Mio padre, Ramón de las Casas, lasciò Santo Domingo poco prima che compissi quattro anni. Papi aveva progettato da mesi la sua partenza, spillando soldi e facendoseli prestare dagli amici, da chiunque riuscisse ad abbindolare. Alla fine fu solamente fortuna se il visto gli venne rilasciato al momento opportuno. L’ultima sua fortuna sull’Isola, considerando che Mami aveva appena scoperto che se l’intendeva con una puta, una grassona incontrata intervenendo in una lite sulla strada di Los Millonitos. Mami lo venne a sapere da un’amica, un’infermiera che era vicina di casa della puta. L’infermiera non capiva perché Papi gironzolasse per la sua via quando avrebbe dovuto essere di pattuglia.
In un primo tempo gli scontri con Mami furente che lanciava in orbita le nostre posate durarono una settimana. Poi, dopo che gli bucò una guancia con la forchetta, Papi decise di andarsene, fin quando le cose non si fossero calmate. Mise un po’ di vestiti in una borsa e una mattina presto se la svignò. La seconda notte che era fuori di casa, accanto alla sua puta addormentata, Papi sognò che le banconote che il padre di Mami gli aveva promesso erano volate in cielo come uccelli dai colori sgargianti. Il sogno lo fece schizzare fuori dal letto come un proiettile. Stai bene? chiese la puta e lui scosse il capo. Mi sa che devo andare in un certo luogo, disse. Prese in prestito da un amico una guayabera pulita color senape, salì su un concho e si recò in visita da Abuelo.
Abuelo teneva la sua sedia a dondolo come al solito all’aperto, sul marciapiede, da dove poteva vedere tutto e tutti. Si era costruito quella sedia a dondolo per sé come regalo per il suo trentesimo compleanno, e aveva già dovuto rifare due volte il fondo di vimini logorato dal sedere e dalla schiena. Se avevi occasione di passare per Duarte avresti visto quel tipo di sedia in vendita ovunque.
Era novembre e i frutti di mango cadevano dagli alberi. Nonostante la scarsa vista Abuelo inquadrò Papi nel momento in cui questi imboccava Sumner Welles. Abuelo sospirò perché ne aveva pieni i cojones dei loro litigi. Papi si rimboccò i calzoni per accucciarsi vicino alla sedia a dondolo.
Sono qui per parlare della mia storia con tua figlia, disse, togliendosi il cappello. Non so cosa hai sentito dire in giro ma giuro sul mio onore che non è vero niente. Tutto ciò che voglio per tua figlia e per i nostri figli è portarli negli Stati Uniti. Voglio per loro una vita dignitosa.
Abuelo si frugò nelle tasche in cerca della sigaretta che aveva appena riposto. I vicini si spostarono sulle verande per ascoltare questa conversazione. E allora l’altra donna? chiese Abuelo dopo aver cercato inutilmente la sigaretta che aveva infilato dietro l’orecchio.
È vero che sono andato a casa sua, ma è stato un errore. Non ho fatto nulla che possa disonorarti, viejo. So che non è stata una bella cosa da parte mia ma non sapevo che la donna avrebbe mentito come ha fatto.
È questo che hai detto a Virta?
Sì, ma lei non mi ascolta. È troppo presa da quello che le raccontano le amiche. Se non credi che possa fare qualcosa per tua figlia, allora non ti chiederò il denaro in prestito.
Abuelo sputò per togliersi di bocca il sapore dei gas di scappamento e della polvere della strada. Sputò forse quattro o cinque volte. Il sole avrebbe potuto tramontare due volte mentre cercava di decidersi ma con la vista che se ne andava, la sua fattoria ad Azua ormai in polvere e la sua familia nel bisogno, cos’altro poteva fare?
Ascolta Ramón, disse, grattandosi i peli delle braccia. Io ti credo. Ma Virta, lei dà retta al chisme della strada e sai com’è. Torna a casa e fai il bravo. Non urlare, non picchiare i bambini. Le dirò che presto partirai. Questo aiuterà ad appianare un po’ le cose fra voi due.
Papi prese le sue cose dall’appartamento della puta e rientrò a casa quella stessa notte. Mami si comportò come se fosse un ospite sgradito che bisognava sopportare. Dormiva con i bambini e passava fuori casa più tempo che poteva, andando a trovare i parenti dall’altra parte della Capitale. Molte volte Papi la prese per le braccia e la spinse contro le pareti cadenti della nostra casa, pensando che il suo tocco l’avrebbe scossa da quel silenzio ostinato, ma lei invece gli mollava uno schiaffo o un calcio. Che diavolo fai? domandava lui. Non sai che presto me ne vado?
E vattene, diceva lei.
Te ne pentirai.
Lei scrollava le spalle non aggiungendo altro.
In una casa rumorosa come la nostra, il silenzio di una donna era palpabile. Papi gironzolò intorno per un mese, portandoci a vedere film di Kung-Fu che non potevamo capire e facendoci presente quanto avremmo sentito la sua mancanza. Ronzava intorno a Mami mentre ci controllava i capelli per vedere se avevamo i pidocchi, desiderando essere lì proprio nell’attimo in cui lei avrebbe ceduto e gli avrebbe chiesto di restare.
Una sera Abuelo allungò a Papi una scatola di sigari piena di soldi. Le banconote erano nuove e profumavano di zenzero. Ecco. Fa in modo che i tuoi figli siano fieri di te.
Vedrai. Papi baciò la guancia del viejo e l’indomani acquistò il biglietto per un volo che partiva tre giorni dopo. Sollevò il biglietto davanti agli occhi di Mami. Vedi?
Lei annuì stancamente e gli scostò le mani. Nella stanza da letto gli aveva già preparato i vestiti dopo averli rammendati.
Non lo baciò quando partì. Invece spinse ognuno di noi bambini verso di lui. Dite addio a vostro padre. Ditegli che volete che torni presto.
Quando lui cercò di abbracciarla lei gli afferrò gli avambracci, le dita serrate come tenaglie. Farai meglio a ricordarti da dove vengono quei soldi, disse. Le ultime parole che si scambiarono faccia a faccia in cinque anni.
Papi arrivò a Miami alle quattro del mattino, a bordo di un aereo rumoroso mezzo vuoto. Passò facilmente la dogana, non avendo che qualche vestito, un asciugamano, una saponetta, un rasoio, i soldi e un pacchetto di Chiclets in tasca. Con il biglietto per Miami aveva risparmiato dei soldi ma era intenzionato a proseguire per Nueva York il prima possibile. Nueva York era la città del lavoro, la città che aveva dapprima richiamato i cubani con la loro industria di sigari, poi i portoricani e adesso lui.
Ebbe difficoltà a uscire dal terminal. Tutti parlavano inglese e i cartelli non erano di aiuto. Fumò mezzo pacchetto di sigarette mentre vagava qua e là. Quando finalmente uscì dal terminal posò la borsa sul marciapiede e gettò via il resto del pacchetto. Nel buio poté vedere ben poco del Nordamerica. Una distesa di macchine, palme in lontananza e un’autostrada che gli ricordava la Máximo Gómez. L’aria non era calda come in patria e la città era completamente illuminata, ma lui non si sentì come se avesse attraversato un oceano e un mondo. Un taxista davanti al terminal lo chiamò in spagnolo e con un gesto sicuro gettò la sua borsa sul sedile posteriore del taxi. Appena arrivato, disse. L’uomo era nero, ricurvo e robusto.
Hai la famiglia qui?
No.
E un indirizzo?
Nessuno, rispose Papi. Sono arrivato da solo. Due mani e un cuore forte come una roccia.
Bene, fece il taxista. Portò Papi in giro per la città, verso Calle Ocho. Anche se le strade erano vuote e le saracinesche dei negozi abbassate, Papi riconobbe la prosperità dai palazzi e dai grandi lampioni accesi. Si cullò nella sensazione che gli stessero facendo vedere la sua nuova abitazione per capire se fosse di suo gusto. Trovati un posto per dormire da queste parti, gli consigliò il taxista. E per prima cosa domani cercati un lavoro. Qualsiasi cosa riesci a trovare.
Sono qui per lavorare.
Certo, disse l’autista. Scaricò Papi davanti a un albergo e gli fece pagare cinque dollari per la corsa di mezz’ora. Quello che ti ho fatto risparmiare ti sarà utile poi. Buona fortuna.
Papi offrì al taxista la mancia ma quello si era già avviato, accendendo la luce sul tetto per attirare nuovi clienti. Con la borsa in spalla Papi cominciò a gironzolare, aspirando la polvere e il caldo dal selciato della strada. Dapprima considerò l’ipotesi di risparmiare dormendo all’aperto su una panchina, ma il fatto di essere senza una guida e di non capire i cartelli stradali lo innervosiva. E se ci fosse stato un coprifuoco? Sapeva che al minimo cambio il destino poteva annientarlo. Quanti prima di lui erano andati tanto lontano per poi vedersi rispediti indietro per qualche stupida infrazione? Il cielo si era fatto improvvisamente altissimo. Ripercorse la strada da cui era venuto ed entrò nell’albergo con l’insegna intermittente al neon che si notava sulla strada. Fece fatica a capire cosa gli diceva l’uomo rinsecchito dietro al bancone, ma alla fine quello scrisse in cifre l’importo della stanza per una notte. Stanza cuatro cuatro, disse l’uomo. Papi faticò anche per il funzionamento della doccia ma poi fece il bagno. Era la prima volta che si trovava in una stanza da bagno che non gli faceva rizzare i peli. Con la radio accesa che emetteva parole incomprensibili, Papi si tagliò i baffi. Non esistono foto di quando aveva i baffi ma non è difficile immaginarlo. Si addormentò entro un’ora. Aveva ventiquattro anni. Era forte. Non sognò la sua familia né l’avrebbe sognata per molti anni. Sognò invece monete d’oro come quelle che erano state recuperate dai tanti relitti vicino alla nostra Isola, mucchi alti come canne da zucchero.
Anche quella prima mattina confusa, mentre una vecchia donna latina strappava le lenzuola dal letto e vuotava il cestino dall’unico pezzo di carta che papà aveva gettato, Papi fece i piegamenti e le flessioni che lo avrebbero mantenuto scattante fino ai quarant’anni.
Dovresti farli, disse alla donna latina. Rendono il lavoro molto più facile.
Se tu avessi un lavoro, rispose lei, non avresti bisogno di fare gli esercizi.
Lui mise i vestiti indossati il giorno precedente nella sacca di tela e si combinò una nuova tenuta. Usò le dita e l’acqua per appiattire le grinze più brutte. Durante gli anni passati con Mami si era lavato e stirato da sé i vestiti. Un uomo deve saper fare queste cose, amava dire, orgoglioso delle proprie attenzioni. Pantaloni con la piega dritta e camicie bianche immacolate erano il suo marchio di fabbrica. La sua generazione in fin dei conti era stata svezzata nella mania sartoriale del Jefe, che sembra avesse circa diecimila cravatte alla vigilia del suo assassinio. Così rivestito, sbarbato e compunto Papi aveva l’aria dello straniero ma non del mojado.
Quel primo giorno ebbe la fortuna di trovare un appartamento da dividere con tre guatemaltechi e il suo primo lavoro come lavapiatti in una panetteria cubana. Un tempo era un vecchio ristorante gringo che serviva hamburger e soda, adesso il locale si riempiva di Óyeme e di profumi di lechón. Gli inservienti chiudevano i panini metodicamente dietro il bancone. L’uomo che leggeva il giornale sul retro disse a Papi che poteva cominciare subito e gli diede due grembiuli lunghi fino alle caviglie: Lavali ogni giorno. Ci teniamo a essere puliti da queste parti!
Due coinquilini di Papi erano fratelli, Stefan e Tomás Hernandez. Stefan era maggiore di Tomás di vent’anni. Avevano entrambi una famiglia in patria. La cataratta stava lentamente ottenebrando la vista di Stefan; questo disturbo gli era costato metà dito e l’ultimo lavoro. Adesso spazzava i pavimenti e puliva il vomito alla stazione ferroviaria. È molto più sicuro, disse a mio padre. Lavorare in fabrica ti ucciderà prima di qualsiasi tíguere. Stefan aveva la passione per le corse dei cavalli e leggeva sempre i notiziari, nonostante il fratello lo avvertisse che si stava rovinando quella poca vista che gli restava, tenendo la faccia incollata al foglio. Spesso aveva la punta del naso macchiata di inchiostro tipografico.
Eulalio era il terzo inquilino dell’appartamento. Aveva per sé la stanza più grande e possedeva la Duster arrugginita su cui andavano al lavoro ogni mattina. Era negli States da due anni e quando incontrò Papi gli parlò in inglese. Quando Papi non rispose Eulalio passò allo spagnolo. Devi fare pratica se vuoi arrivare da qualche parte. Quanto inglese sai?
Niente, rispose Papi dopo un attimo.
Eulalio scosse il capo. Papi incontrò Eulalio per ultimo e gli piacque meno degli altri.
Papi dormiva in soggiorno, dapprima su un tappeto sfrangiato i cui fili continuavano ad appiccicarsi al suo cranio rasato, poi su un materasso recuperato da un vicino. Faceva due interminabili turni giornalieri di lavoro con due pause di quattro ore ciascuna. In una pausa andava a casa a dormire, nell’altra si lavava i grembiuli nel lavandino del locale e poi faceva un pisolino nel magazzino mentre i grembiuli si asciugavano, fra pile di barattoli di caffè El Pico e sacchi di pane. A volte leggeva i fumetti horror americani che gli piacevano tanto – riusciva a leggerne uno in un’oretta. Se faceva troppo caldo o era annoiato dalla lettura si sgranchiva le gambe nel quartiere, ammaliato dalle strade non ingombre di fognature, con file di macchine e di case ordinate. Era colpito dalle latinas che si erano trapiantate lì ed erano state trasformate dalla dieta sana e dai prodotti di bellezza inimmaginabili in patria. Erano femmine belle ma non cordiali. Lui si portava un dito al berretto e si fermava, sperando di scambiare due parole ma loro continuavano a camminare, con una smorfia sul volto.
Non si lasciò scoraggiare. Prese a unirsi a Eulalio nelle sue escursioni notturne da un bar all’altro. Papi avrebbe diviso volentieri un bicchierino con il diavolo, piuttosto che uscire da solo. I fratelli Hernandez non amavano andar fuori; erano grandi risparmiatori, anche se di tanto in tanto cedevano, ubriacandosi a botte di tequila e birra. Allora ritornavano a casa molto tardi barcollando, calpestando Papi, ululando all’indirizzo di qualche morena sdegnosa che li aveva rifiutati.
Eulalio e Papi uscivano due o tre sere alla settimana, a bere rhum e gironzolare. Appena poteva Papi lasciava che fosse Eulalio a offrire. A Eulalio piaceva parlare della finca da cui era venuto, una larga piantagione al centro del suo paese. Mi sono innamorato della figlia del proprietario e lei si è innamorata di me. Di me, un peón. Ci credi? La fottevo sul letto di sua madre, sotto lo sguardo della Santa Vergine e del Figlio Crocefisso. Ho cercato di farle togliere il crocefisso ma lei non voleva saperne. Le piaceva così. È stata lei a prestarmi i soldi per venire qui. Ci credi? Uno di questi giorni quando avrò messo da parte un po’ di soldi, la manderò a chiamare.
Era sempre la stessa storia, condita diversamente, tutte le sere. Papi parlava poco e credeva ancor meno. Osservava le donne che stavano sempre con altri uomini. Dopo un paio d’ore Papi pagava il suo conto e se ne andava. Anche se faceva freddo non gli serviva la giacca e nella brezza gli piaceva camminare in camicia a maniche corte. Percorreva a piedi il chilometro e mezzo fino all’appartamento, discorrendo con tutti quelli che ci stavano. Ogni tanto un ubriaco, sentendo il suo spagnolo, lo fermava e lo invitava in una casa dove uomini e donne bevevano e ballavano. Lui preferiva que...