Al di là del piccolo pontile, protetta da una lunga, sottile penisola, si estendeva una baia perfetta per le gite in canoa. La vecchia giallista era languidamente abbandonata sullo schienale di una canoa di legno laccato. Dietro di lei, il detective Oakwood pagaiava sentendosi un po’ come uno degli schiavi di Cleopatra, se Cleopatra fosse stata una lesbica ottantenne con un’enorme maglietta di Jimi Hendrix.
La pala della pagaia si immergeva con uno sciabordio musicale, mettendo in fuga le libellule dai corpi luccicanti. Oakwood udì il rumore raschiante prodotto dal tappo a vite del thermos di Miss Skattergoods.
«Parlando del diavolo» disse la vecchia signora. In lontananza, Oakwood scorse Dick che percorreva il pontile e saltava sul suo motoscafo rosso, seguito dal cane con addosso un giubbotto salvagente arancione.
«Ma non ne stavamo parlando» osservò. «E lei non pensa che Dick sia il diavolo, vero?»
«C’è qualcosa di sospetto, nel mio caro cugino Dick.»
Pensieroso, Oakwood pilotò la canoa verso Dick e il motoscafo rosso. Dick Treekape era un personaggio importante nel Maine, e per questo il detective stava già subendo pressioni affinché si sbrigasse a chiudere il caso. Quelle ingerenze erano di certo sufficienti a fargli provare avversione per Dick, ma non c’erano elementi per sospettare di lui.
«In realtà non mi fido di nessuno di loro» aggiunse Miss Skattergoods. «Tranne che della piccola Bonnie.»
Già, la ragazza innocente e lentigginosa di cui Miss Skattergoods sembrava essersi invaghita. Se lo sarebbe meritato se Bonnie si fosse rivelata la mente di quella vicenda di morte e di inganni. «È la sola ad avere sentito tuonare, quella notte» disse Oakwood. «L’unica.»
Ora erano seduti uno di fronte all’altra sulla canoa, e si lasciavano trasportare dalla corrente. La brezza soffiò il fumo della sigaretta di Miss Skattergoods sul viso del detective. «Che genere di tuono si sente in una notte serena?» proseguì lui. Attraverso il velo di fumo osservò Dick. «Probabilmente era solo il mare. Era agitato, quella notte. Luna piena...» Allontanò il fumo agitando una mano. «Sta inquinando l’aria fresca del grande Stato del Maine» disse in tono irritato alla giallista.
«Sciocchezze» decretò Miss Skattergoods.
Inquinamento nel cielo sereno. Tuoni nel cielo sereno. Se solo il suono che Bonnie aveva udito quella notte, il tuono nella notte senza tuoni, se solo la fonte di quel suono fosse stata facile da identificare come la sigaretta della vecchietta, pensò Oakwood guardando Dick che avvolgeva le cime della barca e si affaccendava sul motore. Altro inquinamento.
Inquinamento...
Tuono...
All’improvviso prese a remare come una furia verso riva. La canoa si arenò sulla spiaggia e Oakwood gettò a terra la pagaia.
«Venga con me» disse. «Presto, presto, coraggio!»
Attraversò a passo rapido il prato verso il cottage di Bonnie, tenendo per mano Miss Skattergoods e trascinandosela dietro. Giunto davanti alla finestra, si bloccò.
«Ho un’idea» disse.
«Sua madre sarebbe fiera di lei» commentò Miss Skattergoods in tono palesemente irritato. Non era riuscita a chiudere bene il thermos, e una macchia appiccicosa di gin e spremuta d’arancia si stava espandendo dalla tasca a tutta la gamba dei pantaloncini.
Oakwood indicò il pontile. «Guardi» disse. «E ascolti bene.»
Dick ora era al timone del motoscafo. Si udì un suono stridente, seguito da un breve brontolio e subito dopo da un ruggito che sovrastò lo scrosciare delle onde: un rombo tonante.
«Ah, capisco!» sussurrò eccitata Miss Skattergoods mentre il motoscafo rosso si staccava dal pontile e scivolava sull’acqua e il rombo si perdeva quasi immediatamente in lontananza. Guardò il detective Oakwood, aspirò una boccata profonda dalla sigaretta, piegò la bocca e soffiò il fumo verso sinistra. «Il tuono!» esclamò. «Il genere di tuono che si sente in una notte serena.»
Phear aveva allungato le sue sedute di allenamento al punto che, quando non si aggirava ansimando con il cane che gli mordeva i talloni, sembrava semplicemente esausto. Percorreva avanti e indietro il prato e la spiaggia, il perimetro della casa e del gruppo di cottage, saliva e scendeva lungo i sentieri nei boschi. Era dappertutto, una sentinella con le guance rosate e le camicie a maniche corte chiazzate di sudore.
“Eccoti qui, Dick!” pensò durante una camminata del dopocena. Dick stava sistemando le sedie in terrazza. Ogni cosa sembrava perfetta, bilanciata, in pace con la natura e accogliente per lo spirito elevato e le forme flaccide dell’essere umano.
Oh, sì, Dick Treekape aveva un gran bel posto. Oh, sì, Dick Treekape lo condivideva con il resto del mondo. Ma c’erano altre cose che Dick Treekape aveva fatto, cose segrete che Phear avrebbe potuto condividere con il resto del mondo.
Phear si fermò accanto alla finestra della cucina, aprì il libro che aveva in mano e si addossò alla fresca parete di granito della casa. Il maledetto cagnaccio l’aveva seguito e lo stava guardando.
Phear sapeva che non c’era modo di sottrarsi a quella faccenda, che doveva restare a Treekape e andare fino in fondo. Ma era stanco, e si sentiva molto solo. Le cose che aveva saputo e quelle che doveva ancora scoprire lo separavano dagli altri. Se solo avesse potuto allontanarsi da quel posto e dimenticare tutto ciò che vi era successo. Sentiva la mancanza di sua moglie Ying, ma anche se fosse fuggito da quell’isola dimenticata da Dio non l’avrebbe trovata a casa. Ying era a Victoria da sua madre, dalla sua sgradevole madre, che per quanto si agitasse e protestasse era ormai in fin di vita. Phear era indifferente alla morte della vecchia se non per le sofferenze che avrebbe causato a Ying, la sua povera, cara Ying, che aveva già perduto il padre e il fratello. La sua piccola sposa bambina, la sua brillante studentessa, la sua musa. Non le aveva detto dove sarebbe andato né perché. Era il suo modo di proteggerla. Lei lo credeva in ritiro in Nuova Scozia. Non le aveva mai mentito prima d’ora, ma cos’era una bugia in più in quella pesante coltre di menzogne di cui si era ammantato?
Era stato fin da subito un progetto folle e disperato. E adesso? Peggio che disperato. Phear si diresse verso il mare, osservandolo. Odiava il mare. Vi succedevano cose terribili. Cose che ti tormentavano e che trasformavano la vita in qualcosa di oscuro e crudele.
Cambiò direzione all’improvviso e andò a sbattere contro Oakwood. Che cosa ci faceva lì il detective? Lo stava seguendo? Lo superò con un saluto che era poco più di un grugnito.
Oakwood lo guardò allontanarsi. Un uomo goffo, il professor McPherson. Concentrato su ciò che faceva fino a sfiorare la cecità. Le sue orbite e passeggiate energetiche. La sua dedizione alla storia sociale di un animale nei cui riguardi era tutt’altro che socievole. I suoi bermuda scozzesi, le sue calze spaiate (una cammello, l’altra marrone), le sue scarpe nere eleganti. “Dev’essere terribilmente miope” pensò il detective. Lui era presbite, qualcosa che considerava più di una semplice questione fisica. Gli piaceva l’idea di vedere lontano, e sorridendo mentre osservava la ritirata del professor McPherson provò un moto d’orgoglio per la propria abilità.
L’intuizione che aveva avuto riguardo al motoscafo e al tuono, per esempio. Aveva guardato Dick avvicinarsi al motore e all’improvviso aveva capito: i motori dei motoscafi da corsa producono un rombo simile al tuono. Qualcuno era uscito con quel motoscafo la notte in cui Gene Gill era stato assassinato, e prima era passato davanti al cottage di Bonnie con le chiavi della barca. Le chiavi avevano tintinnato. Il motore aveva tuonato. Erano i suoni che aveva udito Bonnie: le chiavi, il motore e la persona che era uscita in mare per incontrare e uccidere G.G.
Nella luce intensa del pomeriggio settembrino il detective Oakwood si preparò a rifare le sue domande, gli stessi interrogativi alle stesse persone. Svuoti le tasche, poi le svuoti di nuovo, poi rovesci i pantaloni e li scuoti, poi controlli nel cassetto. Era la sua tecnica. Funzionava quando cercava un biglietto da dieci dollari smarrito, ed era abbastanza efficace anche nel lavoro.
Si spinse fino al limitare del prato, dove cominciava la spiaggia. Vide Bonnie distesa bocconi sugli scogli bagnati, intenta a fotografare qualcosa: la sua piccola casa di bambola.
Bonnie si alzò e spostò la casetta sul prato, accanto ai piedi del detective. «Le dispiace?» domandò accovacciandosi e cominciando a scattare.
Oakwood mosse i piedi con fare impacciato.
«Ottimo, ottimo, non smetta» disse lei.
«Non ricorda altro?» domandò lui, continuando a muovere i piedi e sentendosi un po’ stupido. «Di quel giorno? Della notte prima?»
«No» rispose Bonnie. «Solo quel tintinnio. Non riesco a togliermelo dalla testa. E il tuono. Lo sento ancora, il tintinnio. Lo sogno ogni notte. Vorrei che fosse stato tutto un sogno.»
Sollevò la casetta per mostrarla al detective. All’interno c’era la minuscola figura di un uomo pallido e gonfio, vestito con un maglione blu e bianco, pantaloni bianchi e una sola, piccola microscopica calza bianca, disteso in un intrico di alghe verdi.
«Lo riconosce?» domandò ansiosa. «Ho portato il corpo in casa, non so perché. Mi è sembrato giusto farlo.»
«Molto...» “Molto cosa?” si chiese Oakwood. «Molto bello» disse poi.
«Grazie! Il maglioncino l’ha fatto Heather.»
Oakwood si allontanò con una sensazione di disagio. Bonnie sentiva ancora il tintinnio? Stava diventando morbosa. Di sicuro, c’era un che di morboso nella minuscola riproduzione dell’annegato, con la sua scia di sottili alghe di lamé verde.
Il detective trovò Carol Grey alla cava, dove ancora una volta non aveva potuto fare a meno di tornare. Era in piedi davanti a una grande tela coperta di un blu grumoso, e nel vederlo gli rivolse un sorriso civettuolo. «Salve, intrepido detective. Nessun altro corpo, spero?»
«Aveva in mente qualcuno?»
«Oddio, no. La sola idea di un corpo alla Cava Nuda mi dà il voltastomaco, e, mi creda, ne ho già visti fin troppi. Perché devono tutti fare il bagno nudi? Dov’è l’attrattiva? Non sarà venuto anche lei a fare un tuffo al naturale, spero.»
Oakwood rivolse un’occhiata bramosa allo specchio d’acqua, poi tornò a spostarla su Carol. Aveva conosciuto ragazze come lei, anche se Carol era forse il caso più estremo. Di solito erano le vittime dei delitti, non le colpevoli. Ma poi rammentò le parole di Miss Skattergoods: “Chiunque di noi” aveva detto. “Uno qualsiasi.”
«Perché me lo chiede di nuovo?» domandò Carol quando il detective tornò a interrogarla sulla notte prima della scoperta del corpo di G.G. La sua espressione ammiccante si trasformò in una smorfia risentita. «Lei mi offende.»
La donna cominciò a muovere i grossi piedi avanti e indietro, come una cavalla infastidita dalle mosche, pensò Oakwood in modo poco carino. Ma perché era improvvisamente così nervosa, così circospetta, al punto da distogliere lo sguardo?
«Pura e semplice routine» disse lui. Ed era vero: era la sua routine. «È sicura di non aver udito nulla?»
«E cosa dovrei aver sentito?» scattò lei. Aveva smesso di dipingere, e iniziò a strofinare con furia la tela con uno straccio.
«Porte che si aprivano e si chiudevano? Una zanzariera che sbatteva?»
«Ah, capisco.» Fece una risata un po’ troppo forte. «Non sapevo di doverle dire che sono andata in bagno... e non ho visto nessuno.»
«No?»
«Nessuno» ripeté lei. Lo fissò negli occhi e insistette in tono petulante: «Assolutamente nessuno».
Oakwood la lasciò, una sagoma proiettata sullo sfondo sgargiante del cielo. “Chi sarà di preciso questo nessuno?” si domandò.
Trovò Heather che lavorava a maglia in giardino.
«Non sono uscita» si affrettò a dire lei non appena udì la sua prima domanda. Lo guardò allarmata dal basso. «Gliel’ho detto, ero in camera mia. Sono rimasta tutta la notte in camera mia.»
«Giusto.» Oakwood scrisse qualcosa sul suo taccuino.
«Cosa sta scrivendo? Che ero in camera mia?»
Sorrise. “Sì” pensò. “È precisamente quello che sto scrivendo. ‘In camera mia.’ Non ‘in camera’: ‘in camera mia’. Se dovete proprio mentire, gente, fareste meglio a ripassare i fondamentali.” Ma Oakwood era abituato a udire menzogne. Spesso indicavano semplicemente diffidenza nei riguardi della polizia. «Nessun rumore?» domandò. «Un tuono, per esempio?»
«Tuono?» Heather lo guardò con aria vacua, poi disse: «Ah, i tuoni... ma certo. Molti tuoni. Moltissimi».
Stava nascondendo qualcosa, e non se la stava cavando granché be...