrugge, offrendo forme di lavoro che sono in realtà ricatti pagati al prezzo della libertà e della dignità. E comunque, questo "castello di menzogne, morti e stragi" - pen pensano molti di loro - è destinato a crollare, per la semplice ma non banale ragione che "la mafia fa schifo". È un segnale confortante quello lanciato da questi ragazzi con la loro scelta di non tacere, perché, come diceva Paolo Borsellino, "se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo".

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
Print ISBN
9788804613664

«La mafia è un virus»

Per don Luigi Ciotti, straordinario interprete dell’antimafia sociale, «i giovani sono la speranza, il carburante di ogni battaglia», ma questo non esonera gli adulti dalle tante responsabilità di questi decenni. Per troppo tempo si è fatto finta di non vedere.
Senza le tanti morti eccellenti non ci sarebbero state le leggi che oggi utilizziamo per combattere la mafia e la sua ricchezza; ma servono buone leggi e buone pratiche. Serve l’impegno costante delle istituzioni e il protagonismo dei cittadini, perché le mafie si possono combattere anche con piccole azioni quotidiane. E tutti, nessuno escluso, è chiamato a dare il proprio contributo nella difesa della legalità. Ci sono diritti e doveri da rispettare, regole condivise che aiutano a superare egoismi e irresponsabilità.
Di mafia si parla da almeno 150 anni, ma certamente non è stata combattuta con continuità ed efficacia. È mancata la volontà politica, così come pure sembra essere mancata per tanto tempo la consapevolezza di quanto essa fosse pericolosa. Un errore di valutazione che è costato tanto. Troppo.
Oggi le cose sono cambiate: nessuno pensa più che i mafiosi siano «uomini d’onore» e che i loro affari possano dare «buoni frutti». Ma ancora non basta.
Anche la circolare del ministro della Pubblica istruzione sull’educazione alla legalità, dell’ottobre 1993, è arrivata solo dopo le stragi di Palermo (Capaci e via D’Amelio), di Firenze (via dei Georgofili) e di Milano (via Palestro), nell’ottica dell’emergenza.
Agli arresti, agli accertamenti patrimoniali e personali, ai sequestri e alle confische dei beni illegalmente conseguiti deve corrispondere una strategia preventiva che coinvolga scuole e famiglie, istituzioni e società. E non solo poliziotti e magistrati.
La nostra Costituzione resta la guida più sicura, quella che ci indica la strada della cittadinanza responsabile e che ci può accompagnare in quella lotta che, sempre più, va assumendo i caratteri di una battaglia per la liberazione dai soprusi, dalle violenze, dal malaffare. La scuola può giocare un ruolo fondamentale in questa difficile sfida alle mafie perché offre alle nuove generazioni la possibilità di conoscere per capire, e di capire per scegliere. Scegliere da che parte stare.
Parlare al giorno d’oggi di mafia con la solita definizione «organizzazione criminale fondata sull’omertà dei cittadini» è troppo scontato. Per me la mafia è ormai un atteggiamento, un modo di pensare, qualcosa che va oltre i giri di soldi, di droga e di appalti. La mafia è un «essere deboli», un cercare il modo più semplice per vivere la propria vita sulle spalle degli altri, un qualcosa che ti fa pensare di essere il più furbo fra tutti. Ecco, la mafia è un come un virus, è una malattia per la quale esistono poche cure, spesso letale, che attacca principalmente la testa e acceca la ragione. E quel che fa ancora più paura è che è un virus contagioso, perché anche chi non fa nulla per cercare di cambiare, chi sa e sta zitto, chi si piega e si fa sottomettere, diventa un mafioso in quanto contribuisce a fare evolvere questo virus.
Personalmente non ho mai avuto incontri diretti con un «mafioso». E questa però è solo una mia illusione, io ci vivo in mezzo ai mafiosi, sono cittadino passivo della loro città parallela alla nostra. Palermo è ancora piena di mafiosi, diciamoci la verità. Sono poche le persone che cercano di distinguersi dalla massa, che cercano una cura a questo virus. Ma c’è una cosa ancora più spaventosa. Chi cerca nella propria vita di porsi come scopo quello di smuovere un po’ le coscienze di persone o viene ignorato oppure viene esaltato a tal punto che il personaggio stesso in questione si dimentica lo scopo prefissato in precedenza.
Ritornando al discorso di prima io non vedo il mafioso come una persona diversa da noi, il mafioso è come noi, si veste come noi, ha una famiglia, fa la spesa, mangia e dorme. Il mafioso vive con noi e identificarlo è difficile. Spesso anche noi diventiamo mafiosi.
Per sconfiggere le mafie e trovare una cura a questo virus per me non significa manifestare, distribuire volantini, fare cortei ecc. Per sconfiggere le mafie bisogna vaccinare un individuo già in tenera età. Bisogna sin da subito rendere la mente forte e stimolare la sensibilità di una giovane persona, sempre. Non è facile, si sa. Però se si facesse almeno in parte questo tipo di lavoro (e bene) qualcosa potrebbe muoversi. Cambiare le coscienze e la mentalità, cambiare atteggiamento, vedere la mafia come qualcosa che minaccia la libertà più profonda di ogni singola persona.
A rendere ancora più difficile le cose contribuisce il fatto che la mafia è ovunque. Però io sono ottimista. nel mio piccolo giuro solennemente di insediare nella mentalità di una persona quell’istinto ribelle mirato a difendersi e a difendere la propria libertà. Io ci credo.
MARCO, 17 anni
Per mia fortuna non ho mai avuto contatto diretto con esponenti della mafia, né mai subito torti di alcun tipo. Al contempo, da buon siciliano conosco e vivo la mafia. A mio parere la mafia non è solo chiedere il pizzo, ma è un qualcosa di più complesso, qualcosa di cui la società siciliana è ormai intrisa, e il problema è che non ne è consapevole.
L’uomo siciliano si ostina a subordinare la donna e cresce secondo un prototipo e secondo determinati valori, che si illude faranno di lui un «uomo».
I siciliani sono sempre pronti ad additare la gente per criticarla e puntualizzarne gli errori. Sono sempre, o quasi, ostili ai cambiamenti: ancora oggi i gay, per esempio, sono malvisti o addirittura considerati malati.
L’uomo siciliano è orgoglioso, incapace di ammettere i propri errori. Per esempio, a scuola c’è stato un periodo di occupazione, e gli occupanti, dopo che gli altri studenti hanno iniziato a lamentarsi poiché volevano tornare a studiare, li hanno minacciati dicendo loro che non dovevano permettersi di entrare se no…
Questa è o non è mafia?
La mafia non è solo chiedere il pizzo, ma anche comportarsi come i mafiosi, nutrirsi della stessa mentalità e della stessa cultura. Una cultura che purtroppo in Sicilia impera.
Ovviamente di tutta l’erba non si può fare un unico fascio, ma è questo ciò che ho notato, dopo un’accurata analisi.
P.S. Anch’io sono siciliano.
MATTEO, 15 anni
La camorra per me è una cosa sbagliata perché si fa una brutta vita, si spaccia droga, si fanno omicidi. A Secondigliano ci sono delle persone, alcune brave e alcune non buone, la maggior parte delle persone si sono unite alla camorra perché il Sistema ti offre macchine, case e tanti soldi. Tutte le persone, una volta entrate nelle bande, non possono più uscire perché possono svelare tutto. Infatti a un mio amico è successo che se ne voleva uscire dal giro ma l’hanno preso e l’hanno ammazzato di botte, è andato anche all’ospedale. Dopo uscito dall’ospedale è stato costretto a ritornare perché lo avevano minacciato di morte. Ecco perché non sai se ti succede qualcosa a te e devi stare attento ai tuoi famigliari.
La camorra è brutta. Quando si entra si fanno rapine in banca, si vende droga e si conoscono tutti i segreti, i piani del clan. Da piccolino dici che la camorra è bella perché ti danno un sacco di cose e poi nel futuro te ne penti. Io non ci voglio mai entrare nella camorra perché già lo so che mi faccio una vita infelice, e poi i miei figli che penseranno di me? Invece, io vado a lavorare e nel futuro ai miei figli gli darò anche un buon esempio. Io penso che tutte quelle persone che non sono entrate in camorra sono state persone giuste e hanno dato un buon esempio ai loro figli. Purtroppo, nella camorra si entra per necessità, per mancanza di lavoro onesto. Ci sono persone che sono state costrette perché avevano una famiglia da portare avanti. Quindi la colpa è anche dello Stato perché non garantisce lavoro. Ci sono ragazzi di 14-15 anni che vanno a lavorare con la camorra per guadagnarsi 100 o 200 euro a settimana, invece di stare a scuola. Quindi la colpa è anche della scuola e degli assistenti sociali che non li prende e li manda a scuola o in una casa famiglia.
Io spero che da grande i figli delle persone malfamate o dei camorristi non prenderanno esempio da loro e si metteranno a lavorare onestamente e andranno a scuola.
PINO, 16 anni
Vivo in un quartiere tranquillo dove non si sente parlare di delinquenza e di camorra. I ragazzi, che sono facili prede della camorra, non sono per strada ma hanno la fortuna di essere seguiti come me dalla famiglia.
Conosco dell’esistenza della camorra perché leggo il giornale e guardo la TV. Sento di ragazzi che lavorano per la camorra, per guadagnare dei soldi con facilità vendendo la droga fuori dalle scuole o nelle discoteche.
Fanno scippi e rapine e vanno a chiedere soldi ai negozi, le cosiddette tangenti.
Alcune volte sento alla TV di negozi bruciati o proprietari feriti e poi dopo qualche giorno c’è la denuncia di questi altri nei confronti di coloro che li importunano, chiedendo soldi in cambio della possibilità di essere lasciati a continuare la propria attività.
Spero che tutti diventino coraggiosi e denuncino coloro che li ricattano. Solo così possiamo migliorare il nostro quartiere, la nostra città, la nostra nazione, la nostra vita.
Sento spesso parlare di mafie, ma non le ho mai avvertite come problema. Piuttosto io, la mia famiglia e tutti gli abitanti del mio quartiere subiamo continuamente la presenza di un gruppo di posteggiatori abusivi. Ogni volta che qualcuno cerca di parcheggiare l’auto accanto a un qualsiasi marciapiede, arrivano questi individui e con la scusa di darti indicazioni per meglio parcheggiare, poi pretendono dei soldi, almeno due euro. Se gli dai di meno ti dicono che hanno famiglia e che anche loro devono campare. I vigili passano sempre dal nostro quartiere e non sono mai intervenuti, nonostante la protesta di qualche persona che si è lamentata. I vigili fanno finta di non vedere, i parcheggiatori se ne approfittano e noi subiamo. Non so se questo sia un aspetto della mentalità camorrista, ma l’idea che si permetta a degli sfaccendati di vivere sulle spalle della gente, facendo un lavoro disonesto, mi sembra assurdo. Perché i vigili fanno finta di non vedere? Perché bisogna legittimare la presenza di questi individui che in caso di mancato pagamento si permettono anche di danneggiarti l’auto, di romperti un finestrino, di rigarti con un coltellino la facciata dell’auto. Sono gli stessi individui che ti forzano a usare i garage al coperto, che ti danneggiano l’auto per convincerti che il parcheggio all’aperto sia rischioso. Mi chiedo, ma non trovo risposte. Sono legati alla camorra queste persone o fanno ciò che fanno perché la gente ha paura e per il quieto vivere non reagisce? Il sindaco dovrebbe fare qualcosa, piuttosto che promettere condizioni migliori, servizi, appalti. Bisognerebbe partire da queste piccole cose per ridare fiducia ai cittadini. Ma la logica del tengo famiglia prevale sempre. I vigili tengono famiglia e non fanno niente, il sindaco tiene famiglia e non fa niente. E noi subiamo, in silenzio, come tante civette di giorno.
FABIOLA, 17 anni
Palermo è diventata la città dei pub. Nascono come i funghi. I giovani vanno a bere, soprattutto il fine settimana. I giovani si ubriacano, perché bere alcol fa sentire tutti più grandi, più importanti. In questi pub, vedi spesso gente vestita bene, molto elegante, con indumenti di marca. A volte chiudono, poi riaprono e le stesse persone li vedi prima davanti a un locale e poi davanti a un altro.
La droga si sta diffondendo assieme all’alcol, sono sempre più i giovani che si drogano. Un mio compagno di scuola ha cominciato con la marijuana, poi è passato alla cocaina. A una festa, un giovane gli ha detto che con la cocaina sarebbe diventato più forte, più prestante sessualmente. Non era vero, è diventato più debole, una larva umana che non riesce a vivere senza quelle porcherie.
Mi chiedo come facciano i mafiosi a vendere droga. È possibile che siano tanto cinici solo per fare soldi? E se anche i loro figli cadessero in questo terribile baratro? Non si sentirebbero male, non avrebbero sensi di colpa? Ma forse sono peggio delle bestie feroci, non hanno cuore, pensano solo ai picciuli [soldi]. Ma non se li godono, perché per evitare di perderli fanno finta di essere normali, vivono in case modeste. Dicono che sono intelligenti, ma a me sembrano stupidi. Non si godono la vita, sono stressati e sono malvagi. In una parola: mi fanno pena.
In Italia ci sono tante mafie. C’è la mafia siciliana, conosciuta anche come Cosa Nostra, la ’ndrangheta, la camorra, la Sacra Corona Unita e la mafia dei basilischi. Non penso che ci sia un altro Paese al mondo con tante organizzazioni criminali. Già questo dovrebbe fare allarmare la classe politica e invece tutte le volte che si parla di mafia in relazione alla politica, i politici si chiudono a riccio e si difendono, dicendo che c’è una strategia per denigrare il territorio. Il turismo vale più del tenore di vita delle persone.
Queste mafie sono come un animale che si arrimina [agita] nella pancia. Ti fanno stare male, anche quando non ti danneggiano personalmente. Forse molta gente tende a disinteressarsi di questo problema, proprio perché non ne subisce le conseguenze, in modo diretto, come succede a tanti commercianti e imprenditori che pagano il pizzo.
Le mafie quasi tutte trafficano in droga. Anzi la droga per loro è come la benzina per un’automobile. Molti sono tossicodipendenti, anche alcuni miei amici che hanno cominciato a drogarsi e ora non riescono a venirne fuori.
La cosa però che mi fa stare più male è il coinvolgimento delle mafie nel riciclaggio di rifiuti tossici. Le industrie del Nord, invece di smaltire correttamente i loro rifiuti, si servono dei mafiosi, i quali per soldi nascondono questi veleni nei territori dove vivono. Mi è piaciuta molto una frase letta in un libro che spiegava la mafia ai ragazzi. I cani non sporcano la cuccia dove dormono, i mafiosi sì. E non si rendono conto che gettando rifiuti tossici in mare o in cave abbandonate, si creano danni all’ecosistema, si inquina la natura. È possibile che non si rendano conto che gettando a mare le carrette che trasportano rifiuti tossici si avvelenano i pesci che poi finiscono sulle nostre tavole, comprese quelle degli stessi mafiosi. Pensavo fossero più intelligenti, invece scopro sempre di più che sono degli imbecilli. Che tristezza! E ancora più triste è sapere che questi mafiosi riescono a sopravvivere perché c’è gente che li rispetta, ci sono politici che li riveriscono, ci sono rappresentanti delle istituzioni che dovrebbero combatterli e invece chiudono entrambi gli occhi.
RICCARDO, 18 anni
In Piemonte nessuno mai immaginava che la ’ndrangheta potesse essere così forte. Molti consideravano questa regione un’isola felice, diversa dalla Calabria e da tante altre regioni dove le mafie ormai imperversano.
Da noi si parla molto della Val Susa, una valle bellissima che tra venti anni o forse più dovrebbe essere attraversata da due strade nazionali, un’autostrada e una ferrovia. Molti sostengono che per completare queste opere pubbliche bisognerà scavare montagne che contengono amianto e altri materiali gravemente nocivi. Si dice che queste linee di collegamento non sono necessarie e che sono solo il frutto di egoismi politici. Non so se sia vero, a scuola ne abbiamo parlato, ma senza arrivare a nessuna conclusione. C’è chi sostiene che il progresso produce sempre benessere, c’è invece chi sostiene che la natura andrebbe rispettata e che certe zone andrebbero preservate. Mi ha colpita molto un’espressione trovata nel libro La malapianta nel quale i politici sono paragonati allo scoglio che come si sa viene bagnato dall’acqua e asciugato dal sole. Una recente inchiesta ha portato all’arresto di centinaia di ’ndranghetisti, alcuni dei quali erano in contatto con la politica. Anche da noi si verifica ciò che da tempo accade in altre parti d’Italia e cioè una comunanza di interessi tra mafiosi e politici. Non so se quei lavori pubblici nella Val Susa fanno gola anche alla ’ndrangheta, ma so solo che in Piemonte molti hanno la memoria corta. Tanti anni fa, come ho letto in un giornale, proprio la ’ndrangheta a Torino aveva ucciso un magistrato che non si era piegato ai ricatti. Mi auguro che gli ultimi arresti servano da monito per i politici e per tutta la società: negare l’esistenza delle mafie non serve a nessuno, anzi rafforza il potere di questi uomini senza scrupoli e senza pietà. La mafia fa schifo e dovremmo gridarlo tutti. Anche perché la mafia non è solo al Sud, ma nel silenzio si è insediata anche al Nord. E siamo tutti complici.
CLOTILDE, 17 anni
«Avevano entrambi into...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La mafia fa schifo
  3. Introduzione
  4. Il mafioso della porta accanto
  5. Che cos’è la mafia?
  6. Non c’è coraggio se non c’è paura
  7. Che cos’è la mafia?
  8. «Nel mio quartiere tutti si fanno i fatti propri»
  9. Che cos’è la mafia?
  10. «La mafia è un virus»
  11. Che cos’è la mafia?
  12. Alzati e alza la voce
  13. Che cos’è la mafia?
  14. Il viaggio continua
  15. Ringraziamenti
  16. Dello stesso autore
  17. Copyright