Tutti Santi me compreso
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Tutti Santi me compreso

  1. 168 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Tutti Santi me compreso

Informazioni su questo libro

Circa una quarantina di anni fa la Chiesa di Roma minacciò di togliere San Gennaro dal calendario. Le notizie che lo riguardavano erano poche e quelle poche erano anche sospette. I resoconti sul suo martirio non erano attendibili. Dopo una lunga contrattazione con la curia di Napoli, il Vaticano concesse il culto del santo, ma solo su base locale. San Gennaro diventava insomma un santo di serie B. Il primo pensiero che venne in mente ai napoletani fu: "Gesù, vuoi vedere che mo il santo si è offeso?". Bisognava consolarlo. E sui muri della città apparvero delle scritte per tirarlo un po' su: "San Gennà, futtatenne".
Luciano De Crescenzo, in più di trent'anni e trenta libri, ha raccontato il volto meno consueto e più umano dei filosofi e dei miti greci. In questo libro ci narra con la sua ironia e sapiente leggerezza le vite dei santi, togliendo loro l'aura dei santini per farli sentire un po' più simili e vicini a noi. San Gennaro appunto (e il vero significato del suo miracolo), Sant'Agostino ("il mio preferito perché ha inventato il Purgatorio, il pressappoco del Paradiso"), San Tommaso ("non ebbe nessuna donna, speriamo che in Paradiso lo si possa ricompensare"). L'elenco dei santi è lungo, quello delle sante un po' meno "perché a parte mia madre non mi sono mai piaciute troppo". Il filosofo partenopeo più amato nel mondo (il suo primo libro, Così parlò Bellavista, è stato appena inserito nella lista dei 150 libri più significativi nella storia dell'Italia unita) intreccia mirabilmente la vita dei santi con la sua, fino a giungere a una conclusione assolutoria, anche per ciascuno di noi: "A forza di leggere le vite dei santi mi sono convinto che anch'io potrei avere una qualche piccola speranza. Io nella vita volontariamente non ho mai fatto del male a nessuno, e già questa mi sembra una buona partenza". E pensando ai molti suoi splendidi libri, a quanto sia riuscito a diffondere la cultura fra le persone, verrebbe la tentazione anche di attribuirgli qualche miracolo.

Domande frequenti

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Informazioni

SANTI PATRONI

San Nicola

Si festeggia: il 6 dicembre.
Protegge: tutti i ragazzini e gli studenti,
i pescatori, i commercianti,
i naviganti, i farmacisti.
È patrono: di Bari, Lecco, Lagonegro (Potenza), Sassari.
Ogni volta che in mia presenza qualcuno nomina Babbo Natale, il pensiero inevitabilmente va a mio zio Alfonso. Non ho dubbi sul fatto che zio Alfonso sia l’uomo che mi ha insegnato di più sulla festività del 25 dicembre. Va detto che sull’argomento lui non era un semplice appassionato, aveva una vera e propria laurea. Era capace di parlare per ore, di tenere delle lezioni, a volte dei comizi, su presepi, pastori, alberi di Natale e materiale affine.
«L’umanità» spiegava zio Alfonso «si divide in presepisti e alberisti. E non è una differenza da poco, anzi è fondamentale. Quelli che amano il presepe sono i romantici, quelli che hanno il cuore rivolto ai sentimenti; quelli che preferiscono l’albero di Natale, le palle di vetro e i nastri colorati sono invece attratti dalla pura forma e dal denaro.»
Allora io gli chiedevo:
«Zio Alfò, io che sto aspettando Babbo Natale da che parte sto?»
«Attento ragazzo, qua rischiamo seriamente che tu diventi un alberista. Bisogna stare all’erta, imparare quando si è ancora giovani. Vedi, il mondo ha un problema: noi non sappiamo mai a quale categoria appartengono le persone che ci troviamo di fronte. Ci vorrebbe una legge che obbliga a dichiararlo e a scriverlo pure sul documento d’identità: il signor Tal dei Tali è nato a…, risiede a… ed è un presepista. Quasi sempre, purtroppo, veniamo a sapere certe cose quando è troppo tardi. Guaglió, tu lo sai perché io non mi sono mai sposato? Perché le donne sono quasi tutte alberiste. E io questo rischio non lo potevo correre.»
Molto più tardi, ho scoperto che Babbo Natale è un santo, uno di quelli che stanno anche sul calendario. Alcuni di voi sapranno già che Babbo Natale e san Nicola sono la stessa persona. Non dovete immaginare una specie di Superman che ogni tanto si trasforma cambiandosi gli abiti. Dovete immaginare invece un vescovo del III-IV secolo, al quale i fedeli dell’epoca attribuivano poteri enormi, a causa della stima e dell’amore che nutrivano nei suoi confronti. Una stima e un amore che Nicola, nato a Pàtara in Asia Minore, la terra che oggi chiamiamo Turchia, si era interamente meritati. Infatti mostrò di essere particolarmente generoso, e in molte occasioni di avere a cuore più la felicità della sua gente che non il grande patrimonio ereditato dai genitori.
Fu nominato vescovo della città di Myra, anch’essa in Asia Minore, quando era ancora molto giovane e possiamo dire che acquisì la carica per acclamazione popolare. Siamo poco dopo il 300 e sul trono dell’Impero romano era seduto Diocleziano, imperatore che ogni tanto disponeva persecuzioni durissime a danno dei cristiani, le stesse che causarono il martirio di san Gennaro e di tanti altri. Insomma, era veramente un periodo difficile.
Nicola era ricco di famiglia, ma pare che il suo grande interesse fosse il prossimo, le condizioni orribili in cui vivevano in tanti più sfortunati di lui. Un giorno venne a sapere di un padre disperato che avrebbe tanto voluto dare in sposa le proprie tre figlie. Quest’uomo sfortunato era povero, al punto da non poter dare a nessuna delle tre una dote sufficiente per prendere marito. La faccenda si stava mettendo male, perché il padre era addirittura pronto a far prostituire le tre figlie pur di procurare il denaro che serviva. Vai a capire perché aveva questa fissazione sul conto delle ragazze:
«Meglio zoccole che zitelle.»
E qui intervenne Nicola. Preparò tre sacchetti pieni di monete d’oro e li collocò di nascosto nella casa del poveraccio.
Una volta rientrato a casa, l’uomo vide i sacchetti e si stupì.
«Chi li ha messi qui?»
Li aprì e trovò quella sorpresa preziosa e luccicante, una sorpresa che era la soluzione a tutti i suoi guai. Per questo motivo il santo viene quasi sempre rappresentato, nei dipinti e nelle sculture, con tre sacchetti tra le mani.
A voler essere pignoli, questa sembra più la storia di un futuro munaciello, lo spiritello buono che lasciava denaro nelle case, che non di colui che sarebbe diventato Babbo Natale.
In ogni caso, questo piccolo episodio non bastò a Nicola. Una volta vescovo, volle affrontare la questione della povertà di tanti bambini della sua terra e contemporaneamente pensò di diffondere il cristianesimo nella maniera più efficace e più concreta. Chiamò perciò i parroci della sua regione e disse loro:
«Ascoltatemi bene, ognuno di voi porterà in giro per il paese sacchi pieni di regali e li distribuirà a tutti i bambini.»
Nacque così la lunghissima e fortunatissima leggenda di Babbo Natale, il vecchietto vestito di rosso, con la barba bianca e col sacco pieno di doni. È proprio da questo vescovo, l’uomo che poi per la Chiesa universale diventò san Nicola di Myra, che prese corpo la tradizione olandese di Sinterklaas, che infatti nella versione originale indossa un abito vescovile. Successivamente diventò Santa Claus nei paesi di lingua anglosassone, e più tardi per noi italiani si è trasformato in Babbo Natale.
Intorno all’anno Mille nasce il legame strettissimo tra san Nicola e la città di Bari, un legame che fa del santo il patrono della città. Tanto che per me san Nicola sarà sempre san Nicóla, pronunciato con la “o” molto chiusa, come con grande naturalezza fa ogni barese.
Questa devozione nacque durante la dominazione bizantina. In quel periodo la Puglia importò il culto di san Nicola e se ne affezionò in modo appassionato. Fino al punto di organizzare una spedizione di marinai coraggiosissimi che una mattina salparono e raggiunsero le coste della Licia, la terra dove erano custodite le spoglie del santo. Volevano impadronirsene e portarle a Bari, dove intanto era già in costruzione una basilica dedicata a Nicola. Questi sessantasette marinai senza paura riuscirono davvero nell’impresa. A conti fatti, perciò, è ormai un millennio che i resti di san Nicola hanno a Bari un nuovo tetto e una nuova patria.
Non voglio passare per blasfemo, ma su san Nicola e sui resti portati a Bari si può chiudere con la frase che fu scritta come epitaffio sulla tomba di Napoleone: HIC CINERES, UBIQUE NOMEN. “Qui stanno le ceneri, il suo nome è dappertutto.”

San Gennaro

Si festeggia: il 19 settembre.
Protegge: gli orafi e i donatori di sangue.
È patrono: di Napoli, Benevento
e Notaresco (Teramo).
I napoletani sono un popolo pieno di devozione cristiana, ma non hanno mai veramente abbandonato le tradizioni pagane. Sono sempre rimasti un po’ politeisti. È proprio l’idea di Dio, del Dio che è uno, che noi napoletani facciamo fatica a digerire. Prendete i protestanti, quelli appena hanno un guaio, anche piccolissimo, dicono subito: “My God”. Noi non diciamo mai “Mio Dio”, preferiamo rivolgerci a qualcuno di più preciso, per questo invochiamo i santi, quelli di provata efficacia e soprattutto specializzati nel settore della grazia che viene richiesta. E visto che san Gennaro ha dimostrato buoni risultati quando è stato chiamato per le eruzioni del Vesuvio, i napoletani gli sono eternamente grati.
In certi casi particolari, si sceglie di rivolgersi alle anime del purgatorio. Qui qualcuno può obiettare: e perché non a quelle del paradiso, non sono più influenti, più introdotte? Ma il punto è proprio questo e i napoletani lo sanno. Le anime del paradiso se ne fottono, ormai vivono la loro estasi celeste, hanno raggiunto l’obiettivo e di quello che succede quaggiù non gliene importa niente. Invece le anime del purgatorio lottano ancora, hanno bisogno delle preghiere. E allora nasce lo scambio, la convenienza reciproca. Noi preghiamo per loro, per la redenzione definitiva, e loro intanto pregano per noi, per farci prendere un Superenalotto o un posto fisso al comune.
Circa una quarantina di anni fa la Chiesa di Roma fece capire che all’esistenza di san Gennaro non credeva troppo.
«Abbiamo tanti dubbi, lo eliminiamo anche dal calendario.»
La curia di Napoli si offese e si fece sentire:
«E noi ai napoletani che diciamo? Nun pazziammo. San Gennaro c’è stato, san Gennaro ci deve essere stato.»
Tutto questo succedeva dopo il Concilio Vaticano II. La commissione formata da vescovi e teologi chiamata Congregazione dei Riti decise che le notizie su san Gennaro erano poche e quelle poche erano anche sospette. I resoconti sul suo martirio non erano attendibili. Perciò, con la riforma liturgica del 1969, il titolo di santo veniva revocato. Una situazione piuttosto imbarazzante nella quale Gennaro non si trovava nemmeno da solo; al suo fianco c’erano santa Veronica, santa Filomena e qualcun altro. Quando la Chiesa napoletana alzò la voce, il Vaticano le venne un po’ incontro:
«Voi questo san Gennaro lo volete proprio? E va bene, lo rifacciamo santo e ve lo ridiamo. Però ve lo tenete voi. Il suo culto da questo momento avrà una diffusione esclusivamente locale.»
San Gennaro diventava un santo minore, un santo ammaccato, un santo di serie B.
Il primo pensiero che venne in mente ai napoletani fu:
“Gesù, vuoi vedere che mo il santo si è offeso?”
Bisognava consolarlo. E sui muri della città apparvero delle scritte per tirarlo un po’ su, come questa rimasta celebre:
SAN GENNÀ, FUTTATENNE.
Ecco perché dicevo che a noi non importa se è esistito o no. Certo, i napoletani possono sembrare un popolo di creduloni che si fida della leggenda di san Gennaro e del suo sangue. Ma perché, gli altri italiani sono più furbi? Se veramente i napoletani sono fessi, non superano la media nazionale. Come la mettiamo coi segni zodiacali e gli oroscopi, sui quali ogni giorno ci informano i telegiornali e i quotidiani più autorevoli? Ditemi voi se sono più tonti i napoletani che credono al sangue che si scioglie, al quale almeno possono assistere in diretta, o sono più chiochiari (babbei) quelli che sperano di innamorarsi perché Venere è entrato nella Bilancia.
Di Gennaro parlano comunque gli Atti bolognesi e gli Atti vaticani. Raccontano di un vescovo di Benevento vissuto a cavallo tra il III e il IV secolo. Sembrerà incredibile, ma non conosciamo nemmeno il suo nome vero. Gennaro era in effetti una specie di cognome, il nome gentilizio che si usava in epoca romana e che apparteneva alla famiglia. Siccome lui faceva parte della gens Ianuaria, ha poi finito per tenersi addosso quel nome per sempre. Dalla stessa gens nacque proprio in quel periodo anche il vescovo di Cartagine, che venne a morire da martire in Italia. Si chiamava Gianuario e decise di predicare Cristo nell’Italia meridionale. Fu Leonzio, il magistrato che risiedeva a Potenza, a ordinare che fosse imprigionato e ucciso. Gianuario riuscì a rifugiarsi nella località di Marsico Nuovo, dove però fu preso e decapitato. Si racconta che la sua testa riuscì ugualmente a restare viva e parlare ai soldati che l’avevano appena ammazzato.
Secondo una versione Gennaro nacque a Napoli, secondo un’altra in Calabria, sulla cima del monte Poro, nella zona di Vibo Valentia. Pare che il padre fosse un guardiano di porci e che in gioventù anche a Gennaro fosse toccata quest’attività, prima di dedicarsi agli studi e di scegliere il sacerdozio.
L’episodio decisivo della sua vita avvenne quando era già vescovo di Benevento. Si trovava a Pozzuoli, dove il capo dei cristiani di Miseno, il diacono Sossio, era andato a predicare. Ma anche in questa storia c’era un personaggio col ruolo del cattivo. Si chiamava Dragonio, ed era il proconsole romano in Campania. Applicava in modo inflessibile le leggi sulle persecuzioni religiose volute dall’imperatore Diocleziano.
«Arrestate questo Sossio» disse alle sue guardie «e mettetelo immediatamente a morte.»
Gennaro a Pozzuoli non era solo: lo accompagnavano il diacono Festo e il lettore Desiderio. È difficile capire perché, ma la notizia dell’arresto di Sossio mise Gennaro quasi di buon umore. Lo scrivono gli Atti bolognesi:
Egli ne godette e corse a consolarlo.
Che ci fosse anche lui a Dragonio non sembrò vero e ordinò di arrestare tutto il gruppo. Del resto, le celle si sarebbero svuotate in fretta. Il proconsole fece condurre nell’anfiteatro Gennaro, Sossio e i loro amici:
«Li faremo sbranare dagli orsi.»
Già sognava uno stadio con il pienone e un pubblico molto divertito. Ma qualche giorno prima dell’esecuzione, sentì odore di ribellione popolare. Gli riferirono che ai sudditi non piaceva l’idea che il vescovo e i suoi amici venissero ammazzati pubblicamente. Dragonio rinunciò allo spettacolo con gli orsi e i cristiani, ma certo non alla condanna a morte, e la mattina del 19 settembre del 305 ordinò:
«Siano tutti decapitati, oggi stesso, nella zona della Solfatara.»
Quel giorno, a poco più di trent’anni si spense la vita di Gennaro e si accese la leggenda dei suoi resti. Il suo sangue è tutt’ora conservato nel Duomo della città in due ampolle, nelle quali si scioglie...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Tutti santi me compreso
  5. Prefazione. Tutti santi me compreso
  6. Santa Maria
  7. SANTE DONNE
  8. SANTI PATRONI
  9. SANTI FILOSOFI
  10. SANTI PREDICATORI
  11. SANTI PIONIERI
  12. SANTI MARTIRI
  13. SANTI EREMITI