
- 464 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Il Corsaro Nero
Informazioni su questo libro
Un grande classico riccamente illustrato a colori. Scuro e spettrale il Corsaro Nero si staglia risoluto e audace al timone della sua Folgore, e precipita il lettore nell'universo fantastico dei pirati salgariani.
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Informazioni
Print ISBN
9788804593225eBook ISBN
9788852021961
Una voce robusta, che aveva una specie di vibrazione metallica, s’alzò dal mare ed echeggiò fra le tenebre, lanciando queste parole minacciose:
— Uomini del canotto! Alt! o vi mando a picco!…
La piccola imbarcazione, montata da due soli uomini, che s’avanzava faticosamente sui flutti color dell’inchiostro, fuggendo l’alta sponda che si delineava confusamente sulla linea dell’orizzonte, come se da quella parte temesse un grave pericolo, s’era bruscamente arrestata. I due marinai, ritirati rapidamente i remi, si erano alzati d’un sol colpo, guardando con inquietudine dinanzi a loro, e fissando gli sguardi su di una grande ombra, che pareva fosse improvvisamente emersa dai flutti.
Erano entrambi sulla quarantina, ma dai lineamenti energici e angolosi, resi più arditi dalle barbe folte, irte e che forse mai avevano conosciuto l’uso del pettine e della spazzola.
Due ampi cappelli di feltro in più parti bucherellati e colle tese sbrindellate, coprivano le loro teste; camicie di flanella, lacerate e scolorite e prive di maniche, riparavano malamente i loro robusti petti, strette alla cintura da fascie rosse, del pari ridotte in stato miserando, ma sostenenti un paio di quelle grosse e pesanti pistole che si usavano verso la fine del sedicesimo secolo. Anche i loro corti calzoni erano laceri e le gambe ed i piedi, privi di scarpe, erano imbrattati di fango nerastro.
Quei due uomini che si sarebbero potuti scambiare per due evasi da qualche penitenziario del golfo del Messico, se in quel tempo fossero esistiti quelli fondati più tardi alle Guiane, vedendo quella grande ombra che spiccava nettamente sul fondo azzurro cupo dell’orizzonte, fra lo scintillìo delle stelle, si scambiarono uno sguardo inquieto.
— Guarda un po’, Carmaux, — disse colui che pareva il più giovane. — Guarda bene, tu che hai la vista più acuta di me. Sai che si tratta di vita o di morte.
— Vedo che è un vascello e sebbene non sia lontano più di tre tiri di pistola, non saprei dire se viene dalla Tortue o dalle colonie spagnuole.
— Che siano amici?… Uhm! Osare spingersi fin qui, quasi sotto i cannoni dei forti, col pericolo d’incontrare qualche squadra di navi d’alto bordo scortante qualche galeone pieno d’oro!…
— Comunque sia ci hanno veduti, Wan Stiller, e non ci lascieranno fuggire. Se lo tentassimo, un colpo di mitraglia sarebbe sufficiente a mandarci tutti e due a casa di Belzebù.
La stessa voce di prima, potente e sonora, echeggiò per la seconda volta fra le tenebre, perdendosi lontana sulle acque del Gran Golfo:
— Chi vive?
— Il diavolo, — borbottò colui che si chiamava Wan Stiller.
Il compagno invece salì sul banco e con quanta voce aveva, gridò:
— Chi è l’audace che vuol sapere da qual paese veniamo noi?… Se la curiosità lo divora, venga da noi e gliela pagheremo a colpi di pistola.
Quella smargiassata, invece di irritare l’uomo che interrogava dal ponte della nave, parve che lo rendesse lieto, poiché rispose:
— I valorosi s’avanzino e vengano ad abbracciare i Fratelli della Costa!…
I due uomini del canotto avevano mandato un grido di gioia.
— I Fratelli della Costa! — avevano esclamato. Poi colui che si chiamava Carmaux, aggiunse: — Il mare m’inghiotta, se non ho conosciuta la voce che ci ha data questa bella nuova.
— Chi credi che sia? — chiese il compagno, che aveva ripreso il remo, manovrandolo con supremo vigore.
— Un uomo solo, fra tutti i valorosi della Tortue, può osare spingersi fino sotto i forti spagnuoli.
— Chi?…
— Il Corsaro Nero.
— Tuoni d’Amburgo!… Lui!… Proprio lui!…
— Che triste notizia per quell’audace marinaio!… — mormorò Carmaux con un sospiro. — Ed è proprio morto!…
— Mentre lui forse sperava di giungere in tempo per strapparlo vivo dalle mani degli spagnuoli, è vero, amico?
— Sì, Wan Stiller.
— Ed è il secondo che gli appiccano!…
— Il secondo, sì. Due fratelli, e tutti e due appesi alla forca infame!…
— Si vendicherà, Carmaux.
— Lo credo e noi saremo con lui. Il giorno che vedrò strangolare quel dannato governatore di Maracaybo, sarà il più bello della mia vita e darò fine ai due smeraldi che tengo cuciti nei miei pantaloni. Saranno almeno mille piastre che mangierò coi camerati.
— Ah! Ci siamo! Te lo diceva1 io? È la nave del Corsaro Nero!…
II vascello che poco prima non si poteva ben discernere in causa della profonda oscurità, non si trovava allora che a mezza gomena dal piccolo canotto.
Era uno di quei legni da corsa che adoperavano i filibustieri della Tortue per dare la caccia ai grossi galeoni spagnuoli, recanti in Europa i tesori dell’America centrale, del Messico e delle regioni equatoriali.
Buoni velieri, muniti d’alta alberatura per poter approfittare delle brezze più leggiere, colla carena stretta, la prora e la poppa sopratutto altissime come si usavano in quell’epoca, e formidabilmente armati.
Dodici bocche da fuoco, dodici caronade2, sporgevano le loro nere gole dai sabordi3 , minacciando a babordo ed a tribordo, mentre sull’alto cassero si allungavano due grossi cannoni da caccia, destinati a spazzare i ponti a colpi di mitraglia.
Il legno corsaro si era messo in panna per attendere il canotto, ma sulla prora si vedevano, alla luce d’un fanale, dieci o dodici uomini armati di fucili, i quali parevano pronti a far fuoco al minimo sospetto.
I due marinai del canotto, giunti sotto il bordo del veliero, afferrarono una fune che era stata loro gettata insieme ad una scala di corda, assicurarono l’imbarcazione, ritirarono i remi, poi si issarono sulla coperta con un’agilità sorprendente. Due uomini, entrambi muniti di fucile, puntarono su di essi le armi, mentre un terzo s’avvicinava, proiettando su i nuovi arrivati la luce d’una lanterna.
— Chi siete? — fu chiesto loro.
— Per Belzebù mio patrono!… — esclamò Carmaux. — Non si conoscono più gli amici?…
— Un pesce-cane mi mangi se questi non è il biscaglino4 Carmaux!… — gridò l’uomo della lanterna. — Come sei ancora vivo, mentre alla Tortue ti si credeva morto?… Toh!… Un altro risuscitato!… Non sei tu l’amburghese Wan Stiller?…
— In carne ed ossa, — rispose questi.
— Anche tu adunque sei sfuggito al capestro?…
— Eh!… La morte non mi voleva ed io ho pensato che era meglio vivere qualche anno ancora.
— Ed il capo?…
— Silenzio, — disse Carmaux.
— Puoi parlare: è morto?…
— Banda di corvi!… Avete finito di gracchiare?… — gridò la voce metallica, che aveva lanciata quella frase minacciosa agli uomini del canotto.
— Tuoni d’Amburgo!… Il Corsaro Nero!… — borbottò Wan Stiller, con un brivido. Carmaux, alzando la voce, rispose:
— Eccoci comandante.
Un uomo era sceso allora dal ponte di comando e si dirigeva verso di loro, con una mano appoggiata al calcio d’una pistola che pendevagli dalla cintola.
Era vestito completamente di nero e con una eleganza che non era abituale fra i filibustieri del grande golfo del Messico, uomini che si accontentavano di un paio di calzoni e d’una camicia, e che curavano più le loro armi che gli indumenti.
Portava una ricca casacca di seta nera, adorna di pizzi d’egual colore, coi risvolti di pelle egualmente nera; calzoni pure di seta nera, stretti da una larga fascia frangiata; alti stivali alla scudiera e sul capo un grande cappello di feltro adorno d’una lunga piuma nera che gli scendeva fino alle spalle.
Anche l’aspetto di quell’uomo aveva, come il vestito, qualche cosa di funebre, con quel volto pallido, quasi marmoreo, che spiccava stranamente fra le nere trine del colletto e le larghe tese del cappello, adorno d’una barba corta, nera, tagliata alla nazzarena5 ed un po’ arricciata.
Aveva però i lineamenti bellissimi: un naso regolare, due labbra piccole e rosse come il corallo, una fronte ampia solcata da una leggiera ruga che dava a quel volto un non so che di malinconico, due occhi poi neri come carbonchi, d’un taglio perfetto, dalle ciglie lunghe, vividi e animati da un lampo tale che in certi momenti doveva sgomentare anche i più intrepidi filibustieri di tutto il Golfo.
La sua statura alta, slanciata, il suo portamento elegante, le sue mani aristocratiche, lo facevano conoscere, anche a prima vista, per un uomo d’alta condizione sociale e sopratutto per un uomo abituato al comando.
I due marinai del canotto, vedendolo avvicinarsi, si erano guardati in viso con una certa inquietudine, mormorando:
— Il Corsaro Nero!
— Chi siete voi e da dove venite? — chiese il Corsaro, fermandosi dinanzi a loro e tenendo sempre la destra sul calcio della pistola.
— Noi siamo due filibustieri della Tortue, due Fratelli della Costa, — rispose Carmaux.
— E venite?
— Da Maracaybo.
— Siete fuggiti dalle mani degli spagnuoli?
— Sì, comandante.
— A qual legno appartenevate?
— A quello del Corsaro R...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Il Corsaro Nero
- 1. I filibustieri della Tortue
- 2. Una spedizione audace
- 3. Il prigioniero
- 4. Un duello fra quattro mura
- 5. L’appiccato
- 6. La situazione dei filibustieri si aggrava
- 7. Un duello fra gentiluomini
- 8. Una fuga prodigiosa
- 9. Un giuramento terribile
- 10. A bordo della Folgore
- 11. La duchessa fiamminga
- 12. La prima fiamma
- 13. Fascini misteriosi
- 14. Gli uragani delle Antille
- 15. La filibusteria
- 16. Alla Tortue
- 17. La villa del Corsaro Nero
- 18. L’odio del Corsaro Nero
- 19. L’assalto di Maracaybo
- 20. La caccia al governatore di Maracaybo
- 21. Nella foresta vergine
- 22. La savana tremante
- 23. L’assalto del giaguaro
- 24. Le disgrazie di Carmaux
- 25. Gli antropofaghi della foresta vergine
- 26. L’imboscata degli Arawaki
- 27. Fra le freccie e gli artigli
- 28. I succhiatori di sangue
- 29. La fuga del traditore
- 30. La caravella spagnuola
- 31. L’assalto al cono
- 32. Nelle mani di Wan Guld
- 33. La promessa d’un gentiluomo castigliano
- 34. L’Olonese
- 35. La presa di Gibraltar
- 36. Il giuramento del Corsaro Nero
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