
- 504 pagine
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Eroi dell'Olimpo - 1. L'eroe perduto
Informazioni su questo libro
Jason si risveglia in uno scuolabus, accanto al suo migliore amico e a una bellissima ragazza. Ed è terrorizzato. C'è infatti un piccolo problema: non ricorda assolutamente nulla di sé. E quando una torma di spiriti della tempesta cerca di ucciderlo, qualcosa gli suggerisce che dovrà al più presto venire a capo del mistero.
Piper non si spiega perché il suo ragazzo non si ricordi di lei. Da qualche giorno il mondo sembra impazzito: suo padre si è volatilizzato, incubi ricorrenti la tormentano e una ragazza di nome Annabeth dice di essere in cerca di un tale Percy Jackson, scomparso dal Campo Mezzosangue...
Leo ha sempre avuto un'attrazione per il fuoco, e quando arriva al Campo si sente stranamente a casa. Sarà quello il motivo per cui tutti gli dicono che una parte di lui discende dagli dei?
Nel frattempo Era è stata rapita dai giganti, che minacciano di ucciderla. C'è solo un modo per salvarla, e solo tre semidei discendenti da antiche divinità Romane potranno affrontare l'impresa...
Piper non si spiega perché il suo ragazzo non si ricordi di lei. Da qualche giorno il mondo sembra impazzito: suo padre si è volatilizzato, incubi ricorrenti la tormentano e una ragazza di nome Annabeth dice di essere in cerca di un tale Percy Jackson, scomparso dal Campo Mezzosangue...
Leo ha sempre avuto un'attrazione per il fuoco, e quando arriva al Campo si sente stranamente a casa. Sarà quello il motivo per cui tutti gli dicono che una parte di lui discende dagli dei?
Nel frattempo Era è stata rapita dai giganti, che minacciano di ucciderla. C'è solo un modo per salvarla, e solo tre semidei discendenti da antiche divinità Romane potranno affrontare l'impresa...
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Informazioni
Print ISBN
9788804627715eBook ISBN
9788852038853
PIPER
Piper si accorse presto che Annabeth non era dell’umore giusto per farle da guida: parlava di tutte le cose stupefacenti che il campo offriva – tiro con l’arco magico, equitazione sui pegasi, la parete di lava, il combattimento con i mostri – ma non manifestava entusiasmo, come se avesse la testa da un’altra parte. Le indicò il padiglione a cielo aperto che si affacciava sulla baia di Long Island (sì, Long Island, New York; erano arrivati così lontano con la biga) e le spiegò che il Campo Mezzosangue era principalmente un campo estivo, ma alcuni ragazzi si fermavano tutto l’anno, e quindi era sempre affollato, anche d’inverno.
Piper si chiese chi comandasse lì, e come facessero a sapere che lei e i suoi amici appartenevano a quel posto. Chissà se avrebbe dovuto restarci a tempo pieno. Sarebbe stata brava nelle varie attività? Avrebbe rischiato l’espulsione nel caso si fosse dimostrata scarsa nella lotta con i mostri? Milioni di domande le ribollivano in testa, ma visto l’umore di Annabeth, decise di restare zitta.
Mentre risalivano una collina ai margini del campo, Piper si voltò e fu ricompensata da una vista mozzafiato sulla vallata: un’ampia distesa di boschi a nordovest, una splendida spiaggia, il ruscello, il lago delle canoe, campi verdi e rigogliosi. E poi c’era l’intero dispiegamento delle Case, un bizzarro assortimento di edifici disposti come l’omega dell’alfabeto greco Ω, con un anello di capanne attorno a un prato centrale, e due ali che spuntavano alle estremità. Piper contò venti edifici in tutto. Una capanna era d’oro scintillante, un’altra d’argento. Una aveva il tetto di erba. Un’altra era di un rosso acceso e circondata di trincee e filo spinato. Un’altra ancora era nera, con torce di fuoco verde davanti. Un mondo radicalmente diverso rispetto alle colline e ai campi innevati dell’esterno.
— La valle è protetta dagli sguardi mortali — disse Annabeth. — Come puoi vedere, anche le condizioni climatiche qui sono controllate. Ogni casa rappresenta un dio greco, un luogo in cui i figli di quel dio possono abitare. — Scrutò Piper per capire come stava prendendo la notizia.
— Stai dicendo che mia madre era una dea.
Annabeth annuì. — La stai prendendo con una calma incredibile.
Piper non sapeva spiegarle il perché. Non poteva ammettere che tutto ciò non faceva che confermare alcune stranissime sensazioni che provava da anni, le discussioni che aveva avuto con il padre sul perché non ci fossero foto della mamma in casa, e il motivo per cui lui non le aveva mai detto di preciso come e perché sua madre li aveva abbandonati. Ma soprattutto il sogno, che l’aveva avvertita di quanto le stava succedendo. “Presto ti troveranno, semidea” aveva tuonato quella voce. “Quando lo faranno, segui gli ordini. Collabora, e forse tuo padre vivrà.”
Piper trasse un respiro tremante. — Credo che, dopo quanto è successo questa mattina, tutto sia più facile da credere. Allora, chi è mia madre?
— Lo sapremo presto — rispose Annabeth. — Tu hai… quanto, quindici anni? Gli dei devono riconoscere i propri figli entro il tredicesimo anno di età. È questo il patto.
— Quale patto?
— Hanno fatto una promessa l’estate scorsa… Be’, è una lunga storia… comunque, hanno promesso di non ignorare più i propri figli semidivini, e di riconoscerli entro il compimento dei tredici anni. A volte ci vuole un po’ di più, ma hai visto com’è stato rapido per Leo, una volta arrivato. Presto succederà anche a te. Scommetto che stasera avremo un segno, al falò.
Piper si chiese se avrebbe avuto anche lei un grosso martello infuocato sopra la testa o se, con la fortuna che si ritrovava, non le sarebbe toccato qualcosa di persino più imbarazzante. Un procione infuocato, per esempio. Chiunque fosse sua madre, Piper non aveva nessuna ragione di credere che sarebbe stata fiera di riconoscere una figlia cleptomane e piena di problemi. — Perché proprio tredici anni?
— Perché più cresci, più è probabile che i mostri ti notino e cerchino di ucciderti — spiegò Annabeth. — Di solito cominciano attorno ai tredici anni. Ecco perché mandiamo dei protettori nelle scuole a cercarvi, in modo che vi portino al campo prima che sia troppo tardi.
— Come il coach Hedge?
Annabeth annuì. — Lui è… era un satiro: metà uomo, metà capra. I satiri lavorano per il campo, trovano i semidei, li proteggono e li portano qui al momento giusto.
Piper non aveva nessun problema a credere che il coach Hedge fosse per metà una capra: lo aveva visto mangiare. Non gli era mai stato molto simpatico, ma non riusciva a credere che si fosse sacrificato per salvarli. — Cosa gli è successo? — domandò. — Quando è salito fra le nuvole è… se n’è andato per sempre?
— Chi può dirlo… — L’espressione di Annabeth era addolorata. — Gli spiriti della tempesta sono difficili da combattere. Anche le nostre migliori armi li attraversano invano, se non li si coglie di sorpresa.
— La spada di Jason li ha polverizzati — ricordò Piper.
— È stato fortunato. Se colpisci bene un mostro, puoi dissolverlo e rispedirlo nel Tartaro.
— Dove?
— Il Tartaro è un grande abisso, negli Inferi. È da lì che vengono i mostri peggiori. È un po’ come il pozzo senza fondo del male. Comunque, dopo che un mostro si è dissolto, di solito ci vogliono mesi, persino anni, prima che si riformi. Ma visto che quel Dylan se l’è filata… be’, non vedo il motivo per cui avrebbe dovuto tenere in vita il vostro coach. Hedge era un protettore, però. Conosceva i rischi. I satiri non hanno un’anima mortale. Si sarà reincarnato in un albero o in un fiore o roba del genere.
Piper cercò di immaginarsi il coach come un mazzolino di violette molto arrabbiate, ma quel pensiero la fece sentire ancora peggio. Scrutò le capanne in lontananza, e fu colta da una profonda sensazione di disagio: Hedge era morto per portarla al sicuro. La casa di sua madre era laggiù da qualche parte, e ciò significava che lei aveva dei fratelli e delle sorelle, altre persone che avrebbe dovuto tradire. “Fai quello che ti diciamo” le aveva detto la voce. “O le conseguenze saranno dolorose.” Piper si infilò le mani sotto le braccia, per impedirsi di tremare.
— Andrà tutto bene — le promise Annabeth. — Hai degli amici, qui. Tutti noi abbiamo avuto parecchie avventure strane. Sappiamo quello che stai passando.
“Ne dubito” pensò Piper. — Mi hanno cacciata da cinque diverse scuole negli ultimi cinque anni! — esclamò. — Papà non sa più dove mandarmi.
— Solo cinque? — Non sembrava che Annabeth volesse prenderla in giro. — Piper, tutti noi siamo stati giudicati dei piantagrane. Io sono scappata di casa a sette anni.
— Sul serio?
— Oh, sì. Siamo quasi tutti iperattivi o dislessici, o entrambe le cose…
— Come Leo — disse Piper.
— Giusto. Questo perché siamo strutturati per combattere. Irrequieti, impulsivi… non ci inseriamo molto bene in mezzo ai comuni mortali. Dovresti sentire quanti guai ha combinato Percy… — Annabeth si scurì in viso. — Comunque, i semidei hanno una pessima reputazione. Tu in che guai ti sei cacciata?
Di solito, quando qualcuno le faceva quella domanda, Piper iniziava a litigare o cercava di cambiare argomento. Ma per qualche ragione si ritrovò a raccontare la verità. — Rubo le cose. Cioè, non è proprio rubare…
— La tua famiglia è povera?
— No. — Piper fece un sorriso amaro. — Lo facevo perché… non lo so. Per attirare l’attenzione, credo. Mio padre aveva tempo per me solo quando ero nei guai.
Annabeth annuì. — Ti capisco. Però hai detto che non era davvero rubare… in che senso?
— Be’… non ci crede nessuno. La polizia, gli insegnanti… persino quelli a cui ho preso qualcosa sono così imbarazzati che negano ciò che è successo. Ma la verità è che io non rubo niente. Chiedo semplicemente le cose, e loro me le danno. Perfino una BMW decappottabile, una volta. Io non ho fatto altro che chiederla, e il rivenditore ha detto: «Certo, prendila.» Più tardi si è reso conto di quello che aveva fatto, immagino, e la polizia è venuta a cercarmi. Piper era abituata a sentirsi dare della bugiarda, ma vide che Annabeth stava soltanto annuendo.
— Interessante. Se il dio fosse stato tuo padre, avrei detto che sei figlia di Hermes, il dio dei ladri, il quale sa essere molto convincente. Ma tuo padre è mortale…
— Molto mortale — confermò Piper.
Annabeth scosse la testa, chiaramente perplessa. — Allora non lo so. Con un po’ di fortuna, tua madre ti riconoscerà questa sera.
Piper sperava quasi che non succedesse. Trattandosi di una dea, avrebbe saputo del sogno della figlia? Avrebbe saputo cosa le era stato ordinato di fare? Piper si chiese se gli dei dell’Olimpo fulminassero mai i propri figli quando si comportavano male, o se li mandassero in castigo negli Inferi. Decise di stare molto attenta e misurare le parole: Annabeth era intelligente, e chiaramente la stava studiando. Se c’era qualcuno in grado di scoprire il suo segreto…
— Vieni, devo controllare un’altra cosa — le disse Annabeth.
Si arrampicarono ancora un po’ finché non raggiunsero una grotta quasi sulla cima della collina. L’ingresso, fiancheggiato da torce, era coperto da una tenda di velluto con dei serpenti ricamati sopra. Sembrava il palcoscenico di un macabro spettacolo di marionette. C’erano ossa e vecchie spade sparse tutt’intorno, per terra.
— Dove siamo? — chiese Piper.
Annabeth infilò la testa dentro, poi sospirò e chiuse la tenda. — Non c’è nessuno, in questo momento. Ci abita un’amica. È da qualche giorno che l’aspetto, ma finora niente.
— La tua amica vive in una grotta?
Annabeth riuscì quasi a sorridere. — A dire il vero, i suoi hanno un intero palazzo nel Queens, e lei frequenta una scuola per signorine di buona famiglia nel Connecticut. Ma quando è qui al campo, sì, vive nella grotta. È il nostro oracolo, predice il futuro. Speravo che potesse aiutarmi…
— … a trovare Percy — concluse Piper, con un’intuizione.
Tutta l’energia scomparve dal volto di Annabeth, come se avesse cercato di trattenerla il più a lungo possibile e in quel momento si fosse arresa. Si sedette su un masso, con un’espressione così addolorata che l’altra ragazza si sentì quasi di troppo.
Piper si costrinse a voltarsi da un’altra parte. Vagò con lo sguardo verso la cresta della collina, dove un pino solitario dominava l’orizzonte. Qualcosa luccicava sul ramo più basso, simile a un tappetino di pelliccia dorata.
No… non era un tappetino. Era vello di pecora.
“Okay” pensò Piper. “È un campo greco. Hanno una replica del Vello d’Oro.” Poi notò quello che c’era ai piedi dell’albero. All’inizio pensò che fossero grossi cavi metallici viola. Ma quei cavi avevano scaglie, artigli e una testa simile a quella di un serpente, con occhi gialli e narici fumanti. — Quello… quello è un drago — balbettò Piper. — Quella specie di tappetino è davvero il Vello d’Oro? Quello leggendario, recuperato dagli Argonauti?
Annabeth annuì, ma era chiaro che non la stava davvero ascoltando. Aveva le spalle basse. Si strofinò il viso e liberò un sospiro incerto. — Scusami. Sono un po’ stanca.
— Sembri a pezzi. Da quanto tempo stai cercando il tuo ragazzo?
— Tre giorni, sei ore e dodici minuti… circa.
— E non hai idea di cosa gli sia successo?
Annabeth scosse la testa. — Eravamo così contenti… avevamo cominciato le vacanze invernali in anticipo. Ci siamo incontrati al campo martedì, e pensavamo di avere tre settimane intere da trascorrere insieme. Poi dopo il falò, lui mi… mi ha dato il bacio della buonanotte, è tornato nella sua capanna… e al mattino non c’era più. Lo abbiamo cercato dappertutto, qui al campo. Abbiamo sentito sua madre. Abbiamo tentato di metterci in contatto con lui in tutti i modi. Niente. È scomparso.
“Tre giorni fa. La stessa notte in cui ho fatto quel sogno” si disse Piper. — Da...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Eroi dell'Olimpo- L'eroe perduto
- I. JASON
- II. JASON
- III. PIPER
- IV. PIPER
- V. LEO
- VI. LEO
- VII. JASON
- VIII. JASON
- IX. PIPER
- X. PIPER
- XI. LEO
- XII. LEO
- XIII. JASON
- XIV. JASON
- XV. PIPER
- XVI. PIPER
- XVII. LEO
- XVIII. LEO
- XIX. JASON
- XX. JASON
- XXI. PIPER
- XXII. PIPER
- XXIII. LEO
- XXIV. LEO
- XXV. JASON
- XXVI. JASON
- XXVII. PIPER
- XXVIII. PIPER
- XXIX. LEO
- XXX. LEO
- XXXI. JASON
- XXXII. JASON
- XXXIII. PIPER
- XXXIV. PIPER
- XXXV. LEO
- XXXVI. LEO
- XXXVII. JASON
- XXXVIII. JASON
- XXXIX. PIPER
- XL. PIPER
- XLI. LEO
- XLII. LEO
- XLIII. JASON
- XLIV. JASON
- XLV. PIPER
- XLVI. PIPER
- XLVII. LEO
- XLVIII. LEO
- XLIX. JASON
- L. JASON
- LI. PIPER
- LII. PIPER
- LIII. LEO
- LIV. LEO
- LV. JASON
- LVI. JASON
- GLI DEI DELL’EROE PERDUTO
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