Il meraviglioso Mago di Oz (Mondadori)
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Il meraviglioso Mago di Oz (Mondadori)

  1. 216 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il meraviglioso Mago di Oz (Mondadori)

Informazioni su questo libro

Un grande classico riccamente illustrato a colori.
Dorothy vive tranquilla nelle praterie del Kansas insieme al suo cagnolino Toto. Ma un giorno un potentissimo ciclone si abbatte sulla sua casa e la trascina lontano, in un paese davvero strano, popolato da bizzarri personaggi: uno Spaventapasseri, un Boscaiolo di Latta, un Leone Codardo. Insieme a loro la bambina partirà alla ricerca del Grande Mago di Oz, per chiedergli di esaurire il più grande desiderio di ognuno di loro: lo Spaventapasseri vorrebbe un cervello, il boscaiolo un cuore e il Leone il coraggio. La strada per la Città di Smeraldo è lunga e piena di insidie: streghe, lupi, corvi, api e scimmie alate ostacolano il loro cammino. Ma qual'è il desiderio della piccola Dorothy?

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
Print ISBN
9788804565451
eBook ISBN
9788852021831
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Dorothy abitava in mezzo alle grandi praterie del Kansas, con lo Zio Henry, che faceva il fattore, e la Zia Em, che faceva la moglie del fattore. La casa era piccola, perché la legna per costruirla l’avevano dovuta portare col carro, da molto lontano. C’erano quattro pareti, un pavimento e un tetto, dal che risultava una stanza; e questa conteneva un fornello arrugginito, un armadio per i piatti, un tavolo, tre o quattro sedie, e i letti. Lo Zio Henry e la Zia Em avevano un letto grande in un angolo, e Dorothy un letto piccolo in un altro angolo. Non c’erano soffitta né cantina – c’era soltanto una piccola buca scavata nella terra e chiamata “cantina da ciclone”, per dare rifugio alla famiglia nel caso arrivasse una di quelle grandi bufere di vento, tanto forti da schiantare qualsiasi edificio. Era una buca stretta e buia, e ci si arrivava attraverso una botola in mezzo al pavimento, e una scala a pioli.
Quando Dorothy si fermava sulla soglia di casa e si guardava intorno da ogni lato, non vedeva altro che la grande prateria grigia. Né un albero né una casa interrompevano la vasta pianura che arrivava in ogni direzione fino al limite del cielo.
Il sole aveva arrostito la terra rimossa dall’aratro fino a farne una massa grigia, percorsa da piccole spaccature. Nemmeno l’erba era verde, perché il sole aveva bruciato le punte dei lunghi fili fino a renderle dello stesso color grigio che si vedeva dappertutto. Una volta la casa era stata verniciata, ma poi il sole aveva disseccato il colore, e la pioggia lo aveva lavato, e ora anche la casa era smorta e grigia come tutto il resto.
Quando era venuta ad abitare lí, la Zia Em era una sposa giovane e carina. Sole e vento avevano cambiato anche lei. Le avevano tolto la luce dagli occhi, lasciandoli di un grigio sommesso; e le avevano tolto il rosso da guance e bocca, che erano diventate, manco a dirlo, grigie. Era magra e segaligna, ora, e non sorrideva piú. Nei primi tempi in cui Dorothy, che era orfana, era venuta a stare con lei, la Zia Em si era talmente stupita del riso della bambina da lanciare un grido premendosi la mano sul cuore ogni volta che quella vocetta allegra le arrivava alle orecchie; e ancora adesso guardava la bambina come meravigliandosi che potesse trovare qualcosa da ridere.
Lo Zio Henry non rideva mai. Lavorava sodo da mattina a sera e non sapeva cosa fosse l’allegria. Anche lui era grigio, dalla lunga barba agli stivalacci, e aveva un aspetto rigido e solenne, e parlava di rado.
Era Toto a far ridere Dorothy, e a impedirle di diventare grigia come tutto il resto. Toto non era grigio; era un cagnolino nero dal pelo lungo e serico e dagli occhietti neri che scintillavano giulivi sui due lati di un buffo nasetto. Toto giocava tutto il giorno, e Dorothy giocava con lui, e lo amava teneramente.
Oggi però non giocavano. Lo Zio Henry era seduto sul gradino della porta di casa e fissava preoccupato il cielo, che era anche piú grigio del solito. Dorothy era in piedi sulla porta con Toto in braccio, e guardava il cielo anche lei. La Zia Em lavava i piatti.
Dal lontano Nord udirono un tenue gemito di vento, e lo Zio Henry e Dorothy videro la lunga erba piegarsi formando delle onde, sotto l’arrivo della tempesta. Poi da sud venne un sibilo secco nell’aria; si voltarono in quella direzione e videro l’erba che si increspava anche lí.
Lo Zio Henry si alzò di scatto.
— Em! C’è un ciclone in arrivo — disse alla moglie. — Io vado a vedere le bestie. — Poi corse verso le tettoie che riparavano mucche e cavalli.
La Zia Em posò quello che aveva in mano e venne sulla porta. Le bastò un’occhiata per capire che il pericolo era vicino.
— Presto, Dorothy! — gridò. — Corri in cantina!
Toto saltò giú dalle braccia di Dorothy e si nascose sotto il letto, e la bambina gli corse dietro. La Zia Em, spaventatissima, spalancò la botola sul pavimento e scese giú per la scala nella buca stretta e buia. Finalmente Dorothy acchiappò Toto e si avviò per seguire la zia. Ma quando era in mezzo alla stanza si sentí un grande urlo prodotto dal vento, e la casa tremò cosí forte che la bambina perse l’equilibrio e si ritrovò di colpo seduta sul pavimento.
E poi successe una cosa strana.
La casa girò due o tre volte su se stessa e si alzò lentamente in aria. A Dorothy fece l’effetto di trovarsi in pallone.
I venti del Nord e quelli del Sud si erano scontrati nel punto preciso dove la casa si trovava, facendone il centro del ciclone. Di solito al centro di un ciclone l’aria è immobile; ma per la gran pressione del vento su tutti i lati della casa, questa finí per sollevarsi sempre piú in alto, fino al culmine stesso del ciclone; e lí rimase, e fu trasportata per miglia e miglia, cosí come voi potreste trasportare una piuma.
Faceva un gran buio, e il vento ululava orribilmente da tutte le parti, ma Dorothy trovò il viaggio molto agevole. Dopo i primi giri, e un’altra volta quando la casa si inclinò pericolosamente, le fece l’effetto di essere dondolata con dolcezza, come un bambino nella culla.
A Toto la cosa non piacque. Correva per la stanza senza sosta, abbaiando forte; Dorothy invece se ne stava seduta in terra ferma ferma, ad aspettare il seguito.
Una volta Toto finí troppo vicino alla botola aperta, e ci cascò dentro, e sulle prime la bambina credette di averlo perduto. Ma ben presto vide un orecchio del cane far capolino dalla buca, perché la pressione dell’aria lo teneva sospeso. Dorothy strisciò fino alla buca, prese Toto per l’orecchio e lo trascinò di nuovo nella stanza; e poi chiuse la botola, per evitare altri incidenti.
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Passarono le ore, e lentamente Dorothy superò lo spavento; ma si sentiva molto sola, e il vento le urlava intorno da tutte le parti cosí forte che per poco non la assordò. Sulle prime Dorothy si era domandata se non sarebbe finita maciullata quando la casa fosse ricaduta sulla terra; ma via via che le ore passavano e non succedeva niente di tremendo, smise di preoccuparsi e decise di aspettare con calma per vedere cosa tenesse in serbo il futuro. Alla fine avanzò carponi sul pavimento malfermo fino al suo letto, dove si coricò; e Toto le venne dietro e si coricò accanto a lei.
Malgrado il dondolio della casa e i gemiti del vento, ben presto Dorothy chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.
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La destò un urlo, cosí improvviso e violento che se non fosse stata distesa sul morbido letto si sarebbe potuta far male. Cosí, la scossa la lasciò un momento senza fiato, e incerta su cosa fosse successo; e Toto le appoggiò il nasino freddo sul viso ed emise un uggiolio desolato. Dorothy si rizzò a sedere e notò che la casa non si muoveva piú; e il buio era finito, poiché dalla finestra entrava la luce brillante del sole, inondando la stanzetta. Dorothy saltò giú dal letto e inseguita da Toto corse ad aprire la porta.
La bambina emise un grido di stupore e si guardò intorno con occhi sempre piú grandi alla vista di uno spettacolo meraviglioso.
Il ciclone aveva deposto la casa – con molta delicatezza da parte di un ciclone – in mezzo a una campagna di bellezza straordinaria. Tutto intorno c’erano bellissime chiazze di verde, con maestosi alberi carichi di frutta succulenta e matura. Dappertutto c’erano aiole di fiori sgargianti, e uccelli dalle piume rare e colorate cantavano e svolazzavano sugli alberi e sui cespugli. Poco lontano scorreva un ruscelletto che rimbalzava lucente fra due sponde verdi, sussurrando con una voce molto piacevole per una bambina che aveva passato tanto tempo nelle aride e grigie praterie.
Mentre rimaneva immobile a contemplare avidamente quello strano e avvincente spettacolo, Dorothy notò venire verso di lei un gruppo composto dalle persone piú bizzarre che avesse mai visto. Non erano grandi come gli adulti ai quali era abituata; ma non erano nemmeno piccolissime. Di fatto, sembravano all’incirca delle dimensioni di Dorothy, che era alta per una bambina della sua età, malgrado costoro fossero, almeno a giudicare dall’aspetto, piú anziani di molti anni.
Erano tre uomini e una donna, e tutti vestiti in modo curiosissimo. Portavano cappelli rotondi a cono, alti poco piú di un palmo e col bordo guarnito di campanellini che tintinnavano dolcemente a ogni movimento. I cappelli degli uomini erano blu; quello della donnina era bianco, e sormontava una veste bianca che le scendeva con pieghe dalle spalle, tempestata di stelline che luccicavano al sole come diamanti. Gli uomini erano vestiti di blu, nella stessa sfumatura dei cappelli, e portavano stivali lucidissimi dall’ampio bordo pure blu. Gli uomini, pensò Dorothy, avevano all’incirca l’età dello Zio Henry, perché due di loro avevano la barba. Ma la donnina era certamente molto piú vecchia: aveva il viso coperto di rughe, i capelli quasi bianchi, e camminava con una certa rigidezza.
Quando costoro furono vicini alla soglia della casa, da cui Dorothy non si era mossa, sostarono e si scambiarono mormorii, come avendo paura di venire piú avanti. Ma poi la vecchina si avvicinò fino a Dorothy, fece un profondo inchino e disse, con voce dolce: — Benvenuta, o nobile Maga, al Paese dei Munchkin. Ti siamo immensamente grati per avere ucciso la Malvagia Strega dell’Est, liberando cosí il nostro popolo dalla schiavitú.
Dorothy stette a sentire queste parole con meraviglia. Che poteva voler dire quella donnina, dandole cosí della maga e dicendo che aveva ucciso la Malvagia Strega dell’Est? Dorothy era una innocente e innocua bambinetta, trasportata da un ciclone a molte miglia da dove abitava; e non aveva mai ucciso nessuno in vita sua.
Ma la donnina evidentemente si aspettava una risposta; pertanto Dorothy disse, non senza esitazione: — Sei molto gentile; ma ci dev’essere uno sbaglio. Io non ho ucciso nessuno.
— La tua casa sí, però — rispose la vecchina con una risata — il che fa lo stesso. Guarda! — continuò, indicando l’angolo della casa. — Quelli sono i suoi alluci che sbucano ancora sotto un blocco di legno.
Dorothy guardò ed emise un gridolino di spavento. Proprio cosí: sotto l’angolo del gran trave che sosteneva la casa spuntavano due piedi calzati in scarpe d’argento con la punta all’insú.
— Santo cielo! — esclamò Dorothy congiungendo le mani in un gesto di disperazione. — Evidentemente la casa le è caduta addosso. E ora che si fa?
— Non c’è niente da fare — disse calma la donnina.
— Ma chi era? — domandò Dorothy.
— Te l’ho detto: era la Malvagia Strega dell’Est — rispose la donnina. — Da molti anni teneva in schiavitú i Munchkin, giorno e notte. Ora sono tutti liberi, e ti sono grati del favore.
— E chi sono i Munchkin? — indagò Dorothy.
— Sono il popolo che abita in questa Terra dell’Est, dove regnava la Strega Malvagia.
— Tu sei una Munchkin? — chiese Dorothy.
— No, ma sono loro amica, anche se vivo nel Paese del Nord. Quando hanno visto che la Strega dell’Est era morta, i Munchkin mi hanno mandato di corsa un messaggero e sono venuta subito. Io sono la Strega del Nord.
— Santo cielo! — esclamò Dorothy. — Sei davvero una strega?
— Altroché — rispose la donnina. — Ma sono una strega buona, e la gente mi vuol bene. Non ho il potere della Strega Malvagia che governava qui, altrimenti avrei liberato il popolo io stessa.
— Ma io credevo che tutte le streghe fossero malvagie — disse la bambina, un po’ spaventata dal trovarsi faccia a faccia con una strega vera.
— Ma no, è un grosso equivoco. C’erano soltanto quattro streghe in tutto il Paese di Oz, e due, quelle che abitano al Nord e al Sud, sono streghe buone. Lo so di sicuro, perché una sono io, e non mi posso sbagliare. Sí, quelle che vivevano all’Est e all’Ovest erano streghe malvagie; ma ora che tu ne hai uccisa una, non rimane che una sola Strega Malvagia in tutto il Paese di Oz – quella che vive all’Ovest.
— Ma — disse Dorothy, dopo un momento di riflessione — la Zia Em mi ha detto che le streghe erano morte tutte… tantissimi anni fa.
— Chi è la Zia Em? — indagò la vecchi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il meraviglioso Mago di Oz
  3. Introduzione
  4. 1. Il ciclone
  5. 2. L’incontro con i Munchkin
  6. 3. Come Dorothy salvò lo Spaventapasseri
  7. 4. La strada nella foresta
  8. 5. Il salvataggio del Boscaiolo di Latta
  9. 6. Il Leone Vigliacco
  10. 7. Il viaggio dal Grande Oz
  11. 8. Il campo dei papaveri velenosi
  12. 9. La Regina dei Topi di campo
  13. 10. Il Guardiano delle Porte
  14. 11. La meravigliosa Città di Smeraldo di Oz
  15. 12. La ricerca della Strega Malvagia
  16. 13. Il salvataggio
  17. 14. Le Scimmie Alate
  18. 15. Lo smascheramento del Terribile Oz
  19. 16. L’arte magica del Grande Imbroglione
  20. 17. Come fu lanciato il pallone
  21. 18. Verso sud
  22. 19. L’attacco degli alberi guerrieri
  23. 20. Il grazioso paese di porcellana
  24. 21. Il Leone diventa Re degli Animali
  25. 22. Il Paese dei Quadling
  26. 23. La Strega Buona esaudisce Dorothy
  27. 24. Di nuovo a casa
  28. Copyright