Mi piaci ancora così
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Mi piaci ancora così

  1. 336 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Mi piaci ancora così

Informazioni su questo libro

Luca ha deciso di provarci, ha deciso che per costruire qualcosa di bello e di grande nella vita non può fare altro che andarsene dall'Italia e iscriversi a Berkeley. E Alice non può fare altro che accettare la sua scelta e affi darsi a Skype, anche se ha paura. Paura che il loro rapporto si riduca a un "quanto mi manchi", paura che Luca si innamori di un'altra, che scopra una vita più divertente, che si dimentichi di lei...
San Francisco aspetta Luca per travolgerlo e farne un salvatore di ballerine di lap dance, un manager di gruppi grunge improvvisati, un aiutocuoco, e forse, solo forse, uno studente.
Ma Milano saprà non essere da meno con Alice: un articolo di giornale che si trasforma in una grande occasione, una canzone che rischia di svelare troppi segreti, un compagno di scuola che sembra il ragazzo perfetto...
Alice e Luca si scopriranno molto diversi da quel che credevano. Ma se la lontananza può fare tutto questo, può anche cancellare il loro amore?

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
Print ISBN
9788804596363
eBook ISBN
9788852018824
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Mondadori

Per Silvia

1

Luca

E se il mondo stesse per finire? E se ci trovassimo di fronte a una nuova glaciazione? Questa sarebbe la prima scena del film: un ragazzo e una ragazza che passeggiano tranquillamente in un parco, mano nella mano, parlano di loro due, del futuro, senza sapere che il tempo a loro disposizione sta per terminare. Anche se nei film, di solito, i personaggi intuiscono per tempo che la fine del mondo si sta avvicinando, in modo da poter fare, in ventiquattro o quarantotto ore, tutto ciò che non hanno mai avuto il coraggio di fare.
— Luca, si può sapere a che stai pensando? — mi chiede Alice. — E perché mi hai portata al parco?
— Non mi piace parlare da seduto, lo sai.
— E allora parla, io sono qui.
— Tu cosa faresti se ti dicessero che il mondo sta per finire?
Alice solleva gli occhi al cielo e sorride. Quindi mi guarda scuotendo la testa. Lo sa che non demorderò fino a quando non avrò avuto una risposta.
— Okay… immagino che cercherei di passare il tempo che mi rimane con le persone che amo, dicono tutti così, no? Ma cosa c’entra con quello che mi devi dire?
— Niente, niente, era solo un pensiero.
— Va be’… allora, qual è la novità?
— Ali, ho deciso. Ci provo.
Stiamo camminando attorno al laghetto di Parco Sempione, uno dei miei luoghi preferiti, a Milano. Gli alberi hanno già cominciato a perdere le foglie e io ho già cominciato a chiedermi come diavolo fanno gli anatroccoli a non sentire il freddo stando tutto il giorno a mollo nell’acqua.
Alice non dice niente, non mi guarda negli occhi, continua a camminare, ma la stretta della sua mano nella mia cede leggermente.
— Mi dispiace, però è quello che voglio fare…
Alice rimane in silenzio fissando il laghetto dove c’è un bambino che sta dando da mangiare a un gruppo di anatroccoli.
— Quindi hai deciso? — mi chiede, ma si vede che altri pensieri si affollano nella sua testa.
— Sì, mi sa di sì. Non l’ho ancora detto a nessuno. Tu sei la prima.
— E quand’è che saprai se ti hanno preso o no?
— A febbraio forse… E poi a quel punto, nel caso mi prendano, devo tornare lì in estate.
— Ma come fai con i documenti, i visti, tutte quelle cose… E dove vivrai? — mi chiede, ma si capisce che non sono queste le domande che vorrebbe farmi.
— Affitto una casa, ho già visto un sito dove ci sono un sacco di annunci. Per i documenti faccio il visto turistico, che tanto dura tre mesi, poi se mi prendono all’università avrò il permesso per studio.
Alice sorride amara e scuote la testa come fa ogni volta che un pensiero triste ha preso forma nella sua testa.
— Che c’è? — le chiedo.
— E se non ti prendono?
— Se non mi prendono torno qui e mi iscrivo a qualche cosa. Però ci voglio provare. Ali, lo so che sarebbe un problema dopo, ma poi finirai anche tu la scuola, e allora sarà tutto più facile, potrai venire a trovarmi, oppure potresti studiare anche tu lì. Cioè, alla fine anche tu dovrai decidere cosa fare.
— Sì, ma io non ho intenzione di partire, io non lo so nemmeno cosa voglio fare!
— Proprio per questo è inutile che ci limitiamo adesso. È meglio che ognuno segua la sua strada e poi… poi qualcosa ci inventeremo.
— Luca, adesso il problema non sono io, non siamo noi. Il fatto è che non capisco cosa ti ha fatto cambiare idea. Perché vuoi andartene così lontano? Che bisogno c’è? Qui a Milano potresti fare la stessa cosa, no?
— Io non voglio stare a Milano, e non voglio stare in Italia, qui… mi fa tutto schifo, i politici, la gente, tutto.
— Cosa vuol dire? Che discorso è? — mi chiede Alice mentre la voce le si fa stridula tradendo la sua agitazione.
— I furbi, i puttanieri, i nazzistelli, le banalità, tutti i discorsi retorici, Ali, io sto cominciando a odiare la gente… lo so che è sbagliato, ma è così.
Inspiegabilmente, lei sorride alle mie parole, a dimostrazione che non la capirò mai.
— Luca, io su tante di queste cose sono d’accordo con te e poi… e poi, mi piace come le dici… ma allora perché scappi? Perché non stai qui e cerchi di cambiarle le cose?
— Io non scappo, io voglio fare qualcosa nella vita, qualcosa di bello e di grande, e quindi, intanto per cominciare, me ne voglio andare da qui.
— E la soluzione di tutto sarebbe andare in America? A studiare Economia? Io non ti seguo. Dicevi che volevi… mi parlavi di cinema, di letteratura, c’erano un sacco di cose che ti entusiasmavano. Cos’è che ti ha fatto cambiare idea? Tu non sei così.
Alice si ferma e questa volta abbandona la mia mano. Guarda verso il laghetto come se ci fosse un orizzonte infinito. Un nuovo gruppo di anatre naviga verso il bambino che dal bordo sta lanciando pezzi di pane secco. Ma c’è anche un anatroccolo che rimane in disparte, incurante del cibo.
— Ecco, quello sei tu — dice Alice indicando l’anatroccolo con un cenno della testa. — Tu sei sempre rimasto così, in disparte. Hai sempre guardato il mondo stando di lato, ed è per questo che mi piacevi, è per questo che mi sono innamorata di te. Io ero certa che, quando avessi deciso di fare qualcosa… non lo so, ero certa che ti saresti inventato qualcosa di incredibile, ero certa che mi avresti stupita. E invece all’improvviso ti accorgi che c’è un bambino che lancia del pane secco in acqua e mandi tutto al diavolo e corri lì a prendere anche tu il tuo boccone assieme agli altri…
— Ali, ma è proprio per evitare tutto questo che parto. Se rimanessi qui vorrebbe dire che… va be’, è inutile, neanche tu riesci a capire.
— No, Luca, io cerco di capirti, ci provo, davvero, ma quello che stai facendo mi sembra assurdo. Vuoi partire, dici che vuoi andartene, e poi vai a iscriverti a Economia in America. Cosa vuol dire? Vuoi diventare un manager? E da quando?
Alice smette di parlare e abbassa la testa. Il suo cellulare squilla nella borsa ma lei lo ignora.
— La cosa folle — continua — è che pure i tuoi ti incoraggiano, ti dicono di fare quello che ti senti, quello in cui credi sul serio, e tu invece…
— Ma non capisci che è proprio questo il problema? Non capisci che è quella la vita che io non voglio? I miei genitori hanno fatto le loro scelte, io ne voglio fare delle altre.
— E scappare sarebbe una scelta?
— Ali, tu proprio non vuoi capire, e se fossi ancora mia amica sono certo che adesso staresti dalla mia parte.
— Luca, io sono tua amica… ma sono anche la tua fidanzata, e se tu decidi di partire e andare a vivere in un altro continente, io devo capire. Ma come pensi che potremmo continuare a stare insieme?

2

Alice

— E ti fai tutti questi problemi per una storia a distanza? Tesoro, svegliati, siamo nel Ventunesimo secolo!
— Esatto, e non hanno ancora inventato il teletrasporto.
— Ali, c’è Skype, c’è Facebook, ci sono le tariffe del cellulare per l’estero…
— Ah be’, allora siamo a posto, adesso mi hai convinto, che stupida che sono, c’è Facebook, uau, dai, Mary…
Il cappuccino con Mary al bar davanti alla scuola è uno dei miei rituali preferiti. Tutti i mercoledì, quando io ho religione alla prima ora, ci ritroviamo al bar alle otto e mezzo per fare colazione insieme. Lei mi aggiorna sulle storie coi suoi fidanzati e io le racconto le mie menate.
— E poi ci sono i low cost, non è che non vi vedrete più.
— Se non fosse che io devo andare a scuola e non posso prendere l’aereo quando mi gira.
— Quindi ha veramente deciso? — mi chiede, abbandonando per un attimo la sua opera di persuasione in stile “le storie a distanza sono la cosa più bella del mondo”.
— Sì, oggi ne parlava con suo padre. Io non riesco a capire cosa gli abbia fatto cambiare idea. Deve essere successo qualcosa.
— Ma uno può anche cambiare idea senza che sia successo niente, no?
— Sì, certo che può, però se da un giorno all’altro decidi di fare l’opposto di quello che volevi fare, qualche sospetto ti viene…
— Tesoro, come siete difficili voi due.
Rimaniamo qualche secondo in silenzio mentre due uomini in giacca e cravatta entrano nel bar e avanzano spediti verso il bancone. Sono vestiti uguali, completo grigio scuro, scarpe marroni, tutti e due leggermente in sovrappeso e quando chiudono il piccolo ombrello nero mi sembra di assistere a uno spettacolo di nuoto sincronizzato. Provo a immaginarmi Luca, il mio Luca, con qualche chilo in più, un po’ di capelli in meno e, appunto, in giacca e cravatta. No, decisamente non ci siamo.
— Che hai? — mi chiede Mary. Devo aver fatto qualche faccia strana.
— Non voglio che Luca diventi così — dico indicando con un cenno della testa i due tizi.
Mary si gira per guardarli, ma sono loro che stanno già guardando nella nostra direzione. Con la coda dell’occhio, e continuando a parlare tra loro come se niente fosse… La verità è che Mary non passa mai inosservata. Questa mattina indossa un maglione bianco con una vistosa scollatura dove fa bella mostra di sé una collana di perle, mentre sotto il tavolo sono ben visibili le sue gambe fasciate da calze velate nere. In teoria avrebbe anche una specie di minigonna, ma praticamente non si vede. Ogni suo battito di ciglia fa voltare dieci ragazzi. Io per far voltare dieci ragazzi in un bar dovrei lanciarmi di faccia dal bancone.
— E poi non mi ci vedo in una storia a distanza! — esclamo io a quel punto per mettere ben in chiaro la situazione.
— Io sì… — dice Mary con un sorriso malizioso — un rapporto via webcam… sai quante cose si possono fare?
— Tipo?
Mary non risponde, si limita a guardarmi ammiccante.
— Non stai pensando quello che penso tu stia pensando… — azzardo, anche se so che purtroppo è così.
— Oh, Alice, sei proprio una suora! — mi prende in giro.
— Eh, già, secondo te gli faccio uno spogliarello?
— Perché no?
— Perché no? Perché non sono te, se fossi te glielo farei, ma visto che sono io…
— Starai lì a dirgli quanto ti manca e quanto lo ami…
— Infatti, sì, condendo il tutto con qualche frignata e qualche occasionale scenata di gelosia.
Mary finisce di bere il suo cappuccino. Poi mi guarda tranquilla, ed è esattamente in questo momento che con lei bisogna iniziare a preoccuparsi.
— Di cos’è che hai paura? — mi chiede.
Già, di cos’è che ho paura?
Ho paura che Luca incontri una bella ragazza straniera e ci vada a letto, ho paura che scopra un’altra vita più divertente, più piena e ripensi con noia e fastidio alla sua vecchia vita milanese, ho paura che si dimentichi di me, ho paura di perdere la nostra intimità, ho paura che le nostre strade si dividano, ho paura che questo bivio ci allontani per sempre.
— Ho paura di perderlo — ammetto.
— Ali, Luca è innamorato di te, da quant’è che state insieme ormai?
— Due anni.
— Due anni? — ripete lei quasi incredula.
— Ci siamo messi insieme due estati fa, quindi...

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