Ecco dove dovresti essere, a un grande ricevimento di nozze in una enorme villa di West Hills, composizioni floreali e funghi farciti sparsi per tutta la casa. Questa si chiama ambientazione di scena: dove ci sono tutti, chi è vivo, chi è morto. Questo è il grande momento di Evie Cottrell al suo ricevimento nuziale. Evie è in piedi a metà della grande scalinata nell’atrio della villa, nuda dentro quel che rimane del suo vestito da sposa, col fucile ancora in mano.
Quanto a me, io sono in piedi, ma solo fisicamente, in fondo alle scale. La mia mente chissà dov’è.
Nessuno è ancora morto del tutto; diciamo soltanto che le lancette corrono.
Non che qualcuno in questo enorme dramma sia veramente una persona viva e reale. Puoi scoprire tutto dello sguardo di Evie Cottrell in qualche pubblicità televisiva per uno shampoo organico, solo che adesso il vestito da sposa di Evie è bruciato fino ai fili metallici che orbitano attorno ai suoi fianchi, scheletro della gonna del vestito di nozze, e fino ai piccoli fili di ferro di tutti i fiori di seta che c’erano nei suoi capelli. E i capelli biondi di Evie, i suoi grandi capelli, tirati su, pettinati all’indietro, arcobaleno di ogni possibile variazione di biondo, gonfiati dalla lacca, be’, anche i capelli di Evie sono bruciati.
L’unico altro personaggio qui è Brandy Alexander, che è distesa, colpita da un colpo di fucile, ai piedi della scalinata, e sanguina a morte.
Mi dico che forse lo zampillo di rosso che sgorga a fiotti dal foro della pallottola che ha colpito Brandy non è sangue, ma piuttosto uno strumento sociopolitico. Il fatto di essere clonati da quelle pubblicità per shampoo, be’, vale tanto per me quanto per Brandy Alexander. Sparare a una qualunque persona presente in questa stanza sarebbe l’equivalente morale di uccidere un’automobile, un aspirapolvere, una Barbie. Cancellare un disco del computer. Bruciare un libro. Probabilmente questo vale per qualsiasi omicidio al mondo. Siamo tutti dei prodotti.
Brandy Alexander, la suprema regina a gambo lungo delle party girls di prima scelta, Brandy e le sue interiora che si riversano da un foro di proiettile nella fantastica giacca del suo abito. L’abito è un Bob Mackie bianco che Brandy ha comprato in svendita a Seattle con una gonna strettissima che le comprime il culo a perfetta forma di cuore. Non crederesti mai quanto costa quest’abito. Il ricarico è di circa un trilione per cento. La giacca ha una piccola falda a peplo e grandi baveri e spalle. Il taglio a un petto è simmetrico tranne per il foro da cui scorre il sangue.
Poi Evie comincia a singhiozzare, lì in piedi a metà scalinata. Evie, quel virus mortale del momento. Per noi è il segnale di rivolgere lo sguardo alla povera Evie, povera triste Evie, senza capelli e con niente indosso, se non cenere e la gabbia di fili metallici della sua gonna bruciata. Poi Evie lascia cadere il fucile. Con la faccia sporca nelle sue mani sporche, Evie si siede e comincia a ue-ue, come se piangere risolvesse qualcosa. Il fucile carico, calibro 30 e passa, cade giù dalle scale, scivola sul pavimento in mezzo all’atrio, e ruotando punta su di me, punta su Brandy, punta su Evie, che piange.
Non è che io sia una specie di animale da laboratorio, distaccato, ammaestrato a ignorare la violenza, ma d’istinto il mio primo pensiero è che forse siamo ancora in tempo a passare del bicarbonato sulle macchie di sangue.
Finora la maggior parte della mia vita adulta è trascorsa con me in piedi in qualche studio per un sacco di dollari all’ora, con addosso vestiti e scarpe, i capelli acconciati e qualche famoso fotografo di moda che mi dice che sentimenti provare.
Lui che grida: Dammi lussuria, piccola.
Flash.
Dammi malizia.
Flash.
Dammi ennui esistenzialista distaccato.
Flash.
Dammi intellettualismo rampante come meccanismo protettivo.
Flash.
Probabilmente è lo choc di vedere la mia peggiore nemica che spara all’altra mia peggiore nemica. Boom, è una situazione in cui la vittoria è assicurata. Questo, oltre al fatto di frequentare Brandy, ha sviluppato in me un grande talento per il dramma.
Quando metto un fazzoletto sotto il mio velo per respirarci dentro, do l’impressione di piangere, ma è solo un’impressione. Per filtrare l’aria, perché quasi non si riesce a respirare per tutto il fumo che c’è, dato che la grande villa di Evie ci sta bruciando attorno.
Io, inginocchiata accanto a Brandy, potrei frugarmi dentro il vestito e trovare Darvon e Demerol e Darvocet 100. Per tutti questo è il segnale per volgere lo sguardo su di me. La mia tunica è una stampa della Sindone di Torino comprata in svendita, marrone e bianca, drappeggiata e tagliata in modo che i brillanti bottoni rossi si abbottonino attraverso le stimmate. Poi ho addosso metri e metri di velo nero di organza avvolto attorno al viso e borchiato con piccole stelle di cristallo austriaco tagliate a mano. Non si riesce a capire che aspetto abbia il mio viso, ma questo è lo scopo. Il look è elegante e sacrilego, e mi fa sentire sacra e immorale.
Haute couture che diventa très haute.
Il fuoco si propaga giù dalla carta da parati dell’atrio. Quanto a me, sono stata io ad appiccare il fuoco per arricchire la scena. Gli effetti speciali possono fare molto per dare tono a un’atmosfera, e poi non è che questa sia una vera casa. Quella che sta bruciando è la ricostruzione di una finta casa d’epoca, imitazione di una copia di una copia di una finta villa in stile Tudor. Dista un centinaio di generazioni dall’originale, ma del resto come tutti noi, non è vero?
Poco prima che Evie venisse giù dalle scale urlando e sparasse a Brandy Alexander, quello che ho fatto è stato spargere circa un gallone di Chanel N° 5 e di buttarci sopra un biglietto di invito al matrimonio in fiamme, e boom, ecco che sto riciclando.
È strano, ma anche quando pensi al più grande tragico incendio, in fondo non è che una reazione chimica intensa. L’ossidazione di Giovanna d’Arco.
Ancora ruotando per terra, il fucile punta su me, punta su Brandy.
Un’altra cosa è che non importa quanto tu possa amare una persona: ti tirerai indietro quando il suo sangue ti scorre troppo vicino.
A parte questo dramma sublime, è una bellissima giornata.
Questa è una calda giornata assolata, e la porta d’ingresso è aperta sul portico e sul prato all’esterno. Il fuoco al piano di sopra attira nell’atrio il caldo odore dell’erba appena falciata, e puoi sentire tutti gli invitati all’esterno. Tutti gli ospiti, loro hanno preso i regali che volevano, i cristalli e l’argento, e sono andati ad aspettare sul prato che i pompieri e gli infermieri facessero il loro ingresso.
Brandy, lei apre una delle sue enormi mani inanellate e tocca il foro da dove il suo sangue sgorga irrorando il pavimento di marmo.
Brandy, lei dice: «Merda, il Bon Marché non si riprenderà mai indietro questo vestito».
Evie solleva il viso dalle sue mani, il suo viso un pastrocchio di cenere e muco e lacrime, e grida: «Detesto che la mia vita sia così noiosa!».
Evie grida giù a Brandy Alexander: «All’inferno tienimi occupato un tavolo vicino alla finestra!».
Lacrime tracciano linee pulite giù lungo le guance di Evie, che urla: «Amica! Devi rispondermi!».
Come se questo non fosse già dramma, dramma, dramma, Brandy guarda verso di me, inginocchiata accanto a lei. Gli occhi color melanzana di Brandy dilatati a fiore sbocciato, dice: «Brandy Alexander adesso morirà ?».
Evie, Brandy e io, tutto questo solo una battaglia di potere per conquistare i riflettori. Ognuna di noi solo per essere, io, io, io per prima. L’assassino, la vittima, il testimone, ciascuno di noi pensa che il proprio ruolo sia quello del protagonista.
Probabilmente questo vale per ogni persona al mondo.
È tutto specchio, specchio delle mie brame, perché la bellezza è potere, proprio come il denaro è potere, proprio come una pistola è potere.
Ormai, quando sul giornale vedo la foto di una ventenne che è stata rapita e sodomizzata e derubata e poi uccisa e accanto c’è una foto tutta pagina di lei giovane e sorridente, invece di pensare che questo sia un crimine grande e triste, la mia reazione istintiva è, wow, sarebbe una gran fica se non avesse quel nasone. La mia seconda reazione è che è meglio che io abbia pronto qualche bel primo piano di me nel caso venga rapita e sodomizzata a morte. La mia terza reazione è, be’, almeno così si riduce la competizione.
Come se non bastasse, l’idratante che uso è una sospensione di solidi fetali inerti in olio minerale idrogenato. Quello che voglio dire è che, per essere sincera, la mia vita è tutta incentrata su di me.
Voglio dire, a meno che il tassametro non corra e un fotografo non stia gridando: Dammi empatia.
Poi il flash stroboscopico.
Dammi compassione.
Flash.
Dammi onestà brutale.
Flash.
«Non lasciarmi morire qui su questo pavimento» dice Brandy, e le sue grandi mani si attaccano a me. «I miei capelli,» dice «i miei capelli saranno appiattiti dietro.»
Voglio dire, lo so che Brandy probabilmente morirà , ma non riesco proprio a immedesimarmi.
Evie piagnucola ancora più forte. Come se non bastasse, le sirene dei pompieri là fuori mi stanno incoronando regina del Regno di Emicrania.
Il fucile sta ancora ruotando sul pavimento, ma sempre più lentamente.
Brandy dice: «Non è così che Brandy Alexander voleva che andasse la sua vita. Tanto per cominciare doveva essere famosa. Sai, prima che morisse doveva passare in tv durante l’intervallo del Superbowl, nuda mentre beveva una Diet Cola in slow motion».
Il fucile smette di ruotare e punta su nessuno.
A Evie che piange, Brandy urla: «Zitta!».
«Stai zitta tu» Evie le urla di rimando. Dietro di lei, il fuoco si sta mangiando tutto lungo il tappeto della scalinata.
Le sirene, puoi sentirle che vagano e strillano in tutto West Hills. La gente si fa a pezzi per chiamare il 911 ed essere il grande eroe. Nessuno sembra pronto per l’imponente troupe televisiva che deve arrivare da un momento all’altro.
«Questa è la tua ultima possibilità , dolcezza» dice Brandy, e il suo sangue sgorga dappertutto. Dice: «Mi ami?».
È proprio quando la gente fa domande del genere che perdi la luce dei riflettori.
È così che poi ti ingabbiano in un ruolo di comparsa.
Ancora più grande di questa casa che va a fuoco è questa mia immensa aspettativa di pronunciare le tre parole più trite che puoi trovare in ogni sceneggiatura. Bastano a farmi sentire come se mi stessi facendo un ditalino. Ma non sono altro che parole. Senza alcun potere. Vocaboli. Dialogo.
«Dimmi» dice Brandy. «Mi ami? Mi ami davvero?»
Questo è il modo eccessivo in cui Brandy ha recitato per tutta la sua esistenza. Il continuo teatro non-stop dal vivo di Brandy Alexander, ma sempre meno dal vivo ogni momento che passa.
Tanto per fare un po’ di scena, prendo la mano di Brandy nella mia. Questo è un b...