Perry Mason e il cane molesto (Classici del giallo)
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Perry Mason e il cane molesto (Classici del giallo)

  1. 182 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Perry Mason e il cane molesto (Classici del giallo)

Informazioni su questo libro

Arthur Cartright vorrebbe fare testamento a favore di una donna, la signora Foley, che è la moglie di un suo vicino di casa. Richiesta piuttosto insolita. Sembra però che la donna non sia veramente la moglie del signor Foley. Senza contare che Cartright in realtà è coniugato, ma non sa dove si trovi la gentile consorte. Una situazione davvero complicata. Per di più Cartright vuole denunciare Foley perché il suo cane lo tormenta ululando in continuazione, e i cani si lamentano quando qualcuno, nei paraggi, sta per morire. Di fronte a questa ulteriore bizzarria, l'avvocato Perry Mason dovrebbe forse suggerire al signor Cartright un altro genere di consulto. Invece accetta l'incarico. Scoprirà presto che il cane è tutt'altro che molesto, ma il presagio di morte pienamente azzeccato.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
eBook ISBN
9788852026584
ERLE STANLEY
GARDNER

PERRY MASON
E IL CANE MOLESTO

Traduzione di Enrico Andri
Mondadori

PERRY MASON
E IL CANE MOLESTO

PERSONAGGI PRINCIPALI

PERRY MASON
avvocato
DELLA STREET
segretaria di Perry Mason
PAUL DRAKE
investigatore privato
ARTHUR CARTRIGHT
milionario
PAULA CARTRIGHT O EVELYN FOLEY
moglie di Arthur Cartright
CLINTON FOLEY O FORBES
vicino di casa di Arthur Cartright
BESSIE FORBES
moglie di Clinton Forbes
THELMA BENTON
governante di Clinton Forbes
AH WONG
cuoco di Clinton Forbes
ELIZABETH WALKER
governante di Arthur Cartright
CLAUDIUS DRUMM
procuratore distrettuale
MAE SIBLEY
attrice

1

Della Street aprì la porta dello studio, cedette il passo e, col tono che una donna usa istintivamente verso un bimbo o un malato, disse: — Prego, signor Cartright: l’avvocato vi attende.
L’uomo, corpulento, largo di spalle, dimostrava di aver superato la trentina. Un’espressione inquieta palpitava nei suoi occhi bruni. Entrò nella stanza.
— Voi siete l’avvocato Perry Mason? — chiese.
— Per l’appunto — rispose Mason. — Accomodatevi.
L’uomo si abbandonò pesantemente nella poltrona che Mason gli aveva indicato. Come un automa, levò da una tasca un pacchetto di sigarette, ne tolse una e se la portò alle labbra. Nel momento in cui stava per riporre il pacchetto, si accorse di non averlo offerto a Mason. Con mano tremante lo porse bruscamente all’avvocato, che fermò per un attimo lo sguardo sulle dita.
— No, grazie — disse Mason. — Fumo sempre la stessa qualità di sigarette.
Il signor Cartright annuì con un cenno del capo, si mise in tasca il pacchetto, strofinò un fiammifero e si chinò un poco in avanti, col gomito appoggiato sul bracciolo della poltrona, per poter più comodamente accendere la sigaretta.
— La mia segretaria — disse Perry Mason con voce pacata — mi informa che desiderate consultarmi circa un cane e un testamento.
L’uomo fece di sì col capo.
— Un cane e un testamento — ripeté.
— Ebbene, parliamo prima del testamento; confesso che, in fatto di cani, non sono competente.
Cartright approvò ancora.
Guardava Perry Mason con una specie di avidità, come un uomo molto malato guarda il medico che deve guarirlo. L’avvocato tolse da un cassetto un taccuino di carta gialla, prese una stilografica sulla scrivania e chiese: — Il vostro nome?
— Arthur Cartright.
— Età?
— Trentadue anni.
— Domiciliato?
— In Milpas Drive, 4893.
— Coniugato?
— Questo dato è necessario?
Perry Mason teneva la stilografica sospesa sopra il taccuino; gettò una lunga occhiata a Cartright.
— Sì — disse infine.
Cartright scosse la cenere della sigaretta, con la mano che tremava sempre di più.
— Penso che questo non abbia la minima importanza, per quanto riguarda il testamento — dichiarò.
— Devo saperlo — insistette Mason.
— Ma vi ripeto che è inutile, dato il modo in cui disporrò dei miei beni.
L’avvocato non rispose, ma il suo tranquillo silenzio indusse l’altro a parlare.
— Sposato — mormorò.
— Il nome di vostra moglie?
— Paula Cartright, di anni ventisette.
— Vive con voi?
— No.
— Dove abita?
— Lo ignoro.
Mason esitò un attimo. Il suo sguardo calmo e paziente scrutò il volto stralunato del cliente. Poi riprese la conversazione in tono più cordiale.
— Benissimo. Parliamo del vostro testamento, prima di tornare su questo punto. Avete figli?
— No.
— A chi desiderate lasciare il vostro patrimonio?
— Prima di rispondere a questa domanda — fece Cartright — vorrei sapere se un testamento è valido, quali che siano le circostanze della morte del testatore.
Perry Mason annuì.
— Per esempio: se un uomo muore sulla sedia elettrica, se è condannato, che cosa avviene del suo testamento?
— Niente: le disposizioni rimangono tali e quali — rispose Mason.
— Va bene. Quanti testimoni occorrono?
— Due in certi casi, nessuno in certi altri.
— E cioè?
— E cioè: se un testamento è dattilografato e porta solo la vostra firma manoscritta, due testimoni devono dichiarare che quella firma è vostra. Invece, nel nostro paese, un testamento scritto tutto di vostro pugno, datato e firmato, è valido senza testimonianze.
Arthur Cartright trasse un sospiro di sollievo. Quando riprese a parlare, la sua voce era più tranquilla, meno a scatti.
— Benissimo — disse. — Ecco dunque una questione risolta.
— A chi desiderate legare i vostri beni?
— Alla signora Foley, Milpas Drive 4889.
— Una vicina?
— Una vicina — disse Cartright con l’aria di voler tagliare corto ai commenti.
— Benissimo. Non dimenticate, Cartright, che non bisogna aver segreti con il proprio avvocato. Ditemi la verità. Sapete bene che non tradirò la vostra fiducia.
— Non vi ho forse detto la verità? — protestò Cartright, impaziente.
Lo sguardo e la voce di Mason non avevano perso nulla della loro calma.
— Non lo so — disse. — Volevo solo invitarvi a non nascondere nulla. Continuate, parlatemi del vostro testamento.
— Non ho nulla da aggiungere.
— Cioè?
— Tutto quello che possiedo deve passare alla signora Foley.
Perry Mason posò la penna, quindi con le dita ritmò una marcia sul piano della scrivania. Intanto studiava attentamente il suo interlocutore.
— Allora — disse infine — parliamo del cane.
— Il cane ulula — rispose Cartright.
Perry Mason scosse il capo, con aria interessata.
— Ulula specialmente di notte — riprese Cartright — e talvolta anche di giorno. Questo mi fa impazzire; non posso tollerare quegli ululati. Di solito i cani si lamentano quando qualcuno, che sta vicino a loro, sta per morire!
— Dov’è il cane? — domandò Mason.
— Nella casa che confina con la mia.
— Allora — chiese l’avvocato — la casa della signora Foley è da un lato della vostra e quella in cui ulula il cane dall’altro?
— No, il cane ulula nella casa di Clinton Foley.
— Capisco — mormorò Mason. — Cartright, se mi diceste tutta la verità?
L’uomo schiacciò il mozzicone in un portacenere, si alzò, andò rapidamente alla finestra e guardò fuori, con l’aria di uno che non vede nulla. Infine fece dietrofront e si diresse verso l’avvocato.
— Ho da rivolgervi un’altra domanda, circa il testamento.
— Dite.
— Supponete che la signora Foley non sia la moglie del signor Foley.
— Non capisco.
— Supponete che lei viva col signor Clinton Foley senza esserne la moglie legittima.
— Questo non influirebbe sulla validità delle vostre disposizioni — disse lentamente Mason — purché voi designiate la persona come la signora Foley, e cioè la donna che attualmente vive con Clinton Foley, e passa per sua consorte. In altri termini, il testatore è libero di lasciare i suoi beni a chi gli aggrada, a condizione che indichi il beneficiario senza possibili equivoci. Ci sono stati casi di mariti che hanno testato in favore delle loro compagne, pur non essendo queste le loro spose legittime. Altri hanno lasciato i loro beni a dei figli che non erano loro figli…
— Questo non mi interessa — interruppe Cartright seccato. — Io vi parlo di un caso particolare. Siete sicuro che non ci sia alcuna obiezione?
— Sicurissimo.
— Ebbene — rispose Cartright, il cui sguardo rivelò improvvisamente qualcosa di subdolo — supponete che esista una moglie di Foley; supponete che Clinton Foley sia legittimamente coniugato, che non abbia divorziato, e che io desideri lasciare i miei beni alla donna che vive attualmente con lui.
Perry Mason rispose con la voce di un uomo che tenta di calmare un timore puerile: — Vi ho appunto spiegato che l’intenzione del testatore è quella che conta. Se voi legate tutti i vostri beni alla donna che vive attualmente con Clinton Foley e passa per sua moglie, questa persona sarà la vostra erede. Ma Clinton Foley è ancora in vita?
— Certo. Non solo, ma vive nella casa adiacente alla mia.
— Capisco — disse Mason, sforzandosi di parlare con aria noncurante. — E il signor Foley conosce la vostra intenzione di testare in favore di sua moglie?
— Neanche per sogno! — rispose Cartright. — Non ne sa nulla e non è necessario che lo sappia, vero?
— No, no. Chiedevo solo se era al corrente della cosa.
— Non lo sa — insistette Cartright — e non lo saprà mai.
— D’accordo. Questo punto è regolato. Adesso il cane.
— Bisogna far qualcosa contro quel cane.
— E che cosa?
— Far arrestare Foley.
— Per quale motivo?
— Perché mi fa impazzire. Un uomo non ha il diritto di tenersi in casa un cane simile. Questo fa parte di un piano di persecuzione espressamente stabilito contro di me. Sa che detesto gli ululati dei cani e ha insegnato al suo cane a ululare. La bestia ha cominciato solo due giorni fa; Foley lo ha fatto per esasperarmi e per esasperare sua moglie, che è a letto malata. E il cane ulula: ciò presagisce una morte certa nei paraggi.
Cartright parlava in fretta e gesticolava; i suoi occhi brillavano di febbre.
Mason, a labbra strette, lo osservava attentamente.
— Credo — disse infine l’avvocato — che non mi sarà possibile occuparmi di quest’affare, signor Cartright; sono molto occupato in questo momento. Ho appena finito un processo…
— Ho capito — troncò Cartright — pensate che io sia pazzo, che si tratti di cosa senza importanza. È uno dei casi più seri di cui vi siate mai occup...

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