I primi piatti, sotto forma di pasta, riso, minestra, polenta, sono fondamentali nella nostra gastronomia. I libri di storia della cucina italiana confermano che la pasta fresca, in particolare, era già usata dai Romani. Prodotta successivamente dagli Arabi a livello semi-industriale, sotto forma di pasta secca – lavorazione introdotta in Italia attraverso la Sicilia, di probabile derivazione persiana e conosciuta fin nell’Estremo oriente –, ha visto la propria diffusione crescere con il progredire della tecnologia di produzione, che ha reso il lavorato sempre più economico. In Italia il massimo sviluppo si ebbe storicamente a Napoli, dove assunse il ruolo di alimento primario a basso costo: tutti abbiamo negli occhi la figura del popolano napoletano intento a ingurgitare manciate di spaghetti.
Successivamente, la pasta nelle sue varie tipologie, fresca, secca, corta, lunga, tagliatelle, tortellini, lasagne, orecchiette, bucatini, maccheroni, agnolotti, ravioli, cappelletti, più o meno diffuse in base alle singole tradizioni gastronomiche locali, si è impadronita delle tavole di tutti gli italiani. Nelle grandi città, per esempio, non è raro imbattersi nelle cosiddette “spaghetterie”, nelle quali è possibile scegliere fra decine e decine di piatti diversi di pasta, che si distinguono per i condimenti e per i nomi assai fantasiosi.
La storia del riso è anche più antica. Essa ha inizio in Estremo Oriente, soprattutto in India, Giappone e Cina, più di cinquemila anni fa. I Romani lo usavano quasi esclusivamente come pianta medicinale, e così è stato per tutto il primo Medioevo. Talvolta era utilizzato come ingrediente per dolci, ma era raro e costoso, al pari delle spezie più pregiate. Introdotto in Europa, anch’esso probabilmente dagli Arabi, dalla fine del Trecento ne fu iniziata la coltivazione e la produzione, simile a quella che oggi conosciamo e si diffuse gradualmente in tutta Italia. Da tempo il nostro Paese è il maggior coltivatore di riso d’Europa.
Anche la polenta – dal latino puls – ha una storia che, per quanto ci riguarda, risale almeno ai Romani. Nel corso del tempo è stata ricavata dalla macinazione di vari cereali e legumi. Prima dal farro, poi dalla segale, passando attraverso l’orzo, il miglio, fino al mais, portato dall’America da Cristoforo Colombo e diffusosi gradualmente in Spagna, Francia, Italia, fino all’Europa dell’Est. La polenta ha avuto nell’antichità un ruolo importante, addirittura vitale, sulle tavole di molti. Circoscritta dapprima nell’ambito della cucina contadina, conquistò successivamente il desco di ogni ceto sociale, e in epoca moderna è apprezzata un po’ ovunque e non soltanto nelle regioni tradizionalmente consumatrici.
ingredienti per 4-6 persone
350 g di riso arborio
80 g di prosciutto crudo
3 carciofi
2 tuorli
1 cipolla, 3 bustine di zafferano
200 g di besciamella alla crema di latte
parmigiano grattugiato
burro, brodo di dado
sale, pepe, noce moscata q.b.
In un tegame sciogliete una noce di burro su fuoco moderato, fate dorare la cipolla tritata, versate il riso e fatelo tostare. Quindi, aggiungendo il brodo di dado, portatelo a cottura. A metà cottura spolveratelo di zafferano, aggiungete un composto di rossi d’uovo sbattuti con parmigiano grattugiato, sale, pepe, un pizzico di noce moscata e il prosciutto crudo tagliato a listarelle. Friggete i carciofi puliti e tagliati in quarti. A questo punto imburrate uno stampo da budino, colmatelo di riso e cuocete in forno a bagnomaria per 25 minuti a 200°. Una volta pronto, capovolgete il timballo di riso sul piatto da portata e ricopritelo con la besciamella precedentemente preparata, con l’aggiunta dei carciofi fritti. Servite caldo.
ingredienti per 4 persone
250 g di farina gialla
2 cucchiaini di sale grosso
1 litro d’acqua
200 g di gorgonzola al mascarpone
300 g di funghi affettati
70 g di burro
cipolla, parmigiano, sale q.b.
In una pentola capiente fate bollire l’acqua salata e versate a pioggia, poco alla volta, la farina gialla, girandola vigorosamente con un mestolo di legno. A metà cottura aggiungete il burro e il gorgonzola, tagliato a pezzetti, e continuate a rimestare, in modo che quest’ultimi si amalgamino bene con la polenta. A parte, in una padella, cuocete i funghi con sale e cipolla e quando sono pronti aggiungeteli alla polenta, con una manciata di parmigiano. Servite la polenta calda sull’apposito tagliere.
Quando ero piccola a Pozzuoli c’erano ancora gli Alleati; nel nostro palazzo si erano sistemati i francesi e alcuni marocchini. Un giorno, avevo sei anni, nel rientrare a casa con un fagottello di verdure, vidi nel cortile tre soldati marocchini. Mi fecero cenno di avvicinarmi: mi conoscevano perché spesso, mentre mia madre suonava il piano per i loro ufficiali, mi fermavo a cantare. Uno mi porse un piatto di stagnola, con sopra una specie di risotto, ma dai chicchi più piccoli. Poiché esitavo, lui sorrise: «C’est du couscous, très bon!». Finalmente lo presi, e corsi dalla nonna. «Cos’è questa roba?» chiese lei, più allarmata che incuriosita. L’annusò e infine l’assaggiò. Ne mangiò due o tre forchettate, poi me lo porse: «Vuoi vedere che lo faccio meglio?». Il giorno dopo mi consegnò una zuppiera piena di couscous. «Portaglielo a quelli, così imparano a cucinare», mi disse. Lo portai proprio allo stesso militare che me l’aveva dato il giorno prima. Lui l’assaggiò, spalancò gli occhi per la meraviglia ed esclamò: «C’est mieux!». Io non capii, tornai dalla nonna e le riferii che il soldato aveva detto: “semiè”. Fu così che il Couscous semiè fece il suo ingresso in casa nostra.
ingredienti per 8-10 persone
1 confezione di couscous
6 pomodori pachino
4 zucchine
3 melanzane
2 peperoni rossi
2 peperoni gialli
olio, sale q.b.
In una padella antiaderente mettete un dito d’acqua, olio e sale; unite le verdure tagliate grossolanamente e lasciatele cuocere a fuoco moderato per 15 minuti. Eliminate l’acqua dalla padella e cuocete il couscous seguendo le istruzioni sulla confezione. Appena è cotto, versatelo in un contenitore concavo di carta d’alluminio e pressatelo bene con il palmo della mano, quindi ponetelo in frigo per 10 minuti. Riversatelo sul piatto da portata, guarnitelo con tutte le verdure e servitelo.
ingredienti per 4 persone
400 g di trenette verdi fresche
800 g fra vongole, cozze e telline
100 g di pomodori pachino
1 cucchiaio di pesto fresco
pangrattato
olive nere, sale q.b.
In una pirofila da forno disponete i pomodori tagliati a metà, privati dei semi e cosparsi di pangrattato, un pizzico di sale e olio, quindi infornateli per 30 minuti circa. In una larga pentola posta sul fuoco fate aprire i frutti di mare, sgusciateli e conditeli con un cucchiaio di pesto e un po’ della loro acqua di cottura. Lessate le trenette in abbondante acqua salata, scolatele e conditele con i frutti di mare e i pomodori gratinati, ben caldi. Servite subito.
Hollywood: con Robert Wagner
In occasione del già ricordato viaggio a Los Angeles, dopo Gregory Peck incontrai Anthony Perkins. Poiché stava girando un film, era occupatissimo e mi pregò di raggiungerlo sul set della Paramount. L’intervista andò molto bene, trascorremmo buona parte del tempo a parlare di cucina. Questo può sorprendere chi ricordi il grande attore, un uomo timido e riservato, del quale tutto si sarebbe potuto pensare, tranne che fosse appassionato del buon cibo, oltre che un grande estimatore della cucina italiana. Mi nominò alcuni nostri piatti, a cominciare dalla rinomata pizza napoletana, soffermandosi sulle particolarità di ognuno, e mi spiegò che anche in America preferiva frequentare ristoranti italiani. Tutto preso da quelle descrizioni, con gli occhi che ridevano al solo immaginarsi tali squisitezze, accolse con freddezza l’inserviente che gli portava il cest...