ASHTON
Ehi, piccola, ciao. Scusami se rispondo solo ora alla tua mail. Internet qui non è molto affidabile e il 4G non esiste, perciò anche il telefono è praticamente inutile. Mi manchi da morire. Ti penso tutto il giorno e mi chiedo cosa stai facendo. Qui passiamo le giornate a fare escursioni: il sentiero di ieri, per esempio, portava ai piedi di una cascata stupenda. Dopo quasi dieci chilometri in salita e al caldo, quell’acqua ghiacciata è stata una meraviglia! Continuavo a pensare a come sarebbe stato bello se ci fossi stata anche tu…
Comunque, da grande non farò il pescatore, garantito. Faccio schifo con la canna da pesca. Con Cade non c’è storia, prende molti più pesci di me. Ieri mi ha detto di continuare pure a concentrarmi sul football, ha ha! Insieme ci divertiamo. Grazie per aver capito quanto è importante per noi questo momento. Ha bisogno di me, adesso. Sono il suo fratello maggiore e l’anno prossimo me ne andrò al college. Sarò a una telefonata di distanza da lui, ma non potrò più seguire i suoi allenamenti di football né dargli consigli la prima volta che si innamorerà. Quindi cerco di trasmettergli adesso tutto quello che so.
Ti amo, Ashton Sutley Gray, tantissimo. Sono il ragazzo più fortunato del mondo.
Sawyer
Sawyer, in effetti avevo immaginato che se non mi rispondevi era perché c’era qualche problema con Internet. La connessione lassù fra le montagne non può essere tanto eccezionale, per lo meno non in quella baita sperduta dove siete voi! Anche tu mi manchi. Sono contenta che tu riesca a fare un po’ da fratello maggiore a Cade. So quanto è importante per lui.
Quanto a me, sto lavorando parecchio in chiesa, ci vado a fare le pulizie quasi tutti i giorni. Senza di te non c’è un granché da fare, il fine settimana non vado più alle feste al campo, al massimo mi noleggio un film. Leann e Noah si sono messi insieme ufficialmente. Quando non lavora, lei sta sempre con lui, perciò io resto sola! Sono talmente abituata a passare tutto il tempo con te… Dai a Cade e a Catherine un abbraccio da parte mia.
Conto i giorni che mancano a rivedere i tuoi occhi.
Ti amo un casino!
Ashton
Cliccai INVIA e rimasi a fissare lo schermo del computer. Il fatto di non aver parlato di Beau un po’ mi disturbava. Avevo cominciato a raccontargli del passaggio che avevo dato a lui e a Nicole. In realtà non parlavamo più molto di suo cugino, io e Sawyer. A volte era lui a farlo, quando era preoccupato per qualcosa. Era una vita che Sawyer si prendeva cura di Beau.
Beau, il figlio di quello, tra i due fratelli Vincent, che aveva vissuto una vita da fuori di testa fino al giorno in cui era andato a schiantarsi con la moto contro un TIR. Beau era ancora in prima elementare, quando era successo. Ricordo i suoi occhi, sempre rossi, per mesi, per tutti i pianti che si faceva. Scappava dalla roulotte e veniva a casa mia nel cuore della notte. Io sgattaiolavo fuori dalla finestra, ci sedevamo vicini, sul tetto, e ci stavamo per ore, pensando a cosa avrebbe potuto farlo sentire meglio. In genere si trattava di idee che finivano per cacciarci in qualche guaio, da cui poi Sawyer avrebbe dovuto tirarci fuori. Sawyer era il figlio del Vincent “perbene”, il maggiore dei due fratelli. Si era laureato in giurisprudenza e aveva fatto fortuna difendendo il cittadino medio contro le compagnie d’assicurazione. Tutto il paese adorava Harris Vincent, sua moglie Samantha — bellissima, molto religiosa, ottima tennista, impegnata nel volontariato — e ovviamente il loro brillante figlio maggiore, fulgido esempio del bravo ragazzo americano.
Il nostro è un paese piccolo e, come succede in ogni posto del genere nel Sud degli Stati Uniti, tutti sanno tutto di tutti. Il passato dei fratelli Vincent era una storia risaputa, e nemmeno il passato dei loro genitori era un segreto. A Grove, in Alabama, di segreti non ne esistevano. Non era possibile — be’, tranne forse al campo. Fra le ombre scure del boschetto di alberi di pecan che circondava il grande campo dove i Mason organizzavano le loro famose feste, i segreti di sicuro erano parecchi. Quello era l’unico angolo del paese in cui le vecchie pettegole non potevano tenerci d’occhio dal dondolo in veranda e dove gli unici occhi vicini erano sempre troppo impegnati con gli affari propri per occuparsi di quelli altrui.
Mi allungai per prendere la foto che Sawyer aveva fatto incorniciare e mi aveva regalato a una delle feste del mese prima. Il suo sorriso gentile e gli occhi verdi e limpidi mi facevano sentire in colpa. In realtà non avevo fatto niente di male, avevo soltanto omesso il fatto di aver aiutato Beau a tornare a casa sano e salvo la notte prima.
Avrei dovuto dirglielo.
Rimisi la cornice sulla scrivania, mi alzai e aprii l’armadio per prendere qualcosa da mettermi. Avevo bisogno di uscire. Se non mi trovavo alla svelta qualcosa da fare, quell’estate le giornate si prospettavano lunghe come la fame.
La nonna era tornata a casa dopo essere andata a trovare sua sorella, su a Savannah. Quel giorno potevo fare un po’ di volontariato alla casa di riposo e poi passare da lei. Così poi avrei potuto mandare una mail a Sawyer e dirgli che ero andata a trovare la sua bisnonna. Gli avrebbe fatto piacere.
Quindi feci un salto alla casa di riposo, andai a salutare la bisnonna Vincent e, compiuta la mia buona azione quotidiana, mi diressi verso la casa di mia nonna. Ero ansiosa di vederla. Mi mancava sempre tantissimo, quando non c’era. Senza Sawyer e senza la nonna mi ero sentita davvero molto sola, ma almeno lei era tornata, finalmente.
Appena la portiera della mia macchina si chiuse, la porta della nonna si aprì. Eccola lì con un gran sorriso e un bicchiere di tè freddo in mano. I capelli biondo platino le sfioravano appena le spalle, e dovetti trattenere un sorriso. Prima di partire avevamo discusso sul fatto che, secondo me, avrebbe dovuto tenerli più corti: cominciavano a essere troppo lunghi per una persona della sua età. Gliel’avevo detto, ma lei aveva fatto finta di niente, al momento. Ma poi doveva aver cambiato idea. La scintilla nei suoi occhi verdi mi diceva che aveva capito subito a cosa stavo pensando.
— Ehi, guarda un po’ chi ha deciso di passare a salutare la nonna! Stavo cominciando a chiedermi se c’era bisogno di un invito scritto! — scherzò. Risi e salii i gradini per abbracciarla.
— Ma se sei tornata ieri! — le ricordai. Mi annusò la maglietta e si allontanò per squadrarmi dalla testa ai piedi.
— Dall’odore si direbbe che, prima di venire dalla sua nonnina, questa fanciulla è passata dai vegliardi a salutare la bisnonna del suo fidanzato…
— Non fare la gelosa. Volevo lasciarti più tempo per dormire. So quanto ti pesa viaggiare.
Mi prese la mano e mi fece sedere accanto a sé sul dondolo, in veranda. I diamanti degli anelli brillavano alla luce del sole. In un attimo mi ritrovai un bicchiere ghiacciato fra le mani.
— Ecco qui, è per te. L’ho appena versato.
Lì potevo davvero rilassarmi. Era mia nonna, non pretendeva che fossi perfetta. Le bastava che fossi felice.
— Allora? Ti sei sentita con quel tuo fidanzato da quando è partito, oppure ti stai divertendo con qualcun altro?
Il tè mi andò di traverso e, in preda a un accesso di tosse, feci di no con la testa. Ma come faceva a sapere sempre cosa succedeva?
— Be’, chi è? Per colpa sua mi hai sputato tutto il tè sulle gambe. Come minimo voglio il nome e qualche dettaglio!
Scuotendo la testa, mi voltai per guardarla negli occhi. — Non c’è nessuno. Mi sono soffocata con il tè perché mi hai fatto una domanda assurda. Perché dovrei tradire Sawyer? Lui è perfetto, nonna.
Lei sbuffò dalle narici e mi diede una pacca sulla gamba.
— Non esiste l’uomo perfetto, bimba mia. Neanche tuo padre lo è, per quanto ne sia convinto.
Scherzava sempre sul fatto che papà facesse il pastore. Secondo lei, da piccolo era una vera peste. Ogni volta che mi raccontava i casini che combinava da piccolo le brillavano gli occhi. C’era quasi da credere che sentisse la mancanza del figlio com’era un tempo.
— Non si può essere più perfetti di Sawyer, nonna.
— Se lo dici tu… Stamattina sono andata dai Lowry, e ho visto suo cugino Beau che tagliava il prato. — La nonna mi rivolse un sorriso eloquente, scrollando la testa. — Cara mia, in tutto il paese non c’è un ragazzo che possa competere con Beau Vincent a torso nudo, te lo dico io.
— Nonna! — Le diedi un colpetto sulla mano, come se mi scandalizzasse il fatto che avesse ammirato Beau senza maglietta.
Soffocò una risata. — Be’, che c’è? Sono vecchia, piccola Ashton, mica cieca.
Potevo solo sognarmi come fosse Beau sudato e senza maglietta. L’altra settimana, quando ero passata davanti a casa dei Green e l’avevo visto che tagliava il prato a torso nudo, per poco non ero andata a sbattere. Dura non notarlo... Mi ero detta che in fondo stavo solo osservando i tatuaggi sul torace, ma chi volevo prendere in giro? Quegli addominali scolpiti erano davvero difficili da ignorare. Per non dire impossibili. E in tutto quell’inchiostro che li copriva c’era qualcosa che li rendeva ancora più attraenti…
— Non sono l’unica vecchia signora che lo guarda, sai? Sono l’unica che ha il coraggio di ammetterlo! Le altre lo chiamano per farsi tagliare l’erba e poi si siedono davanti alla finestra con la bava alla bocca.
Ecco perché adoro mia nonna. Quando sto con lei, rido sempre. Prende la vita per quello che è, non finge né si dà mai arie. Lei è la nonna, punto.
— Non saprei dire come stia Beau senza maglietta — dissi, consapevole di mentire. — Ma so per certo che quel ragazzo è una fonte di guai.
La nonna fece schioccare la lingua e premette i piedi sul pavimento per dare al dondolo una bella spinta. — I guai possono essere molto divertenti, sai? Sono le cose che vanno sempre troppo lisce a rendere la vita noiosa. Tu sei giovane, Ashton. Non sto dicendo che devi andare in giro a rovinarti la vita, penso solo che un po’ di energia ogni tanto faccia bene allo spirito.
L’immagine di Beau semisdraiato sul sedile del passeggero del suo pick-up, ieri sera, che mi guardava da sotto quelle ciglia arcuate, mi faceva accelerare il battito cardiaco. Lui era più che “un po’ di energia”. Lui era… letale.
— Adesso basta parlare di ragazzi. Ne ho già uno, e non ne cerco un altro. Come è andato il viaggio?
La nonna sorrise e accavallò le gambe. Dalle unghie dei piedi, laccate di rosa acceso, penzolava un sandalo nero, aperto dietro e con il tacco alto. Era davvero difficile credere che quella fosse la madre del mio irreprensibile padre.
— Abbiamo girato. Ci siamo bevute qualche whisky sour. Visto qualche spettacolo a teatro. Cose così.
Tipica visita a zia Tabatha.
— Stamattina papà è passato a salutarti?
Sospiro teatrale. — Sì, e ovviamente ha pregato per la mia anima. Quel ragazzo non ha il senso dell’avventura.
Sorrisi nel mio bicchiere di tè freddo. La nonna era proprio simpatica.
— Ah, per favore, non andare a dirglielo. Le prediche che mi fa bastano e avanzano già così — disse, dandomi un colpetto con la gamba.
— Io non faccio mai la spia, nonna.
Altra spinta al dondolo. — E allora, se non hai intenzione di trovarti un ragazzaccio sexy e tatuato con cui passare l’estate, io e te dobbiamo fare qualcosa. Non puoi startene a spazzare la chiesa tutti i santi giorni. Chissà cosa ci trovi di tanto divertente…
— Shopping. Potremmo andare a fare spese — risposi.
— Oh, ecco la mia bambina! Andremo a fare shopping, ma non oggi, perché devo disfare la valigia e dare una pulita alla casa. Ci andiamo alla fine della settimana, d’accordo? Soltanto tu e io. Magari, mentre siamo in giro troviamo qualcuno di interessante…
Risi della battuta, scuotendo la testa. Proprio non era una fan di Sawyer, la mia nonna. In altre parole, era praticamente l’unica persona del paese a non pensare che il mio ragazzo fosse in grado di camminare sulle acque.
Dopo esserci organizzate per lo shopping, tornai a casa. Ero riuscita a passare gran parte della giornata fuori da camera mia e potevo concluderla leggendo un bel libro.
Quando imboccai il vialetto, notai con sollievo che i miei non erano in casa.
Tutte le volte che c’era papà saltava fuori qualche lavoro da sbrigare in chiesa. E quel giorno non ero dell’umore giusto per passare il mio tempo a controllare che ci fosse un messale su ogni panca o a spolverare i tavoli delle aule della scuola domenicale.
Nel preciso istante in cui misi piede in camera mia per cambiarmi i vestiti, che sapevano di spray disinfettante e di anziani, il cellulare squillò: era arrivato un messaggio. Affondai una mano in tasca, lo presi e guardai fisso lo schermo. Un turbine di emozioni diverse mi travolse.
BEAU: VEDIAMOCI ALLA POZZA
La pozza: chiamavamo così il laghetto ai confini della proprietà di Sawyer. Beau voleva incontrarmi laggiù da sola? Perché? Il cuore mi batteva all’impazzata mentre mi chiedevo cosa potesse avere in mente. Diedi un’occhiata al romanzo d’amore che stavo per leggere e decisi che un pomeriggio nel bosco, in compagnia di Beau Vincent, sarebbe stato più eccitante. Da qualche parte dentro di me c’era un senso di colpa, che cercava in tutti i modi di far breccia nello scellerato bisogno di infrangere le regole che mi stava prendendo. Risposi prima di poter tornare in me e cambiare idea.
IO: LÌ FRA 15 MIN
Il cuore mi batteva forte per l’agitazione, o forse era la paura di essere scoperta. In realtà non stavo facendo niente di male. Voglio dire, Beau era mio amico — be’, diciamo una specie di amico. E anche lui si sentiva solo. Non stavo andando da lui per combinare chissà che cosa. Probabilmente voleva soltanto concludere il discorso della sera prima. Ormai la sbronza si era esaurita, quindi era sobrio. Quasi certamente voleva solo mettere in chiaro le cose, essere sicuro che non avessi frainteso. Non per questo dovevamo farci una nuotata insieme, no?
BEAU: PORTA IL COSTUME
Ok. Forse una nuotata l’avremmo fatta. Non risposi, non sapevo cosa dire. La cosa giusta sarebbe stata “no”, ma io la cosa giusta già la facevo sempre. Sempre. Una volta tanto, una sola, avevo voglia di fare quello che mi andava. Decisi di lasciare un po’ di spazio alla ra...