
- 168 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Un ponte per Terabithia
Informazioni su questo libro
Jess si è allenato tutta l'estate per vincere la gara di corsa. Non avrebbe mai pensato che a fargli mangiare la polvere sarebbe stata una ragazzina: Leslie, la nuova arrivata, che si veste come un maschio e abita in una casa piena di libri. Jess e Leslie diventeranno inseparabili: due outsider nella piccola scuola del villaggio, ma Re e Regina nel meraviglioso mondo di Terabithia, un luogo immaginario e segreto dove condividono storie e sogni. Finché qualcosa di terribile non romperà l'incanto...
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Informazioni
Print ISBN
9788804607717eBook ISBN
9788852018237I MONARCHI DI TERABITHIA
Poiché la scuola era iniziata il primo martedì successivo alla Festa del Lavoro, la settimana durò meno del solito. E meno male, perché ogni giornata si rivelò peggiore della precedente. Leslie continuò a unirsi ai ragazzi, durante la ricreazione, e vinse ogni giorno. Il venerdì, parte dei ragazzi di quarta e di quinta si era già allontanata dal gruppo per andare a giocare al Re della Montagna sulla discesa che separava i due campetti. Dato che quelli che rimanevano non erano molti, non c’era neppure bisogno di fare delle batterie eliminatorie, il che diminuiva di molto l’eccitazione intorno alla gara. Correre non era più divertente. Ed era tutta colpa di Leslie.
Jess ora sapeva che non sarebbe mai stato il più veloce di tutti i ragazzi di quarta e quinta, e la sua unica consolazione era la consapevolezza che non lo sarebbe stato nemmeno Gary Fulcher. Il venerdì svolsero di nuovo ogni fase della gara, ma quando terminarono e Leslie ebbe vinto ancora una volta, tutti capirono, pur senza dirlo, che quella era la fine delle gare di corsa.
Per fortuna arrivò anche il venerdì pomeriggio, e la lezione della professoressa Edmunds. La quinta aveva musica subito dopo la ricreazione. Jess aveva incrociato l’insegnante in corridoio, qualche ora prima, e lei lo aveva fermato e gli aveva fatto un sacco di domande.
— Hai continuato a disegnare, quest’estate?
— Sì, signorina.
— Posso vedere i tuoi disegni o sono privati?
Jess si era scostato la frangia dagli occhi. — Glieli mostrerò.
La bocca dell’insegnante si era aperta in un bellissimo sorriso, mettendo in mostra una fila di denti bianchi e regolari. Poi aveva scosso via dalle spalle i capelli neri e lucenti, esclamando: — Perfetto! Ci vediamo dopo, allora.
Lui aveva annuito e sorriso a sua volta. Si sentiva caldo e formicolante fino alle dita dei piedi.
Ora, seduto sul tappeto della sala insegnanti, la stessa sensazione di calore lo investì non appena udì il suono della sua voce. Persino il tono che usava parlando normalmente era gorgogliante, e sembrava sgorgarle da dentro, ricco e melodioso.
La professoressa Edmunds strimpellò per qualche minuto sulla chitarra, continuando a parlare mentre regolava l’accordatura facendo tintinnare i braccialetti e vibrare le corde. Indossava i jeans, come al solito, e se ne stava seduta a gambe incrociate in mezzo a loro come se fosse il modo in cui si comportavano tutti gli insegnanti. Chiese ad alcuni dei ragazzi come avevano passato le vacanze estive, e loro le risposero qualcosa balbettando. Non rivolse la parola direttamente a Jess, ma gli lanciò un’occhiata, con quei suoi occhi azzurri, che lo fece vibrare come una delle corde che l’insegnante stava pizzicando.
Quando si accorse di Leslie, chiese una presentazione, che le fu prontamente fatta da una delle ragazze. Poi sorrise alla nuova arrivata, e lei le sorrise di rimando: era la prima volta, dal momento in cui aveva vinto la corsa martedì, che Jess vedeva sorridere Leslie.
— Cosa ti piace cantare, Leslie?
— Be’, qualsiasi cosa.
La Edmunds pizzicò alcune corde e poi iniziò a cantare, a voce più bassa del solito, poiché era una canzone particolare:
Ho visto un luogo di luce splendente,
l’ora di andarci è ormai imminente,
e quando un giorno laggiù vivremo,
man nella mano per sempre staremo…
I ragazzi si unirono a lei, piano all’inizio, imitando la voce malinconica dell’insegnante, ma verso la fine la canzone aumentò d’intensità, e così fecero le loro voci, tanto che quando arrivarono al verso conclusivo liberi di essere me e te, l’intera scuola li sentì. Preso dal trasporto e dalla gioia, Jess si voltò e il suo sguardo incrociò quello di Leslie. Le sorrise. In fondo, non c’era nessuna ragione per non farlo. Di che cosa aveva paura, poi? Santo Cielo, a volte si comportava proprio come un verme. Le fece un cenno con la testa e sorrise di nuovo. Lei rispose al suo sorriso. Là, nella sala insegnanti, Jess sentì che si apriva una nuova stagione nella sua vita, e scelse deliberatamente di lasciare che ciò accadesse.
Non fu necessario annunciare formalmente a Leslie che aveva cambiato idea su di lei. Lo sapeva già. Sull’autobus, si lasciò cadere sul sedile di Jess e si strinse a lui per far posto anche a May Belle. Poi si mise a raccontare di Arlington, della grande scuola suburbana che aveva frequentato, con la sua splendida aula di musica, ma senza nemmeno un’insegnante che fosse bella o simpatica quanto la Edmunds.
— Avevate anche una palestra?
— Certo. Pensavo che ce l’avessero tutte le scuole. O almeno quasi tutte. — Sospirò. — Mi manca davvero. Ero piuttosto bravina in ginnastica.
— Immagino che questo posto non ti piaccia affatto.
— Proprio così.
Rimase in silenzio per un po’. Probabilmente, decise Jess, stava pensando alla scuola che aveva lasciato, e che lui s’immaginava nuova di zecca con una splendida palestra, più grande di quella che avevano alla scuola superiore unificata.
— Scommetto che avevi anche un sacco di amici, laggiù.
— Già.
— Perché sei venuta qui?
— I miei genitori stanno rivedendo la loro scala di valori.
page_no="42" — Eh?
— Hanno deciso che erano troppo legati ai soldi e al successo, e così hanno comprato quella vecchia fattoria per lavorare lì e pensare alle cose veramente importanti.
Jess la stava fissando a bocca aperta. Se ne rendeva conto, ma non riusciva a farne a meno. Era la cosa più ridicola che avesse mai sentito.
— Ma quella che ci rimette sei tu.
— Già.
— E a te non ci pensano?
— Ne abbiamo parlato — spiegò Leslie in tono paziente. — Ero d’accordo anch’io. — Guardò oltre la testa di Jess, fuori dal finestrino. — Non si riesce mai a sapere in anticipo come saranno veramente le cose, dopo.
L’autobus si era fermato. Leslie prese May Belle per mano e la fece scendere. Jess le seguì, tentando ancora di capire come mai due persone adulte e una ragazza in gamba come Leslie potessero desiderare di lasciare la loro comoda vita in città per finire in un buco come quello.
Guardarono l’autobus che si allontanava rombando.
— Al giorno d’oggi, con una fattoria, non si riesce a sbarcare il lunario, sai — disse Jess infine. — Mio padre deve andare a lavorare a Washington, perché i soldi non bastano…
— I soldi non sono un problema.
— Certo che lo sono.
— Voglio dire — rispose lei in tono freddo — che per noi non lo sono.
Gli ci volle un minuto abbondante per afferrare il concetto. Non conosceva altre persone per cui i soldi non fossero un problema.
page_no="43" — Oh.
Da quel momento in poi, cercò di ricordare di non parlare di soldi, con Leslie.
Ma Leslie aveva altri problemi che, a Lark Creek, creavano più scompiglio della mancanza di soldi. Per esempio, quello della televisione.
Tutto cominciò una volta che la professoressa Myers lesse a voce alta un tema scritto da Leslie sul suo passatempo preferito. Era un compito per casa. Jess aveva parlato del football, che in realtà odiava, ma lui aveva cervello a sufficienza per sapere che se avesse tirato fuori la sua passione per il disegno tutti gli avrebbero riso dietro. La maggior parte dei maschi giurava che guardare alla televisione i Washington Redskins era il loro passatempo preferito. Le ragazze erano divise: quelle a cui non importava molto dell’opinione della Myers avevano ammesso che più di tutto amavano guardare gli spettacoli di varietà alla televisione, mentre quelle che, come Wanda Kay Moore, miravano ancora a prendere il massimo dei voti, avevano parlato delle “buone letture”. La professoressa, però, lesse a voce alta soltanto il tema di Leslie.
— Voglio leggervi questo tema, per due ragioni. Prima di tutto, è scritto in modo splendido. E poi, parla di un passatempo originale, per una ragazza.
L’insegnante sfoderò per Leslie il suo sorriso da primo giorno di scuola. Leslie rimase con lo sguardo fisso sul banco. Essere la beniamina della Myers equivaleva ad avere la lebbra, a Lark Creek.
— “Immersioni subacquee”, di Leslie Burke.
page_no="44" La voce stridula della donna spezzettava i passaggi di Leslie in frasette ridicole, ma anche così, quelle parole avevano una potenza tale che Jess si era improvvisamente sentito trascinare nell’acqua scura insieme a Leslie. A un certo punto quasi gli sembrò di non riuscire più a respirare. E se sott’acqua ti si riempiva la maschera e non facevi in tempo a tornare in superficie? Si sentiva soffocare ed era sudato. Tentò di dominare il panico che lo attanagliava. Questo era il passatempo preferito di Leslie Burke. Nessuno avrebbe detto che le immersioni subacquee erano il suo passatempo preferito, se non fosse stato vero. Ciò significava che Leslie lo praticava parecchio. Che non aveva paura di scendere in profondità, sempre più giù in un mondo senz’aria e con poca luce. Dio, quanto era codardo lui, invece! Come poteva mettersi a tremare tutto, solo a sentir leggere il tema di Leslie dalla Myers? Era davvero un poppante, più di quanto non lo fosse Joyce Ann.
Suo padre desiderava che lui dimostrasse di essere un uomo. Ed ecco invece che permetteva a una ragazzina che ancora non aveva compiuto dieci anni di spaventarlo a morte semplicemente descrivendo le proprie escursioni sott’acqua. Stupido, ecco cos’era. Soltanto uno stupido.
— Sono certa — stava dicendo l’insegnante — che tutti voi siete rimasti impressionati quanto me dalla lettura dell’emozionante tema di Leslie.
Alla faccia dell’impressione. Jess per poco non era annegato.
page_no="45" Nell’aula si udì uno stropiccio di piedi sul pavimento e di fogli sul banco.
— Adesso vi darò un compito per casa — (grugniti soffocati) — che sono certa vi piacerà — (mormorii di incredulità). — Stasera, su Canale 7, alle otto in punto, ci sarà un programma su un famoso esploratore subacqueo, Jacques Cousteau. Voglio che lo guardiate tutti. Poi scriverete una pagina in cui spiegherete cosa avete imparato.
— Una pagina intera?
— Sì.
— Contano anche gli errori di ortografia?
— Non contano sempre gli errori di ortografia, Gary?
— Su entrambi i lati del foglio?
— Un lato del foglio è sufficiente, Wanda Kay. Ma naturalmente darò un voto più alto a chi si impegnerà in modo particolare.
Wanda Kay sorrise compunta. Nella sua testa a pera stava probabilmente già prendendo forma una decina di pagine.
— Signora Myers?
— Sì, Leslie.
Santo Cielo, se la professoressa continuava a sorridere a quel modo, la sua faccia rischiava di spaccarsi.
— E se per caso uno non può guardare il programma?
— Bisogna dire ai propri genitori che si tratta di un compito a casa. Sono certa che non avranno niente da obiettare.
— E se… — La voce di Leslie si fece incerta; scosse la testa e si schiarì la gola perché le parole uscissero più chiare. — E se uno non ha la televisione?
page_no="46" “Santo Cielo, Leslie, non dire queste cose. Puoi venire a vederlo a casa mia.” Ma era troppo tardi per salvarla. Il brusio di incredulità si stava già trasformando in un sordo brontolio di disprezzo.
La Myers sbatté gli occhi. — Be’… ecco. — Li sbatté di nuovo. Si capiva che anche lei stava tentando di escogitare una scappatoia per salvare Leslie. — Be’, in questo caso si può scrivere una paginetta su un altro argomento. Non ti sembra, Leslie? — Tentò di sorriderle al di sopra della classe in subbuglio, ma era inutile. — Ragazzi! Ragazzi! Ragazzi! — Il sorriso si trasformò improvvisamente in uno sguardo sinistro che mise a tacere la tempesta.
La signora Myers distribuì dei fogli con alcuni problemi di aritmetica. Jess gettò un’occhiata a Leslie. Il suo viso, chino sul foglio, era rosso di collera.
Durante la ricreazione, mentre giocava al Re della Montagna, Jess vide che Leslie era circondata da un gruppo di ragazze capeggiate da Wanda Kay. Non riusciva a sentire quello che dicevano, ma dal modo in cui Leslie gettava la testa all’indietro capiva che le altre la stavano prendendo in giro. In quel momento Greg Williams lo acciuffò, e mentre lottavano Leslie scomparve. Non erano affari suoi, veramente, ma Jess fece rotolare Greg giù dalla discesa più forte che poté e gridò, senza rivolgersi a nessuno in particolare: — Devo andare.
Si posizionò di fronte alla porta del bagno delle femmine. Dopo qualche minuto, Leslie uscì. Si vedeva chiaramente che aveva pianto.
— Ehi, Leslie — disse Jess con dolcezza.
page_no="47" — Vattene!
La ragazza si voltò di scatto e si avviò nella direzione opposta a passo deciso. Tenendo d’occhio la porta della direzione, lui la rincorse. Non era consentito stare nei corridoi, durante la ricreazione.
— Leslie, cosa c’è?
— Sai benissimo cosa c’è, Jesse Aarons.
— Già. — Si grattò la testa. — Se solo avessi tenuto la bocca chiusa. Potevi sempre venire da me…
Ma lei aveva girato sui tacchi di nuovo e stava sfrecciando lungo il corridoio. Prima che Jess concludesse la frase e la raggiungesse, lei era già entrata nel bagno delle femmine facendogli rimbalzare la porta a pochi centimetri dal naso.
Jess uscì dall’edificio. Non poteva rischiare di farsi trovare dal professor Turner a ronzare intorno al ba...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Un ponte per Terabithia
- Jesse Oliver Aarons, Jr.
- Leslie Burke
- Il più veloce di tutta la quinta
- I monarchi di Terabithia
- Gli sterminatori di giganti
- L’arrivo di Principe Terrien
- La sala d’oro
- Pasqua
- Il sortilegio
- Una giornata perfetta
- No!
- Solo
- Il ponte
- Dello stesso autore
- Copyright