AUM,
il suono eterno
è il seme di tutto ciò che esiste.
Il passato, il presente, il futuro
non sono altro che il rivelarsi dell’AUM
e tutto ciò che trascende le tre dimensioni del tempo
è inconfutabilmente il fluire dell’AUM.
Tutta questa creazione è essenzialmente Brahman
e il Sé,
anche questo è Brahman.
AUM
Purnamadah
Purnamidam
Purnat purnamudachyate
Purnasya purnamadaya
Purnamevavashishyate.
AUM
Quello è il Tutto.
Questo è il Tutto.
Dal Tutto emerge il Tutto;
anche se il Tutto scaturisce dal Tutto,
rimane ancora il Tutto.
Questa è una delle affermazioni più significative e importanti mai pronunciate sulla Terra, in qualsiasi tempo, in qualsiasi luogo. Contiene tutti i segreti di un approccio mistico alla vita. Questo breve sutra contiene l’essenza della visione upanishadica. È una visione che non è mai stata superata o trascesa, né prima né dopo; rimane ancora l’Everest della consapevolezza umana e non sembra ci sia alcuna possibilità di andare oltre.
Nella visione upanishadica l’universo è una totalità indivisibile, è un Tutto organico: le parti non sono separate. Esistiamo tutti insieme, in unità: gli alberi, le montagne, la gente, gli uccelli, le stelle; per quanto possano apparire distanti – non lasciarti ingannare dalle apparenze – sono tutti interconnessi, tutti collegati tra loro. Anche il più minuto filo d’erba è connesso alla stella più lontana ed è importante come il sole più immenso.
Niente è insignificante e niente è inferiore a qualsiasi altra cosa: la parte rappresenta il Tutto, così come il seme contiene il Tutto. Il seme contiene il passato, perché porta in sé tutti gli alberi che lo hanno preceduto, e il seme contiene anche tutto il futuro: tutti gli alberi che avranno la possibilità di esistere tramite il seme sono presenti in potenza. E naturalmente il seme contiene il presente. Il seme sembra così piccolo, ma non è affatto insignificante come appare. Se lo dissezioni, non troverai i fiori, i colori e la fragranza, e potresti dedurne che il seme sia vuoto, ma è il tuo metodo a essere inadeguato.
È ciò che la scienza ha fatto con la realtà: l’ha dissezionata, analizzata. L’analisi è distruttiva, ciò che occorre, invece, è una visione che tenda all’unità, alla sintesi. E questo è l’approccio delle Upanishad: la parte diventa il Tutto, il Tutto diventa la parte. Nella visione upanishadica della vita non esiste una gerarchia: niente è inferiore, niente è superiore, niente è profano e niente è sacro, tutto è uno, un’unità.
Questa visione è rimasta limitata ad alcuni mistici, non è mai diventata parte della consapevolezza umana, per questo c’è così tanta sofferenza nel mondo, così tante brutture, insensibilità. Le persone non fioriscono, il loro splendore nascosto, il loro splendore ingabbiato non ha la possibilità di sprigionarsi: vivono la vita come detenuti, in catene. Possiedono l’infinità in se stesse, ma non ne sono affatto consapevoli.
Le cosiddette religioni, le religioni organizzate del mondo, sono state le prime a distruggere l’umanità, poi è arrivata la scienza. La scienza non è altro che un approccio alla vita organizzato e materialistico. Così come la religione è un approccio organizzato alla soggettività dell’uomo, anche la scienza è una chiesa, un sacerdozio… ed è superstiziosa, tanto quanto lo sono state tutte le religioni. Naturalmente le dimensioni sono diverse: le religioni sono superstizioni organizzate che riguardano l’interiorità e la scienza è una superstizione organizzata che riguarda l’esteriorità.
Le Upanishad e il loro approccio sono individuali, la parola upanishad significa “sedere in profonda comunione con il Maestro”, non ha niente a che fare con la chiesa. Nessuna chiesa potrà mai essere religiosa, tutte le chiese sono fondamentalmente politiche. Dovete comprendere la definizione: politica significa società, collettività; religione significa individualità.
La religione è una ribellione contro la dimensione collettiva. Tutto ciò che dipende dalla collettività, dalla tradizione, dai dogmi, dall’ideologia non può che essere contro l’individuo; e l’individuo è la sola realtà, mentre “collettività” è solo una parola. Non ti imbatti mai nella società, incontri sempre individui; non ti imbatti mai nell’umanità, incontri sempre esseri umani; non ti imbatti mai nell’amore, incontri sempre due amanti, incontri l’amare, mai l’amore.
Purtroppo siamo stati condizionati a vivere di astrazioni: società, umanità, amore, dio. Sono tutte astrazioni, concetti vuoti che non hanno alcuna realtà concreta a loro fondamento.
Le Upanishad sono molto realistiche, molto pragmatiche… sono una comunione cuore a cuore. Questo è il significato di Upanishad, un significato molto strano: seduti accanto al Maestro, semplicemente seduti accanto al Maestro… e qualcosa trapela… qualcosa di simile a una fiamma “salta” dal cuore del Maestro al cuore del discepolo.
Il Maestro è arrivato a casa, il Maestro ha fatto esperienza della verità. Il discepolo è alla ricerca, ma un ricercatore deve essere silenzioso, estremamente silenzioso. Non si tratta di porre domande, perché la domanda suprema non può essere posta né può avere risposta: può essere solo trasmessa, senza chiedere, senza rispondere. Quella trasmissione al di là delle parole è il significato della parola upanishad. E prima di addentrarci nei sutra della Mandukya Upanishad questo va compreso.
Il mio impegno sta proprio nel far rivivere lo spirito delle Upanishad: tutti voi seduti qui vicino a me… questa tregua, questo riposo, quest’aria rilassata, questo silenzio in cui ogni dualità scompare… io non ci sono, voi non ci siete, ma qualcosa pervade, trapela, sommerge… quell’esperienza di essere sommersi è contenuta in questi sutra…
Questo sutra mangal, di buon auspicio, augurale…
AUM
Purnamadah
Purnamidam
Purnat purnamudachyate
Purnasya purnamadaya
Purnamevavashishyate.
AUM
Quello è il Tutto.
Questo è il Tutto.
Dal Tutto emerge il Tutto;
anche se il Tutto scaturisce dal Tutto,
rimane ancora il Tutto.
… si può dire che contenga la totalità dell’approccio, della visione: “quello” è il trascendente, l’invisibile; “questo” è l’immanente, il visibile. “Quello” indica ciò che è nascosto, “questo” indica ciò che è manifesto. “Quello” significa l’infinito, “questo” significa il finito. “Quello” è il Tutto, naturalmente, ma l’enfasi delle Upanishad è che anche “questo” è il Tutto.
Non è necessario rinunciare alla vita. La rinuncia è contraria allo spirito delle Upanishad, i veggenti upanishadici non erano dei rinunciatari, non scappavano dalla vita; infatti, dove mai potresti scappare? Ovunque andrai sarai nel Tutto, così come sei nel Tutto qui. Il mercato e il monastero sono entrambi parte del Tutto. Essere con tua moglie, tuo marito, i tuoi figli, i tuoi amici è sacro, è santo, tanto quanto andare sull’Himalaya a vivere in una grotta, in assoluta solitudine. Entrambi appartengono alla stessa esistenza.
Sono stati il giainismo e il buddhismo e la loro enfasi sulla rinuncia a distruggere il volo delle Upanishad, il volo da “questo” a “quello”, il volo della parte verso il Tutto. Giainismo e buddhismo sono radicati nella rinuncia, sono negativi nei confronti della vita, sono contro la vita. Il loro atteggiamento è quello della condanna: “questo” è sbagliato e “quello” è giusto. Lascia “questo” per “quello”. Se vuoi raggiungere, realizzare, “quello”, dovrai rinunciare a “questo”. E le Upanishad dicono:
AUM
Purnamadah
Purnamidam
AUM
Quello è il Tutto.
Questo è il Tutto.
Non c’è alcuna differenza, è un’unica realtà. Il dentro e il fuori non sono due, sono soltanto due aspetti dello stesso fenomeno. La materia e lo spirito non devono essere posti in antagonismo, uno contro l’altro: non sono opposti! E sappiamo che non sono opposti perché dentro di te accade l’incontro. Persino in questo momento il tuo corpo e la tua anima non sono due, sono una cosa sola. Il tuo corpo influenza la tua consapevolezza, la tua consapevolezza influenza il tuo corpo. Il tuo corpo è solo la parte esterna della tua consapevolezza e la tua consapevolezza non è nient’altro che il nucleo più intimo del tuo corpo. Il corpo è la dimensione che si protende verso l’esterno e la consapevolezza, l’anima, è la dimensione che va verso l’interno; ma il raggio di espansione è lo stesso: stai già vivendo l’unità di “questo” e “quello”.
Ma il giainismo e il buddhismo hanno causato un grande disastro: il guaio è che hanno condannato la vita e questo ha esercitato un certo fascino sulla gente, per la semplice ragione che la gente non conosce l’arte di vivere. Per questo sono tutti infelici: vivono nel dolore e la loro vita è un continuo trascinarsi da una sofferenza all’altra. E non vedono alcuna speranza, tutto appare come una disperazione senza fine. Per cui quando buddhismo e giainismo hanno iniziato a dire che la vita in se stessa è sbagliata, la gente ne ha subito il fascino.
La gente è sempre pronta a gettare la responsabilità sulle spalle di qualcun altro, nessuno vuole dire: “Non sono capace di vivere, per questo soffro”. Tutti vogliono evitare le responsabilità e questo è stato un ottimo modo, molto logico, molto convincente, molto razionale: la vita in se stessa è sofferenza. Il Buddha dice: “La vita è dolore, la nascita è dolore, la morte è dolore, tutto è dolore”. E questo corrispondeva all’esperienza della gente, ma la ragione non è che la vita è sofferenza, la ragione è che tu non sai come giocare, non conosci l’arte di viverla!
È ovvio che sia una sofferenza se non sai suonare il flauto: sarà penoso per te, per i tuoi vicini e per chiunque. E presto o tardi ne avrai abbastanza e vorrai rinunciare al flauto perché non fa che creare fastidi a te e agli altri. Ma il flauto non ne ha colpa: sei tu che non sai suonare, di per se stesso il flauto è in grado di creare musica meravigliosa che può nutrire te e gli altri.
E la vita è un fenomeno complesso, molto più complesso di un flauto; la vita è un’orchestra completa: migliaia di strumenti musicali che suonano insieme. Devi imparare a suonarli tutti in modo tale da creare armonia. In questo consiste l’arte… e la vita è un’opportunità di impararla, non è necessario rinunciare, bisogna gioire della vita!
Io appartengo al mondo delle Upanishad, le Upanishad appartengono a me. La loro visione è anche la mia visione: vorrei distruggere questo approccio negativo alla vita, sradicarlo completamente. Vi ha fatto soffrire e vi ha aiutato a razionalizzare la vostra sofferenza: p...