
eBook - ePub
I Romanzi Cortesi
Erec e Enide - Cligès - Ivano - Lancillotto - Perceval
- 672 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
I Romanzi Cortesi
Erec e Enide - Cligès - Ivano - Lancillotto - Perceval
Informazioni su questo libro
Considerato il più grande poeta del Medioevo occidentale prima di Dante, Chrétien de Troyes fu attivo alle corti di Champagne e di Fiandra tra il 1160 e il 1190. Nelle sue mani il romanzo arturiano divenne una forma superiore di narrativa cortese, un'incarnazione originalissima in cui il poeta fuse i propri concetti etici con l'imitazione dei poeti latini, l'eredità delle chansons de geste e dei romanzi antichi con una ricca messe di miti e di motivi che affondano le proprie radici nel sostrato celtico della Bretagna insulare e continentale. Ne sono testimonianza le cinque opere raccolte in questo volume: Erec e Enide, il primo romanzo arturiano, già di stupefacente maturità artistica, incentrato sul rapporto tra il nobile cavaliere Erec e la sposa Enide e sulla difficoltà di conciliare amore e dovere; Cligès, nel quale elementi della materia bretone si fondono con la più antica tradizione classica e greco-bizantina in un'insolita narrazione ricca di avventure e colpi di scena; Ivano, quasi un romanzo di formazione nel quale il protagonista, nel tentativo di ridiventare degno dell'amore della sposa, perduto per leggerezza, matura come persona divenendo un cavaliere perfetto; Lancillotto, dedicato al celebre amore adulterino del cavaliere per la regina Ginevra, un sentimento estatico che il poeta dipinge con toni ironici ma anche con conturbante adesione; infine Perceval, l'ultimo e incompiuto lavoro di Chrétien, anello di congiunzione con gli ideali mistici che informeranno le narrazioni successive delle gesta dei cavalieri di Artù alla ricerca del Graal.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a I Romanzi Cortesi di Chrétien de Troyes, Chrétien de Troyes, Gabriella Agrati,Maria Letizia Magini in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Literature e Literature General. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
I Romanzi Cortesi
EREC E ENIDE
Il volgo dice nel suo proverbio che si disprezza ciò che vale molto di più di quanto si creda; fa dunque bene colui che conduce a perfezione la propria opera quale essa sia, ché, se la trascurasse, tacerebbe forse una materia che più tardi potrebbe essere molto apprezzata.
Chrétien de Troyes afferma quindi che ognuno deve adoprarsi sempre, e in ogni modo, a ben dire e a bene educare, e trae da un racconto d’avventura un intreccio molto bello, con il quale può comprovare e palesare che non agisce saggiamente colui che non dispensa la propria scienza, così come Dio gliela ha donata in grazia.
Di Erec figlio di Lac parla il racconto, che quanti vivono dell’arte del narrare alla presenza di re e di conti sono usi frammentare e corrompere. Darò inizio alla storia di cui si serberà il ricordo per sempre, finché durerà il mondo cristiano: di ciò Chrétien può ben vantarsi.
In un giorno di Pasqua, nella stagione novella, re Artù teneva corte nel castello di Caradigan.1 L’assemblea è la più ricca che si vide mai: vi sono convenuti molti valenti cavalieri, forti, valorosi e arditi, insieme a nobili dame e a pulzelle cortesi e avvenenti, e figlie di re. Prima di sciogliere la corte, il re annuncia ai propri cavalieri che intende cacciare il cervo bianco per rinnovarne il costume. Monsignor Galvano, all’udire tali parole, prova grande dispiacere.
«Sire,» dice «non ne avrete né merito né riconoscenza. Tutti conosciamo l’usanza di tale caccia: colui che uccide il cervo bianco conquista il diritto di dare un bacio alla più bella damigella della vostra corte, a dispetto di chiunque. Ne potrebbe però derivare grave danno, poiché qui vi sono ben cinquecento damigelle, tutte figlie di re, sagge, leggiadre e di alto lignaggio, e non ve n’è una che non abbia per amico un cavaliere coraggioso e valente che sosterrà, a torto o a ragione, che la pulzella che più gli piace è la più bella e la più cortese.»
«Lo so bene,» risponde il re «ma non per questo muterò quanto ho detto: parola di re non deve essere ritratta. Domani al mattino partiremo tutti con grande diletto per cacciare il cervo bianco nella foresta avventurosa, e sarà invero una splendida caccia!»
E così viene disposto per il giorno dopo, allo spuntar del sole.
L’indomani, il re si leva alla prima luce e si prepara; indossa una corta tunica, fa svegliare i cavalieri e approntare i cavalli da caccia. Si prendono archi e frecce e ci si avvia verso la foresta.
Dopo i cavalieri, monta in sella la regina, e le è compagna una sua damigella, figlia di re, a cavallo di un buon palafreno. La segue dappresso un cavaliere che ha nome Erec: era della Tavola Rotonda e godeva di grande rinomanza a corte, sì che da quando vi si trovava nessun altro era stato mai tanto lodato. Non si sarebbe visto cavaliere più bello in alcun paese, e inoltre era molto coraggioso e di grande cortesia. Non aveva ancora venticinque anni, eppure mai un uomo di tale età fu migliore cavaliere. Che altro potrei dirvi delle sue virtù?
In sella al suo destriero, Erec indossava un mantello foderato di ermellino e una tunica di seta preziosamente rabescata che era stata tessuta a Costantinopoli; e le brache, di broccato di seta, erano molto ben fatte e ben tagliate. Saldo sulle staffe, aveva speroni d’oro e non portava altre armi che la spada.
Alla svolta della via, Erec dà di sprone e raggiunge la regina.
«Signora,» dice «se vi piace, disponete di me. Sono venuto su questo cammino solo per esservi compagno.»
La regina lo ringrazia:
«Bell’amico, sappiate per certo che la vostra compagnia mi è molto gradita e che non potrei averne di migliore.»
Poi cavalcano spediti e si inoltrano nella foresta.
Quelli che li hanno preceduti hanno già levato il cervo: gli uni suonano il corno, gli altri gridano; i cani si avventano ringhiando sulla preda, corrono, incalzano, latrano; gli arcieri tirano fitto. Avanti a tutti, su un cavallo da caccia spagnolo, caccia il re.
Nel bosco, la regina Ginevra tende l’orecchio al latrare dei cani. Accanto a lei sono la damigella bella e cortese ed Erec. Ma coloro che avevano levato il cervo si erano tanto allontanati che non si udiva più nulla, né corno, né cane, né cavallo. Per meglio cogliere una voce d’uomo o un latrato di cani, tutti e tre proseguono fino a una radura dove fanno sosta. Vi si trovavano da breve tempo, quando vedono giungere su un destriero un cavaliere interamente armato, con lo scudo al collo e la lancia stretta nel pugno.
La regina lo osserva da lontano e vede che alla sua destra cavalca una pulzella di bel portamento e, avanti a loro, su un grande ronzino, procede un nano che impugna una frusta nodosa.
La regina vede il cavaliere bello e aitante e vuole sapere di lui e della fanciulla; ordina dunque alla propria damigella che gli vada a parlare senza indugio.
«Damigella,» dice «andate a dire a quel cavaliere che venga da me e che conduca la pulzella.»
La fanciulla pone il cavallo all’ambio e va spedita verso il cavaliere, ma il nano le muove incontro con la frusta in pugno.
«Damigella, fermatevi!» le grida pieno di fellonia. «Che venite a cercare qui? Più avanti non avete nulla da fare.»
«Nano,» risponde la pulzella «lasciami passare. Voglio parlare al cavaliere; è la regina a mandarmi da lui.»
Ma il nano, scortese e di natura malvagia, si pone in mezzo al cammino.
«Qui non avete nulla da fare» dice. «Tornate indietro: non avete diritto di parlare a un cavaliere di tale nobiltà!»
La pulzella si è fatta avanti e vuole passare di forza; infatti tiene il nano in gran dispregio per la piccolezza della sua statura. Ma quando quello la vede avvicinarsi, leva alta la frusta per colpirla al viso. La fanciulla si protegge con il braccio, e allora il nano solleva ancora la frusta e la percuote sul dorso della mano nuda. Il colpo è così forte che la mano si fa tutta livida. La fanciulla, che non può far altro, lo voglia o no deve indietreggiare.
Torna piangente, e le lacrime le scorrono sul viso.
A quella vista, la regina non sa che fare. È molto dolente e corrucciata e dice:
«Ah, Erec, bell’amico! Mi dà pena che quel nano abbia ferita in tal modo la mia damigella. È ben villano il cavaliere che permise che un simile aborto colpisse una creatura tanto bella! Caro amico Erec, andate a dirgli che venga senza indugio: voglio conoscere lui e la sua amica.»
Erec dà di sprone e si dirige verso il cavaliere. Ma il nano, che l’ha visto giungere, gli si fa incontro.
«Vassallo, restate indietro!» dice. «Non so cosa cerchiate, ma vi ordino di ritirarvi.»
«Vattene, nano molesto, sei troppo arrogante e fellone! Lasciami passare!»
«Non andrete oltre.»
«Passerò.»
«Non lo farete.»
Allora Erec lo respinge; ma il nano, malvagio quant’altri mai, gli assesta una tale frustata che la correggia gli lacera il collo e il viso, e lascia segni profondi da parte a parte. Erec sa bene che non potrà avere la gioia di colpirlo a sua volta, perché vede il cavaliere armato, arrogante e scortese, e teme che lo ucciderà subito se egli assalirà il nano davanti ai suoi occhi. Follia non è coraggio; Erec agisce saggiamente e si allontana senza cimento.
«Signora,» dice «ora l’oltraggio è ancora più grande! Quel miserabile nano mi ha frustato sì forte che mi ha lacerato il viso. Io non osai ferirlo né toccarlo, ma nessuno mi deve rimproverare se, senza armi come sono, temo quel cavaliere armato, villano e brutale. Egli non avrebbe certo agito per scherzo e, nella sua superbia, m’avrebbe subito ucciso. Ma ora vi prometto che, se potrò, vendicherò la mia onta, ovvero l’accrescerò. Le mie armi sono però troppo lontane e non potrò servirmene in questa impresa, poiché stamani le lasciai a Caradigan. Se andassi a prenderle adesso, non potrei certo più ritrovare il cavaliere che si sta allontanando a grande andatura. Conviene che io lo segua subito, da vicino o da lontano, finché potrò comprare o trarre a prestito delle armi. Se troverò chi me le impresterà, subito il cavaliere mi avrà pronto alla battaglia, e non dubitate che combatteremo finché egli mi avrà vinto, o io lui. Se potrò, sarò di ritorno entro tre giorni; allora mi rivedrete a palazzo, non so se lieto o dolente. Signora, non posso indugiare oltre, devo seguire il cavaliere. Vado, e vi raccomando a Dio.»
La regina, a sua volta, lo raccomanda più di cinquecento volte a Dio, che lo protegga dal male. Così Erec si separa da madama e si pone all’inseguimento del cavaliere, mentre ella rimane nella foresta.
Intanto il re aveva raggiunto il cervo bianco prima di ogni altro. Uccisa e raccolta la preda, tutti si accingono a tornare, e arrivano a Caradigan con il trofeo.
Dopo il desinare, nel castello i baroni fanno grande festa e il re, essendo colui che aveva catturato il cervo, dichiara, secondo il costume, che riscuoterà il bacio che gli è dovuto.
Per la corte si leva un mormorio: l’uno giura all’altro che la faccenda non sarà senza sfide di spada o di lancia di frassino. Ognuno, per cavalleria, affermerà che la propria amica è la più bella della corte, e la situazione si farà incresciosa.
Messer Galvano ne venne a conoscenza e sappiate che la cosa non gli piacque; così ne parlò al re.
«Sire,» disse «i vostri cavalieri sono tutti in grande agitazione. Parlano di questo bacio e dicono che vi saranno certo tumulto e battaglie.»
E il re, ch’era uomo saggio, gli rispose:
«Bel nipote Galvano, siate voi a darmi consiglio, fatti salvi il mio onore e la mia lealtà; non intendo provocare contese.»
Al consiglio accorrono quasi tutti i più nobili baroni della corte: vi si reca re Idiero, che era stato chiamato per primo; poi re Cadiolante, uomo saggio e valoroso; vi giungono anche Keu e Girflet, e re Amauguin e molti altri, e l’assemblea si prolunga fino al ritorno della regina. Allora ella riferisce l’avventura occorsale nella foresta; dell’incontro con il cavaliere armato e del nano fellone che, con la frusta, ha ferita la damigella sulla mano nuda e, allo stesso modo, Erec al viso con grande codardia; narra anche di come Erec si sia posto all’inseguimento di quel cavaliere per accrescere o vendicare la propria onta, e come intenda ritornare entro tre giorni, se potrà.
«Sire,» dice poi «date ascolto alle mie parole: se i baroni approvano, per quel bacio aspettate tre giorni, fino al ritorno di Erec.»
Nessuno vi trova da ridire, e il re acconsente.
Intanto Erec andava seguendo per ogni cammino il cavaliere in armi e il nano che lo aveva colpito, finché giunsero a una bella roccaforte molto ben situata, e ne varcarono la porta senza esitazione.
Nel castello facevano gran festa cavalieri e damigelle, molte delle quali erano invero leggiadre. Gli uni nutrivano per le vie sparvieri e falchi di muta, gli altri portavano fuori terzuoli, astori mutati e rossicci; altri ancora, in un canto, giocavano ai dadi o di azzardo; questi a scacchi, quelli alle tavole. I garzoni davanti alle stalle strigliavano e governavano i cavalli. Nelle camere, le dame si agghindavano. E tutti, non appena vedono giungere il cavaliere che conoscevano, e con lui la pulzella e il nano, gli vanno incontro a tre a tre, lo accolgono lietamente e lo salutano. Ma non fanno caso a Erec, che per loro era forestiero.
Questi segue passo passo il cavaliere per tutto il borgo, finché vede che prende alloggio, cosa di cui molto si rallegra. Allora procede un poco oltre e scorge un valvassore avanti negli anni seduto su un gradino di una povera dimora; bell’uomo, canuto e bianco, nobile, amabile e cortese, era tutto solo e sembrava assorto.
Erec lo giudica valent’uomo e pensa che gli darà ospitalità. Così varca la porta ed entra nel cortile. Il valvassore gli si fa incontro e, prima che l’altro gli rivolga la parola, lo saluta e dice:
«Bel signore, siate il benvenuto. Se vi degnaste di alloggiare da me, ecco l’ostello che vi attende.»
«Vi ringrazio» risponde Erec. «Ma non venni qui per questo: ora avrei bisogno d’altro che di alloggio.»
Smonta, e il valvassore in persona prende il cavallo e lo conduce per le redini, facendo all’ospite lieta accoglienza. Chiama poi la moglie e la bella figlia che attendevano a non so quale lavoro in un laboratorio.
La dama compare accompagnata dalla figlia, che indossava un’ampia camicia di tessuto fine, bianco e pieghettato; sopra vi aveva passato nient’altro che una tunica, anch’essa bianca e tanto logora che era bucata ai gomiti. Ma se l’aspetto esteriore della veste era povero, essa racchiudeva un corpo molto bello.
La fanciulla era infatti meravigliosamente avvenente: la Natura, sua artefice, aveva posto ogni impegno nella propria opera, e si era stupita per prima più di cinquecento volte di come avesse potuto, in una sola occasione, formare una creatura sì bella; ché dopo, per quanto si fosse adoprata, non era più riuscita in alcun modo a riprodurre tale esemplare. E di lei, Natura è testimone: mai nel mondo intero fu vista creatura tanto bella.
Devo dirvi, ed è la verità, che i capelli dorati e splendenti di Isotta la Bionda non erano nulla al confronto dei suoi; la fronte e il viso erano più chiari e bianchi del fiore del giglio; la carnagione meravigliosamente esaltata da un fresco colore vermiglio di cui Natura le aveva fatto dono per dar risalto allo splendore del viso. Gli occhi diffondevano tanta luce da sembrare due stelle; mai Dio seppe meglio disegnare un naso, una bocca, degli occhi. Come potrei descrivere la sua bellezza? Invero, ella era nata per essere contemplata, ché in lei ci si poteva rimirare come in uno specchio.
Era dunque uscita dal laboratorio e, alla vista di quel cavaliere che non aveva mai incontrato prima, si era fermata un poco discosta: non lo conosceva, e perciò arrossì per il pudore. Da parte sua, Erec fu profondamente ammirato da così grande bellezza.
Il valvassore le disse:
«Bella e dolce figliola, prendete questo cavallo e conducetelo nella stalla con i miei. Badate che non manchi di nulla; toglietegli la sella e il morso e dategli fieno e avena. Strigliatelo e governatelo, e curatelo bene.»
La damigella prende il cavallo, slaccia il pettorale, toglie il morso e la sella: quel cavallo ha trovato buona ospitalità, ché la fanciulla si occupa di lui con ogni cura. Gli mette una cavezza, lo striglia e lo governa e lo spazzola bene, lo lega davanti alla mangiatoia e gli pone davanti fieno e avena, ben fresca e sana. Poi torna dal padre, ed egli le dice:
«Mia cara figlia, prendete per mano questo signore e rendetegli ogni premura.»
La damigella non era certo villana; così si affretta a prendere la mano di Erec e a condurlo di sopra, dove la madre, che era andata avanti, aveva apparecchiato la dimora stendendo sopra ai letti trapunte e tappeti. Così siedono tutti e tre: Erec con la damigella accanto, e il signore della casa dall’altra parte; il fuoco arde chiaro davanti a loro.
Il valvassore non aveva né cameriera ne serva, ma solo un sergente che stava preparando carne e uccelli per il desinare: era un cuoco abile e veloce, e presto seppe approntare carne bollita e arrostita. E quando tutto fu pronto secondo quanto gli era stato ordinato, portò loro l’acqua in due bacili; tavole e tovaglie e bacili erano...
Indice dei contenuti
- Copertina
- I Romanzi Cortesi
- Introduzione
- Bibliografia
- Nota alla traduzione
- I ROMANZI CORTESI
- Postfazione di C.S. Lewis
- Glossario
- Copyright