Il padrone delle rondini (Segretissimo SAS)
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Il padrone delle rondini (Segretissimo SAS)

  1. 238 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il padrone delle rondini (Segretissimo SAS)

Informazioni su questo libro

Malko si sta annoiando. Una serata di beneficenza nel Principato di Monaco non è roba per lui. Ma una bionda comincia a puntarlo con insistenza e la faccenda diventa interessante. Lei è russa, si chiama Zhanna. È chiaro che ha in mente qualcosa, non si tratta solo di sesso. Ha scoperto che Malko lavora per la CIA e vorrebbe passargli informazioni su una rete di spie russe impiantata in gran segreto negli Stati Uniti. Come mai l'Agenzia non ne sa niente? E soprattutto, perché la bella Zhanna si mostra tanto generosa? Semplice: perché pretende qualcosa in cambio. Qualcosa di terribile. Un prezzo che Sua Altezza Serenissima Malko Linge, il Principe delle Spie, potrebbe non essere disposto a pagare

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
eBook ISBN
9788852026140
GERARD DE VILLIERS

IL PADRONE
DELLE RONDINI

Traduzione di Sandro Ossola
Mondadori

PERSONAGGI PRINCIPALI
MALKO LINGE (SAS)
Sua Altezza Serenissima, agente fuori quadro della CIA
ALEXEI KHRENKOV
magnate russo
ZHANNA KHRENKOV
sua moglie
LYNN MARSH
amante di Alexei
RICHARD SPICER
capo della stazione CIA di Londra
REM STALIEVIč TOLKACHEV
eminenza grigia dei Servizi segreti russi
VLADIMIR KRAZOVSKIJ
contabile della Petropavlovsk Ltd e spia russa
GWYNETH ROBERTSON
ex agente della CIA
SIR WILLIAM WOLSELEY
capo di gabinetto dell’MI5

1

Forse per la decima volta, Malko incrociò lo sguardo insistente della bionda seduta in fondo al tavolo.
Intrigante.
Quando lei si rese conto che anche lui la fissava, un sorriso discreto le illuminò il volto, scoprendo denti piccoli e di un bianco abbagliante. Poi il suo vicino le rivolse la parola e lei distolse lo sguardo per rispondergli.
Malko continuò a osservarla. Evidentemente la giovane donna era interessata a lui, ma come le altre quattro signore al loro tavolo, era accompagnata: un uomo alto, brizzolato, il viso energico e duro, con occhiali dalla sobria montatura in metallo. Stile banchiere protestante.
La bionda era più piccante. Naso all’insù, tratti regolari, un trucco che valorizzava gli occhi chiari. La scollatura dell’abito da sera aderente scopriva un seno modesto. Quando si erano seduti a tavola, però, Malko aveva potuto constatare che lo spacco dell’abito metteva in risalto un fondoschiena eccezionale.
Probabilmente il suo migliore attributo fisico, dato che l’espressione un po’ ordinaria e i capelli color stoppa non attiravano certo l’attenzione.
Di nuovo notò che lei lo fissava, con il solito sorriso impercettibile e lo sguardo insistente che cercava palesemente un contatto.
Avvertì su di sé gli occhi di Alexandra, seduta al lato opposto del tavolo, e si affrettò a rivolgerle un sorriso complice e adorante. Inutile risvegliare la tigre che c’era in lei e che dormiva sempre con un occhio solo. Fortunatamente la sconosciuta bionda non aveva il fisico aggressivo che in una frazione di secondo avrebbe scatenato la sua gelosia cieca e feroce. Per quanto anche lei non fosse una campionessa di fedeltà, ogni femmina che veniva attratta dagli occhi dorati di Malko diventava all’istante un nemico da abbattere.
Pertanto, se quella bionda non aveva conquistato Malko con lo sguardo, non avrebbe attirato nemmeno la sua attenzione.
Dal posto d’onore del tavolo, ai bordi della pista da ballo che lo separava dal palco su cui un attempato Tom Jones stava tentando di scaldare i partecipanti a quel tedioso Ballo della Croce Rossa, uno dei must di Monte Carlo, il barone Helmut Ponickau rivolse a Malko un cenno gioviale con la mano.
Era stato il barone a invitare lui e Alexandra a quell’evento “benefico”, insieme ad altre tre coppie, di italiani e americani. Malko non aveva potuto rifiutare, sebbene fosse poco attratto da quel genere di feste, mortalmente noiose. Ponickau lo invitava regolarmente a sontuose partite di caccia o alle splendide feste che dava nel suo castello, nell’Austria settentrionale.
E poi era un uomo delizioso, di ottima famiglia e ben educato, sebbene snob come Maria Antonietta e per di più incredibilmente fortunato. Grazie ad abili intermediari era riuscito a ottenere la residenza fiscale a Monte Carlo, cosa che gli faceva risparmiare parecchio denaro e spiegava il suo attaccamento al principato, pur deturpato dai grattacieli e bucato come un groviera dalle innumerevoli gallerie e dove i vecchi edifici dalle facciate color pastello sparivano man mano sotto colate di cemento.
Malko si era chiesto se quell’invito non fosse in realtà un sistema tortuoso d’incontrare la prosperosa Alexandra, la sua fidanzata di sempre. A Vienna circolava voce che il barone avesse avuto un’avventura con lei mentre lui era impegnato in una delle tante missioni per conto della CIA.
Dato che nemmeno Malko poteva dirsi propriamente un tipo fedele, non le faceva mai domande. Di solito a cercare la verità c’è solo da perdere.
Fissò di nuovo la bionda, sempre più intrigato: non aveva l’aspetto di una seduttrice. Cercò disperatamente di ricordarne almeno il nome di battesimo, che gli aveva detto quando si erano presentati. Inutilmente.
Il barone aveva dato appuntamento ai suoi ospiti all’ingresso dello Sporting di Monte Carlo, in fondo all’avenue Princesse Grace, quasi al confine del principato. Le presentazioni erano state fatte rapidamente nella hall di marmo che dava da un lato sul Privé e dall’altro sulla Salle des Étoiles, dove aveva luogo il galà della Croce Rossa.
In mezzo al brusio, Malko non aveva capito bene nessuno dei nomi. Del resto, di quella gente che non avrebbe più rivisto, a parte il barone, gli importava assai poco.
Aveva fretta di tornare all’Hôtel de Paris per stare con Alexandra, abbagliante nell’abito aderente blu con lo spacco sulla coscia sinistra.
Una moderata salva di applausi scosse la sala, salutando la fine dello spettacolo di Tom Jones.
Malko sbirciò discretamente il suo Breitling: il supplizio si avviava alla fine.
Prima c’era stata la cena: pretenziosamente neoclassica, era durata quasi due ore, il tempo necessario per servire trecento persone. Quindi l’inevitabile asta, durante la quale dei miliardari distratti avevano finto di disputarsi i gioielli offerti dagli sponsor della serata, per poi farne dono alle loro amanti o governanti.
Ma almeno era per una buona causa.
In quel luglio del 2010 non mancavano certo: l’alluvione in Pakistan aveva rimpiazzato il terremoto a Haiti e i massacri nel Darfur, di cui si aveva ormai solo uno sbiadito ricordo.
Non rimaneva che il clou della serata: l’apertura delle danze da parte di Sua Altezza Serenissima il principe Alberto di Monaco, sottobraccio alla sua muscolosa nuotatrice sudafricana che aveva promesso di sposare il prossimo anno.
L’orchestra stava per prendere posto e gli occhi del barone Ponickau non si staccavano dal tavolo vicino. Aveva dato con discrezione cinquemila euro al concierge dell’Hôtel de Paris per avere quel tavolo, accanto al principe Alberto: onore insigne.
Così sarebbe stato tra i primi a correre sulla pista alle calcagna di Sua Altezza, e a essere fotografato con lui.
A fronte dei quindicimila euro che aveva speso per il “suo” tavolo, si trattava di una ben magra ricompensa. Ma agli occhi dei monegaschi l’essere vicini alla famiglia regnante era una chiave che apriva tutte le porte.
I tavoli erano disposti in modo bizzarro, come nei banchetti: molto lunghi, da dieci posti ciascuno e perpendicolari al palco.
L’orchestra attaccò le prime battute di quello che poteva passare per un valzer.
La sala trattenne il fiato.
Il principe Alberto si alzò e tese la mano alla fidanzata.
Malko sollevò gli occhi al cielo, in quel momento visibile grazie al soffitto a scomparsa. La sala meritava il nome di Salle des Étoiles, sala delle stelle, considerato il firmamento che avevano sopra la testa.
Ormai il principe Alberto volteggiava graziosamente sulla pista sulle note di quel valzer piuttosto datato.
Il barone Ponickau si alzò a sua volta, si aggiustò lo smoking dal taglio perfetto e, con sorpresa di Malko, tese la mano ad Alexandra, seduta di fronte a lui.
Lei non poté rifiutarsi. Malko seguì con gli occhi la sua figura formosa e, con un leggero groppo alla bocca dello stomaco, la vide incollarsi allo smoking nero del barone.
Era evidente che Hildegarde, sua moglie, in sovrappeso di venti chili, non avrebbe mai potuto competere.
Tutti quanti si alzarono.
Fu una gara a chi raggiungeva per primo la pista. A parte i reietti ai tavoli più in fondo e un manipolo di arcigni vegliardi che sognavano il proprio letto, ogni invitato cercava di sfiorare Sua Altezza Serenissima. In un batter d’occhio al tavolo del barone Ponickau rimasero sedute solo due persone: Malko e la bionda misteriosa.
Lo sguardo implorante che gli rivolse avrebbe fatto squagliare il granito. Era evidente che si sentiva abbandonata. Un paio di minuti dopo i due piroettavano sulla pista. Era un po’ più bassa di lui e i capelli biondi gli strusciavano contro il bavero dello smoking, nonostante i dodici centimetri di tacco.
Dopo qualche giro di valzer la donna sollevò il viso verso di lui e domandò: — Lei è un amico di Helmut?
— Certo. E lei?
— È amico di mio marito. Quando viene a New York, è spesso ospite a casa nostra. È un uomo delizioso.
— Lei è americana?
Il suo inglese era perfetto, ma con un leggero accento.
— Ho il passaporto americano — precisò la bionda — ma sono nata in Russia. Ho lasciato l’Unione Sovietica nel 1991 per trasferirmi a New York. Ho fatto la baby-sitter, poi la commessa finché non ho incontrato mio marito, Tim Bartok.
— È lui che l’ha accompagnata stasera?
Lei rise. — No, ho divorziato. Alexei Khrenkov è il mio secondo marito. Anche lui è russo. Si occupa di finanza.
— Quindi ha mantenuto il nome russo, Zhanna — concluse Malko, che era riuscito a leggere il nominativo sul segnaposto della bionda.
— Certo. E cosa mi dice di lei?
— Sono austriaco.
— Questo lo sapevo già — civettò Zhanna Khrenkov. — Helmut mi ha parlato di lei. Pare che lei viva in uno splendido castello.
— Be’, “splendido” è una parola grossa…
L’orchestra fece una breve pausa, ma Zhanna rimase incollata a lui. La musica ricominciò: un mix di salsa e reggae. Malko ebbe l’impressione che la sua dama avesse avvicinato il bacino al suo. In ogni caso, sulla pista c’era ormai talmente tanta gente che avrebbe potuto anche strapparle le mutandine senza che nessuno se ne accorgesse.
— Che cosa fa dopo il galà? — domandò la donna.
Ormai gli invitati più anziani si stavano allontanando con discrezione. Di lì a dieci minuti il principe Alberto avrebbe fatto altrettanto.
— Penso che tornerò all’Hôtel de Paris…
— Non va al casinò?
— Io non gioco.
— Come Alexei! Io invece adoro giocare. Penso che andrò a puntare il mio numero fortunato al Privé. A quanto pare, mio marito è molto attratto dalla sua vicina, una principessa italiana. Non vuole tenermi compagnia per qualche minuto? — chiese Zhanna. — Detesto andare da sola in posti di quel tipo…
Questa volta la proposta era palese: i loro sguardi s’incrociarono e, come per sottolineare l’invito, per un attimo la donna s’incollò a lui con tutto il bacino.
Piuttosto indifferente a quell’avance (Zhanna Khrenkov non lo eccitava in modo particolare), Malko obiettò: — Credo che la mia amica tra poco vorrà rientrare…
La donna gli rivolse un sorriso ironico. — Per il momento sembra che si stia divertendo…
In effetti Alexandra stava ballando a quel ritmo caraibico appiccicata al barone Ponickau.
— La lasci fare — insisté Zhanna. — Non ci metteremo molto.
Si staccò da lui e tornò al tavolo. Malko non aveva scelta. S’infilò tra i ballerini e raggiunse Alexandra, posando una mano leggera ma possessiva sulle sue magnifiche natiche, e disse, abbastanza forte da sovrastare la musica dell’orchestra: — La no...

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