Orlando
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Orlando

  1. 238 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Eroe irresponsabile, Orlando attraversa lieve i secoli, trasformandosi in donna e oscillando poi tra i due sessi. Un romanzo smagliante e imprevedibile, messaggio d'amore della Woolf all'amica Vita Sackville-West.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
Print ISBN
9788804412823
eBook ISBN
9788852035937

IV

Spendendo qualche ghinea, di quelle ricavate dalla vendita della sua decima perla, Orlando si era comperato un corredo completo di indumenti femminili secondo la moda di quel tempo; era dunque negli abiti di una giovane inglese di rango, che ora sedeva sul ponte della Enamoured Lady. Benché possa parere strano, è pur verità che, fino a quel momento, si era poco o nulla preoccupata del suo sesso. Forse, i pantaloni alla turca fino ad allora indossati erano stati la causa di quell’indifferenza; e poi le donne zingare, salvo che in uno o due importanti particolari, differiscono pochissimo dagli zingari maschi. In ogni modo, fu soltanto quando sentì l’impaccio di una gonna lungo le gambe, e quando il capitano, con la più gran cortesia, le offrì di far innalzare una tenda appositamente per lei sul ponte della nave, che, tutt’a un tratto, si rese conto dei privilegi e degli oneri della sua situazione. Ma la sorpresa non era del genere che si sarebbe potuto attendere.
Vale a dire che non era stata provocata semplicemente e unicamente dal pensiero della sua castità e dalla preoccupazione di conservarla. In circostanze normali, un’amabile giovane donna sola al mondo non avrebbe pensato ad altro, poiché l’intero edificio della femminilità è basato su questa pietra; la castità è il gioiello della donna, la chiave di volta di tutto il suo essere, che protegge a costo di qualsiasi sacrificio e muore quando le viene rapita a forza. Ma se uno è stato per circa trent’anni un uomo, e per di più ha ricoperto la carica di ambasciatore, se ha tenuto fra le sue braccia una regina e un paio di altre signore (se le voci corrispondono alla realtà) di rango inferiore, se è andato a nozze con una certa Rosina Pepita, e così via, ebbene, è chiaro che non proverà poi una così grande emozione a quel pensiero. La sorpresa provata da Orlando era di un genere assai complicato, e impossibile a descriversi con un solo tratto di penna. Nessuno, in verità, l’accusò mai di essere uno di quegli spiriti leggeri che saltano alla conclusione in un minuto. Le ci volle tutto intero il viaggio per scoprire la vera ragione della sorpresa provata; e così, noi la seguiremo passo passo.
“Gran Dio” pensò, quando si fu un po’ riavuta dalla sorpresa, stendendosi quant’era lunga sotto la sua tenda, “questa, per certo, è una vita pigra e piacevole. Ma” continuò a pensare, stirando le gambe “queste sottane intorno ai tacchi sono una vera maledizione. Pure, la stoffa (era broccatello a fiorami) è la più bella del mondo. Non ho mai visto la mia carnagione (e qui si posò una mano sul ginocchio) avvantaggiarsi tanto quanto ora. Potrei, però, saltare in acqua oltre la murata e nuotare, con questi abiti indosso? No! Dunque, dovrei affidarmi alla protezione di un marinaio. Ho forse qualcosa in contrario? Sì o no?” Esitava, a quel primo nodo della morbida matassa che le spettava dipanare.
Prima che fosse riuscita a scioglierlo, giunse l’ora di pranzo – e allora fu il capitano in persona, il capitano Nicholas Benedict Bartolus, un uomo di mare dall’aspetto distinto, che lo risolse, mentre le serviva una fetta di bue salato.
«Un po’ di grasso, Madama?» le domandò. «Permettetemi di tagliarvene una fetta non più grossa di una delle vostre unghie.» A quelle parole, lei si sentì percorrere tutta da un fremito delizioso. Uccelli gorgheggiarono; acqua di torrente scrosciò cristallina. Si ricordò dell’indescrivibile senso di piacere provato vedendo per la prima volta Saša, centinaia d’anni prima. Allora inseguiva, ora fuggiva. Chi provava l’estasi maggiore? L’uomo o la donna? O non sono uguali, i due sentimenti? “No” pensò “questo è più delizioso (e rifiutando ringraziò il capitano), questo: rifiutare e vederlo oscurarsi in viso.” Ebbene, sia, poiché egli lo desiderava, avrebbe accettato la più piccola, la più trasparente fettina del mondo. Non era la cosa più deliziosa, cedere, e vederlo sorridere? “No” pensava poi, quando fu tornata al suo divano sul ponte, e riprese la discussione con se stessa; “no, affatto: non c’è gioia più celestiale che quella di resistere e poi cedere, cedere e poi resistere. Sommerge l’animo in una delizia, che non ha l’uguale. Di modo che non so poi” continuò “se non mi butterò dal ponte, dopo tutto, per il solo piacere di essere salvata da un marinaio.”
(Bisogna ricordare che era come un bambino, che si trovi ad avere un giocattolo ambito, un armadio per la bambola; i suoi pensieri non sarebbero affatto convenienti per delle donne già mature, le quali avessero dietro di sé l’esperienza di tutta una vita.)
«A proposito, che cosa dicevamo noi giovanotti, nel castello di prua della Marie Rose, delle donne che saltavano in acqua per il solo gusto di farsi ripescare da qualche marinaio?» disse poi. «Usavamo, a loro riguardo, una certa parola… Ah!… Ecco…» (Siamo costretti a omettere quella parola tutt’altro che rispettosa, e che suonava strana davvero sulle labbra di una signora.) «Dio! Dio» esclamò di nuovo, come a conclusione di questi suoi pensieri. «Bisognerà dunque che cominci a rispettare l’opinione dell’altro sesso, per quanto mostruosa mi sembri? Se porto le sottane, se non so nuotare, se debbo affidarmi alle braccia di un marinaio, per Dio!» gridò «bisognerà che la rispetti.» Dopo di che, si sentì presa dall’umor nero. Candida per natura, e nemica di qualsiasi equivoco, le spiaceva sommamente di dire delle menzogne. Pure, rifletteva, se il broccatello a fiorami, e il piacere di essere salvata da un marinaio, si potevano ottenere soltanto per vie traverse, era pur necessario battere quelle. Ricordava come, ai tempi in cui era un giovanotto, avesse sostenuto che le donne debbono essere obbedienti, caste, ben profumate e squisitamente acconciate. “Ora, bisogna che soddisfi con la mia persona a queste esigenze” pensò; “perché le donne (a giudicare dalla mia breve esperienza del loro sesso) non sono né obbedienti, né caste, né profumate, né squisitamente acconciate, per natura. Sono grazie che possono giungere a possedere – e senza di esse è loro impossibile godere dei piaceri della vita – soltanto per mezzo della più rigida disciplina. Ecco la pettinatura” continuò “che da sola occuperà un’ora della mia mattinata; e un’altra ora andrà spesa per guardarmi nello specchio; e poi, dovrò stringermi nel busto; e lavarmi e incipriarmi; e mutare gli abiti di seta in abiti di merletto, gli abiti di merletto in abiti di broccatello; e dovrò rimanere casta dal primo giorno dell’anno all’ultimo…” Agitò impaziente il piede, e mostrò qualche pollice di gamba. Un marinaio, cui capitò di vedere quello spettacolo da un albero, ne ebbe un colpo tale che perse l’equilibrio, e si salvò solamente per un pelo. “Se la vista delle mie caviglie può causare la morte di un onest’uomo, il quale avrà, senza dubbio, una moglie e dei figli da mantenere, è necessario che io per amor dell’umanità le tenga coperte.” Così rifletteva Orlando. Pure, le sue gambe contavano fra le sue principali bellezze. E venne a meditare sulla stranezza della costrizione imposta alla donna di tenere coperte le sue bellezze perché i marinai non cadano dai pennoni. «Che il canchero se li porti!» esclamò, comprendendo per la prima volta ciò che, in altre circostanze, le sarebbe stato insegnato fin da bambina, cioè la sacra responsabilità della donna.
“Ed ecco l’ultima bestemmia concessami” pensò. “In Inghilterra non mi sarà certo permesso; né potrò mai più rompere la testa a un uomo, né dirgli che mente per la gola, né estrarre la mia spada e passarlo da parte a parte; non potrò più sedere tra il consesso dei Pari, né portare una corona, né andare in processione, né condannare un uomo a morte, né comandare un esercito, né caracollare sul mio palafreno in Whitehall, né portare settantadue medaglie sul petto. Tutto quello che mi sarà permesso, dopo che sarò sbarcata in Inghilterra, sarà di servire il tè e di chiedere ai signori ospiti come lo preferiscono. Lo volete zuccherato? Un po’ di crema?” E mentre parodiava se stessa, fu colpita da orrore, avvedendosi della bassa opinione che si andava formando dell’altro sesso, quel sesso forte al quale un giorno era stato suo orgoglio appartenere. “Cadere da un pennone” pensava “per aver visto una caviglia di donna; vestire come un burattino, pavoneggiarsi per strada per farsi ammirare dalle donne; rifiutare loro il diritto di essere colte, per timore di incorrere nel loro ridicolo; rendersi schiavo della più fragile civettina in gonnelle, e pure andare attorno con l’aria di essere il re della creazione – Cielo! Che zimbelli fanno di noi – e che sciocche siamo!” E qui, dall’ambiguità di alcune sue parole, si sarebbe potuto comprendere come censurasse entrambi i sessi, quasi non appartenesse né all’uno né all’altro; e, in effetti, per ora, pareva titubare; era un uomo; era una donna; conosceva i segreti, divideva le debolezze di entrambi. Era uno stato d’animo stupefacente, le dava le vertigini. Persino il conforto dell’ignoranza le pareva negato. Si sentiva come una piuma in preda a un turbine. Non farà dunque meraviglia se, confrontando l’un sesso all’altro, e trovandoli, ciascuno a turno, dotati delle più deplorevoli debolezze – pur non essendo sicura di appartenere né all’uno né all’altro – non farà dunque meraviglia, dicevamo, se quando l’ancora cadde con gran scroscio in mare, fu sul punto di mettersi a gridare che voleva tornare in Turchia e ridiventare zingara. Le vele si afflosciarono sul ponte, e si accorse (era stata, per vari giorni, così assorta nei suoi pensieri da non avvedersi di nulla) che la nave era ancorata al largo della costa italiana. Il capitano le mandò a chiedere sull’istante se voleva fargli l’onore di scendere a terra con lui, nella sua scialuppa.
Quando, al mattino seguente, ritornò a bordo, si distese sul divano sotto la tenda, disponendo le pieghe delle coperte con la massima severità intorno alle caviglie.
“Ignoranti e povere come siamo, di fronte all’altro sesso” pensava, riprendendo il filo del ragionamento interrotto il giorno innanzi, “difesi da ogni arma come sono loro, mentre a noi vietano persino di imparare l’alfabeto” (e da queste parole d’introduzione si comprende come, durante la notte, fosse intervenuto qualche nuovo fattore a farla propendere per il sesso femminile, poiché il suo linguaggio era piuttosto quello di una donna che non quello di un uomo, pur essendo il suo tono, in certo qual modo, soddisfatto) “pure – cascano dai pennoni.” Qui, diede in un enorme sbadiglio, e cadde addormentata. Quando si svegliò, la nave correva con un buon vento in poppa così vicino alle coste, che i villaggi, sull’orlo delle rive tagliate quasi a picco, le parevano trattenuti dal cadere in acqua soltanto da grandi rocce, o dalle contorte radici di qualche antico ulivo. Il profumo degli aranci esalava da un milione di alberi grevi di frutti, e invadeva sino il ponte della nave. Una frotta di azzurri delfini fendeva i flutti, torcendo la coda e balzando ogni tanto in aria. Distendendo le braccia (le braccia, aveva già imparato, non hanno effetti fatali come le gambe), ringraziò il Cielo di non essere costretta a caracollare per Whitehall, fosse pure su un buon cavallo d’arme, né a condannare un uomo a morte. «Meglio» sentenziò «essere vestite di povertà e d’ignoranza, oscuri veli del sesso femminile; meglio lasciare il governo e le discipline del mondo ad altri; meglio spogliarsi di ambizioni guerresche, dell’amore di potenza, e di tutte le altre virili ambizioni, se così si possono meglio gustare gli esaltati rapimenti che l’animo umano conosce» parlava, ora, ad alta voce, come era sua abitudine, quando si sentiva profondamente commossa «e che si chiamano contemplazione, solitudine, amore.»
«Sia ringraziato Iddio per avermi fatta donna!» esclamò; e stava per commettere quell’estrema follia – la peggiore in cui possano cadere tanto l’uomo quanto la donna – di sentirsi orgogliosa del proprio sesso, quando il suo pensiero si arrestò su quella singolare parola che, per quanti siano gli sforzi finora da noi fatti per impedirglielo, è riuscita a scappare fuori in coda all’ultima frase: amore. «Amore» aveva detto Orlando. E in quell’istante – tale è il suo impeto – l’amore prese forma umana – ché tale è il suo orgoglio. Perché, là dove gli altri pensieri si contentano di rimanere astratti, nulla potrà soddisfare quest’ultimo, finché non riesce a rivestirsi di carne e ossa, a indossare scialli e gonnelle, stivali e giustacuore. E siccome tutti gli oggetti dell’amore, per Orlando, erano stati donne, ora, per colpa della colpevole riluttanza della natura umana ad acconciarsi a nuove convenzioni, era ancora una donna che amava; e se poi la coscienza dell’essere del medesimo sesso sortì su di lei effetto alcuno, fu certo di avvivare e approfondire quei sentimenti che già aveva provato in veste d’uomo. Perché tutti i dubbi, tutti i misteri, una volta oscuri, ora si rischiaravano nella sua mente. Ora, l’oscurità che divide i sessi, e permette a innumerevoli impurità di vivere nella penombra, si era dissipata; e se c’è qualcosa di vero in ciò che ha detto il poeta sulla verità e sulla bellezza, quell’affetto guadagnò in bellezza ciò che aveva perso in falsità. Finalmente, esclamò, conosceva Saša quale era realmente, e per la gioia della scoperta, e intenta com’era alla ricerca di tutti i tesori che ora le si rivelavano, era rapita ed estasiata a tal segno, che una voce virile parve al suo orecchio la voce d’un cannone, quando disse: «Permettetemi, Madama…», e una mano d’uomo l’aiutò a sollevarsi; e le dita d’un uomo, con un tre alberi veleggiante tatuato sul medio, indicarono l’orizzonte.
«Le coste dell’Inghilterra, Madama» disse il capitano: e la mano che aveva indicato la terra si alzò verso il cielo in segno di saluto. Orlando provò un secondo sussulto, ancora più violento del primo.
«Signore Gesù!» esclamò.
Fortunatamente, la vista della sua terra natale scusava tanto il sussulto quanto l’esclamazione, altrimenti le sarebbe stato assai difficile spiegare al capitano Bartolus le violente e contrastanti emozioni che ribollivano nel suo intimo. Come avrebbe potuto raccontargli che lei, ora appoggiata tutta tremante al suo braccio, era stata duca e ambasciatore? Come fare a dirgli che lei, ora avvolta come un giglio fra le pieghe di broccatello, aveva mozzato delle teste, e giaciuto con donne perdute, tra i sacchi del bottino, in stive di navi pirata, nelle notti estive, quando i tulipani fioriscono e le api sognano a Wapping Old Stairs? Il violento sussulto che l’aveva squassata tutta quando l’energica mano del capitano le aveva indicato le coste d’Inghilterra non avrebbe potuto spiegarlo nemmeno a se stessa.
«Rifiutare e cedere» mormorò «che cose deliziose; seguire e conquistare, che cosa grande; percepire e ragionare, che cosa sublime!» Nessuna di queste parole, così accoppiate, le pareva errata; pure, come le cretose rive tagliate a picco si avvicinavano, si sentì colpevole, disonorata, non più casta; la qual cosa, per chi non aveva mai riflettuto su di ciò, pareva strana. La nave s’avvicinava sempre più; già si scorgevano a occhio nudo i raccoglitori di finocchi selvatici, arrampicati su per degli scoscesi dirupi. E guardandoli, le parve di sentirsi formicolare nell’anima un fantasma beffardo, il quale pareva pronto, da un momento all’altro, a strapparle di dosso le sottane e a svanire nell’aria, Saša la perduta, Saša, il ricordo, di cui in quel momento sentiva tutta la sorprendente realtà – Saša che faceva gesti e smorfie e ogni sorta di sconce beffe verso i dirupi e i raccoglitori di finocchi. E quando i marinai incominciarono a cantare «Addio dunque, donne di Spagna», le loro parole risuonarono nel cuore angustiato di Orlando, la quale sentiva come, per quanto quell’approdo potesse significare per lei comodità, ricchezze, influenza e rango (poiché senza dubbio avrebbe sposato qualche nobile principe e regnato al fianco di lui su mezzo Yorkshire), pure, se tale sbarco le avesse anche imposto convenzionalità, schiavitù, se avesse dovuto provare delusioni, essere privata dell’amore, frenare la propria natura, dover tenere la lingua a freno, oh, allora piuttosto avrebbe virato di bordo insieme alla nave, e fatto nuovamente vela per il paese degli zingari.
Nel tumulto di quei pensieri, tuttavia, sorse come una cupola di marmo bianco e liscio qualcosa che, fosse realtà, fosse immaginazione, tanto colpì la sua fantasia da costringerla a fermarvi i suoi pensieri, così come uno sciame di tremule libellule si posa, con evidente soddisfazione, sulla campana di vetro che, nell’orto, copre qualche delicato vegetale. Quella forma, per uno scherzo dell’immaginazione stessa, suscitò in lei il suo ricordo più lontano e vivo – l’uomo dall’ampia fronte, nel salotto di Twitchett, l’uomo seduto a scrivere, o piuttosto a guardare, ma certamente non lei, ché non sembrava neppure scorgere il delizioso ragazzo che gli si era piantato dinanzi – tale, inutile negarlo, ella doveva essere stata; e come sempre, quando pensava a lui, quel pensiero distese sull’animo suo un ampio velo di calma, come il riflesso della luna su acque agitate. Portò la mano al petto (l’altra era tuttora trattenuta dal capitano), là dove aveva nascosto al sicuro i fogli del suo poema, così come avrebbe nascosto un talismano. Il turbamento del sesso, quale che fosse il suo, qualunque cosa significasse, svanì; non pensò più che alle glorie della poesia, e gli augusti versi di Marlowe, Shakespeare, Ben Jonson, Milton cominciarono a risuonarle in petto come se un battaglio d’oro si fosse agitato entro una campana d’oro in quel campanile di cattedrale che era il suo spirito. In verità, l’immagine della cupola di marmo, che si era dapprima presentata ai suoi occhi tanto incerta da suggerirle il ricordo della fronte del poeta, risvegliando un turbine di idee assurde, non era finzione, ma realtà; e via via che la nave avanzava su per il Tamigi col vento propizio, la fantasia, con tutte le sue conseguenze, cedette il posto alla verità, e vide levarsi davanti a sé nulla più e nulla meno della cupola d’una cattedrale, alta tra un ricamo di bianche guglie.
«St. Paul» disse il capitano Bartolus, che non s’era scostato dal fianco di Orlando. «La Torre di Londra» continuò poi. «L’Ospedale di Greenwich, dedicato alla memoria della regina Maria, dal suo sposo, la defunta Maestà di Guglielmo Terzo. L’Abbazia di Westminster. Il Parlamento.» Mentre egli parlava, ognuno di quegli edifici sorgeva dinanzi a lei. Era una bella mattinata di settembre. Una miriade di barchette guizzava da una riva all’altra. Rare volte, agli occhi di un viaggiatore sulla via del ritorno, si era presentato uno spettacolo più gaio e più interessante. Orlando se ne stava appoggiata alla murata di prora, tutta compresa di meraviglia. Per troppo tempo i suoi occhi avevano contemplato una natura selvaggia, per non essere affascinati da queste glorie urbane. Quella, dunque, era la cupola di St. Paul, costruita durante la sua assenza da Christopher Wren. Non lontano, una capigliatura d’oro brillò in cielo dall’alto di una colonna – il capitano Bartolus, sempre al suo fianco, la informò che quello era il Monumento: mentre lei era lontana, Londra era stata infestata da un’epidemia e da un incendio. Per quanto si sforzasse di trattenerle, le lacrime le spuntarono dalle palpebre, finché, ricordandosi di quanto il pianto s’addica a una donna, le lasciò scorrere liberamente. Ecco, pensò, qui c’era stato il Gran Carnevale. Qui, dove ora le onde schiaffeggiano allegramente la sponda, sorgeva il Padiglione Reale. Qui aveva incontrata per la prima volta Saša. In quello stesso punto (e guardava le acque scintillanti) si andava a vedere, gelata nel suo battello, la venditrice di mele con la sua mercanzia in grembo. Tutto quello splendore, quella corruzione, erano scomparsi. Dileguata era ugualmente quella notte oscura del mostruoso acquazzone, che aveva provocato il disgelo delle acque. Qui, dove avevano turbinato i ghiaccioni giallognoli recanti uomini e donne pazzi di terrore, ora galleggiava una covata di cigni immacolati, morbidi e superbi. Tutta la città di Londra era interamente mutata, da quando l’aveva vista per l’ultima volta. Ricordava un ammasso di piccole case, nere, simili a uno sciame d’insetti. Le teste dei ribelli ridevano sinistre sulle picche, a Temple Bar. L’acciottolato era sempre ingombro di sudiciume e di detriti. Ora, mentre la nave passava dinanzi a Wapping, scorgeva vie larghe e bene ordinate. Carrozze imponenti, trascinate da pariglie di cavalli ben tenuti, stavano alle porte delle case che con le ampie finestre a cristalli, con gli ottoni lucenti, denotavano le ricchezze, la contenuta dignità dei loro abitanti. Dame vestite di sete a fiorami (aveva recato all’occhio il cannocchiale del capitano) passeggiavano su marciapiedi rialzati. Eleganti borghesi in giubbe ricamate fiutavano prese di tabacco agli angoli delle strade, sotto i lampioni. La colpì una grande varietà di insegne dipinte, agitate dalla brezza, e comprese, da ciò che sopra vi era figurato, come nelle rispettive botteghe si vendessero tabacco, stoffe, sete, ori, argenterie, guanti, profumi e mille altre mercanzie. Né, mentre la nave scivolava verso il suo ancoraggio presso il Ponte di Londra, seppe fare a meno di guardare dentro le finestre dei caffè, sui terrazzi dei quali, poiché il tempo era mite, sedeva un gran numero di persone perbene, dinanzi a piatti di porcellana, con le pipe di gesso a lato; e uno di essi leggeva ad alta voce la gazzetta, frequentemente interrotto dalle risa e dai commenti degli altri. Dov’erano le taverne, dov’erano i belli spiriti, dov’erano i poeti? domandò al capitano Bartolus, il quale si affrettò ad informarla come, proprio in quel momento – se si fosse degnata di volgere leggermente il capo a sinistra e di guardare dove il suo dito indicava – là – poiché stavano passando sotto alla “Palma di Cocco” – sì, proprio là – avrebbe potuto vedere Addison sorseggiare il suo caffè; gli altri due signori – «là, Madama, un poco più a destra del lampione, uno dei due, gobbo, l’altro precisamente fatto come voi e me» – erano Dryden e Pope. «Furfanti» aggiunse il capitano, alludendo alle loro opinioni papiste «ma, ciò nonostante, uomini d’ingegno.» E si precipitò verso poppa, per dare le disposizioni per lo sbarco.
Ma presto Orlando doveva imparare a sue spese quanto poco possano i tempestosi palpiti dell’entusiasmo contro le ferree costrizioni della legge, e come questa sia più dura delle pietre del Ponte di Londra, e più severa parli la sua bocca che non quella di un cannone. Era appena tornata alla sua casa in Blackfriars, che una processione di commessi di Bow Street e altri gravi emissari dei tribunali venne ad avvertirla d’essere chiamata a rispondere di tre cause importanti, contro di lei intentate durante la sua assenza, e di innumerevoli altre minori, alcune collaterali, altre in conseguenza. Le principali imputazioni che le si muovevano erano: 1. che era defunta, e quindi non poteva possedere proprietà alcuna; 2. che era una donna, il che equivaleva press...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. di Virginia Woolf
  3. Orlando
  4. Virginia Woolf
  5. Prefazione dell’autrice
  6. I
  7. II
  8. III
  9. IV
  10. V
  11. VI
  12. Copyright