
- 322 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
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eBook - ePub
La torre nera
Informazioni su questo libro
Un diabolico assassino fa strage degli ospiti della comunità di Toynton Grange. L'ispettore Dalgliesh riesce a dargli un nome e ad affrontarlo in un micidiale duello nei pressi della lugubre Torre nera...
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Informazioni
Print ISBN
9788804358701eBook ISBN
97888520398981.
Condanna a vita
Doveva essere l’ultima visita del medico chiamato a consulto, e Dalgliesh pensava che nessuno di loro due se ne sarebbe rammaricato, non essendo la presunzione e il senso di condiscendenza da una parte e la debolezza, la gratitudine e la dipendenza dall’altra, delle buone basi per un soddisfacente rapporto tra adulti, per quanto transitorio. Giunse nella stanzetta d’ospedale di Dalgliesh preceduto dalla capo infermiera, seguito dai suoi accoliti, già vestito di tutto punto per il matrimonio alla moda che avrebbe onorato della sua presenza di ospite, più in là nella mattinata. Avrebbe potuto essere lui lo sposo, se non avesse sfoggiato una rosa rossa invece del consueto garofano. Sia lui che il fiore pareva fossero stati lucidati e portati al sommo della perfezione artificiale, avvolti in confezione regalo con una pellicola trasparente e immuni dai fortuiti colpi di vento, dalle gelate e dalle mani indelicate in grado di deturpare una più vulnerabile perfezione. Come tocco finale, sia lui che il fiore erano stati leggermente spruzzati di una costosa essenza, presumibilmente una lozione dopobarba. Dalgliesh la distinse al di sopra dell’odore ospedaliero di cavolo ed etere, al quale il suo naso si era tanto assuefatto nelle settimane trascorse che ora praticamente esso non trasmetteva alcun segnale ai sensi. Gli assistenti, studenti in medicina, si riunirono attorno al letto. Con i capelli lunghi e la giacca bianca corta sembravano un branco di damigelle d’onore non troppo rispettabili.
Dalgliesh fu spogliato dalle mani esperte e impersonali della infermiera per l’ennesima visita. Lo stetoscopio, freddo disco, si mosse sul suo petto e sulla sua schiena. Quest’ultima visita era una formalità ma il medico fu, come sempre, meticoloso; nulla di ciò che faceva era mai tirato via. Se, in questa occasione, la sua prima diagnosi si era rivelata errata, la stima di se stesso era troppo salda perché egli sentisse di dovergli qualcosa di più di una scusa formale. Si raddrizzò e disse:
«Abbiamo avuto il più recente referto patologico e credo che ora possiamo essere certi di averla azzeccata. La citologia è sempre stata confusa, naturalmente, e la diagnosi era complicata dalla polmonite. Ma non è leucemia acuta, non è alcuna forma di leucemia. Lei si sta rimettendo – fortunatamente – da una mononucleosi atipica. Mi congratulo con lei, ispettore. Ci ha preoccupato.»
«No, vi ho interessato; siete voi che avete preoccupato me. Quando posso andarmene di qui?»
Il grand’uomo rise e poi sorrise al suo seguito, invitandoli a condividere la sua benevola comprensione verso l’ennesimo esempio di ingratitudine da convalescenza. Dalgliesh disse prontamente:
«Immagino che avrete bisogno del posto-letto.»
«Abbiamo sempre bisogno di più posti-letto di quanti non riusciamo ad averne. Ma non c’è tanta fretta. Lei ne ha ancora per un bel pezzo. Comunque, vedremo. Vedremo.»
Quando lo lasciarono giacque supino sulla schiena e lasciò vagare lo sguardo per i due piedi cubi di spazio anestetizzato, come se vedesse la stanza per la prima volta. Il lavandino, il pulito, funzionale comodino con la caraffa d’acqua coperta, le due sedie per le persone in visita con la fodera di vinile, la cuffia acustica appena sopra alla sua testa, le tendine delle finestre con l’innocuo disegno a fiori, minimo comune denominatore del buon gusto. Erano gli ultimi oggetti che aveva creduto di vedere in vita sua. Gli era sembrato un posto misero e impersonale in cui morire. Al pari di una camera d’albergo, era concepita per la gente di passaggio. Sia che gli occupanti la lasciassero sulle loro gambe o avvolti in un lenzuolo su un lettino mortuario, non si lasciavano dietro niente, nemmeno il ricordo della paura, della sofferenza e della speranza.
La condanna a morte era stata comunicata, come sospettava che lo fossero di solito tali condanne, per mezzo di un viso serio, di una certa cordialità simulata; di consulti sussurrati, di una sovrabbondanza di esami clinici e, finché non aveva insistito, per mezzo di una renitenza a pronunciare una diagnosi o una prognosi. La condanna a vita, pronunciata senza tanti preamboli quando i giorni peggiori della sua malattia erano ormai passati, aveva certamente causato l’offesa maggiore. Era stata, pensava, una straordinaria avventatezza, se non incuria, da parte dei suoi dottori farlo rassegnare così completamente alla morte e poi cambiare parere. Era imbarazzante ora ricordare con quanto poco rimpianto si era lasciato sfuggire i suoi piaceri e i suoi crucci, che l’imminenza della perdita mostrava per quel che erano, nel migliore dei casi solo un conforto, nel peggiore un insignificante spreco di tempo ed energie. Ora doveva impossessarsene di nuovo e credere che essi fossero importanti, almeno per sé. Dubitava che li avrebbe mai più creduti importanti per gli altri. Senza dubbio, con il ritorno delle forze, tutto ciò si sarebbe aggiustato da sé. La vita fisica si sarebbe riaffermata con il tempo. Egli si sarebbe rassegnato a vivere, dal momento che non c’era altra alternativa e, attribuita per comodità alla debolezza questa crisi di rancore e accidia, sarebbe infine riuscito a credere che l’aveva scampata bella. I suoi colleghi, sollevati dall’imbarazzo, si sarebbero congratulati con lui. Ora che la morte aveva sostituito il sesso come grande innominabile, aveva assunto un suo pudore; morire quando non eri ancora diventato una seccatura e prima che i tuoi amici potessero ragionevolmente innalzare il canto rituale della felice liberazione era una cosa di pessimo gusto.
Ma, al momento, non era certo che avrebbe potuto adattarsi di nuovo al suo lavoro. Rassegnato come era diventato al ruolo di spettatore – e presto a non essere nemmeno più quello – non si sentiva preparato a ritornare al rumoroso circo del mondo e, se ciò doveva accadere, era intenzionato a trovarsi un angolo meno violento. Non che ci avesse pensato a fondo durante i momenti di conoscenza: non ce n’era stato il tempo. Era più una convinzione che una decisione. Era giunto il momento di cambiare direzione. Procedura penale, rigor mortis, interrogatori, osservazione di carne in decomposizione e ossa sfracellate, tutta la maledetta faccenda della caccia all’uomo: aveva chiuso con tutto questo. C’erano altre cose con cui occupare il suo tempo. Non era ancora certo quali, ma le avrebbe trovate. Aveva oltre due settimane di convalescenza davanti a sé, il tempo di formulare una decisione, di razionalizzarla, di difenderla con se stesso e, più difficile, trovare le parole con le quali avrebbe tentato di difenderla con il commissario. Era un brutto periodo per lasciare Scotland Yard. L’avrebbero considerata una diserzione. Ma, del resto, sarebbe sempre stato un brutto periodo.
Non era sicuro se questa disillusione nei confronti del suo lavoro fosse causata solamente dalla malattia, memento salutare della morte inevitabile, o se fosse il sintomo di un malessere più profondo, quel clima della mezza età fatto di un alternarsi di calma depressionaria e di venti incerti, quando ci si rende conto che le speranze differite non sono più realizzabili, che i porti non visitati ora non saranno mai visti, che questo viaggio e gli altri che l’hanno preceduto forse sono stati un errore e che non si ha nemmeno più fiducia nelle carte e nella bussola. Ben altro che il suo lavoro gli sembrava ora insignificante e insoddisfacente. Giacendo insonne come tanti pazienti dovevano aver fatto prima di lui in quella squallida stanza impersonale, osservando i fari delle automobili di passaggio sventagliare sul soffitto, ascoltando i rumori discreti e attutiti della vita notturna dell’ospedale, fece il deprimente inventario della sua vita. Il dolore per la moglie morta, così sincero, così straziante al momento – quale comoda scusa gli aveva offerto la tragedia personale per non essere ulteriormente coinvolto dai sentimenti. Le sue storie d’amore, come quella che al momento occupava a intermittenze un po’ del suo tempo e delle sue energie, erano state distaccate, civili, gradevoli, non impegnative. Era sottinteso che il suo tempo non era mai suo completamente ma che il suo cuore lo era di certo. Le donne erano emancipate. Avevano un lavoro interessante, un appartamento gradevole, erano abili nel saper scegliere ciò che potevano avere. Certamente si erano liberate dalle caotiche, vischiose, demolitrici emozioni che impegolano la vita delle altre donne. Si chiese che cosa quegli incontri attentamente distanziati, ambedue i partecipanti lisciati per il piacere come una coppia di gatti lustri, avessero a che fare con l’amore, con le stanze da letto in disordine, i piatti non rigovernati, i pannolini dei neonati, con la calda, soffocante, claustrofobica vita del matrimonio e dei legami. Il suo lutto, il suo lavoro, la sua poesia, tutto era servito a giustificare l’autosufficienza. Le sue donne si erano assoggettate alle esigenze della sua poesia più che a quelle della moglie morta. Tenevano in poco conto i sentimenti ma avevano un esagerato rispetto per l’arte. E il peggio – o forse il meglio – era che ora non poteva cambiare nemmeno se avesse voluto e che niente di tutto questo importava. Non aveva assolutamente alcuna importanza. Negli ultimi quindici anni non aveva fatto male di proposito a un solo essere umano. Lo colpì ora che di nessuno si poteva dire niente di più incriminante.
Be’, se non si poteva cambiare nulla di tutto questo, poteva almeno cambiare lavoro. Ma prima aveva un impegno personale a cui adempiere, un impegno per il quale si era sentito sollevato che la morte gli fornisse una scusa tanto comoda. Ora non gli avrebbe fornito alcuna scusa. Puntellandosi sul gomito stese il braccio, prese la lettera di Padre Baddeley dal comodino e la lesse attentamente per la prima volta. Il vecchio doveva avere quasi ottant’anni, ormai; non era giovane quando, trent’anni prima, era giunto nel villaggio del Norfolk come curato del padre di Dalgliesh, timido, inefficace, inefficiente a un punto esasperante, confusionario in tutto eccetto che nelle cose fondamentali, ma sempre intransigente con se stesso e mai disposto a compromessi. Questa era solo la terza lettera che Dalgliesh riceveva da lui. Era datata 11 settembre ed era indirizzata da Toynton Grange, Dorset.
Mio caro Adam,so che hai parecchio da fare ma gradirei molto una tua visita poiché c’è una faccenda sulla quale sarei lieto di avere il tuo parere professionale. Non è che sia davvero urgente, se non che il mio cuore sembra stia esaurendosi prima del resto, cosicché non dovrei adagiarmi con troppa fiducia sul pensiero del domani. Io sono qui tutti i giorni, ma forse un fine settimana ti andrebbe meglio. Devo dirti, così che tu sappia cosa aspettarti, che sono cappellano di Toynton Grange, un istituto privato per giovani invalidi, e che vivo qui nel Cottage Speranza, all’interno della proprietà, per concessione del direttore, Wilfred Anstey. Di solito consumo il pasto di mezzogiorno e quello della sera alla Grange ma ciò forse non ti sarebbe gradito e, naturalmente, ci darebbe meno tempo da passare insieme. Così coglierò l’occasione della mia prossima visita a Wareham per provvedermi di scorte alimentari. Ho una stanzetta in più in cui trasferirmi, così che ci sarà una stanza per te qui.Potresti mandarmi una cartolina per avvisarmi quando arriverai? Non ho l’automobile ma, se verrai in treno, William Deakin, che ha un’agenzia di noleggio auto a cinque minuti dalla stazione (il personale della stazione ti indicherà la strada), è persona di tutta fiducia e non caro. Gli autobus da Wareham sono rari e non arrivano oltre Toynton Village. Rimane un miglio e mezzo di cammino, che è molto piacevole se il tempo è buono ma che forse tu vorrai evitare alla fine di un lungo viaggio. In caso contrario ho disegnato una cartina sul retro della lettera.
Si poteva garantire che la cartina avrebbe confuso chiunque fosse abituato a fare affidamento sulle pubblicazioni ufficiali del catasto piuttosto che sulle carte del primo Seicento. Le linee ondulate rappresentavano presumibilmente il mare. Dalgliesh avvertì la mancanza di una balena col suo zampillo. La stazione degli autobus di Toynton era indicata chiaramente, ma la linea tremula che se ne dipartiva serpeggiava incerta lungo una varietà di campi, cancelli, osterie e macchie di abeti triangolari e seghettati, ritirandosi a volte su se stessa quando Padre Baddeley si rendeva conto che, metaforicamente, aveva perso la strada. Un minuscolo simbolo fallico sulla costa, incluso apparentemente come punto di riferimento dal momento che non si trovava vicino al sentiero segnato, portava la dicitura «la torre nera».
La cartina commosse Dalgliesh come il primo disegno di un bambino può commuovere un padre tenero. Si chiese in quale abisso di debolezza e apatia doveva essere precipitato per respingerne l’appello. Armeggiò nel cassetto in cerca di una cartolina e scrisse concisamente che sarebbe arrivato in auto nel primo pomeriggio di lunedì primo ottobre. Così avrebbe avuto tutto il tempo di uscire dall’ospedale e ritornare nel suo appartamento di Queenhythe per i primi giorni di convalescenza. Firmò la cartolina con le iniziali soltanto, l’affrancò e la appoggiò contro la caraffa dell’acqua, per non dimenticarsi di chiedere a una delle infermiere di impostarla. C’era un altro piccolo impegno che egli si sentiva meno capace di affrontare. Ma poteva attendere. Doveva vedere Cordelia Gray, o scriverle, per ringraziarla per i fiori. Non sapeva come avesse scoperto che lui era malato eccetto forse dagli amici della polizia. Gestire l’agenzia investigativa di Bernie Pryde – se non era nel frattempo fallita come avrebbe dovuto fare secondo tutte le leggi giuridiche ed economiche – significava probabilmente che lei era in contatto con un paio di poliziotti. Gli sembrava anche che ci fosse stato un cenno occasionale alla sua intempestiva malattia nei giornali londinesi della sera quando avevano commentato le recenti perdite nei gradi superiori di Scotland Yard.
Era un piccolo bouquet di fiori disposti con cura e raccolti da lei stessa, personale come la stessa Cordelia, un bel contrasto con gli altri omaggi di rose di serra, crisantemi giganti arruffati come piumini per la polvere, fiori primaverili forzati e gladioli dall’aspetto artificiale, fiori rosa di plastica che odoravano di anestetico, rigidi sullo stelo fibroso. Doveva essere stata da poco in un giardino di campagna; si chiese dove. Si chiese anche, irrazionalmente, se avesse abbastanza da mangiare, ma rimosse immediatamente questo pensiero ridicolo. C’erano, ricordava con precisione, i dischi dorati della lunaria, tre germogli di erica d’inverno, quattro boccioli di rosa, non gli stenti, compatti boccioli dell’inverno ma involti di arancio e di giallo, teneri come i primi boccioli d’estate, germogli delicati di crisantemi coltivati all’aperto, bacche rosso arancio, una luminosa dalia al centro come una gemma, e tutto il bouquet cinto dalle grigie foglie pelose che ricordava dall’infanzia come orecchie di coniglio. Era stato un gesto commovente, molto giovanile, e lui sapeva che una donna più vecchia o più smaliziata non l’avrebbe mai compiuto. Era accompagnato da un bigliettino nel quale si diceva che lei aveva saputo della sua malattia e gli aveva mandato i fiori per augurargli la guarigione. Doveva vederla o scriverle, e ringraziarla personalmente. La telefonata che una delle infermiere aveva fatto per suo conto all’agenzia non era abbastanza.
Ma questa, e altre decisioni più fondamentali, potevano aspettare. Per prima cosa doveva vedere Padre Baddeley. L’impegno non era semplicemente pietoso o persino filiale. Si rese conto che, nonostante certe previste difficoltà e impacci, era ansioso di rivedere il vecchio prete. Non aveva alcuna intenzione di lasciare che Padre Baddeley, per quanto inconsapevolmente, lo attirasse di nuovo nel suo lavoro. Se si trattava davvero di un affare per la polizia, del che dubitava, allora avrebbe potuto occuparsene la polizia del Dorset. E se questo bel sole d’inizio d’autunno fosse continuato, il Dorset sarebbe stato un posto piacevole come qualunque altro per trascorrervi la convalescenza.
Ma il bianco rettangolo rigido, appoggiato alla caraffa dell’acqua, era stranamente invadente. Sentiva gli occhi continuamente attirati verso di esso, come se fosse un simbolo potente, una condanna a vita scritta. Fu contento quando l’infermiera di turno entrò per dire che stava smontando, e lo portò via per impostarlo.
2.
Morte di un prete
I.
Undici giorni dopo, ancora debole e pallido per la permanenza in ospedale ma euforico per l’ingannevole senso di benessere della convalescenza, Dalgliesh lasciò il suo alto appartamento sul Tamigi a Queenhythe appena prima dell’alba e uscì da Londra in direzione sudovest. Due mesi prima dell’inizio della malattia si era infine separato a malincuore dalla sua vecchia Cooper Bristol e ora era al volante di una Jensen Healey. Era contento di aver già fatto il rodaggio e di essersi già quasi adattato al cambiamento. Imbarcarsi simbolicamente in una nuova vita con un’automobile completamente nuova sarebbe stato di una banalità irritante. Mise nel bagagliaio la valigia e l’indispensabile per un picnic, incluso un cavatappi, e nella tasca della portiera una copia delle Poesie di Hardy, e una guida Newman e Pevsner dei monumenti del Dorset. Doveva essere la vacanza di un convalescente: libri familiari, una breve visita a un vecchio amico per fornire lo scopo del viaggio, un itinerario, lasciato al capriccio giorno per giorno, che comprendesse sia paesi noti sia paesi nuovi e persino il salutare assillo di un problema personale che giustificasse la solitudine e l’abbandono all’ozio. Fu turbato quando, dando un’ultima occhiata all’appartamento, si trovò con la mano tesa verso il suo corredo di attrezzi da scena del delitto. Non ricordava di aver viaggiato senza di esso, nemmeno in vacanza. Ma ora lasciarlo lì era la prima conferma di una decisione che egli avrebbe doverosamente ponderato di quando in quando nei quindici giorni seguenti ma che in cuor suo sapeva esser già stata presa.
Giunse a Winchester in tempo per fare una prima colazione tardiva in un hotel all’ombra della cattedrale e passò le due ore successive a riscoprire la città, per poi entrare infine nel Dorset da Wimborne Minster. Ora avvertiva in se stesso una riluttanza a raggiungere la meta del viaggio. Vagò adagio, quasi senza scopo, a nordovest fino a Blandford Forum, vi acquistò una bottiglia di vino, panini imburrati, formaggio e frutta per il pranzo e un paio di bottiglie di Amontillado per Padre Baddeley, poi vagabondò in direzione sudest nei villaggi del Winterbourne, spingendosi fino a Wareham e quindi al castello di Corfe.
Le grandiose pietre, simbolo di coraggio, crudeltà e tradimento stavano di sentinella all’unico varco del giogo delle Purbeck Hills come facevano da mille anni a questa parte. Mentre consumava il suo spuntino solitario Dalgliesh scopriva i propri occhi continuamente attratti verso quelle lastre nude e merlate di concio mutilo, stagliate contro il cielo dolce. Quasi riluttante a passare in auto sotto la loro ombra e restio a porre termine alla solitudine di questa giornata tranquilla e non impegnativa, passò qualche tempo nella ricerca infruttuosa di genziane delle paludi nella boscaglia acquitrinosa, prima di intraprendere le ultime cinque miglia del suo viaggio.
Toynton Village: una fila di casette accostate una all’altra, i tetti ondulati di pietra grigia scintillanti al sole del pomeriggio, un pub non troppo caratteristico in fondo al paese, lo scorcio di un campanile privo d’interesse. Ora la strada, fiancheggiata da un basso muro di pietra, saliva gradatamente tra magri boschi di abeti ed egli incominciò a riconoscere i segnali della cartina di Padre Baddeley. Presto la strada si sarebbe biforcata in due diramazioni: in una strett...
Indice dei contenuti
- Copertina
- di P.D. James
- La torre nera
- 1. Condanna a vita
- 2. Morte di un prete
- 3. Un ospite per la notte
- 4. La spiaggia del terrore
- 5. Una cattiveria premeditata
- 6. Un omicidio incruento
- 7. Nebbia sul promontorio
- 8. La torre nera
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