Una donna misteriosa
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Una donna misteriosa

  1. 564 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Una donna misteriosa

Informazioni su questo libro

Chi è davvero Anneliese Zander de Saint Phalle? Conosciuta nel mondo intero come una delle più celebrate stiliste di moda, a capo di un immenso impero economico, è una donna raffinata e con una carriera di tutto rispetto. Universalmente ammirata, è però molto schiva e riservata, anche se la sua innata eleganza e bellezza l'hanno ormai resa un'icona indiscussa.
In realtà nessuno sa chi lei sia veramente e cosa si nasconda dietro la sua impenetrabilità. Perfezionista assoluta nel lavoro, Anneliese è un mistero anche per i più fedeli collaboratori. Ma cosa nasconde il suo passato? Fermamente decisa a lasciarsi per sempre alle spalle gli anni bui dell'infanzia e della giovinezza che l'hanno segnata profondamente, Anneliese fa di tutto per seppellire il ricordo delle sue origini, delle quali non ha mai fatto parola neppure con la figlia Callan. Ma proprio quando ha ormai deciso di ritirarsi dalle scene, quel passato tanto temuto irrompe inaspettatamente nella sua vita sconvolgendo ogni certezza.
Una donna misteriosa è una storia appassionante che attraversa gli anni e i continenti dal Sudafrica a Berlino, da Parigi a Londra, con una protagonista enigmatica e di grande fascino decisa a superare ogni difficoltà senza mai rinunciare alla propria identità profonda. Con questo nuovo rom
anzo Lesley Lokko conferma la sua sensibilità a trattare temi come l'amore e l'incontro tra culture diverse parlando direttamente al cuore di chi legge.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804628477
eBook ISBN
9788852037917

DECIMA PARTE

83

LINDI
Città del Capo, Sudafrica, 2002
Uscirono dall’aeroporto a bordo di un’auto a noleggio; sulla ricevuta e sulla patente di guida c’era un nome a lei sconosciuto. «Jonas Shilonge» lesse, poi scoppiò a ridere. «Se tu sei Jonas, chi sono io?»
«La signora Shilonge.» Era divertito. «È falsa. In caso serva.»
Lei sorrise. Era una frase criptica, di quelle che Iago pronunciava spesso. La superstrada li portò direttamente in città. Era già stata parecchie volte a Città del Capo, ma niente preparava mai allo spettacolo della montagna che incombeva maestosa sul porto e la lunga mezzaluna della baia. «Dove andiamo?» chiese, quasi saltando sul sedile in preda a un entusiasmo infantile.
«Prima voglio parlare di una cosa. Vedi quell’appezzamento di terra lassù?» Indicò con un dito mentre si avvicinavano al pendio. «Dov’è tutto annerito?»
Lei seguì il dito. «Sì... cosa c’è lassù?»
«È il sito di un nuovo progetto: il Museo della libertà. Mandela e Mbeki ci lavorano da quasi dieci anni. Abbiamo appena saputo che finalmente il Comune ha concesso la terra.»
«Una posizione fantastica» commentò Lindi, allungando il collo per vedere oltre Iago mentre ci passavano davanti. «Il Museo della libertà... Mi piace come suona.»
«Anche a noi.»
«Chi sono “noi”?» chiese incuriosita. Era la seconda volta che parlava al plurale.
Lui rimase zitto qualche secondo. «Io e il Vecchio.»
«Cosa vuoi dire?»
«È il progetto artistico e culturale più ambizioso del continente. Non si è mai fatto niente a questo livello in passato. Ha il patrocinio ufficiale delle Nazioni Unite, dell’UNESCO, della Banca mondiale, del Fondo monetario internazionale, di tutti. Porrà il Sudafrica sullo stesso piano dei maggiori musei europei e americani: il British Museum, il Musée d’Orsay a Parigi, lo Smithsonian a Washington, il MoMA a New York. Sarà una cosa grossa, Lindi, e sta entusiasmando tutti. È un’opportunità unica per il governo di mettersi in mostra.» Malgrado il suo evidente calore, c’era una nota di rabbia appena repressa nella sua voce.
«Allora qual è il problema?» chiese Lindi.
Iago le lanciò un’occhiata, come per decidere quanto potesse rivelarle. «Semplice: i sudafricani vogliono che la storia riguardi solo loro. Dimenticano che sono solo una parte della storia di questa regione. E dimenticano quanto devono a noi. Non puoi separare la loro lotta dalla nostra, specialmente quella della Namibia. Non ha senso che questo sia un museo solo sulla loro libertà. Se intendono onorare gente come Castro e Guevara, perché dovrebbero lasciare fuori il Vecchio?»
Lindi guardava dritto la strada che scompariva davanti a sé. «Ma perché non vogliono?» gli chiese titubante, benché conoscesse già la risposta.
Lui scosse la testa. «La solita storia: avidità. Tutti quelli che contano vogliono un pezzo della torta. È ora di mangiare. Sai come funziona.»
«Ma non ha senso. Di sicuro ci sarà spazio per tutti, no?»
Lui fece una risatina. «Se c’è una cosa che ho imparato in politica è che raramente c’è spazio per tutti. Chi grida di più ha ragione. Comunque abbiamo svolto un po’ di ricerche e, se non ci consentiranno di entrare dalla porta principale, lo faremo dal retro. Ed è a questo proposito che spero tu possa aiutarci.»
Lindi fissò il profilo di Iago. «Come?»
«Credo che tu conosca uno degli architetti della shortlist. Riarua Herz.»
«Ree? Lo progetterà Ree?»
Iago scosse la testa. «Non proprio. Lui rappresenta uno dei sei studi invitati a partecipare alla gara d’appalto. Se si aggiudica il lavoro, e sottolineo “se”, appoggerà la nostra causa, naturalmente. Suo padre me l’ha assicurato. È la nostra più grande speranza di fare pressioni sulla fondazione che gestirà il museo.»
«Ma ancora non capisco come posso essere d’aiuto...»
«Quella tua amica... quella che hai conosciuto a New York. La storica.»
«Tara Connolly?» Lindi rimase a bocca aperta. Com’era possibile che Iago sapesse di Tara?
«Sì, lei. È stata adottata da quella disegnatrice di moda tedesca. Anneliese qualcosa.»
«Anneliese Zander de Saint Phalle. Be’, non è stata proprio adottata...»
«Lei è nella giuria» la interruppe Iago. «Ci servono due cose. Bisogna che Riarua Herz vinca la gara. E vogliamo un’istituzione sorella a Windhoek. Un secondo museo, che faccia parte del “Percorso della libertà”. Sarà l’eredità del Vecchio. È l’eredità che io voglio creare. E qui entri in gioco tu.»
Le montagne rocciose emersero dalla foschia mentre la macchina affrontava una curva dopo l’altra. Coltri di nubi bianche erano sospese sui pendii spogli; lì, a circa un’ora e mezzo dalla città, era piovuto tutto il giorno. Iago abbandonò la strada principale e all’improvviso la vista si aprì davanti a loro. Il mare era una massa ribollente dalle creste bianche, che diventava di un blu scuro al largo, dove il mondo scivolava giù dai bordi. La montagna vi cadeva a picco, quasi affondasse nelle acque increspate. Buffels Road, William Avenue, Hangklip Road, James Avenue, Edward Road. Lindi lesse i nomi mentre lui guidava. Sembrava conoscere bene la strada. Alla fine del percorso la montagna si stagliò in verticale davanti a loro, e lui svoltò a sinistra. Lindi rimase a bocca aperta. Un cartello lilla e crema al cancello annunciava orgoglioso: PENSIONE JEANETTE. La casa, un bell’edificio vittoriano a due piani con una veranda di graticci che correva per tutta la lunghezza del piano superiore, sorgeva all’ombra di due imponenti eucalipti. Iago premette il pulsante del citofono e il cancello si aprì. Erano arrivati.
Il parcheggio era vuoto. Iago prese le borse dal baule, ma arrivò subito un inserviente in uniforme che gli fece capire a gesti che non doveva, quello era il suo lavoro... Tolse di mano le borse a Iago con un ampio sorriso. Fece strada su per il vialetto che attraversava il bel giardino fino alla porta d’ingresso. Una donna di mezza età dal vestito immacolato li aspettava sulla soglia e diede loro il benvenuto sorridendo.
«Sono Jeanette» si presentò. «Benvenuti a Pringle Bay. Accomodatevi... com’è andato il viaggio?» Li precedette in un soggiorno arredato con eleganza: morbidi divani, caldi tappeti orientali, quadri alle pareti, mobili antichi accostati ad altri in stile provenzale... era meraviglioso. Il profumo di dolci appena sfornati riempiva l’aria; a Lindi iniziò subito a brontolare lo stomaco.
Iago si fermò sulla soglia per lasciarla passare. Le fece scivolare per scherzo una mano sul sedere mentre lei seguiva Jeanette di sopra. Quel gesto la fece trasalire. Nel tragitto dalla città era stata tormentata da un pensiero. Se Iago sapeva che lei conosceva Tara, o Ree, perché non gliene aveva mai parlato? Il progetto era in discussione da parecchio tempo... se era così importante per lui, di certo avrebbe dovuto accennargliene, no?
«È tutto a posto?» La voce di Iago interruppe il suo rimuginare.
Lei si riscosse. «Sì, certo... è bellissimo» disse guardandosi intorno. C’era un letto a baldacchino con una quantità di cuscini e un copriletto candido ricamato; una spessa moquette in sisal e, ovunque, tappeti orientali dal disegno elaborato. La camera da letto dava sul giardino e sul versante coperto d’arbusti della montagna, direttamente dietro la casa. Il salottino, grande quasi come il soggiorno di casa sua, si affacciava invece sul mare. «Non c’è nessun altro qui» aggiunse. «Siamo fortunati.»
«Ho prenotato tutta la pensione. Non c’è da stupirsi che Jeanette sorridesse» commentò Iago sornione.
«Tutta la pensione? Per l’intero weekend?»
«Certo. Non potevamo permetterci che altri ci ascoltassero, no?» Si sedette sul letto e ci batté sopra la mano, sorridendo. «Vieni qui. So cosa stai pensando» aggiunse, scostandole un ricciolo dal viso. «E la risposta è “no”.»
«Ma...»
«La risposta è sempre “no”. Pensi davvero che arriverei a questo punto?»
Lindi abbassò lo sguardo. «Io... no, certo che non lo credo. È solo che...»
«Solo una coincidenza, tutto qui. Mi sono ricordato che mi avevi raccontato della tua amica... come si chiama? Tara? E di Ree parli anche troppo spesso... Avevi una cotta per lui, me l’hai confidato tu stessa. O te ne sei dimenticata?»
Lindi scosse la testa. Si sentì sollevata. Aveva scordato quanto lui fosse intuitivo. «No, hai ragione.»
«Ho solo fatto due più due, tutto qui. È un’altra cosa che mi ha insegnato la politica. Devi ingegnarti perché le cose succedano, altrimenti qualcun altro le farà accadere al posto tuo. E questo progetto è importante, non solo per me.»
«Perché?» Lindi alzò lo sguardo su di lui. Le teneva la mano senza stringerla, tracciando le linee della palma con un dito.
Iago si strinse nelle spalle. «Io non sono nato per questo, lo sai. Trovo tuttora sgradevoli questi intrallazzi per il potere. Il potere è utile a chi non ce l’ha. Io prima ero un professore universitario e oserei dire che è quello che tornerò a fare. Anche se succederò al Vecchio, sarà al massimo per due mandati... se accetterò l’incarico, ovvio.» Rimase un attimo in silenzio. «Questo, però, è diverso. Questo progetto è un’occasione per sopravvivere al presente. Rimarrà per decenni dopo che noi ce ne saremo andati. È un lascito. Tutto il resto...» Si sfiorò il viso con una mano, accarezzando il corto pizzetto curato. «Tutto il resto passerà.»
Lei era tanto commossa da non riuscire a parlare. Gli prese la mano come faceva raramente, intrecciando le proprie dita alle sue, più grandi e forti. Grazie a lui capiva cosa significasse essere vivi e pieni di promesse... Le faceva venire in mente le parole che il Vecchio le aveva detto tanti anni prima, nella sua casa di Oslo. Si portò una mano alla gola, che bruciava per la commozione. Ci era riuscito di nuovo: aveva messo insieme le due metà della sua vita non in maniera conflittuale, come succedeva sempre, ma pacifica. Si era addentrato in una zona particolarmente dolorosa e confusa del suo passato e ne aveva tirato fuori qualcosa di utile e prezioso per il presente. Lo guardò e d’un tratto comprese con chiarezza ciò che Iago voleva da lei. Desiderava che vedesse oltre la facciata del potere che nascondeva la sua vera natura. Voleva che il giudizio che Lindi aveva di lui, spogliato dalla sua posizione di preminenza, gli si riflettesse addosso. Solo allora avrebbe potuto avere la reale, vera valutazione di se stesso. Lindi era senza parole per l’emozione.
Gli si avvicinò e, ignorando la sua espressione sorpresa e le deboli proteste sussurrate, lo spinse indietro sul copriletto. Attraverso i calzoni avvertì subito la sua eccitazione. Non perse tempo con i preliminari. Abbassò la cerniera, sfiorandogli con l’altra mano il petto, e scivolò su di lui con un’intensità che gli strappò quasi subito un gemito sorpreso. Non si era mai sentita così vicina a lui, o a qualcun altro, in vita sua. Gli appoggiò la testa sul petto, sentendo nelle orecchie e in gola il battito rapido del suo cuore, ora fuso con il proprio.

84

«Non capisco. Come può essere una relazione clandestina? Lui è divorziato.»
Lindi incastrò il telefono fra la spalla e l’orecchio mentre cercava, senza riuscirci, di applicare lo smalto sul quinto dito del piede. «Ma a me fa questo effetto... è questo il problema.»
«Cioè?»
«Be’, si deve fare tutto di nascosto. Ovviamente la gente lo sa. Windhoek è una città piccola, non puoi andare da nessuna parte senza che qualcuno ti noti, e non ci vuole molto perché tragga le conclusioni. Ma non appariamo mai in pubblico insieme e, per quel che ne so, lui non l’ha confidato a nessuno. A parte te, nessuno sa niente. Sembra strano.»
«Cosa dice lui quando gliene parli?»
«Non lo faccio.»
«Non gli chiedi mai che programmi ha per il futuro, o come considera la vostra relazione?» Tara pareva incredula.
Lindi sospirò. «No.»
«Questo non mi sembra normale» disse Tara con diplomazia. «Né da te.»
«Immagino di no. È difficile. Voglio dire, a parte il fatto che è il mio capo, lui è anche il primo ministro, cazzo.»
«Motivo in più per chiarire la situazione» replicò Tara in tono brusco. «Senti, sono già sei mesi, no? È un tempo sufficiente per capire di che tipo di legame si tratta.»
«Hai assolutamente ragione.» Lindi sospirò. Rimise il cappuccio alla boccetta di smalto e la posò sul comodino. «Dovrei parlarne con lui. Non c’è niente di male, giusto?»
«Giusto» ribadì Tara con decisione. I suoi modi calmi e schietti facevano sempre sentire Lindi un po’ meglio. «Senti, adesso devo andare. Ho una riunione di dipartimento fra dieci minuti e non ho ancora guardato cosa c’è all’ordine del giorno. Fammi sapere com’è andata, okay?»
«Va bene» promise Lindi e riappese. Sollevò una gamba e ispezionò le dita del piede, apprezzando abbastanza il contrasto fra lo smalto azzurro e la sua pelle scura. Se qualcuno le avesse detto, un anno prima, che lei e Tara Connolly sarebbero diventate così amiche, sarebbe scoppiata a ridere. In fondo si erano viste solo una volta, a New York, e oltretutto per pochi giorni. Ma ne era nata un’amicizia che sorprendentemente funzionava, nonostante la distanza, anzi forse soprattutto grazie alla distanza. Lei riusciva a confidare a Tara cose che non si poteva arrischiare a raccontare a nessun altro. Iago, per esempio. Senza i consigli razionali di Tara, anche se per telefono, non sarebbe riuscita a sopportare la tensione degli ultimi mesi.
Rotolò a pancia in giù. Iago. Anche quel rapporto era cominciato in modo piuttosto insolito. Desiderio, attrazione, passione. C’erano molte parole per descrivere l’inizio travolgente della loro storia. Aveva attraversato la strada quella sera, mano nella mano con lui, senza sapere dove avrebbe portato, sapendo solo che lo desiderava... tantissimo. Non aveva paura. Anche se ormai ci pensava raramente, l’incontro adolescenziale con Ree Herz l’aveva vaccinata contro le delusioni che preoccupavano tanto Tara.
Le sue difese erano intatte. Non lasciava avvicinare nessuno al punto di poterle infliggere la sofferenza che aveva provato allora, e in tutti quegli anni aveva funzionato, o almeno così sembrava. Ma con Iago era diverso. Tanto per cominciare, loro erano uguali. Anche lui era un maestro nel tenere tutto sotto controllo. Parlava raramente della ex moglie o dei figli. Lindi sapeva solo che vivevano negli Stati Uniti e che lei era americana... tutto lì. I ragazzi frequentavano un bel college privato nel New England. I genitori facevano a turno per ospitarli durante le vacanze, ma il succo della questione era che la ex moglie viveva vicino a loro, invece lui no. Dalle poche informazioni che aveva raccolto, Lindi aveva saputo che il divorzio era stato complicato, doloroso e lungo, e che lui aveva giurato di non risposarsi più. A lei andava bene, rifletteva. Non era quello che stava cercando? Ma allora cosa voleva veramente?
Squillò di nuovo il telefono. «Pronto?»
«Ti manco?» Era Iago. Si trovava a Johannesburg da quasi una settimana.
«Ah, sei tu» disse lei, la voce incrinata dall’emozione.
«Cosa succede?» Lui capiva sempre di che umore era.
«N-niente» si affrettò a rispondere. «Mi ha fatto spaventare il suono del telefono.»
«Ah. Cosa stai facendo?» le chiese ridacchiando.
Lindi sentì che aveva la bocca piena. «Nulla di particolare. Cosa stai mangiando?» chiese contenta.
«Un cioccolatino. Sai, uno di quelli che ti lasciano sul cuscino dell’hotel.»
«Ma certo. Alberghi a cinque stelle» disse prendendolo in giro come al solito. Le bruciavano gli occhi. Avrebbe voluto che fosse lì con lei.
«Allora... cos’hai fatto oggi?»
Lei esitò. Per la seconda volta, quella sera, si attivò il suo sesto senso. «Non molto» rispose. «Ho letto un po’ di quei rapporti che mi hai lasciato.»
«Qualcosa di interessante?»
«No. La solita roba.»
«Hai parlato con quella tua amica?»
«Non ancora. Ma le offrirò il posto di direttrice se riuscirà a convincere Anneliese ad appoggiarci.»
Lo sentì scoppiare in una risata. «Vedo che impari in fretta. Chi è il tuo maestro?»
«Tu. Ti ho osservato attentamente.»
«Ed è l’unica cosa che ti ho insegnato?» C’era ancora un accenno di risata.
«No» rispose lei abbassando la voce.
«Cos’altro, allora?»
«Ah, per scoprirlo dovresti essere qui» disse in tono ironico.
Lo sentì fare un respiro profondo. «Mi manchi» le disse. «Non me lo sarei mai aspettato.» E riapp...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Una donna misteriosa
  3. RINGRAZIAMENTI
  4. PRIMA PARTE
  5. SECONDA PARTE
  6. TERZA PARTE
  7. QUARTA PARTE
  8. QUINTA PARTE
  9. SESTA PARTE
  10. SETTIMA PARTE
  11. OTTAVA PARTE
  12. NONA PARTE
  13. DECIMA PARTE
  14. EPILOGO
  15. In amore e in guerra – Prologo
  16. I romanzi di Lesley Lokko nelle edizioni Mondadori
  17. Copyright