Nella fortezza, Logan Tom aveva lasciato i piani sotterranei più bassi e ormai era giunto alla rampa di scale che saliva alle mura quando, all’improvviso, esplosero acutissime le grida di gente sconvolta ed eccitata. Logan era ancora dentro e non riusciva a capire cosa fosse successo fuori, ma subito raddoppiò i suoi sforzi per salire. Gettando al vento la prudenza e nonostante il rischio di essere scoperto, si lanciò di corsa.
“Se è troppo tardi...” si diceva.
“Se hanno già buttato dalle mura Falco e Tessa...”
“Se... se... se!”
Quelle parole gli bruciavano nella mente come carboni ardenti. Non poteva essere troppo tardi. Non dopo aver fatto tanta strada ed essere arrivato così vicino. Non avrebbe mai dovuto abbandonare Falco nella fortezza. Avrebbe dovuto trovare il modo di liberarlo, finché ne aveva la possibilità. Pensare di poterlo salvare all’ultimo istante era una stupidaggine. Qualunque persona di buon senso l’avrebbe capito!
Correva a più non posso, puntando innanzi a sé il bastone nero, la mente al massimo della concentrazione. Oltrepassò decine di abitanti della fortezza che correvano verso di lui, ma nessuno cercò di fermarlo, anche se molti si voltarono a guardarlo. Forse gli lessero negli occhi che sbarrargli la strada sarebbe stata una pessima idea. Nella misura in cui lo sguardo rifletteva le sue emozioni e gli occhi duri e furenti erano lo specchio dei suoi pensieri, impossibile pensare di ostacolare il Cavaliere del Verbo. In breve tempo Logan giunse in cima alla rampa e uscì all’aperto. Davanti a lui si stendevano la gradinata e il campo di gioco.
I sedili degli spettatori erano stati strappati già da molto tempo per fare spazio alle abitazioni. Il Cavaliere si trovò in mezzo a un ammasso di casupole a un piano, fatte di mattoni e assi di legno assemblati senza molta perizia a formare stanze, baracche accatastate da un livello al successivo. Non le degnò di molta attenzione mentre si infilava a tutta velocità nei varchi lasciati liberi per il passaggio e proseguiva in direzione della cima.
Ma doveva essere successo qualcosa di imprevisto. Coloro che si erano raccolti sulle mura per assistere all’esecuzione di Falco e Tessa si precipitavano giù dai passaggi con la stessa fretta con cui Logan saliva. Costretto a fermarsi per non essere risucchiato dalla folla, il Cavaliere cercò di dare un senso alle farneticazioni dei fuggitivi.
«... mai visto niente di simile. Opera dei demoni, se mai ce n’è stata una. Hai visto che luce...»
«... brillava come un lampo al magnesio...»
«... e a terra non c’era traccia di quei due. Poi è tornato il buio e non sono più riuscito a vedere in fondo alla...»
Logan s’infilò in uno stretto corridoio che separava due edifici e attese che la gente si fosse allontanata. Qualunque cosa fosse accaduta, ormai era finita. Ma cos’era successo?
Afferrò per un braccio un ragazzo che gli passava vicino, strappandolo via dallo sciame di persone che si allontanavano dalle mura. Accostò la faccia alla sua.
«Cosa sta succedendo? Perché scappate tutti?»
Il ragazzo lo fissò per un momento, ma lesse sul suo volto qualcosa che lo spaventò ancora più di quello che aveva visto sulle mura. Cercò di parlare e non ci riuscì. Poi, con uno strattone, liberò il braccio e si tuffò di nuovo nella massa della folla in tumulto.
Logan si allontanò dalle vie principali e riprese a salire passando tra un edificio e l’altro, lungo un percorso più tortuoso. Camminava in fretta, con tutta la velocità che gli era permessa, aggirando gli ostacoli o scaraventandoli di lato. Secchi, scope, pentole e altri arnesi da cucina volavano da tutte le parti, suscitando le proteste e le grida di rabbia dei proprietari. In un altro momento e in una situazione diversa, il Cavaliere del Verbo avrebbe prestato più attenzione. Ma la maggior parte degli abitanti della fortezza si stava allontanando caoticamente dalle mura o lottava per arrivare prima degli altri alle porte principali, ansiosa di vedere cos’era successo.
“Non a Falco ” pregava Logan tra sé. “Non a Tessa.”
Giunse in cima, dove c’erano poche baracche lontane tra loro a causa del vento gelido, che rendeva difficile la vita a chi decideva di stabilirsi lassù. Gli odori della folla lasciarono il posto a quello di pesce marcio e alghe putrefatte che giungeva dalla baia. L’oscurità della sera diveniva sempre più fitta perché i fuochi e le lampade elettriche erano tutti più in giù. Lassù sulle mura, le poche lampade erano puntate verso l’esterno, in direzione delle porte e degli accessi alle mura.
Logan si lasciò alle spalle il labirinto di casupole e viuzze. Vedendo che il grosso della folla si era ormai allontanato, prese a costeggiare il muro più alto, diretto a un passaggio che portava all’esterno, dove si apriva un terrazzo in origine riservato ai venditori di bibite e di oggetti ricordo.
Anche lì c’era qualche edificio, le stesse baracche costruite in quattro e quattr’otto, ma erano adibite a magazzino e non ad abitazione. Sulle mura rimaneva ancora qualcuno che si sporgeva a guardare di sotto. Logan scelse una giovane donna che gli voltava la schiena e continuava a fissare qualcosa ai piedi delle mura.
«Dove sono il ragazzo e la ragazza?» le chiese, quando le fu vicino.
La giovane si voltò e lo fissò con stupore. Non doveva avere più di una quindicina d’anni, forse meno, e sulla sua faccia lentigginosa si scorgeva una smorfia, come se avesse appena inghiottito qualcosa di amaro.
«Come?» chiese.
«Il ragazzo e la ragazza» ripeté Logan. «Cosa gli è accaduto?»
La giovane ebbe un istante di esitazione. «Non hai visto?»
«Non ero qui. Dimmi cos’è successo.»
«Be’, accidenti, cosa non è successo! Incredibile! Li hanno gettati giù... le guardie li hanno spinti fuori, tutt’e due insieme, sai. Sono caduti nel vuoto come due... come due spaventapasseri o due sacchi di sabbia. Poi è venuta una luce, improvvisa. Una luce abbagliante. È venuta fuori da non so dove, dal niente, e se li è inghiottiti. Quando la luce è scomparsa, erano scomparsi anche loro.»
Si guardò alle spalle e abbassò gli occhi sul pavimento coperto di rifiuti, come per assicurarsi che fosse ancora al suo posto.
«Non ho mai visto niente di simile. Nessuno riesce a capire cos’è successo.» Tornò a guardare Logan. «Uno diceva che è la magia dei demoni! Lo credi anche tu?»
Logan non sapeva cosa pensare. «No» rispose. «La luce proveniva da uno di loro? Magari dal ragazzo?»
Lei scosse la testa. I lunghi capelli castano chiaro erano agitati dal vento che si era levato con la sera. Si allontanò una ciocca dagli occhi. «No, non veniva da nessuna parte. Si è accesa nell’aria, li ha circondati e basta. Poi non si riusciva più a vederli. Tutti sono impazziti! Ma è stato qualcosa di meraviglioso!»
Logan impiegò un momento per riflettere su quelle parole. La spiegazione più logica era che la magia di Falco, la magia primordiale del Variante, si era rivelata in una maniera inattesa. Se però la ragazzina aveva ragione, se non era stata la magia di Falco a manifestarsi in modi sconosciuti, doveva essere una magia che veniva dall’esterno. Ma da dove poteva giungere un prodigio del genere? Falco e Tessa erano stati portati in salvo o erano soltanto caduti dalla padella nella brace? Sapeva di non poter trovare la risposta lassù sulle mura.
«Ma, signore, io ti conosco?» gli chiese all’improvviso la giovane.
Lui scosse la testa. «No.»
«Eppure, mi sembra di averti già visto.»
Lui si sporse a guardare le macerie ai piedi delle mura. Laggiù non si scorgeva nulla, neppure i Divoratori. Qualunque cosa fosse successa, aveva mandato a monte i loro piani di succhiare la somma di magia e di forza vitale che si sarebbe dispersa con la morte di Falco. “Tutti quei Divoratori” pensò. “Spariti in un batter d’occhio.”
La ragazza si era appoggiata alla ringhiera, accanto a lui, e studiava la sua faccia. Doveva averlo visto quando era entrato nella fortezza quel pomeriggio. Presto si sarebbe ricordata di lui. Meglio andarsene.
All’improvviso lo sguardo della giovane corse lontano, al di là degli edifici della città.
«Guarda» esclamò. «Le vedi tutte quelle luci nella baia? Sembrano un milione di piccoli fuochi o qualcosa del genere.»
Logan guardò nella direzione indicata dalla ragazza, ma scorse qualcosa che lei non poteva vedere. I Divoratori ammassati lungo il porto, un’orda ribollente di corpi scuri e lisci, che si contorcevano e si dimenavano nello sforzo di avvicinarsi a ciò che giungeva dal mare, qualunque cosa fosse. Guardò con attenzione le luci. Erano centinaia, e a tutta prima non riuscì capire di che cosa si trattasse. Poi, quando l’eco dei tamburi giunse fino a lui, un brivido gli corse lungo la schiena.
Quasi nello stesso momento vicino a loro, dall’alto delle mura, si levò il suono di un corno. Veniva da qualche punto soprelevato, da una torre di guardia. Un suono lungo, lamentoso, che in ogni lingua significa pericolo. Qualcun altro aveva scorto le luci e, come Logan, ne aveva compreso il significato.
Si staccò dalla ragazza. «Devo andare. Grazie dell’aiuto.»
«Oh, non è niente. Ma non eri tu che...»
Logan si girò verso di lei, interrompendola. Parlò d’impulso, una reazione irrefrenabile che nasceva dalla frustrazione e dallo scoraggiamento. Era stanco di veder la gente morire.
«Cerca i tuoi genitori e i tuoi fratelli e sorelle, tutte le persone che ti vogliono bene e portale via di qui. Dillo a tutti coloro che incontri. Quelle luci appartengono a navi che trasportano un esercito. Assedierà questa fortezza e alla fine riuscirà a distruggerla.»
La ragazza fece per dire qualcosa, ma lui la afferrò per le spalle e la tenne ferma.
«No, ascolta me» esclamò. «So quello che dico. Ho già visto quell’esercito e so cosa è in grado di fare. Devi lasciare subito questa fortezza, anche se dovessi essere la sola a farlo. Lo so che non vorresti, ma devi andare via. Ricorda quello che ti ho detto. Se rimarrai qui, ti uccideranno.»
La lasciò e la ragazza lo fissò a occhi sbarrati, il viso paralizzato dallo shock e dall’incredulità. Logan non aveva tempo da dedicarle, per lei non poteva fare altro. Doveva scegliere se credergli o no. Probabilmente no. Gli abitanti delle fortezze non davano mai ascolto ai suoi avvertimenti. Pensavano che i loro rifugi fossero i luoghi più sicuri del mondo. Pensavano che vivere fuori, all’aperto, fosse molto più pericoloso. Nessun abitante delle fortezze capiva mai la minaccia dei demoni. Almeno, finché non era troppo tardi. Per questo finivano per essere spazzati via. Per questo la razza umana veniva progressivamente cancellata.
Con stupore si accorse che la ragazza lo aveva seguito, gli aveva afferrato il braccio e lo costringeva a girarsi.
«Non parli seriamente, vero?» gli chiese. «Di quello che succederà, voglio dire. Niente di quello che hai detto è la verità, ammettilo.»
Logan la fissò per alcuni istanti. «Come ti chiami?»
«Melke» rispose lei, con una nota di incertezza nella voce.
«Bene, allora ascoltami con attenzione, Melke. Tutto quello che ho detto è la verità. Quelle navi sono piene di pazzi feroci. Una volta erano umani. Uomini e donne come gli abitanti di questa fortezza. Ma hanno rinunciato alla loro umanità per servire i demoni che vogliono distruggere tutti noi. Uccidono gli uomini o li chiudono in campi di schiavitù. L’hanno già fatto dappertutto, in tutto il paese. E lo faranno anche qui. I tuoi capi pensano di poter resistere all’attacco, si credono al sicuro, qui, dentro le mura. Anche le altre fortezze pensavano la stessa cosa, ma presto o tardi sono state prese. E questa farà la fine delle altre.»
«Non ho genitori o fratelli o sorelle» rispose la ragazza. Si passò una mano tra i capelli. I suoi occhi erano terrorizzati. «Non ho nessuno. Non so cosa fare. Dove posso fuggire?»
Logan si pentì di aver parlato. Era riuscito soltanto a farla morire di paura. Inoltre, era una sola vita. Che differenza poteva fare, la salvezza di una sola vita, nella tragedia che stava per compiersi? E poi, anche se l’avvertimento fosse andato a buon segno e la ragazza fosse fuggita, che importanza poteva avere? Sarebbe morta nella campagna invece che nella città, niente di più. S’infuriò con se stesso. Ecco il suo problema. Cercare di salvare gente come lei. Anche adesso sprecava tempo, invece di portare a termine il suo compito, invece di concentrarsi sull’obiettivo che doveva raggiungere prima di ogni altro: trovare il Variante.
Le lanciò un’occhiata e scosse la testa. «Qualunque posto va bene, purché sia lontano dalla città. Va’ nella campagna. Cerca altri disposti a venire con te. Più siete, meglio è.»
Le voltò bruscamente le spalle e iniziò a scendere per uscire dalla fortezza prima che qualcuno lo riconoscesse. Se avessero scoperto la sua identità, le cose si sarebbero enormemente complicate.
«Signore!» lo chiamava ancora la ragazza, dietro di lui.
La ignorò. Adesso si muoveva più in fretta, quasi di corsa, per allontanarsi dalle mura. Raggiunse la rampa di scale e scese i gradini a due per volta. La folla era scomparsa, ma la si sentiva rumoreggiare davanti alle porte, al livello inferiore. Le persone giravano in tondo, disorientate, mentre il corno, dalla torre di guardia, continuava a lanciare il suo richiamo. Le squadre di difensori si stavano già schierando nella piazza d’armi in fondo al campo sportivo. I soldati imbracciavano le armi e allacciavano giubbotti antiproiettile e cinture di munizioni.
Quei soldati erano bene addestrati e bene organizzati. Intendevano uscire dalla ...