Sogni sull'acqua
eBook - ePub

Sogni sull'acqua

  1. 336 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Sogni sull'acqua

Informazioni su questo libro

Alex, disincantato, non crede più a nulla. Zoë, sognatrice e forse ingenua. Non potrebbero essere più diversi. Ma gli opposti, si sa, si attraggono... Alex Nolan vive a Friday Harbor. Cinico e disilluso, combatte i demoni che affollano la sua mente grazie all'aiuto di una bottiglia di whisky. Vive in un inferno privato che ogni giorno rende più arido e solitario attorno a sé. Fino al giorno in cui una creatura vi accede, ma dev'essere un fantasma perché solo Alex riesce a vederla. Forse ha davvero attraversato in maniera definitiva la sottile linea che separa la sanità dalla follia.
Zoë Hoffman è un'inguaribile romantica e quando incontra Alex, che le mostra il proprio lato più intrigante, il suo istinto le urla: scappa! Persino Alex la invita a fuggire da lui. Ma nella mente di Zoë si fa strada un'idea, bizzarra e sempre più insistente: che forse un antico fantasma possa ridare nuova speranza a un cuore spezzato. E che l'amore possa superare ogni barriera di tempo, spazio, e perfino buon senso...

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804629337
eBook ISBN
9788852038716

1

Il fantasma aveva provato e riprovato a lasciare la casa, ma inutilmente. Ogni volta che tentava di avvicinarsi alla porta o di sporgersi da una finestra, scompariva, dissolvendosi come nebbia nell’aria, e ormai temeva che un giorno o l’altro non sarebbe più riuscito a materializzarsi. Si domandava se quella prigionia rappresentasse il castigo per un passato di cui non aveva memoria... e, in quel caso, quanto sarebbe durata?
La casa vittoriana sorgeva in fondo a Rainshadow Road e si affacciava sul litorale circolare di False Bay come una ragazza che fa da tappezzeria in una sala da ballo. Il rivestimento di assi era stato corroso dell’aria di mare, mentre a guastare l’interno avevano provveduto una serie di inquilini sconsiderati. I pavimenti originali in legno duro erano stati rivestiti di moquette a pelo lungo, le stanze suddivise con sottili pareti in truciolato e le finiture in legno ricoperte da svariate mani di vernice da due soldi.
Dalle finestre, nelle mattine color paglia, il fantasma era rimasto a osservare gli uccelli di riva piluccare nelle pozze di marea prodighe di cibo: piovanelli, zampegialle, pivieri, piccoli chiurli. Di notte ammirava le stelle, le comete, la luna velata di nubi e qualche volta, all’orizzonte, riusciva a scorgere la danza dell’aurora boreale.
Non sapeva da quanto tempo si trovasse in quella casa. Senza il battito del cuore a scandire i secondi, il tempo non esisteva. Un giorno si era ritrovato lì, senza un nome, senza un aspetto e senza alcuna idea di chi fosse. Non ricordava nemmeno le dinamiche della sua morte, il luogo, la causa. Qualche reminiscenza, tuttavia, faceva capolino sul filo della consapevolezza. Era certo di aver vissuto parte della propria vita sull’isola di San Juan. Poteva essere stato un barcaiolo o un pescatore. Guardando verso False Bay, ricordava cosa c’era oltre... i canali che solcavano l’arcipelago di San Juan, gli stretti intorno a Vancouver. Conosceva la forma frastagliata del canale di Puget Sound, le sue insenature a denti di drago che solcavano Olympia.
Il fantasma conosceva anche molte canzoni, testi e strofe, addirittura i preludi. Quando il silenzio diventava insopportabile, cantava tra sé e sé, vagando tra le stanze vuote.
Bramava dalla voglia di interagire con un essere vivente. Nemmeno gli insetti che sgambettavano sul pavimento erano in grado di vederlo. Aveva smania di sapere tutto di tutti, di ricordare le sue conoscenze di un tempo. Ma quei ricordi gli erano preclusi, fino al giorno misterioso in cui il suo destino si sarebbe finalmente rivelato.
Una mattina, arrivarono dei visitatori.
Elettrizzato, il fantasma guardò l’auto che si avvicinava scavando solchi tra le erbacce folte del vialetto disselciato. Ne scesero due persone: un giovane dai capelli scuri e una donna più anziana con indosso jeans, scarpe basse e un giubbotto rosa.
«... non potevo credere che l’avessero lasciata a me» stava dicendo. «Mio cugino l’ha ricomprata negli anni Settanta con l’intenzione di sistemarla e venderla, ma non ci è mai riuscito. Il valore della proprietà è nella terra: la casa va abbattuta, non c’è dubbio.»
«Ti sei fatta fare un preventivo?» chiese lui.
«Per l’appezzamento?»
«No, per la ristrutturazione della casa.»
«Oddio, no. Ha subito danni strutturali, sarebbe tutta da rifare.»
Il giovane scrutava la casa con espressione rapita. «Mi piacerebbe dare un’occhiata all’interno.»
La fronte della donna si increspò come una foglia di lattuga. «Oh, Sam, non è prudente.»
«Starò attento.»
«Rischi di farti male e io non voglio responsabilità. Potrebbe sfondarsi il pavimento o potrebbe caderti addosso una trave. E poi chissà che razza di insetti...»
«Non succederà nulla» disse nel tono che usava sempre per blandirla. «Dammi due minuti. Solo un’occhiata veloce.»
«Non dovrei proprio permettertelo.»
«Ma lo farai,» rispose Sam, folgorandola col suo sorriso da canaglia «perché non sai resistermi.»
La donna si sforzava di apparire severa, ma sul suo volto affiorò un sorrisetto riluttante.
“Anch’io ero così” pensò sorpreso il fantasma. E baluginarono nella sua mente ricordi di antichi flirt, di serate trascorse in veranda. Lui sapeva come affascinare le donne – giovani e non –, sapeva come farle ridere. Aveva baciato ragazze con l’alito che sapeva di tè zuccherato, con il collo e le spalle cosparsi di cipria profumata.
Il giovane robusto balzò sul portico e, trovando la porta bloccata, la aprì a spallate. Raggiunto l’atrio si fece guardingo, come se si aspettasse di essere aggredito da qualcosa. Camminava tra la polvere e, a ogni passo, sollevava nuvole che lo facevano starnutire.
Il fantasma aveva dimenticato il rumore degli starnuti. Un rumore così umano!
Sam fece scivolare lo sguardo lungo le pareti in rovina. I suoi occhi brillavano azzurri anche nell’oscurità, con un accenno di rughe d’espressione agli angoli esterni. Non era bello, ma di sicuro piacente. Aveva lineamenti forti e spigolosi e l’abbronzatura profonda di chi ha trascorso molto tempo all’aperto. Guardandolo, il fantasma riuscì quasi a ricordare il tocco dei raggi del sole, la sensazione leggera del loro calore sulla pelle.
La donna, che nel frattempo si era avvicinata lentamente fino alla porta principale, fece capolino nell’ingresso circondata da un’aureola di capelli argentei, aggrappandosi a uno stipite come al palo di una metropolitana in movimento. «È molto buio qui dentro. Non penso proprio che...»
«Mi serviranno più di cinque minuti» la interruppe Sam, accendendo un piccolo portachiavi a torcia. «Magari puoi andare a prenderti un caffè e tornare fra, diciamo... mezz’ora?»
«E lasciarti qui da solo?»
«Non farò danni.»
La donna sbuffò. «Non è la casa a preoccuparmi, Sam.»
«Ho con me il cellulare» rispose, dando un colpetto sulla tasca posteriore. «Ti chiamo se succede qualcosa.» A quel punto, le rughe d’espressione intorno agli occhi si fecero più marcate. «Così potrai venire a salvarmi.»
«E cosa pensi di trovare in mezzo a questi rottami?» chiese lei, con un sospiro enfatico.
Lo sguardo del giovane stava già vagando altrove, attratto dall’ambiente circostante. «Una casa, forse.»
«Questo posto è stato una casa un tempo, ma non immagino come potrebbe esserlo di nuovo» disse allontanandosi.
Per il fantasma fu un sollievo quando la donna scomparve.
Sam iniziò una approfondita esplorazione della casa, descrivendo piccoli archi con la sua torcia, mentre il fantasma lo seguiva in ogni stanza. La polvere ricopriva la mensola del camino e i mobili sgangherati come un velo di mussola.
Incappando in un lembo strappato di moquette, Sam si accovacciò e diede uno strattone, illuminando il parquet di legno duro sottostante. «Mogano?» mormorò, esaminando la superficie scura e collosa. «Quercia?»
“Noce scuro” pensò il fantasma, sbirciando sopra la spalla di Sam. E si sorprese a fare un’altra scoperta su di sé... si intendeva di parquet: sapeva come levigarlo, raschiarlo, lucidarlo, come applicare il mordente con un tampone di lana.
A quel punto passarono in cucina, con la sua nicchia per la stufa di ghisa e frammenti di piastrelle rotte ancora attaccati alle pareti. Sam indirizzò il fascio di luce verso i soffitti travati e gli armadietti sghembi. Infine illuminò un nido d’uccello abbandonato e, abbassando lo sguardo sui resti degli escrementi sottostanti, scosse il capo e borbottò: «Devo essere pazzo».
Lasciò la cucina e, raggiunto lo scalone, fece scorrere il pollice sulla balaustra. Tra la sporcizia, emerse una striscia rossastra di legno graffiato. Salì al secondo piano con estrema cautela, evitando di appoggiare i piedi nei punti in cui legno era marcito. Di tanto in tanto sbuffava facendo una smorfia, come per effetto di un odore disgustoso. «Ha ragione lei» disse in tono affranto, dopo aver raggiunto il piano superiore. «Questo posto va demolito e basta.»
Udendo quelle parole, il fantasma fu invaso dall’angoscia. Che fine avrebbe fatto se avessero raso al suolo la casa? Forse sarebbe svanito per sempre. Che senso avrebbe avuto quella prigionia solitaria se poi fosse stato spazzato via così, da un momento all’altro? Ansioso di comunicare, iniziò a girare intorno a Sam, a studiarlo. Ma temeva che lui potesse fuggire urlando.
A quel punto Sam gli passò attraverso per raggiungere la finestra affacciata sul vialetto anteriore. Il vetro era ricoperto da una vecchia patina di sporcizia che offuscava la luce del giorno. «È da tanto che aspetti, vero?» domandò a bassa voce.
Sul momento il fantasma trasalì, ma poi comprese che quel giovane uomo si stava rivolgendo alla casa. «Dovevi essere una meraviglia un secolo fa. Sarebbe un peccato non darti una possibilità, ma mi costerai un sacco di soldi, accidenti. E praticamente mi ci vorrà tutto quello che ho per il vigneto. Maledizione, non so...»
Mentre lo seguiva nelle stanze polverose, il fantasma percepì il crescente attaccamento di Sam a quella casa sgangherata, il suo desiderio di risanarla, di restituirle la bellezza perduta. «Solo un pazzo o un idealista potrebbe lanciarsi in un progetto simile» osservò Sam ad alta voce. E il fantasma fu d’accordo con lui.
Alla fine Sam udì il clacson e uscì. La donna lo stava chiamando. Il fantasma tentò di accompagnarlo, ma fu travolto da quel senso di vertigine, di disgregazione, che ogni volta lo risucchiava dentro la casa. Quindi rimase a osservarlo da una finestra rotta.
Sam aprì la portiera del passeggero e si fermò a dare un’ultima occhiata. Contemplò la casa sprofondata nel prato, la sua figura malconcia addolcita da file di giuncastrelli e grappoli di salicornia, gli ispidi grovigli di vimini. La distesa blu di False Bay si estendeva all’orizzonte e ai margini del fertile limo marrone scintillavano le pozze di marea.
A quel punto, Sam sembrò sancire la propria decisione con un lieve cenno di capo.
E il fantasma fece un’ulteriore scoperta su di sé... era in grado di sperare.
Prima di avanzare un’offerta, Sam portò un’altra persona a visitare la proprietà, un uomo sulla trentina come lui o forse un po’ più giovane, con uno sguardo di gelido cinismo che doveva avere maturato fin dalla sua nascita.
Forse erano fratelli: avevano gli stessi capelli folti e bruni, la bocca larga e una corporatura robusta. Ma mentre gli occhi di Sam erano di un azzurro tropicale, quelli di suo fratello erano color ghiaccio. Aveva un volto inespressivo, tranne che per l’atteggiamento astioso della bocca, racchiusa tra due solchi a forma di parentesi. E diversamente da Sam, con la sua bellezza appena abbozzata, aveva lineamenti affilati, perfetti e fascino in abbondanza. Era il tipo che amava i buoni vestiti e la bella vita, pronto a sborsare qualunque cifra per un taglio di capelli o un paio di scarpe straniere.
La nota stonata, in quell’uomo così tirato a lucido, erano le mani – mani ruvide, capaci, mani da lavoratore. Il fantasma aveva già visto mani simili... forse le proprie?... Abbassò gli occhi su di sé, sul nulla che era il suo essere. Avrebbe tanto desiderato avere un aspetto, una figura. Una voce. Cosa ci faceva lì con quei due uomini senza poter dire una parola, senza possibilità di interagire? Poteva soltanto stare a guardare. Cosa avrebbe dovuto capire da quella situazione?
In meno di dieci minuti, il fantasma intuì che Alex, come lo chiamava Sam, era un vero genio dell’edilizia. Innanzitutto fece un giro all’esterno, dove rilevò crepe nel substrato, lacune nelle finiture e la struttura pericolante del portico frontale, con travi e travetti ormai marcescenti. All’interno, partì con l’esaminare i punti esatti che il fantasma stesso avrebbe scelto per farsi un’idea delle condizioni dell’edificio: pavimentazione sconnessa, porte che non si chiudevano completamente, fioriture di muffa causate da perdite nelle tubature.
«Il perito ha detto che il danno strutturale è riparabile» osservò Sam.
«A chi ti sei rivolto?» Accovacciandosi, Alex rivolse la sua attenzione al caminetto distrutto del salotto e alle fratture del comignolo esterno.
«Ben Rawley.» Davanti all’espressione del fratello, Sam si mise sulla difensiva. «Sì, lo so che è un vecchio...»
«È una mummia.»
«... ma sa ancora il fatto suo. E poi lo ha fatto gratis, come favore.»
«Io non prenderei per buono il suo giudizio. Devi chiamare un ingegnere per avere una stima realistica.» La parlata di Alex era molto caratteristica, fatta di sillabe piatte e misurate come un metro retrattile e pronunciate con una voce lievemente roca. «L’unico vantaggio di tutta questa situazione è che una proprietà con un edificio strutturalmente instabile vale meno di un terreno sgombro. Quindi, considerando le spese per la demolizione e la rimozione, potresti riuscire a strappare qualcosa sul prezzo d’acquisto.»
Il fantasma era devastato dall’angoscia. La distruzione della casa avrebbe potuto significare la sua fine, la caduta nell’oblio.
«Non ho intenzione di demolirla» disse Sam. «Voglio recuperarla.»
«Buona fortuna.»
«Già.» Sam iniziò a grattarsi la testa, scompigliandosi i capelli scuri, e fece un respiro profondo. «Il terreno è perfetto per la vigna. So che dovrei accontentarmi di questo e considerarmi fortunato, ma la casa... ha qualcosa che...» Così dicendo, scosse il capo in un misto di perplessità, ansia e determinazione.
Sam si aspettava che il fratello lo deridesse – e anche il fantasma. Invece, Alex iniziò a camminare a passi lenti per il salotto, per poi fermarsi davanti a una finestra inchiodata. Quando fece leva sulle assi di compensato, queste si staccarono facilmente, accennando solo un debole scricchiolio di protesta. La ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. di Lisa Kleypas
  3. Sogni sull'acqua
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17
  21. 18
  22. 19
  23. 20
  24. 21
  25. 22
  26. 23
  27. Epilogo
  28. Copyright