Bàrnabo delle montagne
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Bàrnabo delle montagne

  1. 140 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Bàrnabo delle montagne

Informazioni su questo libro

Bàrnabo, giovane guardiaboschi, è il primo tra i personaggi di Buzzati a provare il sentimento dell'attesa, a spiare, nelle lunghe giornate, la luce che sorge e scolora sulle montagne, a sperimentare cosa significhi attendere, non tanto un cosa o un chi, semplicemente attendere. Ed è ancora Bàrnabo a inaugurare l'esperienza del tempo come strano regista della vita, con i suoi segni discreti, leggeri e sbadati, ma irrevocabili. Bàrnabo delle montagne non è solo l'opera prima di Buzzati, ma è soprattutto la prova rivelatrice di quel favolismo morale che distinguerà la quasi totalità della sua produzione, ponendola a capostipite di tutta una linea narrativa del sogno, dell'incubo, dell'altrove. Buzzati confessa nella sua pagina radici in un immaginario infantile: quello delle esperienze assolute, delle paure e delle fascinazioni inconsce.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804480969

Bàrnabo delle montagne

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1

Nessuno si ricorda quando fu costruita la casa dei guardiaboschi del paese di San Nicola, nella Valle delle Grave, detta anche la Casa dei Marden. Da quel punto partivano cinque sentieri che si addentravano nella foresta. Il primo scendeva giù per la valle verso San Nicola e a poco a poco diventava una vera strada. Gli altri quattro salivano fra i tronchi, sempre più incerti e sottili, fino a che non rimaneva più che il bosco, con gli alberi secchi rovesciati per terra e tutte le sue vecchissime cose. E sopra, a Nord, c’erano le bianche ghiaie che fasciano le montagne.
Il sole si leva dalle grandi cime, gira sopra la Casa dei Marden e tramonta dietro al Col Verde. Soffia il vento della sera, portando via un’altra giornata. Del Colle, il capo dei guardiani, quest’oggi è in vena e ha lunghe storie da raccontare. Solo lui se le ricorda, ma a dirle tutte si farebbe notte e poi ancora mattino e non sarebbe finita.
La storia dell’Ermeda, ricco signore di San Nicola: «Veniva dalla Vallonga insieme con tre suoi uomini. Quando sono vicini al Col Nudo comincia a venire la nebbia; lui sbaglia strada, va su per un canalone e arriva a sboccare sulla grande cengia sotto al Pagossa; adesso non si può vedere, ve la mostrerò domani col sole. Nessuno l’ha poi mai trovato e sì che dicono che per mesi e mesi siano andati a cercarlo sotto alle rocce. Molti anni sono passati».
La storia della Polveriera: progettano di fare una strada che unisca San Nicola alla Vallonga. Le autorità sono d’accordo. Il vecchio Bettoni assume l’impresa. La strada doveva salire per il vallone delle Grave, poi piegare a sinistra, costeggiare le rocce del Palazzo, toccare la catena del Pagossa e sorpassare infine il Col Nudo. Cominciano i lavori a San Nicola. Una cosa in grande. Arrivano operai dalla Bassa. Devon rompere la montagna. Comperano grande quantità di polveri e le depositano in un baracchino sotto alle rocce del Palazzo.
Ma al termine della prima gola, quando i lavoranti fanno scoppiar le mine, il lavoro si deve fermare. La polvere non esplode, di notte vengon rubati gli arnesi. Giù in basso cominciano a mormorare che è una cosa da pazzi: soldi gettati via. Si ripete che le montagne devono restar tranquille. E le campane di San Nicola a suonare perché se ne vadano i cattivi spiriti.
Uno dei lavoranti va, una notte, a rubare in una casa. Danno allora la colpa a Bettoni perché non sorveglia abbastanza gli operai. Un suo concorrente che aveva perduto l’appalto soffia nel fuoco. Minacciano di far saltare il deposito di esplosivi.
È allora che sui fianchi di una croda, poco sopra il punto dove la strada dovrebbe passare, trovano una specie di grotta, l’adattano a polveriera, la chiudono con un muro e ci mettono i guardiaboschi a fare il servizio di guardia. Intanto, per l’inverno, i lavori vengono interrotti e l’anno dopo, quando vengon ripresi, si scopre che mancano i soldi. Oggi resta un pezzo di strada che arriva fin sotto al Palazzo; più avanti prosegue il sentiero che conduce alla Polveriera.
Un giorno passano degli ufficiali in ricognizione e vedono quel deposito: è una bella costruzione, un posto ben riparato, non lontano dal confine. Bisogna dunque utilizzarlo. Ci portano così altri esplosivi e parecchie munizioni, ma il servizio di custodia rimane ai guardiaboschi. Le cose rimangono immutate per anni. Ancora adesso davanti alla porta che si apre nel sasso vivo cammina su e giù un uomo con il fucile. Ogni sera la guardia montante lascia la Casa dei Marden e su per i boschi, con due ore di strada, arriva alla piccola polveriera, vicino alla quale esiste una baracchetta. Occorrono tre uomini ogni volta.
La storia di Darrìo: anche lui era guardiaboschi. «C’è qualche ladro sulle montagne» continuava a dire. «Scappano dalle prigioni e si rifugiano lassù. Un giorno o l’altro verranno giù a rubare e a far rovina. Bisogna andare a vedere.» E partiva la mattina, su diritto per il bosco, per i lunghi ghiaioni, e Dio solo sa come faceva ad arrampicarsi su per le pareti. I ladri, diceva lui, ma forse non ci credeva. Stava lontano per delle intere giornate sui bordi dei precipizi. Eppure, bravo com’era, un bel giorno non è più tornato. Si aspetta, si cerca nel bosco, ci si spinge fin sotto alle rocce e con il corno si suona da riempire tutte le montagne. E una settimana dopo Bertòn, che scendeva dalla Polveriera, non vede dodici tredici corvi che continuano a girare sopra una parete altissima? È sull’apicco proprio sotto il Baston del Re. Ci sono ancora adesso le sue ossa, sopra una piccola terrazza. Se l’è voluta lui la morte, in fin dei conti.
Dodici guardiaboschi, con un cappello verde, su cui qualcuno mette una piccola piuma. Sulla giacca un distintivo che rappresenta lo stemma del paese. Il capoguardia, Antonio Del Colle, con i baffi bianchi è già ormai vecchiotto, ma si arrampica ancora bene per le montagne, porta i carichi e quando spara il fucile nessuno l’ha mai visto sbagliare. Il suo schioppo inglese è sempre chiuso nella custodia di cuoio. Sulle canne c’è disegnato un serpente che si attorciglia fino alla bocca. Di solito Del Colle ne adopera un altro, un fucilazzo da non aver tanti riguardi, che aveva trovato nella sua casa. Del Colle è piccolo di statura; lo si vede bene da lontano con il suo passetto dondolante; si ferma ogni tanto a guardare. È vecchio, lui, della montagna; vede le malattie degli abeti, conosce il canto di tutti gli uccelli, ricorda tutte le più piccole strade. Sente il cattivo tempo che si avvicina. E li conosce bene i suoi compagni: il sottocapo Giovanni Marden e poi Giovanni Bertòn, Paolo Marden, cugino del primo, Pietro Molo, Francesco Franze, Berto Durante, Angelo Montani, Primo e Battista Fornioi, Giuseppe Collinet, Enrico Pieri e Bàrnabo che lo chiamano solo per nome e sarà poi Bàrnabo delle montagne.
Non è facile dire da dove sono venuti. Qualcuno figlio di guardiaboschi. Qualcuno nato tra i monti da quelle famiglie patriarcali. Altri sono giunti da lontano e hanno conosciuto le strade della pianura. Ma oramai le hanno dimenticate, le vie infinite e polverose, bruciate dal sole. Laggiù non c’era ombra né vento e rare erano le fontane. Bisognava andare sempre avanti diritti; c’è lì in fondo una pianta ombrosa, ancora un piccolo sforzo. I piedi sono di piombo, coraggio perché si è arrivati.

2

La casa che una volta fu della famiglia Marden e che ospita i guardiaboschi è diventata vecchia. Il legno delle travi è marcito e le imposte non si riescono a chiudere. Una notte Durante si sveglia perché sente freddo. Si alza e accende il lume. Il vento ha portato via un pezzo del tetto, così, silenziosamente.
Una volta era lucida e luminosa come una casa di nuovi sposi, con dei fiori sulle finestre e dipinta di diversi colori.
Ora l’intonaco bianco del pianterreno se n’è andato, le tavole che rivestivano il primo piano sono diventate nere. E il tetto a contare le piogge, a discutere con il vento, a poco a poco si è stancato; ha cominciato a slabbrarsi, qualche scandola rotolava via, ma nessuno se n’accorgeva. È diventata una architettura crollante; basterebbe poco a farla sfasciare.
«Aggiusta, Fornioi, tu che sei falegname, aggiusta la trave del soffitto» diceva Del Colle. «Di notte scricchiola e finirà col crepare.»
“Ma tutto si aggiusterà domani, domani ci sarà il sole propizio e si avrà voglia di lavorare. Eppure è oggi che passa il tempo” pensava Del Colle “domani non è ancora passato.” Così, sotto gli occhi, senza quasi farsi vedere, la Casa dei Marden si rovinava. Poi quando Durante si accorse che un pezzo di tetto era stato scoperchiato cominciarono le dispute.
“Bisogna cambiare, ormai” si diceva “siamo troppo lontani dalla Polveriera. Qui è troppo umido, in mezzo al bosco. Tanto, questa casa bisognerebbe rifarla di sana pianta.”
A Del Colle dispiaceva. Quella cucina era oramai tanto nera di fumo e tante bizzarre cose erano penetrate nei muri. “È un peccato” pensava. “Sono più di vent’anni che vivo qua dentro. Mi ricordo quel giorno che sono venuto qui per la prima volta. Era d’estate e pioveva. C’è poco da dire, tutta la mia vita è passata in questa casa. Ora quando sono là dentro e vedo lo schioppo attaccato vicino al letto non mi importa più niente di avere tanti soldi o di stare nel paese. Che sciocchezza. In questa casa ho anche tribolato e certe volte, tanti anni fa, si aveva una voglia disperata di discendere nella pianura. C’era anche chi fuggiva. Ma d’autunno mi ricordo che si cantava, quando l’Ermeda faceva la grande caccia. Delle cene fenomenali, e il vecchio Da Rin attaccava a suonare il violino. Gli inverni, poi l’estate, poi ancora l’inverno, io sono vecchio e adesso bisogna andare.”
Ecco quello che ancora ricorda:
Qualche mese dopo la morte di Darrìo, Del Colle viene chiamato d’urgenza a San Nicola. Arriva giù che è sera, in una giornata piena di nubi grigie. Dall’ispettore, che comanda tutti i guardiaboschi del Comune, trova una donna magra che piange con un rosario in mano e un signore piccolo che mette soggezione. Erano i genitori di Darrìo. Volevano il corpo del loro figliolo ad ogni costo. Non c’era verso di persuaderli che la cosa era impossibile. Il padre volle assolutamente vedere con i propri occhi dove si trovava il cadavere.
La mamma rimase a San Nicola. Il padre e Del Colle si misero in cammino all’alba, senza dire una parola. Il vecchio non aveva scarpe da montagna eppure andava su rabbioso, guardando per terra. Tutta notte aveva piovuto e le erbe e le piante gocciolavano. Le montagne erano ancora nere sotto a una cortina di nubi. Passarono la gola, passarono il bosco, sempre diritti senza fermarsi.
«Voglio andare più su che è possibile» diceva il vecchietto e Del Colle lo condusse per le ghiaie, fin dove si alzavano le pareti. Di sopra, a circa quattrocento metri, sopra un piccolo piazzale, stavano le ossa di Darrìo, una qui una lì, completamente sformate.
Ma ancora più in alto si spinsero i due, arrampicandosi a fatica per i macigni di uno strettissimo canale che s’infiltrava dietro un torrione. Infine si fermarono dove il valloncello si chiudeva e si alzavano tutto attorno rupi a picco. Dall’alto, giù da uno scheggione nero scendeva con forza un getto d’acqua piovana; un antro viscido e oscuro fra lastroni inaccessibili. Sospesi molto più in alto stavano i resti di Darrìo; anch’essi avevano preso la pioggia e lentamente stavano asciugandosi. Il vecchietto guardava, fermo, verso le rocce, come se fosse incantato. E il rombo della cascata, e le nuvole che passavano adagio.
«Signore, vuole che torniamo? Ha visto bene che è impossibile?» Ma l’altro non rispondeva, fisso verso le crode che si accavallavano nel cielo. Del Colle guardava l’orologio: un’ora, un’ora e mezzo, due ore, bisognava discendere: stava per ricominciare la pioggia. Il padre di Darrìo si mosse solo quando (venivano le ombre della sera) il guardiaboschi lo prese per un braccio e gli disse che era tardi. Il vecchio guardò ancora in su. Poi si mise a discendere, senza dire più una parola.

3

Hanno costruito la nuova casa dei guardiaboschi sul versante della valle opposto a quello dove si trova la Casa dei Marden. Pressapoco è una costruzione uguale. Ma è tutta fresca; ha il tetto di zinco. Il bello è che si trova molto più in alto, assai vicina alla Polveriera, in un ampio prato circondato dal bosco. Ecco il giorno dell’inaugurazione.
Su per la strada, appositamente costruita, per dove possono passare anche i muli, arriva molta gente. È una domenica di luglio, piena di sole. Gli uomini hanno il vestito di festa e le donne tutte a colori. Anche i guardiaboschi si son fatti la barba e sfoggiano la divisa nuova. Del Colle è fuori, sopra una comodissima panca, e racconta di quando c’era ancora l’Ermeda e faceva suonare la banda. «Poi lui è morto sulle crode e i suonatori si sono sparpagliati. Ora nessuno sa più suonare. È giù nel fiume il vecchio tamburo; l’han gettato nelle grave sotto alla piazza del Mercato; rimangono ancora le parti di ferro, tutte arrugginite.»
La spianata è a mezzogiorno, tranquilla; il bosco ogni tanto mormora e si vedono benissimo tutte le grandi crode. Oggi sono bianche, e candide nubi vi lasciano qua e là delle ombre: le tre punte di San Nicola, la Croda dei Marden, il Baston del Re e più a destra, andando da Ovest a Est, sempre sulla medesima cresta, il Palazzo, la Cima della Polveriera e, ancora in fondo, il profilo della Pagossa. Sopra tutti, con delle strisce di neve, la Cima Alta e i Lastoni di Mezzo, che sembrano quattro strettissimi campanili.
Intanto comincia la festa. Due di quelli che hanno scavato la strada attaccano con le armoniche delle musiche per far ballare. Tutti quanti sono attorno; ci sono anche il podestà, l’ispettore, e si ride; c’è voglia di divertirsi. Comincia infatti una specie di vita nuova.
Come è bravo Molo a ballare; tre le sue braccia è la figliola del podestà. Anche Bertòn ora si fa avanti e un due tre, un due tre, anche lui lo sa fare il valzer; lo sa fare e anche meglio di tanti altri. Ma come fa Bàrnabo, così giovane, a rimanersene in disparte? Pure lui alla fine prende una ragazza e si mette insieme con gli altri. Ma proprio quando le due armoniche si interrompono.
Del Colle farà sentir lui ora delle vecchie musiche, quelle di una volta, che non lasciano dimenticare la giovinezza. Anche lui è andato a prendere l’armonica. Tranquillità del pomeriggio, bandiere che sventolano al sole; la festa è appena cominciata, ce ne sarà per tutta la sera.
Del Colle suona l’armonica e gli altri stanno zitti a sentire. Vicino a lui, in piedi, c’è Giovanni Marden; sorridendo, egli guarda le mani di Del Colle che premono i tasti, si muovono appena appena eppure fanno uscire musiche deliziose. Le bandiere hanno cessato di sventolare. Il vento si è fermato perché tutti stanno zitti quando si suonano le vecchie canzoni.
Bravo Del Colle! Quello sì che è un uomo in gamba. Cinquantasei anni, va bene, ma sentite come suona; e non sbaglia una bottiglia a cento metri quando spara con il suo fucile. Evviva, tutti gridano. Il sole è piegato un po’ verso occidente ma nessuno se n’è accorto. Si parla ora di scendere al paese. Il podestà e l’ispettore hanno promesso di pagare da bere. Alcuni già s’incamminano ridendo per la strada. Poi tutti gli altri si muovono insieme. E Del Colle perché non viene? «Andate pure avanti» risponde «verrò anch’io subito. Ho dimenticato le mie carte alla Casa dei Marden. Le vado a prendere e vi raggiungo a San Nicola.»
«Andrai domani a prendere le carte. Adesso vieni con noi.»
«Un’ora dopo, che cosa v’importa? Ci sarò anch’io, si capisce. È bene la nostra festa.»
Tutti gli altri se ne sono andati. È rimasto un grande silenzio. Ricomincia a poco a poco il vento a far rumori nella foresta. «Cu... cù... cu... cù...» si sente da lontano. Del Colle ora andrà alla Casa dei Marden. In discesa ci sarà appena un’ora di strada. Ha chiuso la porta, tutta fresca di vernice verde. Si è guardato attorno e adesso cammina a piccoli passi. È giunto in fondo alla spianata, a poco a poco scompare. La nuova casa è rimasta completamente sola.
In mezzo al bosco di abeti e di larici, il sole si è affievolito e tra poco scenderà dietro il Col Verde. Anche le montagne, col tempo, sono cambiate. Tanti anni prima, nei boschi, si trovavano una specie di piccoli spiriti. Del Colle li aveva ben visti qualche volta. Così leggeri, verdi come il prato, potevano essere stati loro a impedire i lavori della strada? Certo è che con i colpi di fucile, uno sparo oggi, uno domani, con l’arrivo dei lavoranti, con i rimbombi ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Bàrnabo delle montagne
  3. Introduzione di Claudio Toscani
  4. Cronologia
  5. Bibliografia
  6. Bàrnabo delle montagne
  7. Copyright