L'infinito istante
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L'infinito istante

  1. 128 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'infinito istante

Informazioni su questo libro

Nel trittico pubblicato dallo Specchio - L'orlo delle cose, La parte in ombra, e oggi L'infinito istante - è esemplare la crescente trasparenza di quel «limpido decantarsi» che Carlo Bo aveva colto fin dagli anni delle sue postfazioni a due antecedenti sillogi mondadoriane di Sergio Zavoli. L'umanista, e grande critico, aveva già messo in luce il lavoro di scavo che Zavoli portava avanti nei suoi versi, via via raccogliendoli in testi da cui traspariva una coscienza poetica alla quale restava estranea ogni abilità esteriore e in cui si precisavano le sottrazioni verbali care a Montale, che in questa stessa silloge fanno scrivere a Zavoli «la poesia è i dintorni dell'istante». Con una metafora riferita alle librerie di casa, nello spirito di una esplicita condivisione, Bo consigliava ai lettori di «non disporre la poesia di Sergio Zavoli nelle collocazioni orizzontali dei libri, il suo fra i tanti altri: quei versi esigono una disposizione verticale, se così possiamo dire, perché sono di materiale puro, derivato per un processo segreto e misterioso dalla parte più nobile del suo spirito». Più avanti aggiungerà: «Le sue poesie non rientrano nel quadro delle esercitazioni letterarie più o meno suggestive, come assicurano il tono teso della voce, l'orecchio sordo alle mode, il rifiuto di alchimie adescanti, l¿assenza di ogni lenocinio. [...] Intento a dar voce alla sua maggiore vocazione, il poeta non si risparmia nella denuncia della parola virtuosa, suggestiva, ingannevole, e lo fa stringendo il dettato persino al di là di una "voglia di canto" su cui egli libera i registri migliori per ariosità e compiutezza». Mentre altrove, come ben sappiamo, è alle prese con le realtà nude nei molteplici luoghi reali dell'uomo, al concerto dell'esistenza Zavoli aggiunge oggi una più manifesta attenzione ai temi misteriosi e attraenti dell'interiorità, dove il ruolo metafisico dell'istante e dell'infinito conferisce alla sua inquietudine un'irrinunciabile tonalità laica -¿ seppure nel nome indicibile del dopo - complici i sogni e i segni della mortalità. Forse l'eco di una fides infirma di agostiniana, leale, schiusa franchezza. Al bivio dell'infinito istante.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804625308
eBook ISBN
9788852032646
Argomento
Literature
Categoria
Poetry

I LUOGHI, LE LUCI

a Ravenna
Ravenna, città d’acque, col tuo oro
disteso sul letto in cui galleggi,
le torri ancora in volo per Bisanzio,
i gialli fermi dentro le basiliche,
le nebbie risucchiate dai rosoni;
Ravenna, che nelle prode celi i viaggi
dei barchini di frodo – sai dove sono
dal fruscio delle canne – nei capanni sottratti
alla bassura raduni i pescatori indaffarati
che aprono le porte con i piedi,
città sempre rinata dai tuoi roghi
(ogni volta salvavi tortore e mausolei,
santi e pinete) hai su di te il celeste
del cielo simulato nei teatri.
Ravenna, signora di una storia che trattiene
le risonanze del silenzio,
sto con un po’ di calce nei tuoi muri,
un filo d’erba nato in una crepa,
quasi un nido.

a Rimini
Non è cambiato nulla,
da quando tengo la vita nel mirino
non vale più sapere
in quale dei poligoni ho imparato
che non basta un’occhiata
per chiudere il cancello,
né avere il concertino delle chiavi
se manca quella per aprire.
Ma poi ne trovo un’altra
con la crestina giusta,
il cancello, d’incanto, apre le braccia
ed ecco la mia nuova città:
mi sembrava diritta lungo l’orlo
del mare, ed era un golfo.

a Marina di Ravenna
Era uno dei giorni di diamante
che arrivano in aprile
con lo scalpore bianco del mattino
e il seguito dei cirri
in cerca di una madre
finita chissà dove.
Guardo la lieve mandria
nata con i vapori
delle valli, mentre a Marina
arriva dalle albe di Pomposa
la luce cherubina, e il branco delle ombre
fugge verso le torri a guardia di Ravenna.

a Tuscania
Ti ricordo, di marzo, ai primi chiari
del cielo che si sfrangia
e mette in fuga i laceri cortei
di nubi bianche,
si godeva il brillio di quella luce
risvegliata dai venti di levante.
Ovunque ritte e maestose torri
dal colore castano, possenti sentinelle
senza merli, scrutano
la vana maestà del tempo,
quasi aspettando ancora le alabarde;
ma tutto è in pace,
tranne quando col vento freme la lucida
selva delle canne ai piedi dei bastioni,
e sembra un’invasione.

al Marecchia
Il fiume non racconta le stesse cose
ai lati del suo corso, solo al centro
si scambiano parole l’acqua e i sassi;
il fiume sa dove si frange sulle pietre,
entra nei gorghi, gioca col lapillo,
e tutto prende un suono venuto da lontano,
rimbalza, si distende, finché la scesa muore
negli slarghi imbiancati dalla magra.

a Trevignano
Il lago è giallo, sembra che lo sorregga
un campo di ginestre,
fa salire un velo di topazi
quando il sole, al tramonto, su quel manto
combina la sua luce.
Nel folto di un canneto
ripareranno le famiglie
dei cigni, delle folaghe, dei germani reali,
un fervore di ali a pelo d’acqua,
e sulla riva i cani
inscenano un assalto.
Il lago, ammaestrato, raccoglie le nidiate
nei recessi, i genitori all’erta come torri
davanti ai saraceni, ma il giallo si ricuce
nei suoi strappi, e tutto è immoto.

a Monteporzio
Si affacciano sul clivo per sostare un po’ sul camposanto,
come impigliati nell’oratorio di guglie e croci nere,
i nuvoloni candidi, governati da un vento che li unisce,
li smembra e lascia spazio ai brandelli d’azzurro
[che vivranno
un tempo quasi fermo.
Ho imparato a vedere ad occhi chiusi,
tra le ciglia raggianti, i ritorni del sole,
e la scomparsa col freddarsi dell’aria,
aspettando che si liberi il cielo e Monteporzio illumini
il suo verde.
Finché dal Tuscolo non escano le ombre.

Mi sembra rassegnato il garbino di maggio
rimasto in una pioggia intimidita
finché non lo alzerà il levante
dall’arrivo radente.
Chissà se il vento dopo un rimbalzare
di colline finisce in mezzo ai monti
dove trovare un varco,
mentre il sole disteso sui pianori s’incurva,
e scende, lasciando alle sue spalle
il primo odore tiepido dell’ombra.

Comincia già a settembre
la dorata chiarezza
dei soli dissanguati,
i tramonti discendono più cauti
e si lasciano andare dietro le colline
come si sceglie il luogo dove
sostare per la notte.
Anche l’ombra smagrisce
e prende un’aria di congedo,
il cielo è nei cortili...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L'infinito istante
  3. Un’invecchiata Pace
  4. Verranno Vale E Andrea
  5. Le Miti Risonanze
  6. Dileguarsi Del Modo
  7. I Luoghi, Le Luci
  8. Il Casale
  9. La Parola E Il Silenzio
  10. Il Sogno
  11. Civilia
  12. L’indicibile Elogio
  13. Copyright