Quetzalcoatl, il Serpente piumato, è il dio attorno al quale danzano le popolazioni mesoamericane. Presso queste culture, il quetzal è un uccello dalle meravigliose e iridescenti piume, che sembra disceso dal Paradiso.
In Messico, a San Lorenzo come a La Venta, la facciata degli altari espone una nicchia in cui compare un personaggio in altorilievo seduto a gambe incrociate. La calotta del cappello è sormontata da un artiglio di rapace, i capelli ricadono sulle spalle. Porta pendenti alle orecchie e un pettorale a sette punte, attributi caratteristici del Serpente Piumato Quetzalcoatl. Quest’ultimo è il dio adorato dai Toltechi e dagli Aztechi, chiamato invece Kukulkan presso i Maya. I mitici abitanti di Teotihuacan (300 a.C.) e gli Atlanti di Tula possiedono radici culturali comuni che si perdono nella notte dei tempi.
I simboli e le icone parrebbero far pensare che le civiltà del Mesoamerica appartengano a un unico grande ceppo. Lo stesso culto del giaguaro, di antica matrice culturale sciamanica, è presente in tutte le Americhe.
Questo nobile felino, secondo gli studi della professoressa Laura Laurencich Minelli, «appare come la personificazione, l’alter ego di un essere divino, amico dello sciamano e con il quale quest’ultimo spesso si identifica. Esso è il tramite tra le divinità del Cielo e quelle degli Inferi, che per mezzo suo si congiungono, si unificano e gli parlano».1
Era in questo giardino simbolico che gli Spiriti Maestri avevano scelto di comunicare all’uomo le loro verità.
Mi meravigliava pensare che oggi fossero tornati dal cielo per rinnovare il loro messaggio, utilizzando l’astronave Davide.
Sentivo l’esigenza di chiedere alla Guida dati, prove che rappresentassero inconfutabili elementi di verifica del nostro lavoro. Aspiravo al consenso di quella popolazione critica di dotti e scienziati, che avrebbero altrimenti deriso la mia ricerca. Davide, durante un altro colloquio telefonico, mi spiegò ancora in modo fermo che non riteneva opportuno alimentare troppo il mio ego pragmatico.
«Il disegno è un altro» ribadì irritato. «Dobbiamo favorire la consapevolezza dell’Uno e non lasciarci distrarre dal confronto con la scienza.»
La posizione dell’astronave sulle prime mi innervosì. «Ma come,» risposi seccato «con tante cianfrusaglie new age, proprio ora che c’è la possibilità di trovare conferme anche pratiche, scientifiche, mi vengono negate?»
«Non te la prendere,» continuò lui «lascia che sia fatta la volontà dell’Uno.»
Il mattino seguente la marea di malcontento mi pervadeva ancora. La Guida non mi dava i miei giocattoli e la mia parte infantile, che chiamo scherzosamente Bimbo Gigio, faceva le bizze.
Improvvisamente, come una vera allucinazione uditiva, una voce interiore mi ripeté: «Sia fatta la volontà dell’Uno».
Tremai e rimasi sconcertato per questa chiara indicazione verbale. Ero certo di aver udito il tono perentorio della Guida. Respirai forte, espellendo la tensione, poi mi acquietai. Richiamai Davide, dicendogli che avevo ricevuto quel messaggio fondamentale. Avevo compreso l’essenza del nostro percorso.
Quel pomeriggio iniziò con la visita di una paziente di Roma, che mi raccontò un evento incredibile. Suo figlio di sette anni soffriva di diabete congenito. Una notte lei aveva pianto tutte le sue lacrime in una cameretta del Bambin Gesù, affranta per le condizioni del piccolo. Intorno alle cinque di mattina si era rivolta a Dio dicendo: «Sia fatta la Tua volontà». In un attimo aveva scelto di abbandonarsi alla Fede nell’Assoluto, smettendo di dibattersi, di pretendere. Il giorno seguente il primario trafelato le aveva chiesto di seguirlo in studio. Cos’era accaduto? “Mio figlio è morto” aveva pensato disperata. Il professore invece le riferì attonito che il bambino era completamente guarito e poi le chiese: «Per caso lei ha pregato Padre Pio?».
Si era verificato un miracolo: i referti clinici, l’insulina... tutto era ritornato nella norma, come per incanto.
Naturalmente ricollegai quel «Sia fatta la Tua volontà» alla frase che aveva pronunciato Davide e che poi avevo avvertito distintamente dentro di me al mattino. Inoltre verso le sedici, un’altra paziente durante una trance ipnotica proruppe in un pianto liberatorio. Al risveglio mi spiegò che non riusciva a sfogarsi da vent’anni e che l’input che l’aveva sbloccata era stata quella frase. Ancora mi ripeté le stesse parole: «Sia fatta la Tua volontà» che aveva letto nel mio libro L’Amore Maestro.2
Contando l’esortazione di Davide, per quattro volte l’Uno mi aveva amorevolmente educato a intraprendere la via della Fede.
Finalmente, dopo quasi due settimane di silenzio, Davide chiese di vedermi. Percepii da subito che sarebbe stata una seduta diversa dalle altre. L’astronave era serafica e il solo esserne a contatto mi causava un’infinita felicità, una tangibile elevazione delle frequenze vibrazionali. Appena iniziammo a parlare, mi precisò come si sentiva: «Forse dall’esterno non si nota alcun cambiamento rispetto a come vivevo prima. Io invece mi sento profondamente diverso. Il mio approccio alla vita era dettato da un insieme di emozioni, pensieri, sensazioni che si accavallavano l’uno sull’altro; le priorità erano condizionate da fattori esterni a me. Un gran casino... in sintesi. Innanzitutto non davo alcuna precedenza ai fatti e non ero padrone del mio pensiero. Ora, grazie alla meditazione notturna, tutto mi è più chiaro. Può sembrare strano, ma durante il sonno raggiungo il primo anello senza perdere coscienza, come invece accadeva prima».
«Ma riesci a riposare ugualmente bene?»
«Molto, molto meglio di quanto immagini. Penso di dormire in un modo lucido. Adesso, estremizzando il discorso, mi verrebbe da dire che non so più quando sono veramente sveglio e quando invece dormo. Noi siamo assopiti quando crediamo di essere svegli. Siamo invece particolarmente desti quando pensiamo di dormire. Essendo consapevole anche di notte, ho l’opportunità di percepire l’Uno senza quei fattori esterni che condizionano la mia mente. Evito così le interferenze della quotidianità.»
«Non stiamo parlando di insonnia, vero?»
«No, non c’entra assolutamente. Al mattino sono riposatissimo e serenissimo, mi sembra di aver dormito il giusto, quello che mi serve. La meraviglia consiste nel fatto che non perdo la consapevolezza durante il sonno, anzi la incremento. Questa meditazione notturna penso possano farla tutti...»
«In che modo? Vuoi spiegarmela?»
«Mi rilasso tantissimo, fino a quando sento di non percepire più il corpo. Tengo le mani incrociate sul petto, la caviglia destra sovrapposta alla sinistra. Oriento i miei occhi chiusi leggermente verso il terzo occhio, cioè sulla fronte. Mi abbandono al respiro e lascio che la mente si assopisca. Credo sia importantissimo non bloccare il pensiero, ma inibire invece il dialogo interiore. Sai, quel parlottare dentro di noi, il valutare, giudicare, argomentare i fatti. A poco a poco salgo verso il primo anello e mi apro all’Uno. Semplice, credo che lo possano fare tutti.»
«Be’, Davide, ci proverò, ma dubito che sia così facile. Mi dicevi degli effetti di questa meditazione notturna...»
«Al risveglio senti di avere sempre maggior consapevolezza e non ti devi identificare con l’astronave che ti porta. Tu non sei questo, non sei quello che ti è sempre stato detto e che tutto il mondo ti dice che sei. Volevo tornare al discorso della mente, che potrebbe essere molto utile a tutti, nel senso che procura una grande serenità. Ho la percezione che noi abitanti di questo globo, in questo sogno che ci siamo creati, in questa società immaginaria in cui crediamo, funzioniamo soltanto con una mente duale...»
«La società è un sogno di massa?»
«Sì, la società, ma anche le religioni, le politiche, le scienze. Tutto quello che noi viviamo nella nostra quotidianità e che consideriamo reale è un sogno condiviso.»
«Pazzesco, ma bellissimo!»
«Questo immaginario comune rafforza la mente duale. La scelta che ognuno di noi dovrebbe compiere è quella di passare dal ruolo di giudicato a quello di giudicante. Mi spiego... il concetto mi è chiaro, ma ho delle difficoltà a esporlo. Per esempio, poniamo che la tua religione condanni un determinato comportamento. Se tu lo attui, la tua coscienza diviene il giudice e tu il giudicato. In tal modo la mente diviene duale, scissa e ti trovi ad autopunirti continuamente.»
«E così la politica ci pone in conflitto, ogni ideologia ci separa...» affermai, concordando.
«Qualunque dogma, giusto o sbagliato, che noi adottiamo per educazione imposta dalla società ci fa scindere, ci divide all’interno.»
«Ma in questo modo Davide, senza regole morali, l’interazione tra umani sarebbe un caos...»
«Non mi hai capito. Le regole sociali dovrebbero unire e non dividere, come invece accade. Dogmi, fedi, ideologie, consigli per gli acquisti... sono false esortazioni all’Amore.»
«Ma credi esista realmente qualcuno che riesce a non farsi condizionare da questo sistema tentacolare?» chiesi.
«Sì, i bambini. Prima che vengano educati, ma io direi condizionati, programmati, loro sono nell’Uno. Quando piangono stanno soffrendo, ma dopo due minuti ridono, perché in quel momento non sono più il pianto, ma la Gioia.»
Stavo cominciando a capire e gli chiesi: «Come uscire allora da questa fabbrica del consenso?».
«Non possiamo liberarci, se continuiamo a giudicare e giudicarci. Siamo molto severi con noi stessi e con gli altri perché, oltre a continuare a condannarci, proiettiamo questo tribunale sul prossimo. Il nostro dialogo interiore è un’inquisizione perenne. Le regole e i principi sociali e morali acquisiti vengono spesso deformati e si traducono in colpa, polemica, condanna, guerra...»
«È una visione realista, ma molto dura...»
«Basta una diversità ideologica, di fede, di principi per far esplodere lo scontro in una società educata alla continua scissione» affermò Davide.
«Proponimi una cura.»
«La vera cura è l’Amore. Dobbiamo imparare ad amare noi stessi e gli altri, a non sentire aliena una persona che non persegue i nostri credo, ideali, convinzioni. Viviamo in una società dove tutto è dettato dalla paura e dove l’uomo tenta continuamente di nutrirsi delle frequenze vibratorie dei suoi simili. Una perenne competizione energetico-spirituale.»
«Una sorta di vampirismo volto all’abbassamento inconsapevole della frequenza vibrazionale altrui per manipolare, per sottoporre gli altri al proprio volere» commentai.
«Noi tutti abbiamo un’individuale oscillazione di luce in rapporto con l’Uno. Quando una persona di fronte a noi è in uno stato vibratorio maggiore o minore rispetto al nostro, riusciamo a percepirlo con i nostri sensi sottili. A questo punto possiamo compiere una scelta duale: o accettiamo o rifiutiamo l’altro. Se privilegiamo il rapporto e quell’anima ha maggiore consapevolezza rispetto a noi, possiamo elevarci a nostra volta, accettando umilmente di apprendere. In alternativa, ed è quanto purtroppo accade spesso, l’individuo egoico cerca di derubare la vibrazione del prossimo. Una vera e propria guerra per l’appropriazione indebita di raggi di luce.»
«Davide, pur non essendo in trance, questa sera mi sembri continuamente in contatto con la Guida... L’analisi delle frequenze è importantissima...»
«Credo che l’ipnosi sia servita in un primo tempo per creare la connessione, ora forse non è più fondamentale» commentò l’astronave.
«Concordo pienamente... ma continuiamo.»
«Sì, dicevo che dobbiamo amarci e amare, rispettando pienamente il nostro libero arbitrio e quello del prossimo senza vampirizzarci continuamente, sottraendoci le fre...