Contemplazione della Morte
  1. 206 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Notizia sul testo e Note di commento a cura di Carla Pisani.
Cronologia della vita di Gabriele d'Annunzio a cura di Annamaria Andreoli.Nell'ebook si ripropone il testo di Contemplazione della Morte raccolto nelle Prose di ricerca (a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, "I Meridiani", Mondadori, Milano 2005, 2 tomi), titolo sotto il quale Gabriele d'Annunzio ha raccolto un insieme molto eterogeneo di opere di carattere autobiografico e saggistico per farne il proprio testamento spirituale. Gli apparati informativi riproducono quelli pubblicati nell'edizione dei "Meridiani".Composte nella temperie autobiografica delle prime Faville (luglio 1911 - settembre 1914), e anch'esse pubblicate sul "Corriere della Sera", tra l'aprile e il maggio del 1912, le pagine raccolte in questo volume costituiscono il vertice della prosa dannunziana che la consuetudine critica definisce "notturna". Il libro è improntato al ricordo e alla commemorazione di Giovanni Pascoli e di Adolphe Bermond (locatore dello chalet di Arcachon dove d'Annunzio visse in esilio), entrambi morti nel 1912 e protagonisti di una rievocazione in cui gli elementi autobiografici si confondono con le tessere della letterarietà e della mitografia religiosa.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804523703
eBook ISBN
9788852033667

NOTIZIA SUL TESTO
E NOTE DI COMMENTO
a cura di Carla Pisani

1 NOTIZIA SUL TESTO
Composte nella temperie autobiografica delle prime Faville (luglio 1911-settembre 1914), anch’esse pubblicate nel «Corriere della Sera» (aprile-maggio 1912), le pagine subito raccolte in volume con l’aggiunta di un Messaggio e con il titolo misticheggiante di Contemplazione della Morte si collocano ai vertici della prosa dannunziana che la consuetudine critica definisce «notturna». Il maggior libro del memorialista, il Notturno, qualificherà infatti un’intera stagione: quella dell’ultimo prosatore, che parla direttamente di sé avendo ormai abbandonato gli alter ego narrativi, da Sperelli a Tarsis, come testimonia Desiderio Moriar, il funebre protagonista della Leda senza cigno (luglio-agosto 1913), in cui il nome, deverbale così trasparente, indica l’abbandono del codice romanzesco.
Ma è la Contemplazione il capostipite della scrittura listata a lutto, che Emilio Cecchi definì con la felice formula di «esplorazione d’ombra», decisiva per Moriar e ancor più per il Notturno, «comentario delle tenebre» che doveva all’origine rappresentarne una sorta di prolungamento, secondo quanto rivela il titolo primitivo sullo scorcio del 1915, all’indomani della morte del compagno d’armi Giuseppe Miraglia, sotto la rubrica appunto di Nuova contemplazione della Morte. Un medesimo genere, il necrologio, accomuna dunque le due opere, dove la seconda risulta evidentemente concepita all’insegna di una significativa continuità.
Non che nel 1912, quando muoiono Giovanni Pascoli e Adolphe Bermond (è l’ottantenne locatore dello châlet Saint-Dominique di Arcachon), d’Annunzio sia nuovo all’epicedio, che ora – oltretutto – gli consente di offrire una prova intrisa di religiosità, se non di misticismo, così consona poi al clima culturale francese, dominato dai Péguy, Claudel e Barrès, dal nazionalismo cattolico e conservatore d’anteguerra. A quel cattolicesimo l’esule ha del resto appena allineato Le martyre de Saint Sébastien, in scena allo Châtelet nel maggio 1911. E forse proprio la scomunica della «sacra rappresentazione», interpretata dalla Rubinstein nel ruolo blasfemo del santo e musicata da Debussy, provoca il rincaro di religiosità della Contemplazione. Religiosità, non a caso, francescana, ingenua e primitiva, in sintonia con il «poeta degli uccelli» e con il pio Bermond, veri e propri doppi di san Francesco.
Intenzionato a dimostrare ciò di cui è capace quanto a religione, d’Annunzio fa leva su precisi trascorsi. Andando a ritroso negli anni, già le novelle giovanili dell’esordio, nei primi anni ’80, dalla Vergine Anna agli Idolatri o Ad Altare Dei, improntate alla ferinità della superstizione abruzzese, al suo «cielo» dirà un giorno «pregato con selvaggia fede», anticipano taluni motivi folklorici protratti nel Trionfo della Morte (1894) e nella Figlia di Iorio (1903), dove si rinsalda l’interesse per l’Abruzzo ancestrale parallelamente celebrato nei quadri di Francesco Paolo Michetti. Decisivo si rivela allora il legame, oltre che con il pittore conterraneo, con Gennaro Finamore e Antonio de Nino, studiosi locali di etnologia, compagni nelle assidue esplorazioni dell’entroterra abruzzese per gli studi sul campo dei rituali popolari. E in proposito si segnala il fanatismo sorpreso nei ricorrenti pellegrinaggi al Santuario di Casalbordino, raffigurati a quattro mani: nelle tele michettiane e nelle sequenze del narratore.
Escursioni e sinopie a monte del progettato viaggio in Palestina, in vista di una Vita di Gesù da contrapporre a quella fortunatissima di Renan (Vie de Jésus, 1863), quando d’Annunzio è persuaso che «nella vita del Galileo» sia «una meravigliosa materia d’arte» («vorrei scrivere la vita del Cristo con lo stesso metodo con cui scrivo i miei romanzi: cercare di rendere quella figura quanto più viva mi fosse possibile», comunica a Emilio Treves il 7 marzo 1893). Gli anni ’90 sono in effetti folti di progetti religiosi, che si susseguono. A quello sul «Galileo», poi eluso, si sovrappone, nello stesso torno di mesi, una Madonna di Pompei (destinatario del progetto è sempre l’editore, subito informato: «preparo i materiali pel nuovo romanzo La Madonna di Pompei», 29 giugno 1893), che precede di poco l’ideazione di un ulteriore «nuovo romanzo», in prossimità delle Vergini delle rocce, di cui restano il titolo, La Sorella, l’ipotesi di un’epigrafe biblica dal prediletto Cantico dei CanticiVeni, cuba mecum, soror mea») e qualche precisazione nel dialogo, questa volta, con Georges Hérelle: «sarà un romanzo purpureo, terribile, sul fondo grandioso e mistico di Roma. Avrò il coraggio di portare all’estrema intensità possibile la psicologia dell’incesto. Tutti gli artefici che hanno osato di toccare questo soggetto, o lo hanno fatto con timidezza o con intenzioni pornografiche. Io vorrei, nel mio libro, mantenere l’impressione forte e semplice che danno i versetti della Bibbia (per es. Ammon e Thamar), pur giungendo agli estremi limiti della modernità» (28 settembre 1893).
Come in uno specchio si riflettono qui, nella tematica religiosa, le due componenti della formazione culturale di d’Annunzio: le solide radici provinciali, che affondano nel cosiddetto Cenacolo di Francavilla, e il dibattito d’Oltralpe al quale si allineano via via versi e prose. Anzi, la ritualità decorativa, vicina ai moduli decadenti e simbolisti, già collaudata nel Piacere (1889) e nelle poesie del Poema paradisiaco (1893), era emersa nelle opere di successo, accolte anche in Europa, che molto dovevano a Baudelaire o a Huysmans.
Di maggiore destino rispetto al folklore estetizzante è questo secondo aspetto europeo, peraltro già annunciato e definito, almeno sul versante linguistico e stilistico, dal giornalista. Il quale nelle colonne del «Mattino» di Napoli additava alla giovane generazione insoddisfatta delle angustie del Verismo la via da seguire per l’ardua conquista dell’«ideal prosa moderna» consigliando «ai giovani romanzieri bonae voluntatis» la lettura e lo spoglio metodico degli scrittori dei primi secoli: giusto la direzione verso la quale si era orientato l’apprendista fra poco in grado di produrre capolavori di falso-antico. Venivano segnalati proprio i mistici in uno sfoggio d’erudizione: «1. FRATE AGOSTINO DA SCARPERAVolgarizzamento dei Sermoni di S. Agostino. 2. BONO GIAMBONIVolgarizzamento del Giardino di Consolazione. 3. SANTA CATERINA DA SIENALettere. 4. FRA’ DOMENICO CAVALCADisciplina spirituale – Frutti della lingua – Medicina del Cuore – Pungilingua – Specchio di Croce – Trattato della Pazienza – Trattato della Penitenza – Trattato delle trenta stoltizie – Trattato delle virtù e de’ vizii. 5. FRA GIORDANO DA RIPALTAPrediche. 6. FRATE JACOPO PASSAVANTISpecchio di penitenza. 7. Volgarizzamento del Soliloquio di Sant’Agostino. 8. Volgarizzamento del trattato della Coscienza di San Bernardo. 9. Volgarizzamento del trattato della Nobiltà dell’Anima di San Bernardo. 10. Imitazione della Vita di Cristo. 11. Volgarizzamento d’un Omelia di Origene» (cfr. L’arte letteraria nel 1892 (La Prosa), in «Il Mattino», 28-29 dicembre 1892).
Erano d’altronde imminenti le Parabole del 1897-98 (La parabola delle vergini fatue e delle vergini prudenti, quelle dell’uomo ricco e del povero Lazzaro e del figliuol prodigo), così apparentemente spaesate nella produzione degli anni che lo vedono proteso in prevalenza verso il teatro (Sogno di un mattino di primavera, 1897; La Gioconda, 1898; Sogno di un tramonto d’autunno, 1898; Sogno di un meriggio d’estate, quest’ultimo rimasto incompiuto) nonché coinvolto a pieno nel nuovo ruolo di polemista e parlamentare, alle prese, per giunta, con il combattivo elitismo del «Convito». Ma si è già affacciata la moda del francescanesimo, al seguito degli studi di Paul Sabatier (la Vie de Saint François d’Assise, 1896 e Speculum perfectionis, seu legenda antiquissima Sancti Francisci, 1898), senz’altro forieri della grande stagione delle Laudi. L’«amicissimo» Annibale Tenneroni, bibliotecario, latinista e meritorio studioso di Jacopone, fiancheggerà gli interessi romanzi ora determinanti. La Crestomazia della lirica italiana del Monaci (1897) diventa pertanto il livre de chevet in questo torno d’anni, insieme con le Antiche rime volgari di Comparetti e D’Ancona, da tempo nel novero delle letture predilette. E proprio D’Ancona d’Annunzio incontra durante i soggiorni milanesi e lacustri presso i Treves, avviandosi allora lo stretto sodalizio con Francesco Novati, autentica eminenza grigia alle spalle del cultore del «beato Trecento». È infatti l’erudito filologo lombardo, fine estimatore della Lauda umbra (a cui dedica numerosi studi, come il saggio Amor mistico in San Francesco d’Assisi ed in Jacopone da Todi raccolto poi in Freschi e minii del Dugento), la guida del d’Annunzio attratto dai moduli francescani che cominciano a far ingresso nella fucina del poeta.
Già nel 1896, in un Taccuino stilato per Il fuoco (1900), comparivano «le laudi della frutta» in bocca a un frate incontrato nell’isola veneziana di San Francesco del Deserto («Il frate guardiano che ci accompagnava nel Convento […] fu veramente francescano quando fece le laudi delle frutta prodotte dalle isole ubertose»), mentre nel 1898, all’indomani di un soggiorno assisiate, d’Annunzio comunicava con entusiasmo a Hérelle il progetto di una «sacra rappresentazione»: «Mi sono occupato molto di San Francesco, in questi ultimi tempi, perché voglio comporre una tragedia francescana – nei modi della poesia popolare umbra e delle antichissime laudi drammatiche – intitolata Frate sole […] nessuno meglio di voi può comprendere lo spirito che il Serafico diffuse nel paese umbro. Quando verrete qui, vi condurrò ad Assisi. Credo che proverete una delle più alte commozioni della vostra vita. Avete letto la Legenda antiquissima rinvenuta e pubblicata recentemente dal Sabatier?» (22 luglio 1898).
Gli studi francescani d’Oltralpe evidentemente lo sollecitano, e tuttavia l’opera mai vedrà la luce. Ma non basta: l’anno dopo giungerà addirittura a quelle pratiche mistiche che sorprendono non poco Giuseppe Treves, al quale annunciava: «Vado per tre giorni ad Assisi. Mi aspetta il padre provinciale, per la cerimonia dell’investitura del Terzo Ordine. Dovrò fare quarantotto ore di digiuno!» (6 ottobre 1899). Sempre secondo la collaudata mescolanza di suggestioni – esperienza diretta ed echi letterari – lo «spirito del Serafico» è già decisivo per l’imminente cantore della Sera fiesolana (1899); così come dal misticismo francescano il narratore trae spunto per quelle pagine del Fuoco che andranno di pari passo con la stesura di abbozzi, seppure embrionali, di diverse liriche alcionie, quando il «fiume di poesia» comincia a competere con la «mola della prosa».
Più tardi, dopo le Laudi, il santo sembrerà finanche offrire materia all’esordiente cinematografia: «pensa a che cosa si potrebbe fare con l’aurea leggenda di San Francesco d’Assisi, nel paesaggio umbro» dirà d’Annunzio a Ettore Janni discorrendo intorno alle inaudite potenzialità della «settima arte» (Un colloquio con Gabriele d’Annunzio, in «Corriere della Sera», 29 maggio 1908). E ancora nel 1925, in vista di una Enciclopedia storica italiana cinematografica composta da una serie di film «nazionali», dal ratto delle Sabine all’epopea di Garibaldi, lo sorprenderemo alle prese con san Francesco, chiamato ora in causa nella sua veste «virile»: «penso a un San Francesco virile, nel senso che dà a questo epiteto Caterina da Siena: penso al Francesco dei passaggi d’oltremare, a colui che in Damietta fu sì pronto e fiero “giudice di guerra”».
A molto fanno dunque capo i numerosi appunti sulla vita del santo che si conservano al Vittoriale, dove inoltre la superstite biblioteca dannunziana è folta di titoli francescani ampiamente utilizzati nella Contemplazione, come E. Chavin de Malan, Storia di san Francesco D’Assisi, Prato 1879; Tommaso da Celano, Vita prima e Vita seconda di San Francesco d’Assisi del b. Tommaso da Celano per la prima volta volgarizzata da Leopoldo Amoni, Roma 1880; P. Sabatier, Vie de s. François d’Assise, Paris 1896; san Bonaventura, Vita di S. Francesco d’Assisi, Monza 1897; Speculum perfectionis, a cura di P. Sabatier, Paris 1898; A. Meunier, Saint François d’Assise, Paris 1911; J. Joergensen, Saint François d’Assis...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Nota all’edizione
  4. CONTEMPLAZIONE DELLA MORTE
  5. A Mario da Pisa
  6. VII aprile MCMXII
  7. XI aprile MCMXII
  8. XV aprile MCMXII
  9. XVII aprile MCMXII
  10. Tavola delle sigle e delle abbreviazioni
  11. Notizia sul testo e note di commento
  12. Cronologia
  13. Le Prose di ricerca di Gabriele d’Annunzio disponibili in ebook
  14. Copyright