Caponapoli (Il Giallo Mondadori)
eBook - ePub

Caponapoli (Il Giallo Mondadori)

  1. 196 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Caponapoli (Il Giallo Mondadori)

Informazioni su questo libro

Joe Pazienza il mestiere dell'investigatore privato se l'è cucito addosso da poco, prima faceva il cronista. E se gli manca il curriculum professionale, non gli fa difetto un certo fiuto. Quando viene ingaggiato dalla sua prima cliente, Nada Mormile, una con tutti i requisiti della dark lady al posto giusto, annusa subito puzza di guai. Guai seri. C'è in ballo uno strano messaggio pieno di minacce, e i cantieri edili di un importante palazzinaro, presto ritrovato "suicida" con la testa dentro un sacchetto. C'è anche qualcuno che non apprezza il nuovo lavoro di Joe in veste di ficcanaso e fa di tutto per farglielo capire, più con le cattive che con le buone. E poi c'è il Caponapoli, il complesso sanitario intorno al quale sembrano addensarsi tutti i misteri di una città violenta e fascinosa. Se cercava il suo battesimo di fuoco, Joe Pazienza è stato accontentato. A meno che non sia il suo funerale.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
eBook ISBN
9788852026065
MASSIMO SIVIERO

CAPONAPOLI

Mondadori

Ognuno di voi potrebbe illudersi di ritrovarsi in questa storia, ma qualsiasi riferimento è volutamente e assolutamente casuale.

CAPONAPOLI

A Rosario e Paolo,
fratelli senza coltelli

PERSONAGGI PRINCIPALI
JOE PAZIENZA
investigatore privato
TODY FANTE
sassofonista amico di Joe
GIOSUÈ MORMILE
imprenditore edile
NADA MORMILE
figlia di Giosuè
PINUCCIA TISCI
amica di Joe
TULLIO ASTOLFO
capocantiere
MIMMO TUFO
proprietario di bar
ARCHIMEDE SCIORTINO
farmacista speziale
ALMA DOLCEZZA
collaboratrice di Sciortino
CANNOLICCHIO
MICHELIN
sicari
CORIOLANO BO
epatologo del Caponapoli
RENATO DE CUPIS
medico del Caponapoli
ODOACRE MICENEO
archeologo
SASÀ GOGNA
ispettore di polizia

1

— Joe Pazienza? È successo quello che temevo. Guardi il telegiornale e venga subito!
Accesi il 15 pollici e feci zapping. Il TG regionale della sera in coda alle notizie stava dando un’ultim’ora.
“Abbiamo appena appreso che il cavaliere Giosuè Mormile, titolare della EdilPart, si è suicidato nella propria abitazione con modalità definite raccapriccianti. Nella prossima edizione saremo in grado di darvi maggiori particolari...”
Tutto era cominciato quattro giorni prima.
Da un’ora mi ero sistemato nel mio ufficio al numero 21 di via Firenze. Il primo giorno di scuola in una città caotica e a elevato rischio: dove individui poco raccomandabili li incontravi a ogni angolo di vicolo. Rischi che aumentavano quando si aveva la cattiva abitudine di fare in giro troppe domande.
Il sottoscala era sulla riva destra della fogna. Fogna umana, voglio dire, come la zona a ridosso della stazione. Il quartiere della malavita e degli alberghi a una stella. La sorgente del lavinaio era un agglomerato incasinato dove vivevano africani e asiatici e mercanti nostrani che lo avevano trasformato in un suk a cielo aperto.
Il locale in muratura era per me una novità in assoluto, visto che da qualche anno abitavo in una roulotte. Per essere al riparo dai sequestri dell’ufficiale giudiziario dopo una condanna per diffamazione. Diritto di critica e di cronaca, evviva la libertà!
Il mio amico Mimì lo aveva liberato dalle casse di minerali e dai cartoni di birre. Me lo aveva consegnato dopo una rinfrescata alle pareti con un buon canone senza contratto. Poteva anche essere accettabile, se non avesse avuto quella puzza di fogna. Come se non bastasse, miasmi al fenolo provenivano dagli scarichi della farmacia sistemata al piano terra proprio sulla mia testa.
Quel lunedì di giugno al tropico partenopeo il monsone della notte aveva mandato sott’acqua cabine elettriche e scantinati. Decine di locali affogati dal nubifragio tranne il mio, salvato forse dal ballatoio un po’ rialzato del palazzo.
Con il mouse feci scorrere alcune immagini sul diluvio universale dell’anno prima in Asia.
Qualcuno quasi mi fracassò la porta.
— È aperta! Spingete! — urlai.
Età sui ventinove. Girò lo sguardo intorno un po’ smarrita, ma non era così timida come voleva far credere. O cercava di darsi un contegno con quella lunga sigaretta tra le labbra.
— È lei Joe Pazienza? — scandì sicura.
— In persona.
— Ho letto l’annuncio. — Schiacciò la sigaretta nel portacenere e si sedette.
Un’aspirante cliente?
Mi colpì una ciocca bianca sulla chioma nerissima. Ma era carina, a parte questa ambiguità della natura o del parrucchiere.
Notai un certo nervosismo. Il sopracciglio destro era tirato e appuntito come un accento circonflesso.
Dal minibar afferrai la bottiglia di Aperol, un regalo del mio amico proprietario del sottoscala. Mi alzai e azionai l’aspiratore per attenuare il cattivo odore della stanza.
— Ho fretta. — Controllò l’ora.
— Così mi scatena l’ansia, avrà almeno tre secondi per tirare il fiato? — dissi.
Versai l’aperitivo in due bicchieri.
Dalla Vuitton prese il pacchetto, accese un’altra sigaretta, le tremavano le mani. La borsetta aperta cadde e si vuotò sul pavimento. Tra gli oggetti ce n’era uno più pesante e luccicante. Una 6,35 nera e dorata, un gingillo da trousse o da salotto, come in gergo criminale veniva catalogato questo genere di artiglieria leggera.
La ragazza ripose l’arnese e raccolse velocemente le altre cose. Buttò giù il drink con un sorso.
Quasi urlò: — Non ho bisogno di giustificarmi, ho ricevuto... — S’interruppe, inspirò l’aria viziata del locale.
— Ha ricevuto?
Continuava a dare segni di insofferenza.
— Sì, gravi minacce, sono qui per questo.
La promossi finalmente mia cliente.
— C’è sempre la polizia — feci interlocutorio.
— Mi aspettavo che me lo dicesse. Ci sono già stata due giorni fa, non possono fare molto, o non mi credono. Minacce subdole... sottili.
— Minacce sottili — sorrisi.
Due boccate profonde, espulse il fumo dalle narici e inondò la camera a gas. Schiacciò la seconda Marlboro appena accesa nella bomboniera adibita a posacenere.
Dalla tasca dei jeans prese il cellulare con annessa fotocamera.
— Legga con che cosa è capace di bombardarmi questo maledetto.
Un SMS era ancora impresso sul display: “Dieci ore e tutto sarà finito”. Era firmato “Sirena”.
— Sirena, magari Sirena Partenope. Sembra una parola in codice.
Guardai l’ora del pensierino gentile, le 7.10. Ne erano trascorse quasi tre. Inviato da un telefonino magari scippato a qualche ragazzino dalla solita banda di minori.
Scattò in piedi gesticolando, rimise il cellulare nella tasca.
— Devo spiegarglielo io? Sono minacce di morte!
Calcolai che le rimanevano sette ore.
— La polizia postale potrebbe risalire all’autore. Comunque, mi dica.
— Quanto vuole per la mia protezione? — domandò guardandosi intorno.
— Ne possiamo riparlare.
Trillò la sua fotocamera, mi colpì il tono trionfale della suoneria.
Rispose con uno scatto: — No, la figlia. Richiami tra un’ora. — E richiuse.
— Le piace Verdi? — domandai enigmatico.
Fece perentoria: — Per qualche giorno stia nei miei paraggi.
— Dove sono i suoi paraggi?
— Mi rifarò viva... Perché Joe Pazienza? — sorrise finalmente con una smorfia carina.
— Strano nome, vuole dire? Mi chiami pure il Rompipalle. Comunque si sbrighi, non le rimane molto tempo.
Scivolò via leggera come un felino.
Non mi aveva detto come si chiamava. Avrei voluto chiederle un anticipo, ma non me ne aveva dato il tempo. Per la fretta non le avevo fatto neppure firmare l’autorizzazione all’incarico e al trattamento dei dati sulla privacy.
Mi alzai con il bicchiere vuoto, e sulla scrivania notai un rettangolo di carta. Mi accorsi che aveva lasciato un assegno. Mille euro per cominciare. Su che cosa, neanche lo sapevo, ma sospettai che mi stavo cacciando in un affare complicato. Anzi, ebbi la certezza di aver trovato un modo sicuro per ficcarmi nei casini.
Sull’assegno era attaccato con una graffetta un bigliettino. C’era scritto “Nada Mormile”. Senza un indirizzo.
Un secondo squillo festeggiò ufficialmente il taglio del nastro di partenza nel cubicolo in muratura.
— Agenzia Giaguaro?
— Avete indovinato.
— Un momento, le passo il cavaliere.

2

Un sibilo ansimante precedette una voce alquanto roca.
— Joe Pazienza, per favore.
— Eccomi, chi parla?
— Sono Mormile, Giosuè Mormile. Avrei bisogno della vostra assistenza.
Collegai subito il suo nome a quello della giovane donna.
— Siamo qua per questo, vi ascolto.
— I nostri cantieri hanno necessità di sorveglianza notte e giorno.
— Non svolgiamo questo servizio. Troverete molte altre agenzie per la sicurezza e la vigilanza, siamo specializzati in investigazioni.
— Investigazioni... — Tacque per lunghi attimi con il fiatone. — Capisco. Giovanotto, ci risentiamo.
Mi conosceva? Il cavaliere attaccò, mentre subito inquadrai che i conti non mi tornavano. Certi segni ereditari sono inconfondibili, come il cromosoma della fretta. E dell’ansia: l’altra Mormile era magari sua figlia? Anche se mi era sembrato più l’affanno di un asmatico fumatore incallito. Nada Mormile era venuta con una piccola automatica nella borsetta a denunciarmi un caso di minacce, e il padre mi voleva affidare la sorveglianza delle imprese edili. Senza neppure un accenno a quell’episodio inquietante. Particolare ancora più strano era che la ragazza, nonostante l’imminente scadenza di una minaccia di morte, mi aveva detto che si sarebbe rifatta viva.
Mi versai un altro goccio di quella robaccia. Bevvi e riflettei sul nuovo lavoro. Avevo fatto la gavetta nei mestieri più diversi, reporter, ambulante di occhiali e infine detective. Per colpa o per merito di quell’altro rompiscatole del commissario Abruzzese, che due anni prima mi aveva indagato per omicidio e scagionato grazie al suo fiuto. Al punto da farmi seguire più o meno il suo mestiere. Anche se non mi sentivo un piedipiatti, non nel significato classico. Così mi ero deciso a navigare in mare aperto come frequentatore di fogne umane.
Mimì mi aveva dato una mano a vincere lo stress con un affitto simbolico. L’altra stavo cercando di darmela io da qualche settimana. Avevo letto su una rivista due o tre concetti del filosofo Epicuro. Come quello di contentarsi di poco e di vivere appartato e dell’equilibrio come piacere. Insomma qualcosa di simile alla pace dei sensi. Anche se non era facile, volevo tentare di metterli in pratica. Il lettino dello strizzacervelli non bastava più.
Girai sulla porta il cartello TORNO SUBITO e uscii. Salii i cinque gradini fino alla farmacia con ingresso all’interno del palazzo. Era più una bottega che una farmacia. Di Archimede Sciortino avevo sentito delle sue tisane e di certi preparati speziali che facevano storcere il naso alla medicina ufficiale. Medicina ufficiale! Magari quella delle visite allo studio non seguite da ricevuta. Credo che il soprannome di “Cagliostro” gli fosse stato appiccicato come dispregiativo dai guaritori ufficiali suoi denigratori.
Quando entrai, Sciortino-Cagliostro non era al banco. In caso contrario sarebbe stato per me imbarazzante chiedere al re delle pozioni uno di quegli orribili deodoranti all’essenza di bosco e brillantina, capaci di affogare qualsiasi fetore e di provocarne altri. Me lo trovò Alma, che della farmacia doveva essere il corpo e l’attrazione.
Ritornai giù, sistemai nel cesso il deodorante all’essenza di schifo e azionai l’aspiratore. Poi aprii il finestrino che dava sulle scale.
Tody si presentò con un cornetto in una mano e due caffè nell’altra, aperta come una guantiera. Il viso era ancora più scavato del solito.
— Sei caduto dal letto?
Rispose con uno sbadiglio e bevve dal bicchierino monouso.
Addentai controvoglia un pezzo di cornetto e sorseggiai il caffè all’acquavite. Mentre osservavo sul pavimento uno scarafaggio catapultarsi sui granelli di zucchero del mio cornetto, Tody era scomparso.
Riapparve dopo pochi minuti.
— Giochiamo a mosca cieca?
— Ho fatto un salto in farmacia — spiegò.
— Il solito antidolorifico! Avrei un incarico per te.
— Come si chiama? — fece meno apatico.
— Nada Mormile, qualcuno la minaccia. Devi passarla ai raggi X, non me la dice giusta, forse qualcosa mi nasconde. — Riflettei un attimo. — Per arrivare a lei cominciamo dal papà. A che ora si alza, con quale rasoio si rade, la marca delle mutande, gli amici e i nemici. Tutto. Giosuè Mormile è il padrone dell’EdilPart.
Tody, quella mattina, era ancora più simile all’immagine spettrale dell’ultimo Chet Baker del manifesto che avevo sulla parete di fronte a me, l’angelo dalla faccia sporca che aveva tradito anche...

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