Infatti, in questo posto noi siamo arrivati per strade diverse.
Non mi pare che ci siamo incontrati prima. Niente di già visto.
Non credo che fossi tu ad aspettarmi accanto al mare quando arrivai a cavallo nell’anno del Signore 1206, o vicino a me nelle guerre di confine. O là , sui Monti Gallatin, un centinaio d’anni fa, disteso con me sull’erba verde-argentata, a cavaliere di qualche paese di montagna.
Lo posso dire per la facilità con cui vesti abiti fini e dal modo in cui si muove la tua bocca quando parli ai camerieri dei buoni ristoranti. Tu vieni direttamente dai castelli e dalle cattedrali, dall’eleganza e dall’impero.
ROBERT JAMES WALLER
Quando finii di contare a ritroso da dieci a uno, Elizabeth si trovava già in stato di profonda trance ipnotica.
Sotto le palpebre, i suoi occhi si muovevano da una parte all’altra. Il suo corpo era disteso, il ritmo del respiro si era fatto più lento, denotando un’estrema rilassatezza. La sua mente era pronta per il viaggio nel tempo.
La feci regredire lentamente, questa volta usando un tranquillo ruscelletto di montagna come via d’uscita verso un remoto passato. Lei attraversò il corso d’acqua e camminò verso una magnifica luce. Mentre la percorreva, si ritrovò in un altro tempo e in un altro luogo, in una vita remota.
«Porto dei sandali leggeri» osservò, quando la invitai a osservare i propri piedi. «Sono allacciati appena sopra le caviglie. Indosso delle vesti bianche di lunghezza disuguale. Sopra, porto una sorta di velo che mi scende fino alle caviglie. Le maniche sono molto ampie e terminano al gomito. Porto anche dei braccialetti d’oro, a tre diverse altezze delle mie braccia.» Stava osservandosi con molta nitidezza e in dettaglio.
«I miei capelli sono scuri, lunghi, scendono fin sotto le spalle... Anche i miei occhi sono bruni... Ho la pelle leggermente scura.»
«Sei una ragazza,» arguii.
«Sì,» rispose lei pazientemente.
«Quanti anni hai?»
«Quattordici anni circa.»
«Cosa fai? Dove vivi?» le chiesi di filato, ponendole due domande di seguito prima che avesse modo di rispondere.
«Nel recinto del tempio,» disse. «Sto imparando a fare la guaritrice e ad aiutare i sacerdoti.»
«Conosci il nome di questa terra?» chiesi.
«È l’Egitto... molto tempo fa.»
«Sapresti precisare in quale epoca?»
«No,» rispose. «Non riesco a vederlo, questo... ma è molto tempo fa... molto.»
Al riguardo non le chiesi altro, e ritornai così a ciò che stava vivendo in quel tempo antico.
«Come mai ti educano per diventare una guaritrice e per operare accanto ai sacerdoti?»
«Sono stati loro a scegliermi, al pari delle altre. Veniamo tutte prescelte, secondo le nostre attitudini e capacità ... I sacerdoti ci individuano quando siamo ancora molto giovani.»
Volli saperne di più circa questo processo di selezione.
«Come fanno i sacerdoti ad accorgersi delle vostre attitudini? Vi osservano mentre siete a scuola, o si rivolgono ai vostri genitori?»
«Oh, no,» mi corresse. «Lo sanno intuitivamente. Sono molto sapienti. Sanno chi è bravo con i numeri e dovrà essere un ingegnere o un contabile o un tesoriere. Sanno chi sa scrivere e fare il copista. Sanno chi ha l’attitudine militare e deve essere addestrato a condurre gli eserciti. Sanno chi saprà fare meglio l’amministratore, chi dovrà essere educato per diventare governatore o funzionario. Chi possiede le capacità di guarire o l’istruzione, sarà addestrato per diventare guaritore o consigliere, o anche sacerdote.»
«Così, i sacerdoti decidono per quale occupazioni la gente deve prepararsi,» riassunsi.
«Sì,» confermò. «I talenti e le potenzialità vengono individuati dai sacerdoti quando il bambino è molto giovane. La sua educazione, a quel punto viene stabilita per sempre... Egli non ha scelta.»
«E questo addestramento è aperto a tutti?»
«Oh, no,» obiettò. «È destinato solo a quelli che appartengono alla nobiltà , a coloro che hanno un grado di parentela con il faraone.»
«Tu devi quindi esser imparentata con il faraone...»
«Sì, ma la sua famiglia è assai vasta. Anche i più lontani cugini sono considerati parte della grande famiglia.»
«E cosa succede alle persone di talento che però non possono vantare alcuna parentela?» insistetti, perché la mia curiosità mi faceva indugiare su questo sistema di selezione familiare.
«Un qualche addestramento possono farlo,» mi spiegò, sempre paziente. «Solo che possono arrivare fino al punto... di diventare assistenti dei capi, che sono appunto i parenti della famiglia reale.»
«Sei una parente del faraone?» chiesi.
«Una cugina... piuttosto lontana.»
«Vicina quanto basta,» commentai.
«Sì,» ammise.
Decisi di passare ad altro, anche se, contrariamente al solito, di tempo ne avevamo a sufficienza, perché sapevo che la paziente che doveva venire dopo Elizabeth aveva annullato l’appuntamento di quel giorno.
«Qualcuno della tua famiglia è lì con te?»
«Sì, mio fratello. Siamo molto legati. È di due anni più vecchio. Anche lui è stato prescelto per diventare un guaritore e un sacerdote, per questo siamo qui insieme. I nostri genitori abitano a una certa distanza da qui, per cui è veramente una buona cosa che mio fratello sia qui con me... Ora vedo che è qui.»
Volli correre il rischio di un’altra possibile distrazione, ma era meglio veder chiaro nei rapporti di parentela di Elizabeth. «Guarda attentamente il suo volto. Fissalo negli occhi. Riconosci in lui qualcuno che fa parte della tua vita attuale?»
Lei sembrò piegarsi in avanti per guardare più da vicino nel suo viso. «No,» disse tristemente. «Non lo riconosco in nessuno.»
Mi ero aspettato che riconoscesse in lui la madre che tanto amava, o forse il fratello o il padre.
Ma ciò non avvenne.
«Vieni avanti nel tempo, ora, fino al successivo momento importante della tua vita di ragazza egiziana. Puoi rievocare ciò che vuoi.» Elizabeth fece scorrere il tempo.
«Ho diciott’anni. Mio fratello e io abbiamo molto progredito nella nostra preparazione. Lui porta una corta veste bianca e oro, che finisce appena sotto le sue ginocchia... È molto bello,» osservò.
«Quanto siete progrediti?» le domandai, perché tornasse a concentrarsi sul sistema di apprendimento da loro seguito.
«Abbiamo acquisito molte tecniche. Stiamo lavorando con speciali bastoncini curativi che, quando maneggiati come si deve, accelerano velocemente la rigenerazione di tessuti e membra.» Si fermò un momento, come se stesse studiando quelle verghe medicamentose.
«Contengono un’energia liquida che fluisce al loro interno... L’energia si concentra nel punto di contatto con la parte da rigenerare... Si possono usare queste verghe per sviluppare membra e guarire tessuti feriti, persino tessuti che stanno perdendo o hanno già perso vita.»
Rimasi sorpreso. Neppure la medicina moderna riesce a compiere le prodezze di cui è capace la natura, come nel caso delle salamandre e delle lucertole, che possono far ricrescere membra e code che gli erano state tagliate. Le più recenti ricerche sulle ferite traumatiche alla colonna vertebrale stanno solo ora orientandosi verso una rigenerazione controllata delle innervazioni, quattro o cinquemila anni dopo che Elizabeth lavorava con le verghe curative che potevano indurre un arto o un tessuto a rigenerarsi.
La mia paziente non era in grado di spiegare come funzionassero queste verghe, se non attraverso l’energia. Non possedeva il vocabolario o i concetti mentali per farlo.
Quando riprese a parlare, le ragioni della sua inadeguatezza sia a capire sia a spiegare divennero chiare.
«Io in sostanza so quello che mi hanno detto. Sono giovane e sono una donna. Io ho tenuto in mano le verghe, ma non le ho mai viste all’opera. Ancora non ho assistito alla rigenerazione... Mio fratello, sì. A lui è consentito, e quando sarà più vecchio gli verrà impartita anche la conoscenza della rigenerazione. La mia preparazione si fermerà prima di quel livello. Oltre non posso andare, perché sono una donna,» spiegò.
«Vuoi dire che a lui sarà consentito di conoscere il segreto della rigenerazione e a te no?» le chiesi.
«È così infatti,» commentò. «Egli avrà accesso ai segreti più alti, mentre a me non sarà permesso.»
Stette per un momento in silenzio, poi aggiunse: «Non sono gelosa di lui. È questo il costume... un costume un po’ sciocco, è vero, perché io posseggo più di tanti uomini la capacità di guarire.»
Aggiunse quindi con una voce che era diventata sussurro: «Lui, comunque, mi rivelerà quei segreti... Me l’ha promesso. E m’insegnerà anche come funzionano quelle verghe. Molte cose già me le ha spiegate... Mi ha detto che ora stanno cercando di riportare in vita persone già morte!»
«Morte?» le feci eco.
«Sì. Però è una cosa che si deve fare molto alla svelta,» aggiunse.
«E come è possibile?»
«Non so... usano diverse di quelle verghe. Intonano speciali canti. Il corpo deve essere posizionato in un certo modo. Poi c’è dell’altro, ma io non lo so... Quando mio fratello lo imparerà , me lo dirà .» Aveva finito le sue spiegazioni.
La mia mentalità logica dava per scontato che gli individui fatti presumibilmente rivivere non fossero in realtà deceduti completamente, ma si trovassero in uno stato di pre-morte, come certi pazienti che si riprendono dopo esperienze di morte apparente. Dopotutto, in quei tempi non esistevano le attrezzature che consentono di monitorare il funzionamento dell’onda cerebrale. Non si poteva accertare l’assenza o meno di un’attività cerebrale, in base alla quale noi oggi decretiamo se uno è morto o vivo.
Tuttavia, il mio intuito mi diceva di non escludere nessuna eventualità . Potevano esistere altre spiegazioni, spiegazioni che andavano al di là della mia attuale capacità di comprensione.
Elizabeth era rimasta in silenzio, così io ricominciai a porle quesiti.
«Vi sono altre forme di guarigione che tu pratichi?»
«Ce ne sono molte,» fu la risposta. «Una la si opera con le mani. Tocchiamo la parte del corpo che ha bisogno di guarire e là dirigiamo direttamente la nostra energia... attraverso le nostre mani. Alcuni di noi non hanno neppure bisogno di toccare il corpo. Percepiamo le zone calde stendendo le mani sopra il corpo, e così disperdiamo il calore e allentiamo l’energia. Il calore emanato dalla parte sofferente del corpo deve essere disperso a diversi livelli, ma non a quello più intimo,» spiegò. Descrivendo quelle antiche tecniche di guarigione, aveva cominciato a parlare più speditamente.
«Altri riescono a curare con la forza mentale. Individuano le zone della mente in cui esiste il problema, e qui inviano mentalmente energia. Questo, io ancora non lo posso fare,» aggiunse «ma lo imparerò alla fine.»
«Alcuni toccano il polso del malato puntando il secondo e il terzo dito uniti e mandano energia direttamente nella circolazione sanguigna. In questo modo si possono raggiungere gli organi interni, e si può vedere l’energia purificatrice liberarsi dal pollice dei piedi del malato.» Elizabeth non smetteva di elencare velocemente le sue spiegazioni sempre più tecniche.
«Io ora sto applicandomi a una pratica che consiste nel portare il malato in uno stato profondo di trance per poi indurlo a osservare la guarigione mentre avviene, in modo che il soggetto completi il processo di guarigione a livello mentale. Somministriamo delle pozioni che aiutano a raggiungere livelli molto profondi.» Si fermò per un momento.
A parte le pozioni, l’ultima tecnica da lei descritta assomigliava molto alle pratiche di visualizzazione ipnotica che io e altri stiamo utilizzando nel XX secolo per stimolare il processo di guarigione.
«Ci sono altri metodi?» volli sapere.
«Sì, quelli che evocano gli dèi sono riservati ai sacerdoti,» rispose. «A me sono proibiti.»
«Proibiti?»
«Sì, perché le donne non possono accedere al sacerdozio. Possiamo diventare guaritrici, ed eventualmente assistere i sacerdoti, ma non possiamo svolgere le loro funzioni... Oh, alcune donne si fanno chiamare sacerdotesse e suonano strumenti musicali nelle cerimonie, ma non posseggono alcun potere.» Con un certo sarcasmo nella voce, aggiunse: «Sono semplicemente delle musicanti, così come io sono una guaritrice; non sono certo sacerdotesse. Anche Hathor si prende gioco di loro.»
Hathor era la dea egiziana dell’amore, del mirto e della gioia. Essa era anche la dea del tempo di festa e della danza. Elizabeth stava probabilmente ricordando una delle più esoteriche funzioni di Hathor, quella di patrona e protettrice delle donne. Lo scherno che Hathor si faceva di queste sacerdotesse stava a indicare la vacuità del titolo che si attribuivano.
Elizabeth continuava a restare in silenzio, il che mi consentiva intanto di cercare mentalmente possibili parallelismi tra le cose antiche di cui aveva parlato e il tempo corrente. Le fragili vanità sembrano essere esistite in ogni tempo.
In questo periodo dell’antico Egitto, la via dell’affermazione personale pareva una cosa riservata solo a pochi. I parenti del faraone, che era considerato una mezza divinità , potevano progredire, ma le parenti femmine dovevano comunque scontrarsi con la barriera del sesso. I parenti maschi del faraone erano in effetti i pochi privilegiati.
Poiché Elizabeth continuava a tacere, la invitai a proseguire nella sua rievocazione: «Va’ avanti, fino a un successivo evento importante di quella tua vita. Cosa vedi?»
«Ora mio fratello e io siamo consiglieri,» disse, dopo aver fatto passare qualche anno rispetto al momento precedente. «Affianchiamo il governatore di questo territorio, e lo consigliamo. È un grande amministratore e un buon comandante militare. Ma è impulsivo e ha bisogno del nostro intuito e del...