Un luminoso mattino di dicembre, molti anni or sono, in un paesino dell’Olanda chiamato Broek, due ragazzini vestiti con abiti troppo leggeri se ne stavano inginocchiati sull’argine di un canale ghiacciato.
Il sole tardava a mostrarsi, eppure il lembo di cielo apertosi tra le nuvole grigie all’orizzonte risplendeva di un bagliore rosso dorato che annunciava il nuovo giorno. A quell’ora la maggior parte dei bravi olandesi stava dormendo nel calduccio del letto; persino mynheer1 Von Stoppelnoze, quel vecchio rispettabile, riposava ancora in santa pace.
Solo di tanto in tanto qualche contadina, con un cesto ricolmo in equilibrio sulla testa, scivolava sulla superficie vitrea sfiorandola appena con piedi leggeri, o qualche giovanotto robusto, diretto al lavoro in città, gettava uno sguardo benevolo sui due ragazzi tremanti dal freddo.
Nel frattempo i due, fratello e sorella, armeggiavano con le loro scarpe tra sbuffi e strattoni. Pareva fossero intenti a fissarsi qualcosa ai piedi, strani arnesi simili a pattini, ma che di certo non lo erano: si trattava di rozzi pezzi di legno affilati e lisciati sul bordo inferiore, con dei fori entro i quali passavano stringhe di cuoio grezzo.
Era stato Hans, il ragazzo, a costruirli. La madre era una povera contadina, così povera da non potersi permettere nemmeno di pensare di comprare dei pattini veri per i suoi figlioli. Eppure, per quanto rozzi, quegli arnesi avevano donato ai due fratelli molte ore felici sul ghiaccio, tanto che non provavano invidia per chi possedeva pattini d’acciaio, mentre con dita violacee per il freddo e un’espressione seria si stringevano le cinghie alle caviglie.
Il ragazzo fu pronto in un attimo, scattò in piedi e con un ampio gesto d’incoraggiamento e un richiamo distratto incitò la sorella mentre già scivolava con destrezza sul canale. — Vieni, Gretel!
— Uffa, Hans! — piagnucolò lei in risposta. — Questo piede mi fa ancora male. Ieri mi sono fatta un taglio con la cinghia e adesso non riesco a legarla sullo stesso punto.
— Allora legala più in alto — ribatté il ragazzo senza nemmeno voltarsi a guardarla, intento com’era a eseguire una magnifica giravolta sul ghiaccio.
— Come faccio? È troppo corta!
Fischiettando il motivo di una canzoncina olandese sulla natura lagnosa delle ragazze, Hans si lanciò in soccorso della sorella.
— Che sciocca a metterti quelle scarpe vecchie, Gretel! Non ne hai un paio di nuove e resistenti in cuoio? A questo punto potevi anche metterti gli zoccoli, persino quelli sarebbero andati meglio.
— Ma come! Papà ha buttato le mie bellissime scarpe nuove nel fuoco, non te lo ricordi già più? Quando me ne sono accorta, ormai erano tutte accartocciate tra le fiamme. Con queste vecchie riesco ancora a pattinare, ma non con gli zoccoli. Mi raccomando, fai piano…
Continuando a canticchiare tra sé, Hans si era sfilato dalla tasca una cordicella e, inginocchiatosi di fronte alla sorella, cercò di fissarle il pattino al piede con tutta la forza di cui era capace.
— Ahi! Ahi! — gridò Gretel per il dolore.
Con uno strattone Hans slegò la cordicella e avrebbe voluto gettarla via in preda a uno scatto di nervi, se non avesse scorto una lacrima rotolare silenziosa sulle guance della sorella.
— Non preoccuparti, sistemo tutto io — mormorò con improvvisa tenerezza. — Però dobbiamo sbrigarci. Tra poco la mamma avrà bisogno di noi.
A quel punto si guardò intorno, scrutando prima il terreno, poi i rami spogli dei salici e infine il cielo, ora sfolgorante di striature azzurre, rosse e dorate.
Non trovando ciò di cui aveva bisogno, all’improvviso gli si illuminò il viso quando, con l’aria di chi sa il fatto suo, si levò il berretto, ne tolse la fodera ormai sdrucita e la ripiegò facendone un morbido cuscinetto che sistemò sopra la scarpa logora di Gretel.
— Ecco fatto! — esclamò trionfante, allacciando la cinghia con tutta la rapidità che gli permettevano le dita ormai intirizzite. — Ce la fai se stringo un po’?
Gretel arricciò le labbra come per prepararsi a sopportare il dolore, ma non le sfuggì nemmeno un gemito.
Pochi istanti dopo i due ridevano allegri, mentre mano nella mano sfrecciavano lungo il canale senza il minimo timore che la superficie potesse cedere sotto i loro piedi, perché in Olanda un fatto simile accade assai di rado d’inverno. Il ghiaccio si forma sul filo dell’acqua in un modo del tutto particolare, e invece di farsi sottile e instabile nelle giornate leggermente più tiepide, pare guadagnare sempre più forza e resistenza, mentre risponde ai raggi del sole con un luccichio sfavillante, quasi in un gesto di sfida.
All’improvviso ci fu uno scricchiolio sotto i piedi di Hans, che rallentò la corsa, terminando ogni scivolata con uno scatto brusco e goffo, fino a quando non stramazzò sul ghiaccio con le gambe all’aria.
— Ah! Ah! Che bel ruzzolone! — sghignazzò Gretel. Tuttavia, pur continuando a ridere, si precipitò in aiuto del fratello. — Ti sei fatto male, Hans? Oh, stai ridendo anche tu! Bene, allora adesso prova a prendermi! — Senza esitare, la ragazzina sfrecciò via. Ormai non tremava più per il freddo, aveva anzi le guance accese e un bagliore divertito negli occhi.
Hans scattò in piedi e subito si lanciò all’inseguimento, ma di certo non sarebbe riuscito a raggiungerla, se dopo qualche istante anche i pattini di lei non avessero cominciato a scricchiolare. A quel punto Gretel, sapendo che in certe circostanze la prudenza vale più della destrezza, si voltò di scatto e con una dolce scivolata si abbandonò tra le braccia del fratello.
— Ah, ti ho presa! — gridò Hans.
— Eh, no! Sono io che ho preso te! — ribatté lei mentre cercava di liberarsi.
Fu in quel momento che risuonò una voce secca e impaziente: — Hans! Gretel!
— È la mamma — disse Hans, di colpo serio.
Ora il fulgore dorato del sole inondava il canale, sempre più affollato di pattinatori. L’aria fresca del mattino era così piacevole che rendeva difficile ubbidire al richiamo della mamma, tuttavia Gretel e Hans erano ragazzi disciplinati e coscienziosi, perciò, senza cedere alla tentazione di trattenersi ancora solo per qualche minuto, si tolsero i pattini e s’incamminarono verso casa con passo lento e pesante. Hans, con folti capelli biondi e spalle larghe e squadrate, era molto più alto della sorella. Aveva quindici anni, mentre Gretel soltanto dodici. Era un ragazzo robusto dall’aria affabile; nel suo sguardo sincero e sull’ampia fronte pareva esserci scritto “qui regna la bontà”, proprio come recita il motto inciso sopra la porta di certe zomerhuis, le case estive olandesi. Gretel, invece, aveva una corporatura agile e scattante, e negli occhi azzurri le danzava un bagliore di gaiezza che non si spegneva mai. Appena qualcuno la guardava, un timido rossore affiorava sulle sue guance, che prendevano il colore cangiante dei fiori di ciliegio, rosa e bianchi, mossi dal vento.
Una volta superata una curva del canale, si trovarono davanti la casa dei genitori. La sagoma alta della madre, con la larga sottana, il corpetto e la cuffia aderente alle tempie, si stagliava nel vano della porta sbilenca, come una foto in una cornice.
Se la casa fosse stata lontana un miglio, sarebbe sembrata comunque vicina, perché in quella terra così piatta ogni oggetto risalta con estrema nitidezza ovunque si trovi: le galline nel campo vicino, come gli enormi mulini a vento in lontananza, mostrano sempre contorni chiari e netti. A dire il vero, se non fosse per le dighe e gli alti argini dei canali, l’Olanda si presenterebbe come un’immensa distesa senza nemmeno una collina o una montagnola a catturare lo sguardo.
E nessuno meglio della signora Brinker e dei due ragazzi affannati che ora accorrevano al suo richiamo aveva motivo di conoscere la natura di quelle dighe… Ma prima di raccontarvi perché, vi invito a partire con me per un viaggio con la fantasia in quel paese lontano, dove potrete vedere – forse per la prima volta – le cose davvero strane e curiose che Hans e Gretel avevano sotto gli occhi ogni giorno.
L’Olanda è forse il paese più bizzarro sulla faccia della terra.
Si dovrebbe chiamare Stranolandia o Contrariolandia, dato che in quasi tutto è diversa dagli altri paesi del mondo. Tanto per cominciare, gran parte del territorio si trova sotto il livello del mare. Per contenere l’oceano è stato necessario costruire dighe e alti argini, con un enorme dispendio di fatica e denaro. In certi punti della costa il mare preme con tutta la sua forza contro la terra, e il povero paese riesce a malapena a resistere alla pressione dell’acqua. Talvolta le dighe cedono o si crea una falla, e tanto basta per provocare conseguenze disastrose. Queste dighe sono davvero molto alte e così larghe che in cima ad alcune non solo ci sono edifici e alberi, ma corrono persino vere e proprie strade, dalle quali i cavalli possono abbassare lo sguardo sulle case della pianura. Spesso le chiglie delle navi superano in altezza i tetti di queste case, così la cicogna che imbocca i piccoli sul comignolo si illude che siano al sicuro, quando in realtà la rana che gracida nel canneto è molto più vicina di lei alle stelle. Gli insetti d’acqua sfrecciano avanti e indietro sulle paludi più in alto delle rondini che nidificano sui tetti, e anche i salici sembrano chinare il capo per la vergogna, non riuscendo ad arrivare in alto quanto i giunchi vicini.
Una rete di fossati, canali, stagni, fiumi e laghi si snoda lungo l’intero paese, formando un groviglio di acque scintillanti che raccolgono quasi tutto il traffico e guardano sprezzanti i docili campi oltre gli argini. Viene proprio da chiedersi se la vera Olanda sia sull’acqua o sulla terra. La stessa vegetazione, che dovrebbe essere confinata lungo le rive, si è impadronita anche dei laghetti e degli stagni, perciò tutto il territorio pare una specie di grossa spugna fradicia o, come la definì il poeta inglese Butler,
Un paese ormeggiato all’ancora,
dove si vive sempre a bordo…
Sulle chiatte che solcano i canali, la gente nasce, vive, muore, e a volte coltiva pure giardini. I casali dei contadini, con tetti che assomigliano a enormi cappelli flosci calati sugli occhi, si reggono su gambe di legno e sembrano voler dire con aria spavalda: “Per quanto ci riguarda, siamo pronti a tutto pur di restare all’asciutto!” Persino i cavalli portano larghi supporti sotto gli zoccoli per non sprofondare nel pantano. In poche parole, a guardare il paesaggio pare di essere nel paradiso delle anatre! In effetti è un posto meraviglioso in estate per i ragazzini che amano girare a piedi scalzi. Che gioia sguazzare nell’acqua! Che viaggi fantastici sui battelli in miniatura! Per non parlare delle gite in barca, delle gare di pesca tra amici e delle nuotate! Provate soltanto a immaginare una catena di pozzanghere collegate tra loro dove per tutta la giornata si possono far navigare barchette di legno in ogni direzione! Ma adesso basta, altrimenti da un momento all’altro vi vedrò precipitarvi in massa allo Zuider Zee.
A prima vista le città olandesi sembrano un’intricata giungla di case, ponti, chiese e navi, da cui germogliano pennoni, guglie e fronde. A volte le imbarcazioni sono attraccate all’uscio di casa, come fossero cavalli, e vengono caricate dalle finestre. Le madri gridano ai figli di non dondolarsi sul cancello del giardino perché potrebbero cadere nel canale e annegare!
Le vie d’acqua sono più numerose di quelle su terra o su rotaia, e pigri fossati verdi circondano campi da gioco, giardini e polder1 a mo’ di recinto. Talvolta si scorgono anche siepi ben curate e rigogliose a delimitare le proprietà, ma di rado steccati di legno. Per quanto riguarda invece l’utilizzo di muretti in sasso, gli olandesi alzerebbero le mani al cielo per lo stupore al solo pensiero. Perché qui non si trovano pietre, tranne i cumuli di grossi macigni portati da altri paesi per rinforzare e proteggere la costa. Tutti i ciottoli, se mai ce ne sono stati, sembrano svaniti nel nulla, o forse sono semplicemente rimasti imprigionati nel selciato. I ragazzi, anche i più forti e scaltri, passano dal grembiulino di scuola alla barba della maturità senza aver mai provato il piacere di raccogliere un sasso per farlo rimbalzare sull’acqua o scacciare un coniglio.
Canali grandi e piccoli s’intersecano lungo il territorio in ogni direzione: dall’ampio Canale del Nord, una vera meraviglia del mondo, a quelli che un ragazzino può superare con un salto. Vi navigano in lungo e in largo i trekschuiten2, battelli colmi di passeggeri, e chiatte che in olandese prendono il nome di pakschuyten usate per il trasporto di merci e combustibili. Invece di ampie distese erbose, la campagna straripa di canali verdeggianti che si snodano da un campo a un fienile e da un fienile a un orto. Le fattorie, chiamate qui polder, si stendono appunto sul letto di grandi laghi prosciugati. Nonostante gran parte delle stradine di campagna siano pavimentate a mattoni, le vie d’acqua sono senza dubbio quelle più trafficate, eppure sia su acqua che su terra si dà sfoggio di mezzi di trasporto che hanno dell’incredibile, come per esempio le barche da città, con la poppa rotonda, la prora dorata e le fiancate dipinte a colori sgargianti, o il tipico carretto olandese, con un piccolo timone ricurvo alquanto buffo.
“Una cosa è certa: gli abitanti non soffriranno mai la sete!” potrebbe affermare chi è ottimista. E invece no! Stranolandia n...