Sandokan
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Sandokan

Le tigri di Mompracem - Le due tigri - Sandokan alla riscossa

  1. 1,008 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Sandokan

Le tigri di Mompracem - Le due tigri - Sandokan alla riscossa

Informazioni su questo libro

Le tigri di Mompracem, Le due tigri, Sandokan alla riscossa: in questo volume sono raccolti i tre celeberrimi romanzi del ciclo indo-malese in cui campeggia una delle figure più affascinanti della narrativa occidentale: Sandokan, la Tigre della Malesia, il personaggio nel quale trovano la loro indimenticabile sintesi il gusto per l'avventura, il fascino dell'esotico e il rude romanticismo che caratterizzano l'opera di Emilio Salgari. Le avventure della Tigre e dei suoi tigrotti sono accompagnate dalla testimonianza di uno scrittore profondamente salgariano, Antonio Franchini, e da scritti sulle origini e sulla fortuna del mito di Sandokan firmati da Ferruccio Parazzoli e Vittorio Sarti.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
Print ISBN
9788804607786
eBook ISBN
9788852034190

SANDOKAN ALLA RISCOSSA

I

L’assalto alla kotta

Un lampo acciecante che mostrò per qualche momento le nubi tempestose sospinte da un vento furiosissimo, illuminò la baia di Maludu, una delle più ampie insenature che s’aprano sulla costa settentrionale del Borneo, oltre il canale di Banguey. Seguì un tuono spaventevole che durò parecchi secondi e che parve lo scoppio di una ventina di cannoni.
Gli altissimi pombo dagli enormi aranci, le splendide arenghe saccarifere, gli upas dal succo velenoso, le gigantesche foglie dei banani e delle palme dentellate si piegarono, poi si contorsero furiosamente sotto una raffica terribile che s’addentrò, con impeto irresistibile, sotto le immense foreste.
La notte era calata già da parecchie ore, una notte oscurissima, senza stelle e senza luna, e che solamente i lampi di quando in quando, ad intervalli lunghissimi, illuminavano.
Pareva che fosse lì lì per scoppiare uno di quei formidabili cicloni, che sono così temuti da tutti gli isolani delle grandi terre della Sonda, eppure degli uomini, noncuranti delle furie del vento, de’ tuoni, e degli imminenti rovesci d’acqua, vegliavano sotto le tenebrose foreste che circondavano tutta la profonda insenatura di Maludu.
Quando un lampo rompeva le tenebre, si scorgevano delle ombre umane alzarsi in mezzo ai cespugli per spingere a quella luce più lontano gli sguardi e, quando il tuono cessava di rumoreggiare in mezzo alle tempestose nubi, si udivano delle parole sotto la foresta:
«Ancora nulla?»
«No!...»
«Che cosa fa Sambigliong?»
«Non torna.»
«Che l’abbiano ucciso?»
«Non è un uomo da lasciarsi cogliere. Un vecchio malese come lui!...»
«La Tigre della Malesia si impazienterà.»
«Ma che? Sa bene che presto o tardi prenderà quel cane di Nasumbata!... E poi fidatevi dei dayachi di terra!... Sono più vili dei negritos!...»
Una voce imperiosa dominò quel chiacchierìo.
«Silenzio!... Coprite le batterie delle vostre carabine!»
Un altro vivissimo lampo ruppe in quel momento le tenebre, facendo scintillare per qualche istante, al di sotto delle gigantesche foglie, le canne di numerose carabine e lo splendido acciaio dei parangs e dei kampilangs appesi alle cinture di quegli uomini imboscati.
Una raffica furiosa si rovesciò in quel momento sulla foresta, torcendo non solo i rami; ma perfino i tronchi sottili ed elastici delle palme e facendo danzare disordinatamente le liane rotangs ed i lunghissimi nepentes, i cui fiori splendidi, in forma di vaso, erano ormai stati portati via.
Cominciava a piovere: non erano però semplici goccie che cadevano. Erano veri getti d’acqua i quali, cadendo sulle foglie, producevano un fragore simile a quello della grossa grandine.
Ad un tratto, in mezzo ai formidabili fragori della tempesta, una voce secca si fece udire:
«Eccomi, Tigre della Malesia!»
Un vecchio malese dal volto assai rugoso, che indossava un semplice sarong di cotone rosso, che gli stringeva i fianchi scendendogli fino alle ginocchia e che impugnava una splendida carabina indiana col calcio intarsiato da laminette d’argento e di madreperla, era improvvisamente sbucato da un folto cespuglio.
«Sambigliong!...» avevano esclamato parecchie voci. «Finalmente!...»
Un altro uomo era sorto da un gruppo di fusti di pepe selvatico, facendosi innanzi.
Era uno splendido tipo di bornese, sulla cinquantina, dal viso assai abbronzato, con due occhi nerissimi e ancora pieni di fuoco.
La sua barba e i suoi capelli, che portava lunghi, erano appena brizzolati.
Vestiva come un rajah malese o indiano; casacca di seta azzurra con ricami d’argento, aperta sul davanti in modo da mostrare la camicia di seta bianca; calzoni larghi, alla turca, serrati ai fianchi da un’alta fascia di velluto nero a frangie d’oro; alti stivali di marocchino rosso colla punta rialzata.
Teneva in mano una carabina inglese a due colpi e nella fascia aveva due pistole ed una corta scimitarra sulla cui impugnatura brillava un diamante grosso come una nocciola.
«Era ora che tu giungessi, Sambigliong» disse, mentre si cacciava ben bene in testa il turbante di seta gialla, affinché il vento non glielo portasse via.
«La foresta è foltissima dinanzi a noi, Tigre della Malesia,» rispose il vecchio malese «e ho dovuto avanzare con estrema prudenza.
«Tu sai, padrone, che dinanzi alle kotte dei dayachi si trovano sempre dei fossati che sono seminati di punte di freccia avvelenate coll’upas
«Quanti ne hai attraversati?»
«Tre, padrone.»
«Hai veduto delle sentinelle sulle palizzate della kotta
«Solamente due.»
«Quanti uomini credi che racchiuda il villaggio?»
«Non più di duecento.»
«Hai veduto qualche pezzo d’artiglieria?»
«Sì, un mirim
«Quei cannoncini d’ottone valgono poco» rispose la Tigre della Malesia, dopo un breve silenzio. «Noi già li conosciamo, è vero, Sambigliong?»
«E possiamo anche dire che le spingarde sono infinitamente migliori» disse il vecchio malese.
«Aspetteremo che l’uragano passi, poi daremo l’attacco. Guai se Nasumbata riesce a sfuggirci e raggiungere il rajah del Kini-Ballù.
«E poi desidererei averlo nelle mie mani, prima che giungano qui Yanez e Tremal-Naik.»
«Giungeranno presto?»
«Non devono essere lontani» rispose Sandokan. «Prendi con te venti uomini e va’ ad imboscarti dietro la kotta, affinché nessuno possa salvarsi nelle foreste. Acciuffali tutti, poiché sono più che certo che Nasumbata sarà il primo a darsela a gambe.»
«Quando darai l’attacco, padrone?»
«Più presto di quello che credi. Mi preoccupa una cosa...»
«Il mirim
«No, i fossati» rispose la Tigre della Malesia. «I miei cinquanta uomini sono tutti scalzi e se posano un piede su una freccia avvelenata, nessuno li salverà.
«L’upas non perdona ed i dayachi delle foreste ne usano e anche ne abusano.»
«Fa’ costruire dei ponti volanti, padrone.»
Sandokan, ossia la Tigre della Malesia, come lo chiamavano i bornesi delle coste occidentali dell’immensa isola, fece un gesto come per dire: Ci ho già pensato; non ti dar pensiero di questo.
Poi aggiunse:
«Al tuo posto, vecchio Sambigliong: non risparmiare che le donne e i fanciulli. Va’ a prenderti i tuoi venti uomini e lasciami per ora tranquillo. Aspetteremo che questa pioggia cessi.»
Gli fece un gesto d’addio e si ricacciò in mezzo al folto cespuglio, il quale era, fortunatamente, riparato da un gruppo di banani le cui foglie non avevano meno di quattro metri di lunghezza e una larghezza di uno e mezzo, se non di più.
L’uragano, invece di calmarsi, aumentava spaventosamente. Lampi vivissimi si alternavano a tuoni formidabili ed a scrosci di pioggia.
Di quando in quando una raffica, d’una forza inaudita, che pareva si sollevasse dalle acque della baia di Maludu, s’abbatteva con mille fischi sulla foresta, con ululati orribili, spaccando rami e tronchi e massacrando le fitte reti di rotangs e di calamus.
I malesi rimanevano immobili, assolutamente impassibili sotto quel diluvio d’acqua. Non avevano che una sola preoccupazione, quella di tenere ben coperte le batterie delle loro carabine sotto i sarong raddoppiati, affinché le capsule non si bagnassero.
Trascorse un’altra mezz’ora, durante la quale i lampi, i tuoni e le raffiche si seguirono senza interruzione, scompigliando la foresta, poi un altro uomo comparve, precipitandosi verso il luogo ove si era rifugiato la Tigre della Malesia.
«Padron Sandokan,» gli disse «mi manda Sambigliong.»
«Sono a posto i suoi uomini?»
«Sì, padrone. Si sono imboscati in catena dietro alla kotta e ti assicuro che nessuno passerà.»
«Non era necessario che mi avvertisse» rispose Sandokan, il formidabile capo dei pirati di Mompracem.
«Vengo però a darti un’altra notizia.»
«Parla, Sapagar.»
«Fra i tuoni abbiamo udita una detonazione, che ci parve prodotta da qualche cannone.»
Sandokan si era vivamente alzato, in preda ad una viva agitazione.
«Di dove proveniva quel colpo d’artiglieria? Dalla kotta
«No, padrone, dalla baia.»
«Che la nostra scialuppa a vapore sia stata assalita? Mi sembrerebbe impossibile, in una notte come questa.»
«Quel colpo deve essere stato sparato molto lontano, padrone.»
«Che Yanez e Tremal-Naik siano già arrivati e che con quello sparo abbiano voluto avvertirci?»
«Non saprei, Tigre della Malesia» rispose Sapagar.
Sandokan rifletté un momento, poi disse:
«Prendi con te due uomini, non di più, essendo ormai la mia colonna abbastanza sottile, recati sulla spiaggia e imbarcati sulla scialuppa.
«Lascia pure i prahos all’ancora.»
«E poi, padrone?»
«Esplora la baia, e se vedi un yacht fermo in qualche luogo, vieni subito ad avvertirmi. Io sarò allora già dentro la kotta.
«Va’ e non perdere tempo.»
Poi, mentre il malese partiva correndo, estrasse la scimitarra, gridando:
«Avanti, tigrotti di Mompracem!... Sambigliong ci aspetta dietro la kotta!...»
Trenta uomini semi-nudi, armati di carabine e di kriss, quei terribili pugnali a lama serpeggiante, lunghi un buon piede, e che di solito hanno la punta avvelenata, e di parangs, quelle pesantissime sciabole che terminano in forma di doccia e che con un solo colpo decapitano anche un toro, erano sbucati fuori dai cespugli, disponendosi su due file.
«Sono cariche le vostre carabine?» chiese Sandokan.
«Sì, capo.»
«Sono pronti i ponti volanti pei fossati?»
«Sì, capo.»
«Avanti, e badate dove posate i piedi. Sambigliong...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Di Emilio Salgari
  3. Sandokan
  4. Tigre fra gli uomini - di Antonio Franchini
  5. Sandokan
  6. LE TIGRI DI MOMPRACEM
  7. LE DUE TIGRI
  8. SANDOKAN ALLA RISCOSSA
  9. Alle radici del mito - di Sandokan
  10. Copyright