La talpa
  1. 420 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Più che un sospetto è una certezza: ai vertici dei servizi segreti inglesi c'è un traditore. Un finto amico che fa il gioco del nemico e che è assolutamente necessario smascherare il più in fretta possibile per la sicurezza della Gran Bretagna e dell'intero Occidente. Esiste un solo uomo capace di smascherare la talpa: George Smiley. La sua è la più segreta, la più penosa delle missioni. Stretto in una rete di menzogne e di dissimulazioni, deve scovare il peggiore dei nemici proprio tra coloro con cui ha diviso una vita di lavoro e di pericoli... La più amara vittoria di George Smiley, il più insolito e intrigante romanzo di John Le Carré.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804500063
eBook ISBN
9788852032172

PARTE SECONDA

15

L’Islay Hotel a Sussex Gardens – dove il giorno dopo la sua visita ad Ascot George Smiley, sotto il nome di Barraclough, aveva installato il suo quartier generale – era un posto molto tranquillo, considerata la sua ubicazione, e perfettamente adatto alle sue necessità. Si trovava cento metri a sud della Paddington Station, ed era inserito in una serie di antiche costruzioni tagliate fuori dalla strada principale da una fila di platani e da un parcheggio. Il traffico scorreva rombando per tutta la notte, ma all’interno, benché fosse tutto uno stridore di carte da parati contrastanti e lampade di ottone, il posto offriva una calma straordinaria. Non solo nell’Islay Hotel non succedeva assolutamente niente, non succedeva niente neppure nel mondo esterno, e questa impressione era rafforzata da Mrs Pope Graham, la proprietaria, vedova di un maggiore, con una voce estremamente languida che comunicava un senso di profonda spossatezza a Mr Barraclough e a chiunque andasse a chiederle ospitalità. L’ispettore Mendel, del quale la vedova era stata informatrice per molti anni, assicurava che si chiamava semplicemente Graham. Il Pope era stato aggiunto per mania di grandezza o, forse, per deferenza verso Roma.
«Suo padre non era una giubba verde, per caso?» aveva chiesto con uno sbadiglio, leggendo il nome “Barraclough” nel registro. Smiley le aveva versato cinquanta sterline di anticipo per un soggiorno di due settimane e lei gli aveva assegnato la stanza numero otto perché lui doveva lavorare. Aveva chiesto una scrivania e Mrs Graham gli aveva dato un tavolino da gioco traballante; gliel’aveva portato Norman, il fattorino. «È georgiano» aveva detto lei con un sospiro, assistendo alla consegna. «Quindi me lo terrà con gran cura, vero, caro? Per la verità, non dovrei prestarglielo, era del maggiore.»
Alle cinquanta sterline Mendel aveva aggiunto, in disparte, altre venti di tasca sua, dal suo “fondo nero” come lo chiamava lui, che in seguito si era fatto restituire da Smiley. «Non ha annusato niente, per caso?» le aveva chiesto.
«Assolutamente niente» aveva risposto Mrs Pope Graham, nascondendo con aria modesta le banconote sotto gli indumenti intimi.
«Voglio ogni briciola di particolare» l’aveva avvertita Mendel, seduto nell’appartamento di lei nel seminterrato, davanti a una bottiglia della marca a lei gradita. «Ora di arrivo e ora di uscita, contatti, abitudini e, soprattutto,» sollevando un dito a mo’ di enfasi «soprattutto, più importante di quanto lei possa mai immaginare, è questo: voglio sapere di tutte le persone sospette che si interessano o fanno domande al personale con qualsiasi pretesto.» L’aveva guardata, con aria grave, quasi la sicurezza del paese dipendesse da lei. «Anche se dicono di essere le guardie notturne e Sherlock Holmes messi insieme.»
«Ci siamo soltanto io e Norman» aveva ribattuto Mrs Pope Graham, indicando un ragazzo smunto e tremante con un soprabito nero al quale lei aveva cucito un bavero di velluto beige. «E non c’è da fare molta strada con Norman, vero caro? Sei troppo intelligente.»
«Lo stesso vale per la posta in arrivo» aveva detto l’ispettore. «Voglio i timbri postali, la data e l’ora di partenza, dove è leggibile, ma senza aprirle né trattenerle. Lo stesso per i suoi oggetti personali.» A questo punto aveva lasciato che il silenzio avvolgesse tutti loro, e intanto sbirciava l’imponente cassaforte che faceva parte dell’arredamento. «Ogni tanto chiederà che gli siano custoditi degli oggetti. Si tratterà principalmente di carte, forse anche libri. C’è una sola persona all’infuori di lui che ha il permesso di guardare quegli oggetti.» All’improvviso aveva sfoggiato una smorfia di sorriso, un ghigno. «Quella persona sono io. Capito? Nessuno deve neppure sapere che lei li custodisce. E non li maneggi perché se ne accorgerà, ha il naso fino. Ci vorrebbe un esperto. Non aggiungo altro» aveva concluso. E in seguito, poco dopo il suo ritorno dal Somerset, aveva fatto notare a Smiley che se venti sterline erano tutto quanto gli sarebbe costato, Norman e la sua datrice di lavoro erano il servizio di piantoni più economico che esisteva sulla piazza.
La sua considerazione era sbagliata, anche se scusabilmente; perché infatti non poteva sapere del reclutamento che Jim aveva fatto dell’intero autoclub, né dei mezzi con i quali Jim era stato in grado di ripercorrere successivamente le tracce delle prudenti investigazioni di Mendel. Né lui né chiunque altro poteva immaginare lo stato di allarme e vigilanza ad alto voltaggio al quale la tensione dell’attesa, e forse un briciolo di follia, lo avevano apparentemente portato.
La stanza numero otto era all’ultimo piano. La finestra dava sul parapetto. Al di là di questo c’era una strada laterale con una vecchia libreria e un’agenzia di viaggi che si chiamava Vasto Mondo. L’asciugamano portava ricamato: “Swan Hotel Marlow”. Lacon arrivò quella stessa sera con una valigetta che conteneva la prima serie di documenti prelevati dal suo ufficio. Per discutere, sedettero uno accanto all’altro sul letto mentre Smiley faceva andare una radio a pile per soffocare il suono delle loro voci. Lacon intanto storceva il naso, evidentemente si riteneva troppo vecchio per queste cose. La mattina dopo ritornò, nell’andare al lavoro, per riprendersi i documenti e restituire i libri che Smiley gli aveva dato per riempire la valigetta. In quella parte, Lacon dava il peggio di sé. Aveva aria e modi offesi e, in più, ci tenne a chiarire che detestava l’irregolarità. Col freddo sembrava aver assunto un rossore permanente. Ma Smiley non avrebbe potuto leggere i dossier di giorno perché dovevano essere a disposizione dei collaboratori di Lacon e la loro scomparsa avrebbe sollevato uno scandalo. Né lui lo voleva; sapeva meglio di chiunque altro di essere disperatamente a corto di tempo. Nei tre giorni successivi questa procedura variò ben poco: ogni sera, nell’andare a prendere il treno a Paddington, Lacon portava i suoi documenti e ogni notte Mrs Pope Graham riferiva segretamente a Mendel che il tipo con l’aria antipatica era tornato di nuovo, quello che guardava Norman dall’alto in basso. Ogni mattina, dopo appena tre ore di sonno e una disgustosa colazione a base di salsicce semicrude e pomodori troppo cotti – non c’era altro nel menu – Smiley aspettava l’arrivo di Lacon, dopodiché si tuffava grato nel freddo della giornata invernale per prendere il suo posto tra i propri simili.
Erano notti straordinarie, quelle: solo lassù, all’ultimo piano. Ricordandole in seguito, benché intanto le giornate fossero altrettanto faticose e apparentemente più dense di avvenimenti, gli parvero un solo viaggio, quasi una sola, unica notte. «Allora accetta?» aveva mormorato senza vergogna Lacon nel giardino. «Di spingersi avanti, tornare indietro?» Mentre lui, Smiley, ripercorreva uno dopo l’altro i sentieri che s’inoltravano nel suo passato, non c’era più alcuna differenza tra le due cose: avanti o indietro, si trattava dello stesso viaggio la cui meta era laggiù, davanti a lui. Non c’era niente in quella stanza, non un oggetto tra tutta quella cianfrusaglia da vecchio albergo cadente, che lo separasse dalle stanze dei suoi ricordi. Si ritrovò all’ultimo piano del Circus, nel suo ufficio spoglio con le stampe di Oxford, così come l’aveva lasciato un anno prima. Al di là della porta c’era l’anticamera dal soffitto basso, in cui le ragazze dai capelli grigi di Control, le madri, battevano delicatamente a macchina e rispondevano ai telefoni; lì nell’albergo, invece, un genio sconosciuto batteva pazientemente notte e giorno su una vecchia macchina da scrivere, in fondo al corridoio. All’estremità dell’anticamera – nel mondo di Mrs Pope Graham lì c’era un bagno e un avvertimento a non usarlo – c’era la porta anonima che dava nel santuario di Control: un vicolo di stanza, con vecchi armadi di metallo e antichi libri rossi, un odore dolce di polvere e di tè al gelsomino. Dietro la scrivania, Control in persona, ormai a quel tempo una carcassa d’uomo, col ciuffo grigio che gli scendeva sulla fronte e un sorriso incoraggiante come quello di un teschio.
Questa trasposizione mentale era in lui così completa che quando il telefono suonava – la derivazione era un extra, da pagare in contanti – doveva concedersi un po’ di tempo per ricordare esattamente dove si trovava. Altri suoni avevano su di lui un effetto altrettanto sconcertante, come per esempio il frullo dei piccioni sul parapetto, lo stridere dell’antenna della televisione nel vento e, nei giorni di pioggia, l’improvviso gorgoglio del fiume nella valle della grondaia. Perché anche questi suoni appartenevano al suo passato e a Cambridge Circus li sentivano soltanto quelli del quinto piano. Il suo orecchio, non c’era dubbio, li selezionava proprio per quella ragione: erano i rumori di fondo del suo passato. Una volta, di primo mattino, udendo un rumore di passi nel corridoio davanti alla sua stanza, andò effettivamente alla porta, pronto ad aprirla per fare entrare l’impiegato notturno della sala cifrari lì al Circus. In quel momento era immerso nello studio delle fotocopie eseguite da Guillam, cercando di ricavare dalle pochissime informazioni l’eventuale procedura del Circus, sotto il lateralismo, per il trattamento di un telegramma in arrivo da Hong Kong. Ma invece dell’impiegato trovò Norman, scalzo e in pigiama. Coriandoli erano sparsi sul tappeto e davanti alla porta di fronte c’erano due paia di scarpe, uno da uomo e uno da donna, benché all’Islay nessuno, e meno che mai Norman, avrebbe pulito.
«Smettila di origliare e vattene a letto» gli disse. E poiché Norman si limitava a fissarlo, insistette: «Vuoi andartene, per piacere?». Fu sul punto di aggiungere: “Piccolo scherzo della natura”, ma si fermò in tempo.
Operazione Strega diceva il titolo del primo volume che Lacon gli aveva portato la prima sera. Criteri distributivi per il Prodotto Speciale. Il resto della copertina era nascosto da etichette recanti avvertenze e istruzioni, compresa una che bizzarramente consigliava coloro che per caso avessero trovato il dossier di restituirlo SENZA LEGGERLO al capo archivista all’ufficio del Gabinetto. Operazione Strega era anche il titolo del secondo volume. Valutazioni supplementari per il Tesoro, alloggio speciale a Londra, accordi finanziari straordinari, indennità ecc. Fonte Merlin era scritto sul terzo, legato al primo con un nastro rosa. Stima dei clienti, rendimento effettivo, allargamento della base di sfruttamento, vedi anche Allegato Segreto. Ma l’Allegato Segreto non era allegato e quando lo chiese la richiesta fu accolta con freddezza.
«Lo tiene il ministro nella sua cassaforte personale» rispose Lacon, brusco.
«Conosce la combinazione?»
«No di certo» ribatté Lacon, ormai furioso.
«Com’è intitolato?»
«Non può essere del minimo interesse per lei. Sinceramente, proprio non riesco a capire perché dovrebbe perdere il suo tempo dietro a questo allegato. È segretissimo e abbiamo fatto tutto quello che era umanamente possibile per limitarne al massimo il numero dei lettori.»
«Anche un allegato segreto deve avere un titolo» replicò lui, tutto premuroso.
«Questo qui non l’ha.»
«Vi viene rivelata l’identità di Merlin?»
«Non sia ridicolo. Il ministro non vorrebbe saperlo e Alle-line non glielo direbbe mai.»
«Cosa significa allargamento della base di sfruttamento?»
«Rifiuto questo interrogatorio, George. Lei non fa più parte della famiglia, lo sa. Di regola, avrei dovuto farla abilitare espressamente.»
«Abilitare per la Strega?»
«Sì.»
«Abbiamo un elenco di quelli che hanno ricevuto questa abilitazione?»
Era nel dossier dei Criteri Distributivi, rispose Lacon e per poco non gli sbatté la porta sul naso prima di tornare indietro, al lento ritmo di Che fine hanno fatto tutti i fiori? presentato da un disc jockey australiano. «Il ministro» riprese «non ama affatto le spiegazioni tortuose. Dice sempre che lui crede soltanto in ciò che si può scrivere su una cartolina postale. Ha fretta di avere qualcosa sulla quale mettere le mani.»
«Ma lei non si è dimenticato di Prideaux, spero. Tutto quello che avete su di lui; anche della carta straccia è meglio di niente.»
Dopodiché lasciò che Lacon lo fissasse per un po’, e dicesse la sua seconda battuta. «Lei non avrà mica perso la testa, George? Si rende conto che molto probabilmente Prideaux non ha mai neppure sentito parlare dell’operazione Strega prima che gli sparassero? Davvero non capisco perché non si limita al problema principale, invece di scavare tutto intorno...» Ma a questo punto era già uscito dalla stanza, continuando a parlare.
Lui tornò all’ultimo brogliaccio: Operazione Strega, Corrispondenza con il Dipartimento. Dipartimento era uno dei molti eufemismi di Whitehall per indicare il Circus. Il volume si presentava sotto forma di raccolta di comunicazioni ufficiali scambiate tra il ministro da un lato, e dall’altro – immediatamente riconoscibile per la sua elaborata calligrafia da collegiale – Percy Alleline, a quell’epoca relegato ancora agli ultimi gradini della scala degli esseri umani secondo Control.
Un monumento molto bieco, rifletté, guardando quei dossier fin troppo manipolati, a una guerra così lunga e crudele.

16

Ed era questa guerra lunga e crudele che lui ora riviveva nelle sue battaglie mentre si imbarcava nella lettura. Quei documenti ne contenevano soltanto il più avaro resoconto; la sua memoria molto di più. Protagonisti erano Alleline e Control, le origini erano confuse e lontane. Bill Haydon, che aveva seguito quegli avvenimenti con entusiasmo e tuttavia scoraggiamento, sosteneva che i due uomini avevano imparato a odiarsi a Cambridge durante la breve permanenza di Control in qualità di professore e di Alleline come studente. Secondo Bill, Alleline era stato allievo di Control, un pessimo allievo, e Control glielo rinfacciava, cosa a cui non si fatica a credere.
La storia era abbastanza grottesca perché Control l’accettasse. «Dicono che Percy e io siamo fratelli di sangue. Eravamo due compagnoni, figurarsi!» Non disse mai se era vero.
A quelle mezze leggende Smiley poteva aggiungere alcuni fatti reali che a lui risultavano sulla giovinezza dei due uomini. Mentre Control era un figlio di nessuno, Percy Alleline era uno scozzese delle Lowlands e figlio della chiesa presbiteriana. Suo padre era un predicatore, infatti, e se Percy non ne aveva ereditato la fede ne aveva certamente ereditato il dono della caparbietà. Aveva mancato la guerra di un paio d’anni ed era passato al Circus da una ditta della City. A Cambridge si era interessato un poco di politica (un tantino a destra di Gengis Khan, diceva Haydon che, Dio ne era testimone, non era neppure lui un liberale troppo tiepido) e aveva fatto un poco di atletica. Era stato reclutato da un personaggio privo di importanza, un certo Maston, il quale per un po’ era riuscito a ricavarsi una nicchia nel controspio...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La talpa
  4. PARTE PRIMA
  5. PARTE SECONDA
  6. PARTE TERZA
  7. Dossier George Smiley. a cura di Paolo Bertinetti
  8. Copyright