Il Piacere
  1. 574 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Notizia sul testo, Note di commento e Cronologia della vita di Gabriele d'Annunzio a cura di Annamaria Andreoli. Nell'ebook si ripropone il testo di Il Piacere raccolto nelle Prose di romanzi, edizione diretta da Ezio Raimondi, vol. I, a cura di Annamaria Andreoli, "I Meridiani", Mondadori, Milano 1988. Gli apparati informativi riproducono quelli pubblicati nell'edizione dei "Meridiani"; la Cronologia riproduce quella pubblicata nel primo tomo delle Prose di ricerca (a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, "I Meridiani", Mondadori, Milano 2005).
Pubblicato con grande successo nel 1889, Il Piacere è il primo romanzo scritto da Gabriele d'Annunzio. Le esperienze biografiche del giovane scrittore nella Roma elegante e mondana di fine secolo confluiscono qui nel personaggio di Andrea Sperelli nel quale, come scrive d'Annunzio, "c'è assai di me stesso colto sul vivo". La vicenda del camaleontico protagonista, giovane artista e raffinato esteta, i suoi complicati amori e il suo tentativo di "fare la propria vita come si fa un'opera d'arte" si vengono però a scontrare con un mondo che, malato di edonismo, sta morendo soffocato "nel grigio diluvio democratico odierno" che alla bellezza viene sostituendo il profitto. L'amara e sterile ricerca del piacere del protagonista è dunque emblematica di una crisi di valori di ben più vasta portata: la crisi della società aristocratica ottocentesca.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804312031
eBook ISBN
9788852034985

NOTIZIA SUL TESTO E NOTE DI COMMENTO

a cura di Annamaria Andreoli

1 NOTIZIA SUL TESTO
Numerosi lettori giudicano il Piacere il più riuscito dei romanzi dannunziani. Il venticinquenne alla prima prova non avrebbe fallito nell’intento di affrescare con mano sicura i superbi amori di un giovin signore, Andrea Sperelli Fieschi d’Ugenta, gran viveur nella Roma umbertina. E secondo taluni saremmo di fronte a un d’Annunzio d’eccezione, a un d’Annunzio «sincero», visto che il protagonista della vicenda rappresenta per il provinciale ambiziosamente approdato nell’Urbe un chiaro oggetto del desiderio. Il romanzo, insomma, illustrerebbe fin nelle minuzie i bei sogni che cullarono l’arduo debutto romano degli anni ottanta: nascite illustri, dimore d’epoca, arredi firmati, Elene e Marie, avvenenti prototipi del possibile femminino, e balli, concerti, aste, cavalli, duelli… in cui si consuma l’intenso biennio – dal 25 marzo 1885 al 20 giugno 1887 – di un eroe davvero compensatorio.
Lo Sperelli c’est moi che ridusse alla resa il vorace consumatore del superfluo, costretto a fuggire da una Roma («Roma mi ha vinto!») insolvibile con il giornalismo stipendiato o con i malcerti proventi delle edizioni Sommaruga, dev’essere inteso alla lettera. Non senza colpire nel segno i romanzi d’oltralpe vanno proponendo il tipo dell’esteta raffinato, dilettante e nevrotico, che persuade subito il giovane d’Annunzio a un dérèglement cui sarà poi sempre fedele. E intanto, appunto sugli exempla dove l’eccentrico scalza la piatta deduzione dei naturalisti, il «vivere inimitabile» comincia a profilarsi quale norma senza deroghe proprio nell’orpello, fra barocco e rococò, che decide di Sperelli, metafora del suo io camaleontico ancora al di qua dello slancio vitalistico: nessuna cosa mi fu aliena…
A non essere alieni al d’Annunzio sono per il momento i des Esseintes, i Nebo, i Vincy, con le stravaganze – ormai il dandismo trionfa – che soccorrono giorno dopo giorno il giornalista di professione pressato da scadenze quotidiane. Ma la stretta convivenza con il dandy non comporta solo l’utile immediato della sapida cronachetta da consegnare alla redazione della «Tribuna»; proprio lì, dettato da Huysmans o da Péladan, da Bourget o dai Goncourt, è il nuovo catechismo finesecolo – giusto ciò di cui è in cerca l’inquieto apprendista che azzarda la propria ascesa mondana.
E in effetti, l’opposto di un pacato crepuscolo incline ai bilanci, negli ultimi due decenni dell’ottocento la temperie appare quanto mai eccitata, tesa al nuovo e al diverso, all’insegna di una «modernità» che s’impone perentoria e della quale si appronta senza indugio il codice. Così, sia il romanzo che la saggistica psicologica ad esso complementare si direbbero in bilico fra lo scandalo provocatorio e il nuovo conformismo delle pose controcorrente subito arrangiate a sistema. Per non dire dei veri e propri breviari, quali gli Essais de psychologie contemporaine o la Physiologie de l’amour moderne di Bourget, non si disconoscerà per esempio all’Initiation sentimentale di Péladan una precisa intenzione didascalica. Anzi, un ingegnoso neologismo – Virgiliat (nel Piacere tradotto con vergiliato) – rivela come meglio non si potrebbe la chiave di un romanzo che per di più è tappa – i titoli sono dodici – della grandiosa Ethopée con la quale si vuole illustrare, denunciandola, la décadence latine. E lo stesso valga per A rebours di Huysmans, dove si accredita il mostro facendo della nevrosi una caricatura edificante; e così ancora per la Maison d’un artiste dei Goncourt, intérieur messo a nudo, suggestivo collezionismo di oggetti classificati come le passioni nella trattatistica classica; o per la raccolta, sempre dei Goncourt, di Idées et sensations, stralciate dal Journal e rappezzate in modo da rendere evidenti le sottili contraffazioni di un’ottica blasée.
Non a caso gli esempi appena menzionati riguardano da vicino – lo vedremo fra poco – la composizione del Piacere: la formula romanzesca che attrae il d’Annunzio, formula impensabile fuori dalla società di massa flagrante allo scadere del secolo, consiste infatti nella decantazione di quelli che cominciano a essere definiti «miti d’oggi». Ma ciò che preme in primo luogo all’esordiente narratore è di non perdere l’ottima occasione che i tempi sembrano offrirgli e che bisognerà cogliere a volo: il romanzo lascia intravedere la possibilità di un protagonismo senza precedenti, di un vero e proprio divismo, poiché, così come ne è il prodotto, esso a sua volta produce miti se non exempla; è a pieno titolo un initiateur (la felice dicitura risale a Bourget), mentre il letterato, al di là dei confini tradizionali, diviene agente efficace di mode e tic. Una costante, vicendevole contaminazione di arte e vita è dunque prevista nel circolo tanto vizioso quanto lauto di profitti che allarga via via la pratica dell’estetismo. Non è l’esteta l’eroe per eccellenza e al tempo stesso l’autore del romanzo finesecolo?
Inutile chiedersi dove prenda avvio il complesso gioco di specchi, fino a che punto – poniamo – Lucien de Rubempré determinasse le stravaganze che Robert de Montesquiou prestò a des Esseintes (Huysmans le apprese dalle conversazioni con Mallarmé), e di lì a Sperelli, a Dorian Gray, al barone di Charlus, fervente balzacchiano… Si constati tuttavia come non siano passati invano i trompe l’oeil di marca naturalista: solo che ora, però, la trafila dal vero al verosimile sembra invertirsi, o almeno complicarsi nell’assidua spola che alla fine cancella quanto precede l’artificio.
Stando al d’Annunzio del Piacere, può destare sorpresa la destrezza con la quale gestisce il nuovo statuto romanzesco. Davvero non perde colpi quando convoca d’urgenza il suo personaggio fuori dalla pagina per fargli praticare le gallerie d’arte di via del Babuino. Perché «l’acquaforte dello Zodiaco», mirabile incisione cui Sperelli attende in gloria della bellissima Elena Muti («Tra le cose più preziose possedute da Andrea Sperelli era una coperta di seta fina, d’un color azzurro disfatto, intorno a cui gravavano i dodici segni dello zodiaco in ricamo […] La nudità di Elena non poteva, in verità, avere una più ricca ammantatura […] L’acquaforte rappresentava appunto Elena dormente sotto i segni celesti»), viene segretamente commissionata all’amico Sartorio che incarnerà un estro calcografico pronto a uscire dalla finzione letteraria. L’opera comparirà a bella posta con la firma fittizia di A. Sperelli calcographus mentre d’Annunzio, sicuro del fatto suo, avverte l’editore dei vantaggi del complotto: «Ne tireremo un numero limitato di copie, le venderemo con un certo mistero. Ne guadagnerà la réclame del romanzo» (a Emilio Treves, 12 gennaio 1889).
È però legittimo supporre che si tratti di qualcosa di più di un semplice espediente pubblicitario se quarant’anni dopo, ultimo omaggio all’antica controfigura, l’abile inganno di un tempo potrà di nuovo ripetersi. In occasione delle nozze Ciano-Mussolini, il Vate penserà bene di regalare a Edda un drappo serico, come quello del romanzo «degno d’ammantare un talamo regale», da lui stesso dipinto con motivi zodiacali. Ma a parte ciò che può suggerire l’estrema complicità, si valuti il gesto reciproco del versatile Sperelli, il quale, nel cimento – questa volta – poetico, corrisponderà al buon servigio ricevuto dichiarandosi fedele seguace del poeta di Isottèo e Chimera. In cerca del la, dopo essersi rivolto a Goethe e a Byron sotto la guida di Schopenhauer, preferisce cavallerescamente ripetersi «l’emistichio sentenziale d’un poeta contemporaneo»: Il Verso è tutto.
E come se non bastasse, non appena licenziato il Piacere, il narratore, incapace di distogliersene, si affretta a tornare sui propri passi con le terzine dedicate AL POETA ANDREA SPERELLI che procurano al romanzo quasi un nuovo suggello. A preludio della trilogia della rosa, successiva di un lustro, grazie alla quale la fabula risulterà inserita in un ciclo da cui dovrebbe prender luce, una nota dell’autore e insieme quella del responsabile del periodico dove la lirica compare (il «Corriere di Napoli» di Scarfoglio) s’incaricano di commentare i versi. Si precisa che tramite Sperelli d’Annunzio è uscito vittorioso dalla lotta contro la «mostruosa Chimera estetico-afrodisiaca». Nella sua arte «s’è compiuta una metamorfosi salutare», ed è pronto ad altro.
Basta il poco cui ora s’è accennato per mettere a punto l’abilità del debuttante già votato al successo che fece ombra al Verga (Mastro don Gesualdo esce da Treves nello stesso 1889). Del resto, chi legga il Piacere in rapporto agli analoghi europei di quel torno d’anni deve per forza constatarne la calcolata tempestività, mentre resta da chiedersi per quali vie d’Annunzio sia riuscito a guadagnare una postazione tanto aggiornata e agguerrita. Riandiamo pertanto all’esercizio letterario antecedente l’impresa narrativa di largo respiro, esercizio che annovera, accanto al poeta e al novelliere, il cronista mondano.
Non si insisterà mai a sufficienza sulle strette connessioni fra romanzo e giornalismo, giacché vale anche per il Piacere quanto è stato detto a proposito di A rebours: «tout se passe comme si Mallarmé, rassemblant les articles de la Dernière mode, les avait raccomodés en roman»; e va dunque posto in risalto il carattere delle rubriche cui d’Annunzio attende. Che egli si occupi soprattutto di fenomeni di costume e di moda non è certo irrilevante ai fini del suo apprendistato, né lo sarà in rapporto al romanzo, e in un senso, poi, che dovrebbe andare oltre il meccanico accertamento delle riprese tematiche, peraltro fittissime, da cronache e favole del Duca Minimo, Vere de Vere, Lila Biscuit, Miching Mallecho, Marchese di Caulonia… gli pseudonimi che quasi quotidianamente siglano gli interventi sulla «Tribuna» (al giornalismo sporadico degli anni 1881-1883 fa seguito l’assunzione stipendiata presso il periodico romano dal 1884 al 1888).
Il fatto che si occupi di moda comporta per d’Annunzio – dicevo – non poche conseguenze. Intanto un’idea di letteratura profondamente compromessa con l’effimero e la sua fruizione di massa, l’uno e l’altra da calibrare in perfetto equilibrio, pena l’insuccesso. La «novità», sempre soppiantata da altra che l’avvicendi, dovrà infatti esser tale ma senza eccessi, plausibile e quasi attesa perché il contagio si realizzi. Si avrà allora di mira un prodotto riconoscibile, deviato dalla norma con misura oculata e quindi, non per paradosso, un prodotto «di imitazione», dove il genitivo va inteso come soggettivo e oggettivo a un tempo: che imita e che è imitato. Da una parte, ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Nota all’edizione
  4. IL PIACERE
  5. A Francesco Paolo Michetti
  6. Libro primo
  7. Libro secondo
  8. Libro terzo
  9. Libro quarto
  10. Tavola delle sigle e delle abbreviazioni
  11. Notizia sul testo e note di commento
  12. Cronologia
  13. I Romanzi di Gabriele d’Annunzio Piano dell’opera
  14. Copyright