La casa del signor Fogarty si trovava in fondo a un vicolo cieco. Le finestre bloccate da assi le davano un’aria abbandonata, ma dal momento che erano cosí anche quando il signor Fogarty ancora ci abitava, Henry sperava che i vicini non notassero la differenza. Del resto nessuno dotato di un minimo di buonsenso si sarebbe sognato di andarlo a trovare. All’ultimo visitatore, il signor Fogarty aveva spezzato un braccio con una mazza da cricket.
Pur avendo le chiavi dell’ingresso principale, Henry preferí passare dal retro. Il giardinetto era buio come al solito – il signor Fogarty aveva messo una staccionata altissima per impedire ai vicini di spiarlo – e poco invitante: nient’altro che una distesa d’erba grigiastra coperta qua e là di muschio, e la rimessa accanto al cespuglio di buddleia dove Henry aveva incontrato Pyrgus per la prima volta. Andò verso il cespuglio, uno dei covi preferiti da Poutpourri, e chiamò: — Poutpourri! Vieni, micio! È ora di cena!
Poutpourri doveva essersi rintanato fra le erbacce, perché comparve subito, la coda ritta, e cominciò a strofinarsi contro le sue caviglie. — Ciao, Poutpourri — lo salutò il ragazzo. Il vecchio gatto gli stava simpatico, anche se aveva reso il posto uno scannatoio per ratti, topi, uccelli e conigli.
Si diresse verso la porta sul retro, muovendosi con cautela mentre Poutpourri continuava a corrergli fra i piedi. Appena Henry aprí la porta, il gatto entrò di corsa, chiaramente ansioso di ricevere la sua razione di cibo. Il signor Fogarty gli aveva sempre dato una schifezza puzzolente che costava meno di 25 pence a scatoletta. In mancanza di meglio Poutpourri mangiava anche quella, però preferiva di gran lunga il Whiskas. Non si era mai strusciato al signor Fogarty come si strusciava a Henry.
Il ragazzo aprí la credenza e tirò fuori due scatolette e una ciotola di latta.
— Ti rendi conto che lo stai rovinando, quel gatto? — brontolò una voce dall’ombra.
Preso alla sprovvista, Henry lasciò cadere la ciotola che piombò rumorosamente sul pavimento, mentre Poutpourri schizzava verso la porta con un miagolio di protesta.
— Coniglio! — sbuffò Sua Grazia la Principessa Aurora.
— Non sono un coniglio! — protestò Pyrgus. — Voglio solo rendermi conto di quello che farà. — Sfogliò il catalogo con calma ostentata, e sontuosi incantesimi di animazione fecero fremere le ali delle farfalle dipinte.
— Sai esattamente quello che farà — replicò Aurora. — I tatuaggi tradizionali sono gli stessi da secoli! E li hai visti migliaia di volte su nostro padre. — I suoi occhi si velarono. — Quando era vivo.
— Sí, sí. — Pyrgus girò un’altra pagina.
— Allora che aspetti?
Pyrgus bofonchiò qualcosa sottovoce.
— Che hai detto? — fece Aurora.
— Non mi piacciono gli aghi — borbottò il fratello a voce un po’ piú alta.
Si trovavano negli appartamenti privati del Monarca… ora di Pyrgus. Il Regio Scalpellatore stava aspettando fuori da quasi un’ora.
— Lo so che non ti piacciono gli aghi — disse Aurora in tono piú dolce. — Però devi farlo. E devi farlo subito, altrimenti ti pruderanno ancora il giorno dell’Incoronazione. È fuori discussione che il nuovo Monarca si gratti durante la cerimonia… penserebbero che hai le pulci.
— Potrei usare un incantesimo di guarigione.
— Potresti darti una mossa — sbottò Aurora. — Hai già rispedito indietro due volte quel pover’uomo. Stringi i denti e falla finita.
— E va bene — si arrese Pyrgus. Rivolse un cenno al valletto impalato accanto alla porta. — Fallo entrare.
Il valletto spalancò il battente e si sprofondò in un inchino. — Sir Tristano Aphantopus — annunciò a gran voce. — Regio Scalpellatore.
L’uomo che entrò impettito fece tornare in mente ad Aurora il suo vecchio nemico Jasper Bombix. Come lui, infatti, era sovrappeso e aveva un debole per gli abiti stravaganti: in quel momento indossava una lunga veste di seta cangiante, e fra le pieghe intessute di illudincanti fluttuavano ninfe sfocate. Ma la somiglianza finiva lí. Incedeva con passo scattante, e bastava guardare gli occhi per capire che non era un Notturno. Dietro di lui venivano due aiutanti segaligni, che spingevano un carrello carico di barattolini multicolori, diverse bottiglie e un vassoio dov’erano disposti gli aghi tanto temuti da Pyrgus.
Lo Scalpellatore s’inchinò con fare cerimonioso davanti al Principe. — Vostra Maestà. — Si voltò verso la Principessa per indirizzarle un inchino meno profondo.
— Vostra Grazia.
Aurora notò che aveva mani delicate e piuttosto belle. — Mio fratello è pronto — disse in fretta, prima che Pyrgus potesse cambiare idea.
Pyrgus le lanciò un’occhiataccia, ma a quanto pareva anche lui era deciso a farla finita. Si rivolse a Tristano Aphantopus e gli disse con enfasi: — Sono nelle tue mani, Scalpellatore. Sbrighiamoci.
I due assistenti stavano già stappando barattoli e bottiglie e disponendo accanto agli aghi una sfilza di strumenti scintillanti. Aurora vide il fratello impallidire. A giudicare dall’attrezzatura, sembravano pronti ad affrontare un’operazione chirurgica.
— Presumo che Sua Maestà gradirebbe conoscere le possibili alternative — esordí in tono solenne Tristano Aphantopus.
Pyrgus lo fissò confuso, e Aurora temette che ancora una volta decidesse di battere in ritirata. Invece si limitò a dire: — Alternative? Sí, mi piacerebbe conoscerle.
— Secondo la tradizione — intonò Tristano Aphantopus — i tatuaggi sono eseguiti senza anestesia né ausilio magico di alcun genere, a parte una piccola trasfusione nel caso il regio dissanguamento debba superare il litro l’ora.
— Dissanguamento? — squittí Pyrgus. — Un litro l’ora?
— In effetti succede di rado — lo rassicurò Tristano Aphantopus. — A meno che, è ovvio, non capiti di recidere un’arteria durante la Regia Trasposizione.
— La Regia Trasposizione? — gli fece eco Pyrgus. Aurora gli si accostò con aria indifferente, pronta a sorreggerlo in caso di svenimento.
— Prima di procedere con i tatuaggi, dovremo prelevare un consistente campione di tessuto per valutare su di esso gli effetti delle tinture. Una precauzione in caso di reazioni allergiche. Prima si esegue un tatuaggio sul campione: un’ape, per l’esattezza; poi, in assenza di reazioni, si procede con i tatuaggi rituali sul corpo di Vostra Maestà. Di solito il campione è prelevato dal regio didietro.
Aurora era sicura che Pyrgus avrebbe protestato. Lei avrebbe protestato: una cosa del genere significava non potersi sedere per una settimana. Invece suo fratello si limitò a chiedere: — Un’ape? Perché proprio un’ape?
— Non ne ho la piú pallida idea — ammise Tristano Aphantopus. — Mi limito a rispettare la tradizione. — Fissò Pyrgus per qualche momento, come aspettandosi altre domande, e riprese bruscamente: — Ma stavo spiegando le alternative alla Maestà Vostra. Come dicevo, il metodo tradizionale esclude l’uso sia di anestetico che di magia, ma uno dei vostri illustri avi, il Monarca Scolitandes il Fiacco, decretò che il Monarca Designato avrebbe potuto scegliere di sottoporsi ai tatuaggi rituali sotto anestesia generale o locale — accennò alle bottiglie sul carrello — usando particolari erbe. Oppure, a scelta, usare un conincanto che lo avrebbe reso temporaneamente immune al dolore. — S’interruppe e inarcò un sopracciglio. — La Maestà Vostra gradirebbe comunicarmi l’alternativa di sua scelta?
Pyrgus stava fissando preoccupato il carrello. — A che servono quegli strumenti? Per prelevare il campione di tessuto?
— No, sire. Vostra Maestà ricorda che fra i miei compiti secondari rientra quello di radere la testa di Vostra Maestà nella Regia Tonsura. Gli strumenti hanno forse un aspetto sgradevole, ma quella parte della procedura è assolutamente indolore. A meno che Vostra Maestà non faccia movimenti bruschi.
— È proprio necessaria, la tonsura? — chiese Pyrgus. Ci teneva parecchio ai suoi capelli.
Tristano Aphantopus annuí. — Assolutamente. Vostra Maestà è anche capo della Chiesa della Luce, perciò la tonsura è indispensabile. Ma se Vostra Maestà lo desidera, potrei utilizzare i capelli rasati per fare un toupet che la Vostra Maestà potrà usare quando non sia impegnata in cerimonie ufficiali.
— Sí — disse in fretta Pyrgus. — Sí, d’accordo.
— E riguardo all’alternativa scelta da Vostra Maestà? Anestetico, conincanto…?
— Cosa scelse mio padre?
Per la prima volta l’espressione di Tristano Aphantopus si addolcí. — Vostro padre, sire, scelse il metodo tradizionale: né incantesimi né anestetico. Non ci fu neanche bisogno che i miei assistenti lo tenessero fermo.
Aurora s’irrigidí. Erano passate solo poche settimane dalla morte del padre: una morte orribile, procurata da un’arma del Mondo Analogo che gli aveva spappolato metà faccia. Quando era vivo, lui e Pyrgus non erano mai andati molto d’accordo; anzi, a un certo punto le cose fra loro si erano messe talmente male che Pyrgus aveva abbandonato il Palazzo per vivere come un cittadino qualunque. Che avrebbe fatto, adesso? Avrebbe seguito l’esempio del defunto Monarca?
— In tal caso farò come lui — annunciò Pyrgus in tono regale, e cominciò a sbottonarsi i calzoni.
Aurora si eclissò discretamente. Era fiera del fratello e lieta della sua scelta, ma non ci teneva ad assistere al prelievo del campione di tessuto.
C’erano ancora un milione di cose da fare prima dell’Incoronazione. Ordinare la foglia d’oro per rivestire la Cattedrale, le candelincanto per la navata, i doni per gli invitati; scegliere i musici; organizzare i giochi per i festeggiamenti; provvedere ai conigli per la Distribuzione Rituale; e poi bisognava occuparsi della Guardia d’Onore, delle donazioni al clero, del Vascello di Gala, dei sette gruppi di evocatori, del Coro di Canveri, del Sostegno Maschile – Pyrgus aveva insistito che fosse Henry, e Aurora non era neanche sicura che il Viceré Fogarty lo avesse già contattato – del Sostegno Femminile, cioè lei stessa, a parte che ancora doveva fare le prove per l’abito, del Saluto Solenne, della nuova statua da inaugurare in Piazza Grande, del menu per il ricevimento… la lista proseguiva all’infinito.
E toccava a lei occuparsi di tutto, dal momento che Pyrgus si rifiutava di prendere la cosa sul serio.
Si stava dirigendo verso la sua stanza e la temuta lista delle “Cose da Fare”, quando d’impulso decise di togliersi il pensiero dell’abito. Girò sui tacchi e scese i ripidi, stretti scalini che conducevano agli alloggi della servitú. Non era una parte del Palazzo che visitasse di solito – se la Principessa aveva bisogno di qualcosa, erano i servi ad andare da lei – ma per tradizione l’abito indossato dal Sostegno Femminile era fatto di seta filiera e senza l’uso di incantesimi.
Assurdo, ma era la tradizione. Tutti sapevano che la seta filiera era la sostanza piú fragile del mondo… finché non si stabilizzava. Dopo, è chiaro, diventava la piú resistente. Purtroppo, per ottenere lo straordinario effetto aderente che la rendeva tanto preziosa, era necessario provare l’abito prima che il tessuto si stabilizzasse. Provarlo con grande attenzione, dal momento che non era permesso usare uno stasincanto. Con un pizzico di fortuna la seta non si stracciav...