Hercule Poirot aggrottò le sopracciglia.
«Signorina Lemon» disse.
«Sì, Monsieur Poirot?»
«In questa lettera ci sono tre errori.»
Aveva parlato in tono incredulo: la signorina Lemon, una donna tanto poco bella quanto efficiente, non commetteva mai errori. Non era mai malata, mai stanca, mai agitata o nervosa, mai imprecisa. Insomma, si sarebbe potuto dire che non fosse una donna ma, piuttosto, una macchina. Una perla di segretaria. Sapeva tutto, riusciva ad affrontare e risolvere qualsiasi situazione. Organizzava e dirigeva così bene la vita di Hercule Poirot che tutto pareva funzionare come un meccanismo perfetto. “Ordine e metodo” era, da molti anni, il motto di Hercule Poirot. Con George, il domestico perfetto, e la signorina Lemon, la segretaria perfetta, ordine e metodo dominavano supremi nella sua vita, ragion per cui non aveva niente di cui lamentarsi.
Eppure, quella mattina, la signorina Lemon aveva commesso tre errori copiando a macchina una lettera semplicissima e, come se non bastasse – fatto ancora più grave! –, non se ne era nemmeno accorta. Le stelle si erano fermate a guardare!
Hercule Poirot le mostrò la lettera incriminata. Non era indispettito, ma semplicemente sbalordito. Sembrava impossibile che una cosa del genere dovesse accadere… e invece era accaduta!
La signorina Lemon prese la lettera. La esaminò. Per la prima volta nella sua vita Poirot la vide arrossire – fu una vampata che la fece apparire ancora più brutta e le salì fino alla radice dei capelli ingrigiti.
«Oh, povera me» disse. «Non riesco a capire come… no, forse lo so. È per mia sorella!»
«Vostra sorella?»
Questo fu un altro trauma per Poirot, il quale non aveva mai immaginato nemmeno lontanamente che la signorina Lemon avesse una sorella. Come, del resto, che avesse un padre, una madre o, magari, dei nonni. La signorina Lemon, chissà perché, era talmente simile a una macchina – anzi, per meglio dire, a uno strumento di precisione – che il solo pensiero che potesse avere degli affetti, o delle preoccupazioni, o dei problemi familiari, sembrava addirittura grottesco. A quanto gli risultava, il cuore e il cervello della signorina Lemon, nelle sue ore di libertà, erano interamente dedicati a perfezionare un nuovo sistema di schedario che doveva essere brevettato e avrebbe portato il suo nome.
«Vostra sorella?» ripeté quindi Hercule Poirot con una sfumatura di incredulità nella voce.
La signorina Lemon assentì con un energico cenno del capo.
«Certo» disse. «Non credo di averne mai parlato perché ha trascorso praticamente tutta la vita a Singapore. Suo marito, laggiù, lavorava nella gomma.»
Hercule Poirot annuì in tono pieno di comprensione. Non lo stupiva affatto che la sorella della signorina Lemon avesse passato buona parte della sua vita a Singapore. Luoghi come Singapore erano fatti esattamente per questo. Le sorelle di donne del genere della signorina Lemon sposavano sempre uomini che avevano il loro lavoro a Singapore in modo che tutte le signorine Lemon del mondo potessero dedicarsi interamente, con l’efficienza di una macchina, agli affari del loro principale (oltre che, è ovvio, all’invenzione di un nuovo sistema di schedario nei momenti di libertà).
«Capisco» disse. «Continuate.»
La signorina Lemon proseguì.
«Quattro anni fa è rimasta vedova. Figli non ne avevano. Sono riuscita a trovarle qui un piccolo alloggio molto grazioso a un prezzo assolutamente ragionevole…»
(Naturalmente la signorina Lemon riusciva sempre a fare anche le cose che erano praticamente impossibili.)
«Dal punto di vista finanziario, è in condizioni discrete… sebbene il denaro non abbia più il valore che aveva una volta. Ma i suoi gusti sono semplici e non le manca il necessario per tirare avanti in modo abbastanza discreto, se amministrato saggiamente.»
La signorina Lemon fece una pausa e poi riprese: «La verità, come è logico, è un’altra: si sentiva sola. Non ha mai abitato in Inghilterra e quindi si è trovata senza vecchie amiche o compagne di scuola e con una quantità di tempo a sua disposizione. Ad ogni modo, all’incirca sei mesi fa mi ha detto che stava pensando di accettare un lavoro che le avevano proposto».
«Un lavoro?»
«Sì, direttrice, credo che la sua posizione venga definita così, di una pensione per studenti. La proprietaria è una donna di origine greca, e aveva bisogno di qualcuno che si occupasse di mandarla avanti in sua vece. Occuparsi delle provviste, del servizio, e controllare che tutto funzionasse nel migliore dei modi. Si tratta di una palazzina piuttosto grande, con le stanze spaziose, un po’ vecchiotta, in Hickory Road… sapete dove si trova?» Poirot non lo sapeva. «In passato era un bel quartiere di case solide e ben costruite. Mia sorella avrebbe avuto a sua disposizione anche un grazioso appartamentino, composto di camera da letto, salotto, una piccola stanza da bagno e un cucinino tutti per lei.»
La signorina Lemon fece una pausa. Poirot si lasciò sfuggire un sommesso borbottio di incoraggiamento. Fino a quel punto non gli pareva il resoconto di qualcosa di tragico.
«Io stessa, veramente, non ne ero troppo convinta però ho dovuto riconoscere che le argomentazioni di mia sorella erano persuasive. Non è capace di starsene con le mani in mano tutto il giorno: è una donna piena di buon senso, pratica, capace di dirigere una casa. Inoltre, non le si chiedeva nemmeno di investire i suoi soldi nell’impresa. Il posto che le veniva offerto era quello di pura e semplice impiegata, lo stipendio non era alto però lei non aveva bisogno di molto e non si trattava di un lavoro faticoso dal punto di vista fisico. Mia sorella ha sempre avuto simpatia per i giovani ed è sempre andata molto d’accordo con loro. Inoltre ha vissuto talmente a lungo in Oriente che è in grado di comprendere le differenze razziali e le suscettibilità delle varie persone. Perché, vedete, in questa pensione arrivano studenti di ogni nazionalità – in gran parte sono inglesi ma, a quanto mi è parso di capire, c’è perfino qualche nero fra loro.»
«Naturalmente» disse Hercule Poirot.
«Del resto, oggi si ha l’impressione che una buona metà delle infermiere che lavorano nei nostri ospedali siano nere» riprese la signorina Lemon in tono dubbioso «e ho l’impressione che siano molto più garbate e premurose di quelle inglesi. Un fatto incredibile, a ben pensarci. Comunque abbiamo preso in esame insieme questo progetto e finalmente mia sorella si è decisa ad accettare l’offerta. Devo dire che né lei né io abbiamo una grande simpatia per la proprietaria, la signora Nicoletis, perché è una donna dal carattere molto difficile, a volte simpaticissima ma a volte, mi spiace dirlo, proprio no. Per di più, è anche terribilmente taccagna e manca di senso pratico. Del resto lo si capisce, perché se fosse stata una donna abile ed efficiente non avrebbe avuto bisogno di cercarsi qualcuno che la aiutasse. Comunque mia sorella non è una persona che si lascia impressionare dalle bizze o dai capricci del suo prossimo. Sa tener testa a chiunque, con gentilezza e con calma, e non tollera assolutamente tutto quello che è assurdo o stupido.»
Poirot annuì. A sentire il racconto della signorina Lemon, fra le due donne doveva esserci una certa somiglianza: la sorella della signorina Lemon, con il matrimonio e il clima di Singapore, si era fatta un po’ più elastica, ma doveva possedere le stesse basi solide e precise della sua segretaria.
«Dunque si è decisa ad accettare quel posto?» domandò.
«Sì, e si è trasferita al numero 26 di Hickory Road circa sei mesi fa. In complesso, il lavoro le piace e lo trova interessante.»
Hercule Poirot ascoltava. Fino a quel momento le avventure della sorella della signorina Lemon gli parevano insulse e molto deludenti.
«Ma, già da qualche tempo, è molto preoccupata. Tremendamente preoccupata.»
«Perché?»
«Ecco, vedete, Monsieur Poirot, non le piace quello che sta accadendo in quella casa.»
«Ci sono studenti di ambo i sessi?» provò a indagare Poirot con delicatezza.
«Oh no, Monsieur Poirot, non alludevo a quello! A difficoltà di quel genere si è sempre preparati, bisogna aspettarsele, per così dire! No, vedete, già da qualche tempo alcuni oggetti hanno cominciato a scomparire.»
«Scomparire?»
«Sì. Si tratta degli oggetti più disparati e scompaiono in un modo assolutamente incomprensibile.»
«Quando dite che questi oggetti scompaiono, significa che vengono rubati?»
«Sì.»
«È stata chiamata la polizia?»
«No. Non ancora. Mia sorella spera che ciò non sia necessario. È molto affezionata a quei ragazzi, soprattutto ad alcuni di loro, e preferirebbe chiarire questa faccenda da sola.»
«Già» disse Poirot con aria pensierosa. «Posso capirlo. Ma questo non spiega, se me lo consentite, la vostra ansia che, lo immagino, rispecchia le preoccupazioni di vostra sorella.»
«È una situazione che non mi piace, Monsieur Poirot. Non mi piace affatto. Non posso fare a meno di pensare che ci sia sotto qualcosa il cui significato mi sfugge. Perché, vedete, non esiste nessuna ragione logica per questi fatti… e io non riesco proprio a immaginare come riuscire a spiegarli.»
Poirot annuì pensieroso.
Il tallone di Achille della signorina Lemon era sempre stata la fantasia. Ne era totalmente sprovvista. Quando si trattava di questioni di ordine pratico, era imbattibile. Ma se si entrava nel campo delle supposizioni o della fantasia era perduta. Insomma lo stato d’animo degli uomini di Cortéz sul picco di Darien non faceva per lei.
«Non si tratta di qualche piccolo furto senza importanza? Non potrebbero essere opera di un cleptomane, per esempio?»
«Non credo. Mi sono documentata leggendo tutto quello che c’è scritto su questo argomento sull’Enciclopedia Britannica e ho anche consultato un trattato di medicina» rispose la coscienziosa signorina Lemon. «Ma non sono rimasta convinta che quelle teorie possano adattarsi al nostro caso.»
Hercule Poirot rimase in silenzio per un minuto.
Se la sentiva, sul serio, di farsi coinvolgere nei guai della sorella della signorina Lemon, e nel groviglio di sentimenti, passioni, lamentele e fastidi di una pensione per studenti poliglotti? D’altra parte era una scomodità, oltre che una seccatura, avere una segretaria che faceva gli errori quando copiava a macchina le sue lettere. Si disse che, nel caso si fosse lasciato c...